● Contro lo Statuto e il Regolamento delle ADI
Confutazione dello Statuto e del Regolamento interno delle Assemblee di Dio in Italia (ADI)
Affinché tutti coloro che sono rimasti incatenati dagli statuti e dalle regole umane delle ADI (e delle altre denominazioni evangeliche che hanno statuti e regole simili) possano recuperare la libertà spirituale perduta.
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Capitolo 1 – Origini dello Statuto e del Regolamento
Capitolo 2 – Struttura e organizzazione delle ADI
Capitolo 3 – Confutazione
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Capitolo 1
Origini dello Statuto e del Regolamento Interno
Le Assemblee di Dio in Italia, che sono la denominazione pentecostale più grande in Italia, hanno uno Statuto (come peraltro altre denominazioni evangeliche), che è entrato in vigore alla approvazione governativa dell’Ente, avvenuta con decreto del Presidente della Repubblica, in data 5 Dicembre 1959, n. 1349.
Ma qual è l’origine di questo Statuto? E’ quello che vi spiegherò in questa prima parte, e per spiegarvelo nella maniera migliore dovrò partire da lontano, e precisamente dalle origini del Movimento Pentecostale in Italia.
Le prime Chiese Pentecostali in Italia
Nell’Aprile del 1908 quattro fratelli Pentecostali italiani provenienti dall’America vennero in Italia per evangelizzare. Ma la loro missione non ebbe il successo da loro sperato, in quanto 3 di loro dopo avere evangelizzato i loro parenti e conoscenti non poterono vedere persone convertite, mentre il quarto, di nome Demetrio Cristiani, vide i suoi parenti convertiti, ma non lasciò dietro a sé nessun gruppo di credenti in quanto i suoi parenti ritornarono con lui in America.
Chi invece, venuto in Italia in quello stesso anno, dopo aver evangelizzato, lasciò dei gruppi di credenti, fu il fratello Giacomo Lombardi (1862-1934). Il primo nucleo di credenti Pentecostali sorse a Roma, che con il tempo andò sempre più aumentando di numero (Lombardi fece altri viaggi in Italia: nel 1912, nel 1914, nel 1917, nel 1919, ed infine nel 1923).
Oltre a Lombardi vennero in Italia altri credenti Pentecostali di cui Dio si usò per fondare altre Chiese, e furono Lucia Menna (1875-1961) che nel 1910, dopo aver lavorato fra gli italiani in Argentina, venne in Italia per portare la testimonianza del Vangelo ai suoi amici e conoscenti, e tramite di lei il Signore salvò delle anime a Gissi.
Poi ci fu Pietro Ottolini (1870-1962) che nel 1910 venne a Milano, dove si formò la piccola comunità; poi nel 1911 Ottolini lasciò Milano alla volta delle Valli Valdesi. La prima località dove si recò fu la città di Pinerolo, dove ebbe l’opportunità di evangelizzare in varie località ed infine di fondare una comunità a Luserna San Giovanni (Torino). Abbiamo poi Vincenzo Castelli, che nel 1910 lasciò St. Louis e raggiunse il suo paese natio Casalcermelli (Alessandria) per testimoniare del Signore; “alcuni suoi parenti accettarono il Signore, e tra loro Francesco Testa” (1899-1988), il quale sarà fino al 1935 uno dei predicatori più noti del Movimento Pentecostale in Italia. Il Castelli poi invitò il fratello Ottolini a prendersi cura della piccola comunità nascente. Segue la sorella Giuseppina Zollo (1875-?) che nel 1913 tornò al suo paese di Ginosa, in provincia di Taranto, e tramite la sua testimonianza diverse anime si convertirono a Cristo, non solo a Ginosa, ma anche a Palagianello e Matera.
Allo scoppio della prima guerra mondiale esistevano in Italia una decina di comunità pentecostali, che incontravano la forte opposizione dei cattolici romani a tutti i livelli, e quindi erano perseguitate. A queste si andarono via via aggiungendo altre Chiese pentecostali in altre località dell’Italia sorte in seguito alla testimonianza di altri fratelli che rientravano in Italia dall’estero proprio per annunciare il messaggio pentecostale ai loro familiari, parenti, conoscenti e amici.
Tutte quelle Chiese erano autonome e indipendenti l’una dall’altra, e non possedevano nessuna sovrastruttura sopra di esse a cui dovevano ubbidire. Gli unici statuti e le uniche regole a cui si sottoponevano e a cui ubbidivano erano nella Bibbia.
La prima Assemblea Generale delle Chiese Pentecostali Italiane negli Stati Uniti
Nel 1927 si tenne a Niagara Falls (New York), il 30 aprile e il 1 maggio, la ‘Prima Assemblea Generale delle Chiese Cristiane residenti negli Stati Uniti d’America’. Uno dei promotori di quel convegno fu Luigi Francescon (1866-1964) – uno dei primi credenti Italiani che avevano ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo in America, e che prima fu anziano dell’Assemblea Cristiana di Chicago, cioè della prima Chiesa Pentecostale Italiana negli Stati Uniti che era sorta nel 1907, e poi fu il conduttore della Congregazione Cristiana di Chicago da lui fondata nel 1925 – che ottenne che il nome ufficiale in lingua inglese fosse: ‘Unorganized Italian Christian Churches of U.S.A (Chiese Cristiane Italiane Inorganizzate degli Stati Uniti d’America). Ecco quanto venne deciso: ‘Gli anziani delle chiese sono gli angeli di esse (Apoc. 1,20) e a loro appartengono la cura delle greggia. Rompere il pane nella santa Cena, battezzare i credenti nell’acqua, ungere d’olio gli infermi sono i loro uffici. Ai diaconi appartiene l’amministrazione delle collette dei poveri; questo è il loro ufficio. I diaconi sono del numero dei principali fratelli per essere insieme a tutti loro di aiuto e di conforto agli anziani, e servi nel Signore a tutta la chiesa. Una volta all’anno gli anziani delle diverse chiese, e i diaconi, e i principali fratelli, quelli che di loro possono (non per comandamento, e neanche per forma) è cosa grata al Signore di riunirsi insieme d’un pari consentimento per lodare il Signore, per raccontare della opera sua, e per testimoniare della sua grandezza (mai per discutere o formulare dottrine) («Risultato del Convegno delle Chiese cristiane residenti negli Stati d’Uniti d’America tenuto in Niagara Falls, New York – 30 aprile e 1 Maggio 1927», Archivio ADI, Roma).
L’Assemblea terminò con la stesura di 12 articoli di fede, che sono i seguenti:
I. Noi crediamo ed accettiamo l’intera Bibbia come infallibile parola di Dio, ispirata dallo Spirito Santo; sola e perfetta regola della nostra fede e condotta; alla quale nulla si può aggiungere o togliere, essendo essa la potenza di Dio in salute ad ogni credente. 2 Pie. 1:21; 2 Ti. 3:16,17; Rom. 1:16.
II. Noi crediamo che vi è un solo Dio vivente e vero, eterno d’infinita potenza, creatore di tutte le cose; e che nell’unità di esso vi sono tre persone distinte, il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo. Ef. 4:6; Mat. 28:19; Giov. 5:7.
III. Noi crediamo che il Figliuolo di Dio è la parola fatta carne, che assunse l’umana natura in seno a Maria Vergine, e così vero Dio e vero uomo, due nature in una sola persona, la divina e l’umana; e che perciò è l’unico Salvatore il quale realmente soffrì la morte non solo per la colpa primitiva, ma eziandio per i peccati attuali dell’uomo. Giov. 1:14; Luc. 1:27-35; 1 Piet. 3:18.
IV. Noi crediamo nell’esistenza personale del diavolo e dei suoi angeli, spiriti maligni, il quale insieme a loro sarà eternamente punito nello stagno di fuoco. Matt. 25:41.
V. Noi crediamo che la rigenerazione, o la nuova nascita, si riceve soltanto per la fede in Cristo Gesù; il quale è stato dato per le nostre offese, ed è risuscitato per la nostra giustificazione. Quelli che sono in Cristo Gesù (purgati col suo sangue) sono nuove creature ed hanno lui per sapienza, e giustizia, e santificazione, e redenzione. Ro. 3:24, 25; 2 Cor. 5:17; 1 Cor. 1:30.
VI. Noi crediamo al battesimo dell’acqua con una sola immersione nel nome del Padre, e del Figliuolo, e dello Spirito Santo secondo il comandamento del Signor Gesù. Matt. 28:18,19.
VII. Noi crediamo al battesimo dello Spirito Santo come esperienza che si riceve dopo la salvezza con il segno di parlare nuove lingue come lo Spirito dà di ragionare. Fatti 2:4; 10:45-47 19:6.
VIII. Noi crediamo che nella santa cena il corpo di Cristo è dato, ricevuto e mangiato in un modo celeste e spirituale: è che il mezzo pel quale è ricevuto e mangiato è la fede. Luc. 22:19; 1 Cor. 11:24.
IX. Noi crediamo che è necessario di astenersi dalle cose sacrificate agl’idoli, dal sangue, dalle cose soffogate, e dalla fornicazione, come è stato decretato dallo Spirito Santo nell’Assemblea generale che fu tenuta in Gerusalemme, secondo Fatti 15:28,29; 16:4; 21:25.
X. Noi crediamo che Gesù Cristo portò sopra di sé tutte le nostre malattie, ed è perciò che ubbidiamo al comandamento: È alcuno di voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa, ed orino essi sopra lui, ungendolo d’olio, nel nome del Signore. E l’orazione della fede salverà il malato, e il Signore lo rileverà; e s’egli ha commessi dei peccati, gli saranno rimessi. Matt. 8:17; Giac. 5:14.
XI. Noi crediamo che il Signore stesso (prima del millennio) con acclamazione di conforto, con voce d’arcangelo, e con tromba di Dio, discenderà dal cielo; e quelli che sono morti in Cristo risusciteranno primieramente. Poi noi viventi che saremo rimasti, saremo con loro rapiti nelle nuvole a scontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore. 1 Tess. 4:16,17; Apo. 20:6.
XII. Noi crediamo che la resurrezione corporale di tutti i morti, così giusti come ingiusti avverrà. E questi andranno alle pene eterne e i giusti nella vita eterna. Fatti 24:15; Matt. 25:46.
Il termine ‘inorganizzate’ fu usato per sottolineare che quelle Chiese non costituivano nessuna organizzazione religiosa, cosa che era vera.
A proposito dell’articolo VIII va detto che nel Convegno del 1933 esso fu modificato come segue: ‘Noi crediamo nella Santa Cena che Gesù: ‘Poi, avendo preso il pane, rendè grazie, e lo ruppe, e lo diede loro, dicendo: Quest’è il mio corpo, il quale è dato per voi; fate questo in rammemorazione di me. Parimente ancora, dopo aver cenato, diede loro il calice, dicendo: Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, il quale è sparso per voi. Luca 22:19,20; 1 Cor. 11:24’.
Nel 1938 il Convegno decise di modificare il nome Chiese Cristiane Italiane Inorganizzate degli Stati Uniti d’America in Chiesa Cristiana Italiana del Nord America, ed in seguito in quella di Chiesa Cristiana del Nord America.
Nel 1939 quelle stesse Chiese vollero creare una struttura per amministrare i fondi raccolti per le missioni e per curare la pubblicazione di un periodico ufficiale della Chiesa Cristiana Italiana del Nord America, e allora decisero di eleggere un Comitato. Ma Luigi Francescon si ritirò, perché – come disse lui – quella organizzazione era contraria ‘alla dottrina apostolica che non ammette organizzazioni umane, né alterazioni che vanno contro ad essa, la quale avevamo osservata e rispettata tutti insieme fino all’anno 1938’.
Francescon era fortemente contrario all’organizzazione, tanto da dichiarare che
‘un organizzazione nel mezzo del campo di Dio, è un’aperta ribellione contro di Lui. Un passo che porta associarsi col mondo. Limita il supremo poter di Dio. Impedisce a Cristo di glorificarsi secondo la Sua Parola. Toglie l’ufficio dovuto allo Spirito santo. Nega la celeste vocazione. S’arrende ai costumi delle Genti’ (Luigi Francescon, Una luce si leva nelle tenebre …., Chicago 1939, Archivio ADI, Roma).
Da quel momento Francescon svolgerà il suo ministerio unicamente nell’ambito della Congregazione Cristiana di Chicago, e avrà rapporti soprattutto con le Congregazioni Cristiane nel Brasile (CCB), che era (ed è tuttora) un opera fondata da lui nel 1910 quando si era recato in Brasile a portare il Vangelo. Va detto tuttavia, che quantunque Francescon fosse fortemente contrario a creare un’organizzazione ossia una struttura al di fuori della chiesa locale, anche la CCB finì con il costituirsi in una organizzazione, con tanto di Statuto, Presidente, Segretario e Tesoriere. E si badi che lo Statuto della CCB fu redatto nel 1931 e rivisto nel 1936, quando ancora Francescon era in vita, e già in quello Statuto si parlava di Presidente, di segretario, di vice-segretario, e di un tesoriere (Art. 6).
Il Primo e il Secondo Convegno Nazionale
Nel 1928 si tenne a Roma (19-20 Ottobre) il primo Convegno nazionale sotto la presidenza di Michele Palma, rappresentante delle Chiese italiane del Nord America. In quel Convegno vennero trattati argomenti principalmente di carattere disciplinare.
Poi fu emanato un avvertimento contro alcuni ‘che si dicono servitori del Signore, girando di lor proprio senno, senza aver nulla dal Signore, portano nelle chiese disturbo e confusione’; costoro non dovevano essere lasciati parlare nelle adunanze, e neppure si dovevano prendere consigli privati da essi, affinché le anime semplici non venissero ingannate (paragrafo II).
E poi fu deciso che i credenti che commettono fornicazione devono essere espulsi dalla chiesa: ‘… se in alcuna chiesa vi è un alcun fornicatore o peccati simili ad esso, devono essere tolti dalla comunione della chiesa (1 Cor. 5:9-13), ed i fratelli non si devono nemmeno avvicinare; altrimenti partecipano i peccati di essi’ (paragrafo III).
Nel 1929, il 24 e il 25 dicembre, si tenne il secondo Convegno, durante il quale fu presentata la legge del 24 giugno 1929, n. 1159, sui culti ammessi nello Stato. (Con essa si invalidava la disposizione precedente contenuta nello Statuto Albertino del 1848 che riconosceva la religione Cattolica come religione di Stato, mentre gli altri culti erano tollerati. In base alla legge venivano, riconosciute solo quelle chiese che ne facevano espressamente richiesta). L’Assemblea però – spinta da Luigi Francescon, che la presiedeva – decise di non avvalersi della possibilità di costituirsi in associazione legalmente riconosciuta, secondo la nuova legge sui culti ammessi, e questo per evitare di costituire una qualsiasi struttura al di fuori della chiesa locale.
E questo per Francesco Toppi fu un errore, in quanto ‘se nel 1929 la Congregazione Cristiana (Denominata Pentecostale) si fosse organizzata come ente morale, il governo di allora non avrebbe potuto scatenare una così dura persecuzione contro il Movimento’ (Francesco Toppi, Luigi Francescon, ADI-Media, Roma 2007, pag. 73).
Quell’Assemblea decise però di richiedere l’approvazione governativa alla nomina di ministro di culto obbligatoria per essere autorizzati all’apertura di locali di culto. Questo riconoscimento lo ottenne Ettore Strappaveccia il 3 Gennaio 1931 per la comunità di Roma.
In quel Convegno fu riaffermato che noi Cristiani dobbiamo astenerci dalle cose sacrificate agli idoli:
‘Si è pure parlato delle cose sacrificate agli idoli, che abbiamo in questi tempi, i quali sono in sostanza gli stessi idoli pagani, perciò il mangiare i cibi che gli infedeli fanno in occasione di tali feste, e parteciparvi, è per noi che abbiamo conoscenza di tale idolatria, mangiare e partecipare i sacrifici dei demoni. Or noi non possiamo aver comunione con Dio e coi demoni …’ (Atti del 2° Convegno Nazionale, paragrafo II).
Fu inoltre reso ben chiaro a tutti gli anziani ‘che la rigenerazione o nuova nascita avviene soltanto per la fede in Gesù Cristo’ e questo affinché si guardassero da coloro che predicavano ‘che la rigenerazione avviene per lo Spirito Santo’, ossia, il battesimo con lo Spirito Santo, ‘annullando l’opera di redenzione compiuta da Cristo sulla croce’. A chiunque annunciava una dottrina diversa sarebbero state chiuse le porte, in modo che l’opera di Dio non venisse guastata ‘da operai che non sono mandati dal Signore’ (paragrafo III).
Fu stabilito che gli operai itineranti non devono chiedere nulla a nessuno, perché colui che Iddio manda lo raccomanda (paragrafo V); che ‘qualsiasi fedele non può presentarsi in altre chiese senza un biglietto dell’anziano della chiesa a cui appartiene, affinché i fratelli di altre chiese possano sapere la condotta del tale’ (paragrafo VI); e che nel caso un fedele si vuole sposare un infedele l’anziano deve mettere dinnanzi al fratello e alla sorella la Parola di Dio, ‘dicendo loro che porteranno le conseguenze della loro disubbidienza ed avviserà anche la chiesa’.
Fu poi detto agli anziani di esortare i giovani a cercare prima il regno di Dio e la sua giustizia, e confidare solo in Dio per essere guidati da Lui nella scelta del proprio marito o moglie, anziché fare tra loro promesse di matrimonio e comportarsi come quelli del mondo, portando bisbigli tra i fedeli e cattivo esempio agli altri giovani (paragrafo VII – in merito a questa delibera, nel Convegno del 1949 sarà affermato che ‘i matrimoni e i fidanzamenti devono essere conclusi esclusivamente tra fedeli appartenenti regolarmente alla chiesa e che abbiano già ubbidito al battesimo dell’acqua’ [paragrafo VI]).
Furono poi trattati dei casi particolari; quello di un certo D.R. che non sarebbe stato riconosciuto come fratello per la sua condotta e per le bugie che aveva detto nella circolare che aveva fatto contro a tutti gli anziani delle Chiese d’Italia; quello di D.L. da cui fu deliberato di separarsi perché Iddio aveva mostrato chiaramente la sua instabilità nella parola e la sua doppiezza di cuore; e poi quello di S.A. che non doveva andare più per le chiese ad ammaestrare, perché Iddio aveva chiaramente mostrato che non lo aveva chiamato a questo (paragrafo VIII).
Fu poi deciso in merito al libro dei Cantici di farlo stampare a Roma, in numero di cinquemila copie, e poi gli anziani dovevano mandare ‘a Roma, al Comitato incaricato, l’importo di quello che riceveranno dalla distribuzione del libro’ (paragrafo IX).
La persecuzione fascista
Il 24 Giugno 1929 era entrata in vigore la legge sui culti ammessi, ma le chiese pentecostali continuarono ad essere perseguitate da parte delle autorità locali istigate dal clero cattolico romano. Gli Evangelici subivano vessazioni di ogni genere a motivo della loro fede, nelle scuole pubbliche, negli ospedali, venivano turbate le riunioni di culto che venivano fatte in case private, e molti vennero di punto in bianco mandati via dai loro datori di lavoro su istigazione del clero. Per farvi capire come praticamente le cose non cambiarono affatto citerò alcune persecuzioni subite prima di quella data e altre dopo.
Nel 1926 a Raffadali (AG), Francesco Galvano (1869-1930), che era tornato dagli Stati Uniti nel dicembre del 1925 per annunciare il Vangelo a quelli del suo paese, fu perseguitato dalle autorità.
Il defunto pastore ADI Vincenzo Federico (1911-1995) racconta:
‘Le riunioni di culto in casa Galvano incuriosirono i carabinieri della vicina caserma. Richiamato da loro, al fratello fu ingiunto di desistere dall’annunciare l’Evangelo e di tornare al cattolicesimo. Egli rispose affermando che gli conveniva ubbidire a Dio prima che agli uomini, perciò fu schiaffeggiato e, trattato come un delinquente, fu rinchiuso per qualche giorno in camera di sicurezza dove fu ulteriormente maltrattato. La moglie fu invitata a convincere il marito ad abbandonare la sua nuova fede ma ella, per quanto novizia, rispose semplicemente che suo marito era un uomo dabbene, che non faceva del male, ma che si adoperava per la salvezza delle anime perdute. Dopo di allora Galvano fu arrestato più volte per brevi periodi, anche insieme alla moglie o al fratello Sola, al quale raccomandò sempre di non far trapelare a sua moglie che nel carcere egli subiva certe sevizie fisiche. Sua moglie, puntualmente, andava in caserma per portargli u’ tanginu, ovvero lo scaldino, che era un contenitore per la brace, di rame, dalla forma arrotondata, sormontato da due lunghi e sottili manici tubolari d’ottone, incrociati in alto per appoggiarvi le mani e scaldarle; i carabinieri lo ritiravano ma non glielo fecero pervenire mai. Egli subì perquisizioni e conseguenti perdite di masserizie, senza che fossero mai trovati i colpevoli. I carabinieri si vollero accertare anche del fatto che egli non ricevesse nessuna remunerazione dall’America per questa sua opera di evangelista, e appurarono che egli teneva soltanto i suoi risparmi del passato e quelli che il figlio gli andava spedendo dall’America’ (Vincenzo Federico, ADI-Media, Roma 2006, pag. 48-49).
Nel 1929, a Vallelunga, Giovanni Sola (1885-1973), che era tornato dall’America nel 1919 per ordine di Dio che gli aveva detto ‘Devi andare in Italia’, e che aveva fino ad allora evangelizzato in diversi paesi siciliani, vedendo delle anime salvate dal Signore e battezzate con lo Spirito Santo, arrivato a Vallelunga (CL) per evangelizzare, fu arrestato dai carabinieri e portato in prigione, dove avvennero i seguenti fatti:
‘Verso l’una dopo mezzanotte, venne un carabiniere, aprì la porta della prigione, e mi condusse innanzi al maresciallo chiedendomi che cosa ero andato a fare a Vallelunga. Io risposi: ‘Son venuto a far visita ai miei fratelli evangelici …’ A tali parole il maresciallo incominciò a darmi pugni sulla bocca, da dove mi uscì del sangue, poi mi prese per i capelli, mi tirò forte per buttarmi a terra, ma siccome non cadevo i capelli si strapparono e gli rimasero nelle sue mani. Allora con più rabbia, mi diede un calcio nelle parti delicate del mio corpo, e mi diede tanti pugni per lo più nelle spalle, tanto che sino ad ora ne sento le conseguenze. Caddi a terra, e lui si mise con le ginocchia sopra i miei fianchi, a pestarmi, si fece prendere un nervo e incominciò a darmi con esso botte fino che io svenni e rimasi a terra, come morto. Non posso dire quanto tempo passò da quel momento perché rimasi a terra e non comprendendo nulla. Un carabiniere mi prese e mi alzò, ma non potendo stare in piedi, rimasi sopra le ginocchia. Allora il maresciallo si fece prendere una diecina di secchi di acqua e me li gettò addosso e schernendomi diceva: ‘Sei venuto per predicare, predica, predica’. Io risposi: ‘Non predico perché lei me lo comanda, ma predico perché è mio dovere farvi sapere che Gesù Cristo morì per i miei e vostri peccati e se voi vi pentirete Egli vi perdonerà…’. Terminato di buttarmi acqua addosso, un carabiniere mi prese e mi mise in piedi, e per il braccio mi accompagnò in camera di sicurezza dove trovai un tavolo ed una coperta, e così, inzuppato di acqua come ero, passai la notte un poco sopra il tavolo, un poco in piedi, confortandomi con le parole di Gesù dove dice: ‘L’hanno fatto a me, lo faranno anche a voi…’. Dopo ventiquattro ore di quando mi presero, mi lasciarono andare e così storpio come ero mi recai alla stazione, presi il treno ed andai a Caltanissetta, capoluogo di provincia’ (Giovanni Sola, La Mia Testimonianza, Ristampa, Vittoria, 1993, pag. 62-63).
Nel 1931, in provincia di Benevento, avvenne il primo arresto di un pentecostale, che fu condannato ad un mese di carcere e a 200 lire di ammenda. Poco dopo, in provincia di Bari, avvennero tre arresti tra pentecostali deferiti alla magistratura e due alla commissione per il confino. Ed altri interventi repressivi si ebbero per opera dei prefetti di Reggio Calabria (1931, ’32, ’33), Agrigento (1930, ’32, ’33), Caltanissetta (1930, ’32, ‘34), e Palermo (1932).
Vincenzo Federico racconta alcuni di questi interventi repressivi:
‘Nel 1932 due famiglie, convertitesi al Signore negli Stati Uniti d’America, tornarono a Cattolica Eraclea (AG), loro paese d’origine. Andai subito a visitarle insieme con due fratelli del consiglio di chiesa. Ci furono presentati diversi simpatizzanti dell’Evangelo, perciò, subito dopo il nostro arrivo, fu indetta una riunione evangelistica in famiglia. Vi parteciparono anche i familiari di un prete il quale, avendolo saputo, mi denunziò all’autorità giudiziaria con la motivazione che la riunione non era stata autorizzata dalla Pubblica Sicurezza. Inoltre egli organizzò una processione durante la quale il popolo fu spinto a gridare: ‘Fuori gli evangelici!’. Questo episodio mi procurò una condanna con la condizionale che fu annullata da una successiva amnistia. Le maggiori afflizioni, però, furono subite dai fedeli del luogo …. Anche a Riesi la Polizia sottoponeva gli evangelici ad indagini che diventavano sempre più moleste. I nostri avversari ormai venivano ad insultarci durante le riunioni cantando i loro inni davanti la porta del locale di culto’ (Vincenzo Federico, pag. 59-60).
Comunque, nonostante la persecuzione le chiese pentecostali moltiplicarono, infatti nel 1935 esistevano circa 150 comunità, sorte in massima parte per la testimonianza degli emigrati del Sud che rientravano ai loro paesi d’origine.
Ma tutto questo non fu che il preludio alla persecuzione su larga scala e sistematica perpetrata dal Governo di Mussolini contro i Pentecostali, in quanto nel 1935 venne emanata una circolare da parte del sottosegretario Guido Buffarini-Guidi, che vietava ai pentecostali di rendere il loro culto a Dio sia privatamente che pubblicamente.
Ecco il testo di quella circolare che rimase in vigore fino al 1955:
‘‘Esistono in alcune province del regno semplici associazioni di fatto che, sotto la denominazione di pentecostali o pentecostieri o neumatici o tremolanti, attendono a pratiche di culto in riunioni generalmente presiedute da ‘anziani’. Il culto professato dalle anzidette associazioni, non riconosciute a norma dell’articolo 2 della legge 24 giugno 1929, n. 1159, non può ulteriormente essere ammesso nel regno, agli effetti dell’articolo 1 della citata legge, essendo risultato che esso estrinseca e concreta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza. Pertanto le Loro Eccellenze provvederanno subito per lo scioglimento, dovunque esistano, delle associazioni in parola, e per la chiusura dei relativi oratori e sale di riunione, disponendo conseguentemente anche per una opportuna vigilanza, allo scopo di evitare che ulteriori riunioni e manifestazioni di attività religiosa da parte degli adepti possano avere luogo in qualsiasi altro modo o forma. Si gradirà sollecita assicurazione dell’adempimento’.
Quella circolare fu emanata dal governo Mussolini sotto pressione della Chiesa Cattolica Romana, perché pochi anni prima, nel 1929, vi era stato il concordato tra la chiesa cattolica romana e lo Stato, mediante il quale avveniva la rappacificazione tra lo Stato Italiano e la Curia romana, e mediante il quale il governo Italiano si impegnava ad assecondare i desideri e gli scopi della chiesa romana. E tra questi desideri e scopi della chiesa romana vi era pure quello di impedire ai Protestanti di diffondere tra il popolo cattolico romano quelle che essa chiama le idee della Riforma avvenuta secoli addietro, ma che noi chiamiamo semplicemente la Buona novella della pace.
A conferma che la chiesa cattolica romana fece pressione sul regime fascista affinché questo frenasse la propaganda pentecostale in questa nazione esibiamo le seguenti dichiarazioni contenute in un fascicolo a stampa, di distribuzione riservata, sul tema Il proselitismo dei protestanti in Italia che il Vaticano trasmise al governo italiano nel 1934:
‘Particolare segnalazione meritano i pentecostali o tremolanti. Nelle loro adunanze, gli adepti sono eccitati fino al parossismo, con grande pericolo soprattutto per le donne e i bambini. Per accertarsi basterà inviare un medico psichiatra a fare, senza preavviso e cautamente, un sopralluogo nella loro sede di via Adige 20, in Roma. Gli stessi protestanti non approvano il loro sistema (…). E’ bene tenere presente che la legge italiana ammette culti diversi dalla religione cattolica, ‘purché non professino principi e non seguano riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume’. Quindi non si comprende come il culto pentecostale continui ad essere ammesso in Italia’ (Citato da Giorgio Rochat in Regime Fascista e Chiese evangeliche, Torino 1990, pag. 37),
ed ancora:
‘Sua Eccellenza il capo del governo, nel gran discorso alla seconda assemblea quinquennale del regime del 18 Marzo ultimo scorso, ha dichiarato: ‘L’unità religiosa è una delle grandi forze di un popolo. Comprometterla e anche soltanto incrinarla è commettere un delitto di lesa nazione’. Questa categorica affermazione, che vuol essere un programma di condotta per tutte le autorità dello stato, resterebbe sterile se ad un delitto così grave e così autorevolmente qualificato non corrispondessero nella legislazione misure convenienti a prevenirlo e a reprimerlo. Per tutti gli altri delitti di lesa maestà, di leso regime, di lesa nazione, la legge italiana ha proporzionati rimedi’ (citato da Giorgio Rochat in op. cit., pag. 37).
Dinanzi a queste chiare affermazioni contro i Pentecostali e queste richieste fatte dal Vaticano a Mussolini appare chiaro che la circolare Buffarini-Guidi, emanata l’anno seguente dal regime fascista contro i Pentecostali, non fu altro che la misura legislativa tanto desiderata da parte vaticana contro di loro al fine di punirli per il loro delitto. E qual’era il loro delitto? Compromettevano l’unità religiosa dello Stato italiano oltre che professavano riti contrari al buon costume!!
La storia si è ripetuta; come nei secoli addietro molti re e principi per avere l’appoggio del papato favorirono il più possibile i disegni della chiesa romana tra cui anche quello di distruggere i credenti che erano usciti da essa, vale a dire quelli che essa chiama i Protestanti (non si deve mai dimenticare che la chiesa romana nel corso dei secoli in Europa si è usata dei governi degli Stati per perseguitare tanti fratelli), così il governo fascista incitato dalla chiesa cattolica si scagliò con veemenza contro i nostri fratelli.
Ma esaminando da vicino questo modo di agire del governo fascista contro i nostri fratelli, si riscontrerà pure una forte somiglianza con il comportamento di Ponzio Pilato nei confronti di Gesù. Voglio dire con questo che Ponzio Pilato sentenziò che Gesù fosse flagellato e condannato per soddisfare il desiderio del popolo giudaico che era quello di togliere di mezzo Gesù infatti è scritto che Ponzio Pilato “sentenziò che fosse fatto quello che domandavano” (Luca 23:24), ed anche: “Pilato, volendo soddisfare la moltitudine, liberò loro Barabba; e consegnò Gesù, dopo averlo flagellato, per esser crocifisso” (Marco 15:15).
Ma come fu nel piano di Dio che Ponzio Pilato accondiscendesse a quello che il popolo dei Giudei gli domandò di fare contro Gesù, così era nel piano di Dio che le autorità fasciste accondiscendessero a quello che la chiesa romana chiese loro di fare contro i nostri fratelli. E come dalla morte di Cristo ne è derivato tanto bene, così pure dalla persecuzione dei santi è scaturito tanto bene, e questo perché Dio converte il male in bene. A Lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.
Ma veniamo alla persecuzione che la chiesa cattolica romana per mano dell’autorità fascista fomentò contro i nostri fratelli, per vedere quali furono le sofferenze che i credenti sopportarono per amore del Vangelo durante gli anni che seguirono la diramazione della circolare Buffarini-Guidi.
Ecco a tale proposito delle parole del fratello Roberto Bracco che mostrano quello che accadde in quegli anni:
‘Intere famiglie sono vissute smembrate per anni ed anni; decine e centinaia di fratelli si sono consumati nell’esilio o nelle prigioni. Posizioni sociali rovinate, salute distrutta, affetti calpestati; queste sono state le conseguenze della persecuzione (…) Diversi fratelli, forniti di bicicletta, si misero alla ricerca, nelle zone estremamente periferiche della città, di campagne deserte, cave, grotte, boschi che comunque avessero potuto accoglierci (…) Non posso nascondere che il disagio e la fatica erano notevoli. Ogni sera bisognava affrontare gli stessi pericoli e la medesima fatica e dopo le riunioni, se si riusciva a rientrare nelle nostre abitazioni, si doveva constatare che avevamo sorpassata notevolmente la mezzanotte (…) Anche in questi vari luoghi eravamo raggiunti sistematicamente dalle autorità esecutive ed arrestati e imprigionati’ (Roberto Bracco, Persecuzione in Italia. Ricordi e bozzetti, Roma 1954, pag. 22, 46, 47, 48).
Ricordiamo tra i tanti perseguitati e vessati a motivo del Vangelo, Ivo Nardi, originario di San Ginesio (MC) e poi trasferito a Roma, assegnato prima al confino di polizia e poi buttato in una cella, seppur malato, dove morirà cinque anni dopo all’età di 36 anni. Ci fu un particolare accanimento contro questo credente perché esercitava una instancabile opera di evangelizzazione che il clero locale detestava; gli venne contestato il reato di aver offeso il re ed Imperatore. Quirino Pizzini, pentecostale italo-americano, che vide la sua casa in via Foscolo più volte messa a soqquadro nel cuore della notte dagli squadristi; e lui stesso venne malmenato pubblicamente allorché si rifiutava di salutare il gagliardetto Fascista. A chi gli intimava di piegarsi, lui rispondeva con fermezza: “Adora Iddio tuo, e a lui solo rendi il culto”. A seguito delle reiterate percosse subite, questo fratello ebbe gravi conseguenze di salute. Ernesto di Biagio, arrestato mentre presiedeva un culto, scontò settantadue giorni di carcere e venne in seguito riportato al suo paese natale, Sonnino, incatenato come un malfattore e posto sopra un carro al fine di darne pubblico spettacolo.
Ascoltiamo ora quello che racconta Giovanni Ferri (1917-1991), che si convertì l’anno dopo la diramazione della circolare Buffarini-Guidi:
‘Nel 1936, quando le nostre chiese erano tutte chiuse a motivo della persecuzione fascista, ricevetti la testimonianza nella città di Roma. Alcuni fratelli mi parlarono del Signore Gesù, io avevo una buona filosofia, avevo un buon modo di difendermi, ma questi fratelli con la loro semplicità mi invitarono ad inginocchiarmi davanti al Signore: ‘Se tu credi in Cristo, cercalo in preghiera’ mi hanno detto. E io l’ho fatto, mi sono inginocchiato. Non vi scandalizzate, non sono andato in una chiesa, perché ho detto che le chiese erano chiuse, neanche in una casa, ma mi andai a inginocchiare sotto un ponticello. Avevo solo 19 anni, e cominciai a pregare il Signore.
E dissi: ‘Signore, io sono un essere smarrito’, non avevo padre, ero un membro di famiglia di sette figli, avevamo anche una posizione sociale molto critica, ero afflitto. Uscito da questo istituto, veramente non sapevo dove mettere il capo, e così cominciai a cercare il Signore con tutto il mio cuore. E vi dico una cosa, allora c’era veramente l’amore in mezzo alla fratellanza. Non è che oggi non ce n’è, ma allora l’amore era maggiore. C’era un amore pratico, non un amore verbale, un amore pratico. Questi fratelli mi hanno accolto a casa loro, una famiglia anche povera, e così i due estremi si incontrarono, due poveri si incontrarono. Gloria al Signore.
Questa famiglia mi continuò a parlare del Signore Gesù, e una sera mi invitarono loro a pregare. Mi mise un po’ di spavento nel primo momento, perché ho visto che hanno chiuso tutte le finestre, hanno smorzato la luce.
Ho detto: ‘Ora che succederà stasera qui?’ Io non sapevo, io non conoscevo queste persone. Pensavo a qualche mazzata in testa, non avevo dimestichezza di questi fratelli, ero un po’ in sospetto e così stavo con un occhio chiuso e con un altro aperto. Gloria al nome del Signore. Mi guardavo attorno, ma poi quando ho visto una sorella che ha alzato una preghiera così toccante, ho detto: ‘Veramente ho ritrovato i santi antichi, i santi primitivi!’ E il mio cuore si cominciò a rasserenare, a stare tranquillo. Gloria al Signore.
La preghiera fu fatta, io mi alzai assieme a loro, non potei dire più una parola. Ho continuato per una settimana, poi ho detto a questi fratelli: ‘Ma fratelli, ma siete voi soli qui a Roma salvati?’ ‘No fratello, siamo tanti. Ci sono centinaia di fratelli’. ‘Ma dove sono?’, dicevo io. ‘Andiamo in chiesa’. Ma quelli non mi volevano rivelare che c’era una persecuzione, che molti fratelli erano stati rimpatriati. Che molti altri stavano nel carcere, e che altri stavano al confino. Mi volevano celare questa cosa, avevano paura che io mi scandalizzassi.
E un giorno ho detto: ‘Ma se voi non mi portate in chiesa, io non vengo più qua!’ ‘Ebbene, allora fratello, se sei disposto anche a non ritornare dal culto’, perché c’era questa probabilità di andare e di non tornare perché le guardie ci pedinavano, lì bastava muoversi che già c’era dietro di noi una squadra diciamo della polizia che ci sorvegliava. ‘Comunque – io dissi – qualunque cosa avverrà, io sono disposto. Anzi, dissi io, io ringrazio il Signore che ho trovato i continuatori della prima chiesa. Gloria al Signore. ‘Se voi siete la chiesa perseguitata, vuol dire che voi siete i veri Cristiani!’ Allora si convinsero questi fratelli, si convinsero. ‘Beh, portiamolo, questo ha fede!’.
Erano otto giorni, dieci giorni che io avevo creduto, non ero un uomo che aveva fatto l’ossatura. Ma sentivo dentro di me un immane bisogno di verità, gloria al Signore. E così mi portarono a questo culto. Sapete dove? All’aperto, neanche una tenda, un prato all’aperto, era di autunno. Il cielo era pieno di stelle, però era oscuro lo stesso, e ho visto un accampamento di santi, di sorelle e di fratelli; fui commosso, caddi sulle mie ginocchia e cominciai a implorare il Signore. ‘Ho ritrovato i santi’ ho detto, ‘Ho ritrovato la Chiesa, gloria a Dio!’, dicevo. E cominciai a piangere, a piangere sulle mie ginocchia. Ora non si piange più. Gloria al Signore! Ora si va in Chiesa, si ascoltano i sermoni, ahhh! ma dov’è qualcuno che piange?’ Io piansi. Questi fratelli non comprendevano il mio pianto: ‘Ma perché piangi?’ ‘Perché io ho ritrovato la Chiesa, ho ritrovato il Signore!’ E si cantava sommessamente. Certo non erano gli squilli di questi strumenti, queste voci sonori, a bassavoce, voce sommessa, dolce; ma Dio ascoltava, Dio era lì nel mezzo di noi, dolcemente nel mezzo di noi. Poi cominciarono le testimonianze, le sorelle che testimoniavano del Signore Gesù. Mi trovai per un momento in un lembo di paradiso terrestre. Gloria al Signore! Ma quella riunione fu funestata, perché mentre eravamo in quella dolce e meravigliosa atmosfera ecco che da lontano apparvero delle ombre. Sapete chi erano? Erano i poliziotti.
Si avvicinarono mano a mano, poi ci dissero: ‘Tutti in piedi!’ Eravamo tutti seduti sul prato. ‘Tutti in piedi, alzate le mani!’ Era la prima volta che io mi trovavo di fronte alle autorità, e la prima volta che fui arrestato. E siccome, sapete, ero un giovanotto, un po’ diciamo come tutti gli altri, mondano, avevo tutta una chioma a modo mio anche un po’ diciamo disordinata, e subito il brigadiere che faceva l’operazione mi riconobbe dicendomi: ‘Lei certamente è un novello!’ Ho detto: ‘Io brigadiere, sono un arruolato volontario e nessuno mi ha portato qui ma il Signore!’ Alleluia! Allora non si scherzava fratelli e sorelle; chi sa adesso, se, muta caso dico, venisse qualche guardia per arrestarci, quanti ne rimarrebbero seduti e che fuggi fuggi dovremmo assistere. Ma gloria al Signore, lì eravamo in una calma perfetta. E io stesso in una calma perfetta. E quando il brigadiere mi ha preso e mi ha portato nella caserma, gloria al Signore, mi sono sentito felice, felice perché cominciavo un pò a pensare alla storia. Io conoscevo la storia della Chiesa antica, le persecuzioni antiche, conoscevo il martirio dei santi, conoscevo la storia del Colosseo.
E io dissi: ‘Signore, ti ringrazio che incomincio la mia fede con la sofferenza!’ Gloria al nome santo del Signore! Ora, cari fratelli e care sorelle, certamente la testimonianza sarebbe molto lunga, io l’abbrevio. Ma voglio dirvi, che da principio c’era una fede vera, una fede ardente, e il brigadiere, anzi poi il commissario mi disse: ‘Senta caro Ferri, alla prossima volta che ti prenderemo, ti metteremo in galera e poi ti rimpatrieremo. Quindi ti esortiamo di non farti più vedere in mezzo a questa gente’. E io non andai più, ma non è che non andai più perché avevo avuto paura; perché non sapevo il luogo di radunamento e quei fratelli che mi avevano portato quasi si erano pentiti, si sentivano veramente addolorati, dicevano: ‘Quel giovane si è scandalizzato, si è impaurito!’ Ma dopo otto giorni mi videro riapparire all’orizzonte! Gloria al Signore! ‘Fratello Giovanni, non ti sei spaventato?’ ‘No – ho detto – io sono qua per continuare a camminare con il Signore!’ Amen? ‘Per continuare a camminare con il Signore’.
Passarono un’altra ventina di giorni, ed eravamo radunati in una cava di puzzulana, nascosti in una cava di puzzulana in campagna e mentre eravamo lì per lodare il Signore, ecco di nuovo le guardie. Questa volta mi arrestano, mi portano in galera. Gloria al nome del Signore! Avevo solo diciannove anni, ma ero pieno di fede e di ardore per il Signore Gesù. Avevo chiesto il battesimo, ma mi dicevano i fratelli: ‘Sei troppo giovane! Con un mese di fede non ti possiamo battezzare. Devi ancora maturare!’ Ma quando hanno visto che dopo l’arresto io sono rimasto fedele al Signore, mi hanno messo in libertà per tre giorni e mi hanno dato il foglio di via ero obbligato a rimpatriare – ebbene prima di rimpatriare ho fatto il battesimo in acqua, in una vasca, in una casa privata. E quando mi sono battezzato i fratelli non comprendevano, sono caduto per terra, ho bagnato il pavimento con le mie lacrime, segno di riconoscenza al mio Salvatore. Alleluia! Mi sentivo scaricare del peso opprimente della colpa, tutto quel malloppo oppressivo fu tolto in un istante dalla potenza dell’amore di Dio.
I fratelli parevano che mi volessero consolare, ma se c’era uno che era consolato lì era Giovanni Ferri! Gloria al Signore! Oggi, vorrei vedere questi fatti, queste ripetizioni, queste conversioni in questa maniera. Gloria al Signore! Fui rimpatriato al mio paese. Figuratevi il nemico, Satana, si scatenò come una tempesta, come una bufera. Mia madre mi cacciò fuori, ero di un piccolo paese quindi la mia testimonianza corse da tutte le parti.
Il prete prese iniziativa con una campagna veramente scandalistica nei miei confronti, e mi fece guardare male da tutto il popolo. Non sapevo dove andare, mia madre mi ha cacciato fuori, parenti non ne avevo, fratelli non c’erano, allora il mio rifugio era soltanto la preghiera. Mi confidavo nel Signore e un giorno mi trovai dietro una siepe con le mani alzate pregavo Dio e mentre accadeva questo una donna del paese, una delle donne più cattive del paese, vedendomi pregare corse al paese: ‘Sentite! Ho visto Giovanni alle prese con il diavolo, con le mani alzate, stava lì, prete del diavolo!’ Senza sapere che io ero sotto la benedizione di Dio. Mi potevo vergognare, ed era veramente da vergognarsi e mia madre ancora di più si scandalizzava e diceva: ‘Ecco un pazzo! Mio figlio è impazzito! Mio figlio l’ho perduto!’ E anche delle zie che mi venivano a trovare e mi dicevano: ‘Ma Giovanni che ti hanno dato? Forse qualche bevanda? Forse qualche tazza di caffè? Forse qualche tazza di tè? Ma che ti hanno dato?’ Oh, se potessi dare tazze di caffè – ho detto – se potessi dare tazze di qualsiasi liquido, quante tazze darei per guadagnare le anime al Signore! Alleluia! E allora volevano sentire qualche cosa da me, e io, sapete, non sapevo parlare non è che io ero stato educato, ammaestrato, sapevo solo qualche parola sul Signore Gesù ma avevo in me l’arma della preghiera. E così io li invitavo a pregare: ‘Inginocchiatevi con me!’ Ma figuratevi! Gloria al Signore! Stavano come stavo io, con un occhio chiuso e con un occhio aperto, con un ginocchio a terra e con un ginocchio sollevato e mi guardavano come una bestia rara! Gloria al Signore! Intanto io parlavo e rendevo testimonianza. Sapete che hanno detto? ‘Ma questo non è pazzo, parla bene, commuove, parla bene, non è pazzo!’ Almeno capirono che non ero pazzo. Gloria al nome del Signore!
Successivamente tornai a Roma, e lì fui di nuovo arrestato, questa volta fui portato in carcere, un paio di mesi di galera e poi mi hanno inflitto due anni di sorveglianza. Gloria al Signore. Rimpatriato al mio paese, non potevo uscire fuori dal mio paese, non potevo testimoniare più a nessuno, non potevo uscire dal Comune, dovevo rientrare prima dell’Ave Maria la sera e non potevo uscire prima dell’alba. Quindi ero come in una carcerazione un po’ diciamo allargata. Ma vi dico una cosa fratelli e sorelle, che non tenni conto di tutto questo perché io parlavo del Signore a tutti quanti, e chiunque mi capitava io parlavo del Signore. E una mattina il brigadiere con il carabiniere venne a bussare alla mia porta per vedere se stavo dentro, io mi sono alzato e mi sono presentato. E mi ha detto il brigadiere: ‘Ma è vero Ferri che tu non fai conto della legge e che vai dove ti pare?’ Ho detto: ‘Brigadiere, se lei pensa questo mi può anche sorvegliare!’ Ma io ottenni subito di parlar a lui del Signore. E cominciai a parlare della mia fede, della mia salvezza. Allora disse il brigadiere al carabiniere: ‘Figuratevi! Questo parla a noi, alla gente come fa a non parlare alla gente?’. Gloria al nome del Signore!
E’ tempo anche oggi di svegliarsi e di parlare del Signore. Ci sono tante cose che sono successe nella vita, le varie volte che sono andato a finire in carcere, ma anche nelle carceri il Signore mi ha usato per la sua gloria e per la testimonianza del Vangelo. ….…. Giovani della tenda, vi ho raccontato quel particolare, quando in un torpedone ci portavano a Regina Cieli in carcere, noi tutti dentro cantavamo: ‘Per questa strada si giunge al cielo, salvati siamo non più timore, per questa strada si giunge al cielo’ Allora disse lì una delle guardie: ‘Ma per questa strada, voi vi sbagliate, si va a Regina Cieli, si va alle carceri!’ Gloria al nome del Signore! Era vero che si andava alle carceri, ma le carceri non era la tappa finale. Amen. Così noi vogliamo andare di valore in valore fino a tanto che non siamo arrivati in Sion, luogo di compiuta bellezza. Amen. …..
Un giorno mentre mi portavano con le catene ai polsi, alle carceri, un maresciallo mi disse: ‘Se lei non la smette sarà rovinato nella sua vita, lei è giovane e sta rovinando la sua carriera, fra poco lei andrà a finire a Gaeta, a fare le carceri in Gaeta!’ Allora io mi ricordo sempre, nelle nostre case in Italia c’erano tutti versi che erano versi del fascismo e c’è una parola molto profonda e importante e questa parola era: ‘Se qualcuno professa la sua fede e non è pronto di morire per essa, non è degno di professarla!’ Gloria al Signore. Così dissi al maresciallo queste parole: ‘Se una fede politica richiede sacrificio e anche la prontezza di morire, quanto più la mia fede che è la fede che è stata una volta insegnata ai santi, è la fede di Cristo, è la fede potente della Chiesa’ (Testimonianza trascritta da un’audiocassetta).
Un’altra testimonianza è quella di Castrenze Cascio, che nel suo libro Camminare e Spigolare, racconta la persecuzione subita a partire dal 1936 a Corleone:
‘Verso la fine del 1936 scattò la persecuzione. Le autorità ecclesiastiche approfittando delle leggi fasciste, fecero pressioni sulle autorità militari di Corleone affinché agli evangelici non venisse permessa la radunanza per pregare insieme. Gli evangelici venivano spiati e pedinati. Il fratello Piranio ricevette un mandato di comparizione. Quando giunse al Commissariato l’inquirente gli fece una sfuriata; lo definì sobillatore, delinquente e sovversivo. Ma lui sapeva che quello che stava affermando non era vero. L’inquisito ascoltò in silenzio a lungo. Poi essendogli consentito di difendersi gli parlò della dottrina dell’amore, della pace, del perdono e della santità del Signore. Al che l’inquirente rispose: ‘Lo so, lo so. Vi conosco’. Replicò il fratello Piranio: ‘Se ci conosce e se sa, perché ci tratta in questo modo?’. – ‘I preti, i preti …’, rispose l’inquirente. Così il fratello Piranio fu rilasciato ed esortato a non radunarsi. Ma nessuno poteva fermare lo zelo e l’amore che c’era in quelle persone salvate dal Signore e piene dello Spirito Santo. Continuarono a radunarsi ma presto il fratello Piranio fu chiamato di nuovo. Il commissario chiese l’elenco di tutti i membri. Gli fu permesso di radunarsi l’ultima volta pubblicamente per fare l’elenco di tutti i membri di chiesa. Alcuni per paura di andare a finire in galera non vollero essere iscritti nell’elenco, mentre gli altri si dichiararono pronti a tutto per amore del Signore. Quando il fratello Piranio andò a consegnare l’elenco dei membri della comunità, il commissario se lo prese e con autorità gli disse: ‘Non posso più tollerarvi. Se gli agenti vi trovano radunati saremo costretti ad imprigionarvi. Da questo momento siete diffidato. I preti hanno fatto diversi reclami, accusandomi di esser stato indulgente e permissivo nei vostri confronti. Per causa vostra non voglio rischiare di essere trasferito. Andate e badate a quello che fate!’. Il fratello Piranio davanti a quelle severe ingiunzioni andò a trovare i fratelli, che lo stavano aspettando radunati e li informò di tutto quello che gli era stato detto. Il padrone della casa ove si facevano i culti, in via Bottonaro, per paura di essere arrestato, disse: ‘Non voglio più che da oggi in poi il culto si faccia a casa mia’. Vi fu un momento di smarrimento: tanti ebbero paura! Ma il fratello Piranio disse: ‘Il culto da oggi in poi si farà a casa mia. Chi verrà sarà benvenuto’. Così le riunioni di culto si cominciarono a tenere in casa del fratello Piranio in via Sferlazzo, n° 29. La prima riunione di culto fu disertata da diversi credenti. Ma quei pochi che erano presenti cominciarono a cantare, a lodare Iddio e a predicare. Tanti vicini udendoli, accorsero per vedere e sentire quello che dicevano. La moglie del fratello Piranio, pur non essendo convertita, invitava persone ad andare al culto. Si faceva culto ogni sera. Tanti chiedevano: ‘Quando si farà di nuovo? Fatecelo sapere, vogliamo venire!’. Il Signore operò un risveglio in quel quartiere. Tanti credenti che per paura non avevano frequentato più i culti, ritornarono piangendo al Signore. La comunità riprendeva quota. I deboli presero coraggio e tante altre anime nuove arrivavano ai piedi del Signore’ (Castrenze Cascio, Camminare e Spigolare, Corleone 2000, pag. 13-14).
Vincenzo Federico racconta le seguenti cose a proposito delle persecuzioni nella zona della Sicilia dove lui risiedeva:
‘Una volta chiusi ufficialmente tutti i luoghi di culto, la nostra attività spirituale clandestina si rafforzò e continuò a svolgersi piuttosto regolarmente fino al 1938. Nei nostri piccoli centri agricoli ci riunivamo in stalle, in pagliai o altri ambienti privati, dove il Signore continuava a chiamare le anime a ravvedimento. Durante quel periodo, nelle due chiese di Raffadali e di Santa Elisabetta, si tennero ben due servizi di battesimi in campagne remote. Grazie al Signore, la Sua opera cresceva sempre, anche in mezzo ‘alle spine ed ai rovi’. Tuttavia, nella nostra zona la persecuzione non era molto grave, perché le autorità locali ci tenevano in grande stima come persone oneste, laboriose e pacifiche. Contro di noi si muovevano, invece, i commissari di P.S. della provincia, dietro insinuazione del clero’ (Vincenzo Federico, pag. 68-69).
Nonostante la persecuzione però i Pentecostali aumentarono di numero. Il Signore continuò a manifestare la sua benignità e potenza, salvando, battezzando con lo Spirito Santo, guarendo, e dando anche visioni e rivelazioni.
Nel 1935 e nel 1945 ci furono rispettivamente la prima e la seconda scissione nella Chiesa di Roma. In quest’ultima, fu coinvolto Roberto Bracco, che separatosi con altri credenti dall’ala storica della Chiesa Pentecostale di Roma (quella che oggi è comunemente chiamata degli Zaccardiani), diventò pastore di un’altra Chiesa.
I due Convegni di Raffadali
Nel 1944, mentre il Sud era sotto il controllo delle truppe alleate e il Nord era ancora sotto l’occupazione nazifascista, a Raffadali (Agrigento) si tenne il 3 Convegno dal 25 al 27 agosto. Anche se gli intervenuti erano solo quelli della regione Sicilia, il Convegno fu considerato a carattere nazionale, a motivo dell’importanza delle decisioni prese.
Innanzi tutto fu affermato che bisogna obbedire all’autorità della Parola di Dio, perché per essa sola vi è vita, e attenersi particolarmente a quanto stabilito dagli apostoli ed anziani in Gerusalemme (Atti del 3° Convegno, paragrafo I); poi fu dichiarato che di qualunque natura siano le divisioni esse sono opera della carne (paragrafo II); poi fu detto che nella elezione degli anziani si deve procedere secondo l’insegnamento apostolico contenuto in 1 Timoteo 3 e nel capitolo 1 di Tito, ma nel caso manchi l’elemento secondo la Scrittura, può assumere le funzioni di anziano uno dei fratelli più spirituali in attesa che in risposta alle preghiere dei credenti il Signore unga un fratello per tale ufficio, e al quale saranno imposte le mani dal collegio degli anziani (paragrafo III); anche per quanto riguarda la costituzione dei diaconi fu affermato che deve essere effettuato secondo l’insegnamento biblico, ma questo nelle chiese numerose (paragrafo IV); fu istituita un offerta missionaria ‘da servire per missione, stampati, apertura di locali, e arredamento dei medesimi, ecc.’, che ogni Chiesa doveva versare a fine dell’anno agrario, e fu detto che le somme raccolte sarebbero state spese con il parere della maggioranza degli anziani (paragrafo V); fu affermato che coloro che provenivano da altre Chiese evangeliche, se erano già stati battezzati in acqua, non avevano bisogno di essere ribattezzati per entrare a far parte delle Chiese Pentecostali (paragrafo VI); fu deciso che quando una causa di disturbo non si può risolvere nella chiesa stessa, questa dovrà rivolgersi agli anziani delle Chiese più vicine (paragrafo VII); fu affermato che per il migliore adunamento dei fedeli si esortavano i fratelli anziani e quindi le chiese, affinché a riguardo del parlare in lingue si attenessero all’insegnamento dell’apostolo Paolo (paragrafo VIII); fu ribadito che gli anziani devono essere rispettati dai membri di chiesa (paragrafo IX); fu poi ricordato che i fratelli che visitano le chiese devono essere muniti tutte le volte di un biglietto a firma dell’anziano, e nel quale deve essere specificato il motivo della visita (paragrafo X); fu proclamato che si devono ‘esortare i fedeli ad essere alieni da qualsiasi forma di politica’ (paragrafo XI); e poi fu deciso di assolvere il fratello S. G. dalle accuse mossegli in quanto erano di poca entità e non contrarie alla sana dottrina, come anche fu assolto il fratello D.R.C. dalle accuse mossegli perché ritenute infondate, e di riammettere nella Chiesa i fratelli C. D. e G.G. i quali avevano fatto confessione dei loro errori, a condizione che non dovevano parlare di dottrina (paragrafo XII).
Qualche mese prima che si tenesse quel Convegno, un fratello di Roma di nome Fidardo De Simoni (1898-1944) era morto trucidato alle fosse Ardeatine assieme ad altri 334 ostaggi uccisi per rappresaglia, mentre un altro fratello di Torino di nome Antonio Brunetti (1887-1944) era morto nel campo di sterminio di Mauthausen.
Nel 1945, quando ormai si era compiuta la riunificazione del territorio nazionale, fu tenuto il 4° Convegno Nazionale, sempre a Raffadali, dal 30 Agosto al 2 Settembre, durante il quale fu deciso di riprendere i rapporti fraterni con le chiese italiane all’estero, in particolare quelle del Nord America.
Umberto Gorietti venne incaricato dal Convegno a rappresentare il Movimento d’Italia, che prese il nome di ‘Chiese Cristiane Evangeliche Pentecostali’. I partecipanti al Convegno vennero a sapere che negli Stati Uniti c’era un’associazione di chiese evangeliche pentecostali chiamata ‘Assemblies of God’, che si era venuta a creare nel 1914, che aveva ottenuto il riconoscimento giuridico dal Governo americano. E così si presero dei contatti con le Assemblies of God, anche tramite un cappellano militare delle ‘Assemblies of God’. E’ interessante notare anche che in quel convegno si decise di non affrontare il tema del divorzio, quantunque ci fossero delle dispute a tale riguardo, in quanto in Italia il divorzio non era accettato dalla legislazione dello Stato: ‘… Eventuali ragionamenti si potranno tenere in sede di convegno in un domani che, modificata la Costituzione nazionale, si ritenesse necessario, sperando anche che una maggiore maturità spirituale apporti la generale e spontanea unità d’intendimento. E perciò riteniamo opportuno esortare che cessino le ostilità tra le parti controversanti ispirandosi piuttosto alla unità ed all’amore nel Figliuol di Dio’ (Atti del 4° Convegno, paragrafo VI). Fu ribadito che coloro che si macchiavano di fornicazione o adulterio ‘verranno espulsi dalle adunanze secondo l’insegnamento della Scrittura’ (paragrafo VII). Fu anche deplorata la mancata partecipazione di alcune chiese che, pur essendo state invitate al Convegno, non avevano inviato la loro adesione né per lettera né per tramite di un qualche rappresentante (paragrafo IV). Inoltre fu posto all’ordine del giorno ‘l’organizzazione’, ma la proposta fu respinta.
Roberto Bracco, ricordando quel convegno, dice: ‘… nel convegno del 1945 che poteva essere considerato nazionale, per la prima volta fu posto all’ordine del giorno il problema dell’organizzazione, la proposta veniva da quella che era allora l’unica chiesa di Palermo, ma a questa proposta la reazione immediata fu tanto massiccia da indurre i proponenti a ritirarla senza che fosse messa in discussione. I fratelli giunti dal continente furono fra i primi e fra i più decisi ad opporsi al progetto e a convegno concluso i più soddisfatti di avere contribuito con la loro partecipazione a scongiurare il pericolo’ (Roberto Bracco, La verità vi farà liberi, pag. 19-20)
Nasce l’organizzazione ADI
Nel 1946 si tenne il 5° Convegno Nazionale a Roma, a cui partecipò anche una delegazione estera, costituita da Nicola di Gregorio, uno dei più stretti collaboratori di Luigi Francescon nella Congregazione Cristiana di Chicago, e quindi contrario all’organizzazione, Hermann Parli che rappresentava le chiese svizzere ed europee, ed Henry Ness, uno dei più noti esponenti delle Assemblies of God americane, che era pastore di una grande chiesa. Fu presentata di nuovo la proposta che era stata rigettata nel precedente, ma questa volta fu presentata da coloro che l’avevano respinta al precedente convegno. La linea che prevalse fu quella di Ness, che era assertore convinto dell’organizzazione. Fu presa dunque la decisione di costituire una organizzazione al fine di ottenere la ‘libertà di culto e d’evangelizzazione’, in quanto il Governo di allora aveva dichiarato ufficialmente che non sarebbe stata concessa alcuna libertà religiosa al Movimento se questo non si fosse regolarmente e giuridicamente organizzato.
Come dice Roberto Bracco: ‘.. si pensava che questo fine si sarebbe raggiunto meglio e più presto presentando alle autorità un corpo coordinato oltre che collegato in tutte le sue parti’ (Roberto Bracco, La verità vi farà liberi, pag. 21).
Si adempirono così le parole di uno dei più grandi avversari della linea di Francescon, che un giorno aveva detto a Roberto Bracco: ‘Nel prossimo Convegno venga Francescon o S. Francesco, noi faremo quello che siamo intenzionati di fare cioè ci organizzeremo legalmente’ (Roberto Bracco, op.cit., pag. 11-12).
Fu dunque costituito un triplice Comitato chiamato ‘Comitato Missionario, Ricostruzione e Fondo di Pietà’, che esplicava il proprio compito amministrativo nella giurisdizione di cui ad ognuno dei Comitati, e cioè: Sicilia, Italia Centro-Meridionale e Italia Settentrionale. E fu costituito anche il Comitato Centrale, formato da 5 membri, che doveva eleggere nel suo seno un presidente che rappresentasse l’opera d’Italia di fronte al Governo (Atti del 5° Convegno Nazionale, paragrafo III). E per tranquillizzare tutti fu detto che ‘questi Comitati lasciano l’opera del Signore nella libertà dello Spirito, perché le funzioni da essi esercitate sono unicamente di carattere amministrativo ed i membri di essi non godono nessun privilegio nei confronti delle chiese e dei fedeli’ (paragrafo III).
Va fatto notare però che diverse Chiese Pentecostali rifiutarono di partecipare a quel Convegno avendo già constatato che la direzione verso la quale erano volte la maggioranza delle Chiese era quella di costituire una organizzazione, e per questa loro mancata partecipazione i partecipanti a quel Convegno si dolsero parecchio.
Ecco infatti quello che scrissero:
‘Ancora una volta abbiamo dovuto deplorare, con dolore cristiano, il mancato intervento di diverse adunanze regolarmente invitate. Purtroppo ciò è stato determinato da uno spirito di contesa e di divisione che si fonda su pregiudizi e prevenzioni di molti i quali, sono stati contumaci accusatori del presente convegno. Nel mentre diamo ampia assicurazione di aver mandato, senza discriminazione, la circolare di invito agli anziani di tutte le chiese d’Italia, precisiamo che la chiesa di Roma, presieduta dal fratello Antonio Serlenga, oltre che con la regolare circolare, è stata invitata ad intervenire a mezzo di una visita dei fratelli Rosario di Palermo della chiesa di Corleone (Palermo) e Nicolò di Gregorio della chiesa di Chicago (U.S.A.). L’ostinata determinazione di non partecipare al convegno, non giustificabile con l’insegnamento delle Scritture, ci ha mostrato una volta di più il preciso proposito dei conduttori di questa chiesa di compiere opera disgregatrice e scismatica nelle chiese d’Italia. Esortiamo nel Nome del Signore, unitamente alle fratellanze straniere rappresentate in questo convegno, ad opporre resistenza agli insegnamenti contrari alla pacificazione che, procedendo dai conduttori di detta chiesa, continuano ad apportare disturbi in ogni località…’ (paragrafo I).
In quel Convegno fu fondato il periodico Risveglio Pentecostale, che divenne l’organo ufficiale delle ‘Chiese Cristiane Evangeliche Pentecostali’, la cui redazione e direzione furono affidate rispettivamente a Umberto Gorietti e Roberto Bracco. I primi due numeri uscirono per la generosa offerta dei fratelli di Zurigo e Winterthur (Svizzera), mentre la pubblicazione degli altri numeri doveva essere fatta con i mezzi della fratellanza italiana ‘che potranno essere facilmente realizzabili mediante il tempestivo pagamento dei numeri che vengono inviati’ (paragrafo IV).
Nel maggio del 1947, Umberto Gorietti, in qualità di rappresentante del Movimento Italiano, partecipò alla prima Conferenza Pentecostale Mondiale tenutasi a Zurigo, in Svizzera, durante la quale sollecitò ed ottenne che i delegati dei Movimenti di tutto il mondo inviassero al Governo Italiano una petizione con la quale richiedevano il rispetto delle libertà di culto per le chiese pentecostali italiane.
Nel 1947 si tenne il 6° Convegno Nazionale a Napoli, dal 16 al 18 Agosto, che fu una pietra miliare per la costituzione dell’organizzazione ‘Assemblee di Dio in Italia’, infatti dato che per il riconoscimento giuridico delle Chiese Pentecostali in Italia era necessario un documento da qualche associazione consorella all’estero, preferibilmente americana, che fosse riconosciuta giuridicamente nella sua nazione, documento che garantisse i fini e la serietà delle chiese italiane, fu accettata la certificazione offerta dalle Assemblies of God degli Stati Uniti.
Ecco quanto fu deliberato:
‘1. ‘Le Assemblee Pentecostali Italiane, riconosciuta l’urgente necessità di regolarizzare la propria posizione giuridica, e constatato che l’unico mezzo attualmente a disposizione del Movimento è quello dell’affiliazione a fratellanze straniere, accettano l’affiliazione cristianamente offerta dalle Assemblee di Dio degli Stati Uniti; 2. Un apposito statuto regolerà i rapporti tra le due organizzazioni ed assicurerà la più ampia indipendenza all’opera d’Italia; 3. Il Movimento resta, come nel passato, in comunione fraterna con tutti quei movimenti che perseguono la stessa mèta’ (paragrafo I). ‘L’Opera Pentecostale Italiana, in conseguenza di quanto sopra assume il nome di ‘Assemblee di Dio in Italia’ (Atti del 6° Convegno, paragrafo II).
In quel Convegno furono istituiti dei ‘Comitati di Zona’ in sostituzione del triplice Comitato Missionario Ricostruzione ed Assistenza eletto nel Convegno precedente. E il Comitato Centrale fu sostituito con il Comitato Esecutivo, composto da un Presidente, un Segretario, un Tesoriere e da due Consiglieri.
Le mansioni di questo Comitato erano le seguenti:
‘1. Rappresentare le Assemblee davanti al governo; 2. Portare a termine la pratica di affiliazione e stabilire l’apposito statuto 3. In casi particolari indire le riunioni dei Comitati di Zona; 4. Convocare il Convegno Nazionale annuale, lasciando a qualunque chiesa la libertà di ospitarlo; 5. intervenire come arbitro nelle questioni locali, dove non sia riuscito il Comitato di zona (paragrafo IV). E affinché sia il Comitato esecutivo che i Comitati di Zona potessero svolgere un lavoro veramente fruttuoso, i conduttori si impegnarono a contribuire al fondo dei Comitati con una colletta semestrale (paragrafo V – nel Convegno del 1949, in merito a questa colletta, le Chiese saranno esortate a contribuire ‘con larghezza maggiore alle spese dei Comitati’ [paragrafo III] e in quello del 1955 ‘ravvisata la necessità di incrementare sensibilmente ed urgentemente le entrate finanziarie, al fin soprattutto di adempiere, sviluppare i programmi missionari ed ecclesiastici dell’Opera’ fu stabilito ‘ di indire delle offerte mensili nelle chiese in sostituzione delle precedenti offerte semestrali’ [paragrafo VII]); fu inoltre consigliato ai conduttori di chiesa, tra le altre cose, ‘di destinare una delle collette settimanali ad un fondo speciale per la futura erezione del proprio locale di culto’ (paragrafo VI).
Il Comitato Esecutivo (il cui nome dal 1949 sarà sostituito con quello di ‘Consiglio Generale delle Chiese’) dunque si mise all’opera per formulare la pratica di riconoscimento giuridico e per compilare lo Statuto, cose che sembravano molto facili da fare, ma risultarono alquanto complesse, infatti Roberto Bracco, che fu uno degli estensori della prima bozza dello Statuto delle ADI (ma che dopo molti anni comprese il danno che esso aveva procurato alla fratellanza), dice:
‘… giunge la richiesta concessione di affiliazione con l’organizzatissima Ass. of. God degli Stati Uniti e con questa l’inizio di una pratica di riconoscimento. Un inizio forse malato d’ingenuità; sembrava che tutto potesse essere eseguito con estrema semplicità, assolvendo ad alcuni atti ‘puramente formali’ e al solo fine di ottenere libertà per esercitare il servizio del Signore. Anche la compilazione di uno ‘statuto’ appariva come una cosa affatto impegnativa ed infatti la stesura di questo fu affidata ad un fratello designato in sede di convegno. Ma già dai primi contatti con il Ministero apparve chiaro che la pratica implicava impegni e responsabilità maggiori di quelli del nostro preventivo semplicistico. La pratica doveva essere affidata ad un legale e doveva essere questo a compilare uno statuto. Non fu difficile trovare il legale perché indicato e consigliato dallo stesso funzionario del Ministero, ma fu anche facile constatare che questo legale per avviare la pratica doveva servirsi della stazione di partenza e dei binari delle organizzazioni già esistenti, cioè quelle delle denominazioni protestanti. Quindi lo ‘statuto’ preparato dal legale s’ispirava e ricopiava in parte gli statuti delle diverse denominazioni dalle quali molti credenti pentecostali erano usciti’ (Roberto Bracco, La verità vi farà liberi, pag. 22-23).
Queste parole di Bracco mi confermano perché Paolo ci esorta a non metterci con gli infedeli, perché ci metteremmo sotto un giogo che non è per noi. E difatti le ADI che chiesero allo Stato il riconoscimento giuridico per essere legalmente liberi, si trovarono subito in una situazione di svantaggio, perché dovevano fare come voleva lo Stato e non come volevano loro, e lo Stato ovviamente non era tenuto ad ubbidire ai principi biblici sull’organizzazione della chiesa.
E quindi le ADI dovettero scendere a compromessi per poter soddisfare le richieste dello Stato ed ottenere la tanto desiderata libertà legale, che, come dice Bracco, ‘probabilmente avremmo avuto senza far domande’ (Ibid., pag. 25).
Lo Statuto fu approvato all’unanimità dal 7° Convegno Nazionale, che si tenne a Catania dal 27 al 29 Agosto 1948, e quindi il 12 Ottobre presentarono al Ministero dell’Interno la formale richiesta di riconoscimento giuridico dell’associazione come Ente di culto.
In cosa consiste il riconoscimento giuridico e quali sono le modalità per ottenerlo
Il riconoscimento giuridico comporta i seguenti effetti:
- autonomia patrimoniale dell’associazione, con la conseguenza che gli amministratori avranno responsabilità limitata (laddove invece nelle associazioni non riconosciute gli stessi rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni contratte)
- possibilità di acquisire beni immobili a titolo gratuito, accettare donazioni ed eredità, conseguire legati (possibilità esclusa per le associazioni non riconosciute)
- possibilità di fruire di agevolazioni fiscali.
Il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica degli enti di culto diversi dal cattolico è regolato dalla legge n. 1159 del 24 giugno 1929 e dal R.D. n. 289 del 28 febbraio 1930. L’art. 2 (come risultante dalle modifiche dell’ordinamento statale) prevede che detti enti conseguano il riconoscimento con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, uditi il Consiglio di Stato e il Consiglio dei Ministri. La richiesta la può fare il legale rappresentante dell’Ente.
Praticamente egli deve presentare domanda in bollo, datata e sottoscritta dal legale rappresentante, che deve essere inviata alla Prefettura nella cui provincia ha sede l’Ente e deve indicare: a. denominazione e sede; b. indicazione della natura giuridica dell’Ente; c. elenco della documentazione allegata. La documentazione richiesta è la seguente:
1. Atto costitutivo e statuto redatto innanzi ad un notaio nella forma di atto pubblico. Dovrà essere prodotto in 5 copie autenticate, di cui 2 in bollo e dovrà contenere: denominazione dell’ente, indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede nonché le norme sull’ordinamento e sull’amministrazione. L’atto costituivo e lo statuto devono anche determinare, quando si tratta di associazioni, i diritti e gli obblighi degli associati e le condizioni della loro ammissione; lo statuto deve inoltre contenere le norme relative alla estinzione dell’ente e alla devoluzione del patrimonio. Le modificazioni dell’atto costitutivo e dello statuto devono essere approvate con Decreto del Presidente della Repubblica.
2. Relazione sui principi religiosi cui l’Ente si ispira e sulle attività svolte sottoscritta dal legale rappresentante, da cui risulti: se i principi religiosi si estrinsecano in riti, se sia prevista la figura del ministro di culto, l’eventuale autorità religiosa da cui l’ente dipende, l’elenco delle eventuali sedi italiane ed estere con i nominativi dei responsabili e la consistenza numerica dei fedeli.
3. Atto o contratto relativo alla disponibilità della sede (copia): la disponibilità dovrà essere garantita per un congruo periodo di tempo (es. contratto di locazione).
4. Prospetti economici con l’indicazione delle entrate e delle spese relative a ciascuno degli ultimi tre anni o del minor periodo di esistenza dell’ente.
5. Dichiarazione di un istituto di credito comprovante la consistenza del patrimonio mobiliare a disposizione dell’ente.
6. Dichiarazione del legale rappresentante relativa al possesso della cittadinanza italiana o al domicilio in Italia (può essere certificata) – Informazioni tratte da: http://www.interno.it/
Continua la persecuzione
Intanto continuava ad infierire la persecuzione contro i Pentecostali, perché la circolare Buffarini-Guidi continuava ad essere in vigore, e questo nonostante la Costituzione Italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948 affermasse nel 19° articolo: ‘Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume’. Nel periodo 1948-1952 in oltre ottanta diverse località d’Italia si manifestarono atti di intolleranza e persecuzione con chiusura di locali di culto, denunce all’Autorità Giudiziaria e in alcuni casi perfino abuso di autorità da parte delle forze dell’ordine. Va precisato tuttavia che nella stragrande maggioranza dei casi, la Magistratura assolveva i pentecostali denunciati per avere violato la legge.
Un esempio di persecuzione contro i Pentecostali verificatosi in quegli anni che seguirono la seconda guerra mondiale è questo che accadde a Campofiorito (Palermo) contro una piccola comunità il cui pastore era Francesco Coppola:
‘‘Fu a Campofiorito, immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, che il maresciallo dei carabinieri pagò caro e subito il prezzo per avere beffato Dio. La piccola comunità evangelica con il loro pastore, Francesco Coppola, dopo avere subito tante persecuzioni sotto il fascismo, finalmente finita la guerra e caduto il fascismo, si era cominciata a radunare, sempre in famiglia, ma pubblicamente. Ma le autorità religiose, civili e militari di Campofiorito ruggivano ancora come leoni contro gli evangelici. Continuavano a impedire loro di radunarsi, li spiavano continuamente. Appena un fratello di fuori andava a trovarli o li sentivano radunati, subito i carabinieri dietro la porta e andavano a finire in caserma. Sembrava che le autorità di Campofiorito non avevano altro lavoro da fare se non quello di continuare a perseguitare i figliuoli di Dio in quel paese. Il fratello Francesco Coppola, un giorno pensò di scrivere a Roma presso le autorità competenti. La lettera pressoché diceva questo: ‘Siamo un gruppo di evangelici pentecostali, vogliamo radunarci per celebrare il culto assieme, ma non ci viene permesso dalle autorità del nostro paese. Vogliamo sapere se siamo liberi di poterci radunare o no. Aspettiamo una cortese e sollecita risposta’. Passarono alcuni mesi prima che arrivasse la risposta. I fedeli continuarono a radunarsi clandestinamente. Una sera mentre erano radunati presso una famiglia con la porta chiusa, mentre celebravano il culto, sentirono bussare alla porta. Il padrone di casa aprì e trovò dietro la porta il maresciallo dei carabinieri coi suoi uomini che presto fecero irruzione. Al che il fratello Coppola rispose: ‘Fateci concludere prima il culto e poi dove ci volete portare ci portate’. Così continuarono il culto e alla fine li portarono tutti in caserma, dove c’era ad attenderli il sindaco, il sacerdote, il collocatore e il farmacista. Quindi alla presenza dei suddetti, il maresciallo con molta boria cominciò ad interrogare il fratello Coppola dicendo: ‘Cosa facevate radunati?’ – Stavamo adorando l’Iddio del cielo’, rispose il fratello Coppola. Al che replicò il maresciallo: ‘Questo vostro Dio se lo incontrassi lo strangolerei’. Fu subito ripreso dal fratello Coppola: ‘Deve sapere che l’uomo non ha il potere di strozzare Dio, ma è Dio che ha il potere di strozzare l’uomo’. Ma il maresciallo continuò a parlare disprezzosamente, prese un carteggio in cui c’era una lettera che diceva che Francesco Coppola era libero di potersi radunare coi suoi correligiosi. Ma nonostante aveva ricevuto comunicazione che gli evangelici erano liberi di potersi radunare liberamente, il maresciallo continuava a rimproverarli e a minacciarli. Al che il fratello Francesco Coppola rispose: ‘Se nella lettera c’è stato mandato a dire che siamo liberi di poterci radunare per pregare Dio, perché lei continua a minacciarci e a rimproverarci?’ Di nuovo il maresciallo gli disse: ‘Questo vostro Dio se lo incontrassi lo strangolerei!’ E ancora una volta il fratello Coppola gli rispose: ‘Stia attento, a quello che dice, perché nessun uomo ha il potere di strozzare Dio, ma è Dio che ha il potere di strozzare l’uomo!’ Ma il maresciallo continuò quella sera a disprezzare Dio e i suoi figliuoli, e dopo avere sfogato la sua boria li lasciò andare liberi. Prima che arrivasse la mattina il maresciallo si ritrovò con la gola gonfia. Gli prestarono i primi soccorsi a Campofiorito, ma ogni soccorso prestatogli si rivelò inefficace. Lo portarono d’urgenza all’ospedale di Palermo ma non ci fu niente da fare. Un’angina maligna lo aveva colpito alla gola. Non potè più parlare e nemmeno respirare. Alla distanza di tre giorni si trovò nella tomba. E’ pericoloso dunque ‘beffarsi dell’Iddio Onnipotente ed Altissimo’ (Castrenze Cascio, Camminare e Spigolare, Corleone 2000, pag. 38-40).
Sempre a Campofiorito accaddero questi altri eventi nel mese di aprile del 1952:
‘In una via di Campofiorito, ove era sita la Chiesa Evangelica Pentecostale, i cattolici romani organizzarono la novena. Appunto davanti la porta della chiesa evangelica sistemarono un altarino. Legarono funi da un balcone all’altro e inghirlandarono muri, porte e balconi. Quando i nostri fratelli e le nostre sorelle in fede, all’ora del culto, si recarono all’adunanza non potevano aprire la porta della chiesa per entrare e radunarsi, a motivo di quell’altarino e di tutti i fiori che tappezzavano finanche la porta della nostra chiesa. Intanto arrivava il pastore pentecostale Rosario di Palermo che senza esitare un istante, toglieva quelle funicelle e rimuoveva tutto quello che avevano sistemato dietro la porta della nostra chiesa. Apriva la porta, faceva entrare i fedeli e, non dando ascolto alle contestazioni sollevate dai fanatici religiosi, entrava pure lui. Chiudeva la porta della chiesa e subito dava inizio al culto. Di tutto quello che era accaduto, alcuni bigotti religiosi avvisarono immediatamente la stazione dei carabinieri di Campofiorito. Interveniva a tutto fiato, il comandante della stazione, il brigadiere Manzi il quale, arrivato con i suoi uomini davanti la porta chiusa della chiesa, con baldanza e prepotenza la spalancava e faceva irruzione dentro la chiesa ordinando di sciogliere la riunione. Il pastore Di Palermo si rifiutava di sciogliere la riunione e contestava al brigadiere di avere scardinato la porta, violato il domicilio e disturbato una riunione di culto. Ma l’ardito brigadiere arrestava immediatamente il pastore e lo denunciava per ‘oltraggio a pubblico ufficiale’. Il nostro pastore rimase in stato di arresto per alcuni giorni. Fu poi scarcerato in attesa di essere processato. Per diverse settimane non fu permesso alle comunità di Campofiorito, di Corleone e di Prizzi di radunarsi per celebrare il culto. Facevamo le riunioni clandestinamente di casa in casa, pregavamo e piangevamo davanti a Dio affinché intervenisse facendo assolvere il nostro pastore e ci fosse concesso di poterci radunare pubblicamente. Il giorno del giudizio il pretore di Bisacquino assolveva il pastore Di Palermo dalla imputazione di oltraggio a pubblico ufficiale che, come è scritto in sentenza, ‘non aveva il potere di sciogliere la riunione che era presieduta dal Di Palermo’. Spiegò quel pretore per motivare l’assoluzione del Di Palermo, che le forze di polizia non hanno il potere – per il solo fatto che si svolga una riunione di culto non ammessa – di sciogliere la riunione stessa nella quale non si commettono reati e che si svolge pacificamente in luogo non pubblico’ (Castrenze Cascio, op. cit., pag. 40-41)
Ecco invece adesso quello che accadde nel comune di Milena (Caltanissetta) presso la casa dove si teneva il culto della chiesa pentecostale, in base alle parole di Acquaviva Gandolfo, che era l’anziano di quella comunità:
‘La sera del 28 maggio 1949, circa alle ore 20,30, eravamo riuniti circa 20 fedeli per tenere il servizio religioso, secondo il rito evangelico, in una casa sita nel comune di Milena (villaggio S. Miceli); alla fine del servizio, durante l’ultima preghiera, entrò il maresciallo dei carabinieri, comandante la stazione locale, accompagnato da una pattuglia di militi, tutti con i mitra spianati. In prima si indirizzarono verso il fratello Mattia Domenico, che recitava la preghiera, mentre gli altri ascoltavano, e gli infissero nervate [manganellate]; poi il maresciallo si rivolse a me che presiedevo la riunione, mi spinse al muro con il mitra puntato allo stomaco dicendomi: «Tu devi andare via di qui», e soggiunse: «Tu sei venuto per fare il cavallo da monta a tutte queste donne». E mentre eravamo con le mani in alto, secondo come lui ci aveva ordinato, ci chiese a tutti le generalità avendo mandato via le donne ad una ad una. Alla caserma ci caricò di insulti, e a mano a mano che li interrogava li mandava a casa, mentre a me mi schiaffeggiava e mi trattenne in camera di sicurezza tutta la notte. L’indomani mi fece accompagnare da un carabiniere al Municipio, dove trovai il foglio di via per rimpatrio obbligatorio al mio paese natio’ (citato in Eugenio Stretti, Il Movimento Pentecostale, Claudiana, Torino, 1998, pag. 54-55)
Arriva il tanto anelato riconoscimento giuridico
Il 17 Gennaio del 1952, le ADI – vedendo che non arrivava nessuna risposta da parte del Ministero dell’Interno – notificarono al Ministero che trascorso un ulteriore termine di 90 giorni, il silenzio sarebbe stato interpretato come una risposta negativa. Il termine decorse e allora le ADI impugnarono il provvedimento e il 1 Giugno 1952 presentarono un ricorso al Consiglio di Stato contro il Ministero dell’Interno. Carmine Lamanna, pastore della chiesa ADI di Matera, afferma a tale riguardo: ‘Il Signore preparò la via, perché in difesa del movimento pentecostale si rivolsero al famoso giurista cattolico romano liberale dell’epoca, Arturo Carlo Iemolo che era un luminare in diritto ecclesiastico, assunse la nostra difesa, di fronte al Consiglio di stato’.
Ecco alcuni stralci di questo ricorso:
‘…..Il silenzio può costituire una valida manifestazione della volontà della pubblica Amministrazione con la quale essa rifiuta di esercitare un potere che le è affidato, quando per l’esercizio di tale potere essa sia investita da una piena discrezionalità di valutazione, positiva o negativa. Ma quando invece la pubblica Amministrazione può per legge rifiutare di fare uso di un suo potere soltanto se ricorrono determinate condizioni negative che si oppongono all’esercizio del potere stesso, essa non ha la giuridica possibilità di emanare un provvedimento negativo se non dopo di avere accertato l’esistenza di quelle condizioni e se non rendendo conto dell’accertamento da essa compiuto. In questi casi il provvedimento della pubblica Amministrazione con il quale essa rifiuta di esercitare il proprio potere deve considerarsi illegittimo fino a che non sia dimostrato che sussistevano i presupposti in mancanza dei quali l’Amministrazione stessa è per legge tenuta a fare uso di quel potere. Questa è precisamente la situazione che si verifica nella specie, perché, per le ragioni sopra svolte, gli istituti dei culti ammessi hanno diritto ad ottenere il riconoscimento della personalità giuridica, sempre che non si verifichino determinate condizioni che ostino a tale riconoscimento. Onde il Ministero dell’Interno non poteva rigettare la domanda delle ‘Assemblee di Dio in Italia’, con il semplice silenzio mantenuto sulla domanda presentata al Ministero stesso, senza avere accertato che esistessero le condizioni che sole potevano giustificare il rigetto della domanda e senza dare espressamente atto delle risultanze di tali accertamenti …. Le giustificazioni date dalla pubblica Amministrazione degli innumerevoli arbitri da essa commessi, costituiscono soltanto lo schermo dietro il quale si nasconde la volontà dell’Amministrazione stessa di non osservare i precetti della legge e i principii fondamentali della nostra Costituzione e, se questa interpretazione dell’atteggiamento assunto dalla pubblica Amministrazione di fronte alla domanda della associazione ricorrente apparisse giustificata, – come dovrebbe apparire in base a quanto si è sopra esposto e dalla documentazione che sarà prodotta – non occorrerebbe aggiungere una sola parola per dimostrare il fondamento di questo motivo di ricorso, sotto il profilo della violazione di legge, nonché dell’eccesso di potere, nella forma dello sviamento. Viola la legge la pubblica amministrazione che non rispetta la libertà di religione dei cittadini e di chiunque, trovandosi nel territorio della Repubblica, ha diritto di godere di quel sommo bene che è la libertà. Incorre in eccesso di potere la pubblica amministrazione che, nell’esercizio delle proprie attribuzioni, si lascia dominare dallo spirito di intolleranza religiosa, sia esso determinato da un’errata concezione dei diritti della maggioranza o da una cieca incomprensione delle altrui credenze o, peggio, da ragioni di calcolo politico. …..’ (Ricorso delle «Assemblee di Dio in Italia» contro il Ministero dell’Interno – Direzione Generale dei Culti, pag. 11-12, 15-16).
Il ricorso fu accettato il 25 Maggio 1954. Quel giorno, secondo le ADI, fu un giorno di vittoria in cui trionfò la giustizia di Dio.
Umberto Gorietti scrisse su Risveglio Pentecostale:
‘La giustizia di Dio ha trionfato. Date all’Eterno gloria e forza, date all’Eterno la gloria dovuta al Suo nome, cantate la gloria del Suo nome, perché ha risposto al nostro grido mentre eravamo in distretta e l’Iddio della nostra giustizia ci ha messo a largo esaudendo la nostra preghiera …. Il nostro ricorso al Consiglio di Stato è stato accolto. L’Amministrazione dello Stato, dopo tanti anni di ostracismo, aveva negato il riconoscimento del nostro Movimento, malgrado avessimo corredato la nostra pratica di tutte le necessarie documentazioni. Iddio ci ha reso giustizia e il generale organo consultivo dell’amministrazione centrale dello Stato ha riconosciuto i nostri diritti. Sia resa lode al Signore che ha piegato o guidato i cuori nella dirittura’ (Risveglio Pentecostale, n° 6, Giugno 1954, pag. 1).
Dunque, una parte del popolo di Dio dopo essere sceso a compromesso con lo Stato, dandosi uno Statuto che come dimostreremo dopo sovverte la struttura biblica della Chiesa, per ottenere da esso il riconoscimento giuridico, e dopo essersi visto rigettare la richiesta, ricorse ad un ‘luminare del diritto ecclesiastico’ della Chiesa Cattolica Romana molto noto del suo tempo (che Claudio Magris, che lo ha conosciuto, definisce ‘cattolico fervente’), che peraltro negli ultimi anni della sua vita fu anche un consigliere politico molto ascoltato in Vaticano, per ottenere il riconoscimento giuridico!!! Ma fu realmente vittoria? No, non lo fu per niente, perché le Assemblee di Dio in Italia ottennero dallo Stato qualcosa dopo avere calpestato la Parola di Dio, perché ribadisco lo Statuto sovverte da cima a fondo la struttura biblica della Chiesa! Ma in quel caso, purtroppo, le Assemblee di Dio in Italia decisero di mettere in pratica la massima antibiblica ‘facciamo il male affinché ne venga il bene’! E naturalmente quei credenti Pentecostali che in tutta Italia rifiutarono di aderire all’Ente Morale ADI, per questa loro presa di posizione furono accusati di avere uno spirito settario.
Purtroppo però quando vince la maggioranza, anche se la minoranza ha ragione alla luce della Scrittura, è la minoranza che passa per avere torto, e non la maggioranza!!
Nel 1955, a vent’anni dalla sua promulgazione, fu revocata la circolare Buffarini-Guidi. E sempre in quell’anno il XII Convegno Nazionale costituì un fondo nazionale ‘Pro costruzioni locali di culto’ per l’erezione di uno o più locali di culto entro il periodo intercorrente da un Convegno all’altro (Atti del 12° Convegno, paragrafo IX), e a tal proposito nel 1959, il XIV Convegno Nazionale deliberò che ‘ogni chiesa che riceverà un aiuto per la costruzione del proprio locale, dovrà impegnarsi a restituire la somma ricevuta secondo le regole e gli impegni stabiliti col Consiglio Generale delle Chiese’ (Atti del 14° Convegno, paragrafo VII).
Nel 1959 poi, precisamente il 5 Dicembre, fu firmato dal Presidente della Repubblica il decreto di riconoscimento giuridico delle ‘Assemblee di Dio in Italia’. Superfluo dire che in quel giorno le ADI ancora una volta si rallegrarono e lodarono Iddio per la vittoria donatagli.
La peculiarità di questo decreto stava nel riconoscimento delle chiese pentecostali non solo come Ente Patrimoniale, ma soprattutto come Ente morale. Fu la prima associazione di culto riconosciuta dopo la chiesa cattolica. Ma non tutte le chiese vollero associarsi con il neo-movimento delle “Assemblee di Dio in Italia”, molte preferirono rimanere come erano, cioè libere.
Nel 1963 Umberto Gorietti, l’allora Presidente delle ADI, siglò le intese con il Ministero del Lavoro relative al Fondo Invalidità e Vecchiaia dei ministri delle ADI.
Secondo le ADI dunque lo Statuto fu necessario redigerlo per ottenere il riconoscimento giuridico, per garantire alle Chiese pentecostali nel secondo dopo guerra la libertà di culto e di evangelizzazione, libertà che gli era stata negata durante gli anni della persecuzione fascista in cui le autorità governative perseguitarono in ogni maniera i pentecostali perché li ritenevano pericolosi per la popolazione.
Per quanto riguarda invece il Regolamento Interno, esso fu approvato nell’Assemblea Generale Straordinaria tenutasi a Napoli dal 28 aprile al 1 maggio 1978, ed entrò in vigore il 1° maggio 1978. L’attuale testo unico con le relative modifiche, approvate nelle varie Assemblee Generali, è entrato in vigore il 4 maggio 1997.
Gli incontri ‘segreti’ a Roma tra pastori delle Assemblee di Dio americane e importanti prelati del Vaticano
Ora, abbiamo visto che a Maggio del 1954 il ricorso delle ADI fu accettato, e quindi arrivò il tanto anelato riconoscimento giuridico. Va però fatto presente una cosa di non poca importanza che pochissimi sapevano persino a quel tempo, e cioè che nel dopoguerra ci furono a Roma degli incontri ‘segreti’ tra gli esponenti delle Assemblee di Dio americane (che venivano a Roma per visitare le ADI) e importanti rappresentanti del Vaticano, ma tutto ciò veniva tenuto nascosto alla fratellanza.
Ecco infatti cosa mi ha raccontato Mario Affuso, pastore della Chiesa Apostolica Italiana, che nell’anno 1953-54 (precisamente dall’agosto 1953 al Luglio 1954) fu membro della Chiesa ADI che si riuniva in Via dei Bruzi (di cui era pastore Roberto Bracco) lavorando come traduttore per la Scuola domenicale e che venne a sapere ciò:
‘Noi ci meravigliavamo che amici che venivano dagli Stati Uniti a predicare, il più delle volte avevano anche degli appuntamenti, degli incontri in Vaticano … naturalmente queste notizie venivano un pochino sottomano, venivano occultate, però in definitiva c’era questo dialogo un pò ecumenico se vogliamo ….. veniva il professore Ness da Seattle … questo dimostra chiaramente che vi era, diciamo, una sorta di contattazione, ecco, che non faceva male ma che non veniva detta alle chiese perché sai molto bene che in definitiva c’era un po’ di ostilità, parecchia ostilità, chiusura e non bisognava turbare le coscienze …… c’erano degli incontri, senz’altro, poi i contenuti di questi incontri nessuno li sapeva …. ‘ (da una mia conversazione con Mario Affuso avuta il 19 Febbraio 2009).
Ora, noi non sappiamo cosa si siano detti in quegli incontri, ma possiamo almeno avanzare l’ipotesi che, considerando la situazione in cui si trovavano le ADI, quegli incontri tra i fratelli americani delle AOG e importanti esponenti del Vaticano servirono a sbloccare la situazione, e a far sì che le ADI ottenessero il riconoscimento giuridico da parte dello Stato Italiano. Questa ipotesi è da prendere in seria considerazione.
La Chiesa di Vittoria e quella di Raffadali si spaccano a causa dell’organizzazione
Ora, come detto poco fa, ci furono dei credenti un po’ in tutta Italia che rifiutarono di aderire all’Ente Morale ADI, e ovviamente questo rifiuto provocò delle divisioni. Molte Chiese si spaccarono, in quanto una parte volle entrare a far parte dell’organizzazione e l’altra no. Qui di seguito voglio trascrivere la storia di due di queste scissioni che si vennero a creare in Sicilia dove in quel tempo il Movimento Pentecostale era molto diffuso. La prima è quella nella Chiesa di Vittoria e la seconda quella nella Chiesa di Raffadali. Questi resoconti hanno il solo fine di far capire come la nascita dell’organizzazione ADI provocò delle fratture in seno alla fratellanza, perché si trattava di una opera della carne che non poteva che avere dei danni spirituali sulla fratellanza in quanto coloro che l’accolsero si innalzarono contro coloro che giustamente la rifiutarono e li avversarono in ogni maniera. D’altronde, è risaputo che tutto ciò che è secondo la carne e non secondo lo Spirito ha ripercussioni negative sulla vita dei credenti e quindi della Chiesa.
Ecco quanto si legge sul sito della Chiesa Evangelica C.C.P. che ha il suo luogo di riunione in Via F.lli Bandiera 60, Vittoria (Ragusa):
‘Tra la fine del 1947 ed il 1948, la guida della chiesa fu data al fr. Francesco Carbonaro. Anche durante quest’anno non mancarono le visite dei missionari, in particolare dei missionari Statunitensi, i quali avevano come punto di riferimento la famiglia Ferrisi che era proveniente da Boston. Arrivò dall’america il missionario Di Biasi e portò con sé un giovane cantante professionista, Aldo Coniglio, aveva ascoltato ed accettato l’evangelo nel palermitano. Anche in quest’occasione il comune mise a disposizione gratuitamente il Teatro Comunale, “Ntì tutti i cantuni si sintia cantari: Questo mondo ho lasciato per sempre” “In tutti gli angoli delle strade si udiva cantare l’inno: Questo mondo ho lasciato per sempre”. In questo periodo la chiesa era formata da circa duecento credenti. Il fratello Di Biasi oltre a presiedere l’evangelizzazione aveva come obbiettivo presentare alla chiesa la possibilità di affiliarsi alle Assemblee di Dio ed essere riconosciuti dallo Stato; era proprio in questi anni che si costituivano le Assemblee di Dio in Italia. Questa proposta di associazione non fu accolta da tutti con lo stesso animo. Molti ne furono entusiasti, c’era finalmente la possibilità di poter professare la propria fede in modo pubblico, addirittura con un accordo con lo Stato. Altri non furono dello stesso avviso, soprattutto chi aveva sostenuto la persecuzione senza adombrarsi, sembrava loro quasi un arrendersi alle autorità dello Stato, proprio adesso che tutto era più semplice e poi proprio dopo aver superato la persecuzione più dura. Una delle persone che dichiarò pubblicamente durante l’esposizione del fr. Di Biasi, fu proprio la sr. Giuseppina Busacca vedova del fr. Vito Melodia che disse: “Siamo usciti dalla Chiesa Valdese per essere Pentecostali, abbiamo attraversato la persecuzione Fascista da pentecostali e mi piacerebbe morire da pentecostale, ora che siamo in periodo di libertà”. Ahimè, era l’inizio di una spaccatura all’interno della chiesa. Nel 1948 la famiglia Giglio dona il locale di Via F. Bandiera n 60 alla Chiesa, ma il locale viene intestato alla sorella Vampatelli Prestia Angela. Il locale donato, era una officina di fabbro, che venne completamente ristrutturato dai fratelli della comunità, alcuni dei quali erano muratori di professione, come la famiglia Carbonaro. Intanto crescevano i malumori all’interno della chiesa per la questione dell’affiliazione alle ADI, la chiesa era irrimediabilmente divisa. Non si poté fare proprio a meno di separarsi, così tra il 1948 ed il 49 la chiesa si divise. Chi decise di affiliarsi alle ADI, andò insieme al fratello Carbonaro ed aprirono un locale di culto in via Vicenza. Coloro che non vollero affiliarsi rimasero in Via F. Bandiera n 60, in questo caso prese la conduzione il fratello La Greca. In mezzo a tutte le benedizioni che Dio aveva elargito questo fu veramente un duro colpo, ma la chiesa continuava il suo cammino.’ (da: http://www.chiesaevangelicavittoria.it/).
Ecco ora cosa accadde a Raffadali (Agrigento), dove la Chiesa Pentecostale era sorta per l’opera di evangelizzazione compiuta negli anni 20’ dal fratello Francesco Galvano. Dopo la morte di questo fratello, avvenuta nel 1930, la Chiesa di Raffadali fu affidata alle cure del fratello Giovanni Russomorto, conosciuto con il diminutivo di ‘u fratellu Vanni Russu’.
Ora, il culto veniva fatto in casa, e i fratelli allora vollero comprare un edificio per adibirlo a locale di culto. Ecco quanto si legge in Breve Storia del Movimento Pentecostale di Raffadali a cura di Salvatore Criscienti:
‘Dopo la morte del fratello Galvano i fratelli dell’America, che da sempre diedero considerevoli aiuti economici alla chiesa, consigliarono tuttavia di comprare un localino per i culti e per questo mandarono dei soldi. Fu così che con i soldi della missione americana, i fratelli di Raffadali che si riunivano in casa, poterono comprare un modesto magazzino, nella via Principe di Montaperto. È da precisare che questo locale – poi conteso tra i fratelli a causa del “fiele del dissenso” che si verrà a creare – fu acquistato sì con l’offerta dei fratelli americani, ma solo per una parte, poiché nella somma fu messo il generoso contributo dei fratelli della chiesa di Raffadali che si addossarono per fede di una consistente parte del debito, onerosa e gravosa. Di questo magazzino in particolare il fratello Vanni Russu, in quanto anziano, aveva di diritto una quota corrispondente ad un quarto, tramite accordi stabiliti in comune. Questo è un dato importante. In questo modo tra i fondi arrivati e le collette dei fratelli nel 1931 viene acquistato ufficialmente il locale di culto di Raffadali in via Principe di Montaperto’ (Salvatore Criscienti, Breve Storia del Movimento Pentecostale di Raffadali, Raffadali 2008, pag. 18).
Ma in seguito alla circolare Buffarini-Guidi del 1935, quel locale fu dalle autorità governative tolto ai fratelli: ‘A un certo punto a Raffadali il locale di culto venne sequestrato dalle forze armate e adibito come alloggio per le truppe militari e quindi furono requisite le chiavi dei locali di Via Principe di Montaperto, con tutto ciò che conteneva. Le riunioni dovevano essere clandestine in luoghi sperduti nella campagna, addirittura nelle grotte delle montagne’ (op. cit., pag. 19).
Dopo che il fratello Russomorto si sposò, andò ad abitare a Bivona, il paese della moglie. Comunque i suoi rapporti con la comunità di Raffadali non cambiarono ‘perché nonostante la lontananza egli continuò a curare la Chiesa, presiedendo i culti (i culti venivano chiamati anche “servizi”) e facendo da anziano. Inoltre veniva sempre perché aveva la sua terra a Raffadali, egli quindi pur con qualche comprensibile disagio legato alla distanza, veniva sempre in paese …. In ogni caso questa distanza determinata dalla lontananza del fratello Vanni porterà Federico [Vincenzo Federico] ad avere un peso sempre più maggiore nella comunità di Raffadali. I due infatti si alternavano nella cura della comunità in mezzo a malumori e inquietudini’ (Ibid., pag. 21). Nel dopoguerra, però, in seguito alla nascita delle Assemblee di Dio in Italia, nella Chiesa di Raffadali, che allora era la più grande d’Italia, si verificò una frattura che sussiste ancora oggi, in quanto Vincenzo Federico con altri credenti decisero di aderire alle ADI per ottenere il riconoscimento dallo Stato mentre Giovanni Russomorto con altri si rifiutarono di farlo: ‘Quando il fratello Vanni capì che i primitivi fratelli iniziarono ad associarsi con lo Stato e iniziarono a fare alleanza con esso si ritirò da loro, soprattutto quando seppe – dopo che il fatto venne reso ufficiale – che i fratelli firmarono “una carta che metteva d’accordo la Chiesa e il governo di Roma”. Il fratello Vanni diceva sempre che “il nostro unico soccorso viene dal Signore”, infatti è scritto: “GUAI a coloro che scendono in Egitto per soccorso, e si appoggiano sopra cavalli, e si confidano in carri, perché son molti; e in cavalieri, perchè sono in grandissimo numero; e non riguardano al Santo d’Israele, e non cercano il Signore! ” inoltre il fratello Vanni spiegherà a quei fratelli che poi decideranno di seguire Federico, che, alla luce della Parola di Dio, sta scritto:“Or, fratelli, noi v’ordiniamo nel nome del Signor nostro Gesù Cristo che vi ritiriate da ogni fratello che si conduce disordinatamente e non secondo l’insegnamento che avete ricevuto da noi ” ….. In Sicilia molte chiese, rappresentate dai cosiddetti pastori che andavano ai convegni, si disassociarono quindi definitivamente dalle “Assemblee di Dio in Italia”, cioè non vollero aderire ad uno Statuto, seppure convenuto insieme, che stabilisse e sancisse regole e imposizioni alle quali poi doversi attenere e che regolassero la vita della chiesa locale: dissero che per questo c’erano già due cose molto importanti che lo facevano con l’autorità di Dio: la Bibbia in quanto Parola di Dio vivente e lo Spirito Santo in quanto Spirito di libertà del Signore. Il fratello Vanni non volle in modo assoluto sottostare agli accordi dei Convegni e con lui una parte della fratellanza, fermamente decisa a rimanere “all’antica”, così come era stato loro annunziato Cristo. Qualcuno delle ADI ha detto che alcuni di quei fratelli che non si vollero associare lo fecero perchè nascondevano in realtà dei “meschini sentimenti di indipendenza” anche se poi ha aggiunto che “ad oggi sopravvive una parte sana del vecchio movimento di stampo congregazionalista”. Per i fratelli il vero problema non stava nel movimento che cambiava nome ma perché da questo sarebbero cambiate ben altre cose a partire dal principio biblico che conferisce solo ed esclusivamente alla Bibbia ogni autorità ….. i motivi per cui alcuni fratelli “liberi” non vollero aderire alla nascita delle Assemblee di Dio in Italia, erano altri: il possesso dei beni, i rapporti con una sede direttiva, ossia Roma, le regole di disciplina interne, l’omologazione a regole fatte di uomini, ecc.
Da questa chiara esposizione della situazione possiamo renderci conto che nonostante il movimento si diffondeva in tutta l’Italia, in maniera particolare in Sicilia, ci furono molte difficoltà e disappunti da parte dei fratelli anziani. Infatti con la nascita dell’Assemblea sarebbero cambiati per sempre i consueti e liberi rapporti esistenti fino ad allora tra la fratellanza, che a loro volta non poteva più continuare ad avere comunione con i fratelli delle “chiese libere”, cioè quei fratelli delle chiese che non vollero sottostare e sottoscrivere le regole contenute nello Statuto. Infatti, in virtù del patto di acciaio che adesso legava questi fratelli delle A.D.I. incatenandoli a questo vincolante statuto, nessun loro fratello anziano avrebbe più potuto prendere delle decisioni di testa sua, in modo autonomo, ma si venne a trovare in un rapporto di sudditanza con fratelli anziani chiamati da allora in poi “pastori” o “responsabili”. Si andava affermando una suddivisione di poteri del tutto nuovi, una serie di ordinanze, una presa di distanza dalla semplicità di un tempo, ecc.
Negli anni non solo si venne a modificare la sociologia della chiesa ma soprattutto la sua etica. Con esse anche la dottrina cristiana cambiò fisionomia, dal momento che c’era già allora qualcuno che parlava di un pastore presidente, di pagare la decima, di stipendio fisso per i pastori, di consiglio generale delle chiese, di Ente morale, di intese allargate con lo Stato, di comitati di zona, di attestati di preparazione teologica rilasciati da una scuola biblica ufficiale, di tesserino di riconoscimento, ecc.
Tutta terminologia che prima non esisteva, terminologia che ricalcava assai gli schemi umani e riproduceva una struttura tipica della Chiesa Cattolica. Cambiarono così i caratteri del tipo di chiesa “congregazionalista” quale finora era stata perdendone il suo carattere originario che l’aveva contraddistinta fin dal suo nascere. Questo perché si costringevano le comunità locali a soggiacere a regole e schemi e decisioni stabilite in un convegno. I fratelli di Raffadali non solo digerirono molto male l’affiliazione ma da quel momento in poi si venne a creare una frattura insanabile perché i fratelli non sottostavano più alla fede una volta insegnata ma alle decisioni di un ristretto gruppo di fratelli.
Si vennero così a creare due raggruppamenti: quello maggiore (chiamato in siciliano “Chiddi di la simblea” ) che andò dietro al fratello Federico e quello minoritario che rimase invece attorno al fratello Vanni (noto come “chiesa libera”, per distinguerlo dalle “Assemblee di Dio in Italia” che si erano tra di loro “legate” con lo Statuto). (Ibid., pag. 31-34).
Nel frattempo ‘era stato comperato un lotto di terreno di circa 180 mq. in via Maggiore Crapanzano e nell’agosto del 1949 si iniziò a costruire quivi il nuovo locale di culto. In cantiere molti fratelli lavorarono notte e giorno gratuitamente, altri misero a disposizione le loro risorse, alcuni di loro si fecero pagare la metà dei soldi di quanto prendeva a quei tempi un operaio o un manovale, altri ancora provvidero a dare aiuti di altro genere preparando i pasti; nel 1950 si iniziarono le prime riunioni di preghiera e i culti. Il pastore ufficiale era Vincenzo Federico, consigliere dell’organo nazionale A.D.I. . Egli rimase ancora a Raffadali per un lustro. Nel 1955 Federico infatti si trasferirà a Caltanissetta per delle situazioni famigliari e si dimetterà dalla carica di pastore della Chiesa A.D.I. di Raffadali di via M. Crapanzano’ (Ibid., pag. 34).
A questo punto si verificò un triste episodio che fa capire molto bene l’atteggiamento delle ADI nei confronti dei ‘dissidenti’: ‘Dopo il riconoscimento della chiesa A.D.I. i molti fratelli che seguirono Vincenzo Federico iniziarono agli inizi degli anni Cinquanta a celebrare i culti al Signore in via Maggiore Crapanzano. Era un locale nuovissimo e molto capiente. Se si ricorda il fratello Vanni, quando nel 1931 fu acquistato il locale di culto in via Principe di Montaperto aveva una parte nella proprietà del locale, tra l’altro era stato acquistato anche con i soldi mandati dai fratelli dell’America. La sua quota era di un quarto. Dopo lo sbarco degli alleati del 1943 il nuovo questore, esaminati tutti i verbali presenti in caserma, trovato il nome del fratello Vanni con la definizione di pastore evangelico pentecostale, lo fece chiamare chiedendogliene spiegazione. Al nuovo questore fu subito chiara la natura del movimento e, comprendendo che i fratelli non erano dei sovversivi, restituì le chiavi dei locali della chiesa firmando una autorizzazione che concedeva ai fratelli la libertà a celebrare i culti. La poca fratellanza che volle rimanere indipendente, libera, inorganizzata, poté nondimeno riprendere a tenere i culti in libertà e, dato che il locale di Via Principe di Montaperto era stato sgomberato, e non veniva più utilizzato, chiese le chiavi agli anziani responsabili delle A.D.I. che le detenevano. I fratelli anziani della chiesa libera, molto dispiaciuti della frattura creatasi, non avevano intenzioni di litigio, anzi avevano principalmente due desideri: pregare, avendo comunione col Signore Gesù, e realizzare le parole dell’apostolo Paolo: “Soltanto, conducetevi in modo degno del Vangelo di Cristo, affinché, o che io venga a vedervi o che sia assente, oda di voi che state fermi in uno stesso spirito, combattendo assieme di un medesimo animo per la fede del Vangelo”. Quando i fratelli della radunanza antica chiesero le chiavi restituite dalla questura successe un fatto che dispiacque ed amareggiò moltissimo. La risposta data dai fratelli delle A.D.I., al fratello Vanni, fu: “A chissu dissimu, ca ora vi damu li chiavi accussì aviti videmma la cumudità!” [‘ma che credete che adesso vi diamo le chiavi così avete pure la comodità!’]. Detto questo continuarono che era loro intenzione che non avrebbero mai restituito assolutamente le chiavi, e che se proprio insistevano ad averle, o se avessero visto che in qualche modo riuscivano ad entrare, avrebbero chiamato i carabinieri. In pratica i fratelli delle A.D.I. preferirono tenerlo chiuso piuttosto che dare la comodità o dare la possibilità a quegli altri fratelli che non avevano accettato lo statuto di riunirsi nel locale – che comunque era di tutti e due le parti – e quindi poter fare il culto al Signore. Qualche fratello disse al fratello Vanni che poteva fargli causa, dato che aveva una parte, ma il fratello Vanni non volle fargliela la causa perché considerava vergognoso che un fratello facesse causa ad un altro fratello e per di più davanti agli occhi degli infedeli dando così uno scandalo. Egli pertanto disse:- Ci la fà lu Signuri la causa! [Trad. “Gliela fa il Signore la causa!”(è sottinteso: se gliela vuol proprio fare!)] Fu così scelto di non litigare e i fratelli iniziarono a riunirsi in case private. La chiesa, da allora chiamata “Chiesa libera” rimase a riunirsi in casa per tutti gli anni ’50 e fino agli anni ’90. … Il locale di via Principe di Montaperto è rimasto chiuso e sfitto fino a qualche anno fa. Di recente è stato venduto e il ricavato è stato preso dalle A.D.I.’ (Ibid., pag. 35-36).
E non solo questo, ma dopo qualche anno i credenti delle ADI hanno tolto pure il saluto ‘Pace’ a quei credenti che non vollero accettare lo Statuto.
Ecco un episodio avvenuto di recente alla sorella Vincenza La Porta in Criscenti, che fa capire meglio come si rapportano quelli delle ADI con questi fratelli pentecostali di Raffadali:
‘Nel periodo estivo dell’anno 2005 mi era capitato di passare un giorno per le vie del paese di Raffadali, in via Porta Palermo, nella zona del Voltano. Mentre camminavo ho potuto scorgere una signora che lavorava fuori dalla porta della sua abitazione; stava “cugliennu li mennuli” . La cosa che più di tutti mi colpì fu quella che mentre essa lavorava stava ascoltando “Radioevangelo” dalla sua radiolina; programma che io conosco benissimo perché lo ascolto quasi ogni giorno e alla quale sono molto affezionata. Allora pensai tra me stessa: – Di certo deve essere una sorella! Fu così che, pur non conoscendola, la salutai col cuore con “Pace!”. Lei mi ha guardata e mi ha ricambiato il saluto dandomi la pace e accennando un gran sorriso amorevole mi ha accolta invitandomi a sedere un pochino. Io mi sono seduta e abbiamo avuto modo di conversare brevemente e di scambiarci qualche parola. Essendo una sorella che frequenta il locale di culto delle A.D.I. e sapendo che io ero una sorella in Cristo dello stesso paese lei mi chiese il perché non mi avesse mai vista nel locale. Io le spiegai che frequento la chiesa in casa, e del fatto che prima eravamo insieme e dei motivi che dottrinalmente ci hanno portato alla separazione, poi ci siamo congedate anche stavolta con la pace. A distanza di tempo ci siamo reincontrate in un’altra circostanza ma questa volta è successa una anomalia. Io le dissi subito: – Pace! Lei mi rispose seccata questa volta, dicendomi: – Senti un’ tà nichiari, ma quannu mi vidi si mi vò salutàri ma salutàri o cu lu ciau o manzennò cu lu bongiornu! Paci tra ‘nantri e ‘vantri un’cinnè e mancu ci ni po’ essiri, picchì vantri siti chiddi ca rumpistivu lu corpo di Cristu…e po’ picchì nantri un formamu lu stessu corpu e semu membra diversi” [Lett. “Ascolta, non te la devi prendere male, ma quando mi vedi se mi vuoi proprio salutare mi devi salutare o con ciao oppure con il buongiorno! Pace tra noi e voi non ce ne è, e nemmeno potrebbe essercene poiché voi siete quelli che avete rotto il corpo di Cristo (lett. La Chiesa, N.d.A.)… e poi perché non formiamo lo stesso corpo essendo membra diversi”.].
Detto questo se ne è andata subito e veloce ed io sono rimasta senza neanche una parola e senza poter dire la mia. A me sembra chiaro che dopo il nostro primo incontro lei abbia parlato con qualche responsabile della chiesa A.D.I. e che a sua volta sia stata vivamente ammaestrata e consigliata di dirmi quelle cose, e il fatto che non fosse farina del suo sacco è facilmente intuibile perché se avesse avuto chiare le convinzioni di quelle parole là me le avrebbe potuto dire la prima volta. Comunque a me dispiace che lei non sappia bene il perché tra di noi, come lei stessa ha detto, “pace non ve ne può essere” ma mi dispiace maggiormente che mi abbia “tolto” il saluto della pace che ci ha lasciato il nostro Signore Gesù” (Ibid., pag. 36-37).
Stampato ma non pubblicato
Lo Statuto e Regolamento Interno delle ADI è stato stampato ma non pubblicato. Così in questa maniera non si dà l’opportunità ai membri ‘comunicanti’ delle ADI come neppure ai membri ‘simpatizzanti’ – (i pastori però lo possiedono) – di possederne una copia e leggervi dentro in che maniera sono strutturate le ADI e quale siano tutte le regole che vigono nell’Associazione.
Considerate che quando un pastore ADI invita qualcuno già battezzato in una Chiesa non ADI a diventare membro comunicante gli presenta un modulo (vedi più avanti), in cui il richiedente si deve impegnare firmando ad ubbidire a tutte le regole vigenti nelle ADI, ma non gli presenta lo Statuto e il Regolamento Interno!!! (Vedi modulo – A)
La stessa cosa va detta quando un credente sta per essere battezzato in una Chiesa ADI; gli viene presentato un modulo da firmare, ma senza lo Statuto e il Regolamento Interno (Vedi modulo – B).
E’ molto strano tutto ciò, eppure è la triste realtà!!
Questo atteggiamento delle ADI fa sì che tantissimi membri comunicanti delle ADI, sanno che esiste uno Statuto e Regolamento Interno (lo sanno perché ogni tanto sentono citare qualche articolo, soprattutto in occasione delle elezioni del Consiglio di Chiesa), ma non ne possiedono una copia. Altri invece non sanno neppure che esiste uno Stato e Regolamento interno!
Voi mi direte: ‘Ma se un membro comunicante vuole avere questo documento e lo chiede al suo pastore, lo otterrà?’ Non è scontata per nulla la cosa, io so di un membro comunicante che lo ha chiesto al pastore ma non lo ha ricevuto, e di uno che lo ha chiesto e si è visto rispondere dal pastore che però lo doveva leggere in presenza del pastore!!!
Voi vi domanderete il perché lo Statuto e il Regolamento interno sono tenuti ‘nascosti’ dai pastori ADI persino ai membri comunicanti: bene, ve ne renderete conto fra poco, appena avrete finito di leggerlo.
A proposito, ma questo fatto di dare una copia dello Statuto e del Regolamento Interno solo ai pastori, non è una ingiustizia? Non significa forse avere dei riguardi personali? Come mai una cosa così importante non viene data a tutti? Strano davvero, che le ADI ci accusano di presentare un Dio ingiusto perché dà la fede ad alcuni e la nega ad altri, accusa che come abbiamo dimostrato non è vera perché Dio è libero di fare di quello che possiede quello che Lui vuole, mentre proprio loro che stanno continuamente a dire che Dio non ha riguardi personali mostrano dei veri e propri riguardi personali dando solo ad una parte dei membri delle ADI un documento che riguarda TUTTI e che quindi TUTTI dovrebbero avere!!! Giudicate voi quello che dico fratelli.
E’ interessante notare per altro che mentre quando un singolo credente vuole essere ammesso come membro comunicante nelle ADI non ha bisogno di prendere conoscenza dello Statuto e del Regolamento Interno delle ADI, nonostante debba dichiarare di essere disposto ad accettarne tutte le regole vigenti, quando uno vuole essere ammesso alla ‘Casa Emmaus’, la Casa Evangelica di Riposo per persone in età avanzata con sede a Torlupara di Mentana (Roma), deve presentare – tra le altre cose – una dichiarazione ‘di aver preso conoscenza dello Statuto e del Regolamento interno dell’Asilo, ed impegno ad osservare le disposizioni’ (Statuto e Regolamento di Casa Emmaus, approvato dalla 16a Assemblea Generale, Reg. art. 2).
Domandiamo dunque alle ADI: ‘Come mai questa differenza?’
Modulo A
Modulo B
Capitolo 2
Struttura e organizzazione delle ADI
Lo Statuto assieme al Regolamento Interno mostrano quale sia la struttura organizzativa delle ADI che esse hanno voluto darsi, struttura organizzativa che le ADI affermano è di tipo ‘presbitero-congregazionalista’, perché sarebbe frutto di un dosaggio tra il principio congregazionalista e quello presbiteriano.
Il principio congregazionalista prevede l’assoluta autonomia della comunità cristiana locale, per cui ogni chiesa locale ha il diritto di scegliere il suo pastore, determinare la sua condotta e dirigere i propri affari. Vengono pertanto rifiutati sinodi o concili aventi autorità superiore all’assemblea locale.
Il principio presbiteriano prevede invece che alla base vi siano gli ‘anziani’ o presbiteri, responsabili della comunità locale, eletti dall’assemblea dei suoi membri. A loro volta questi ‘anziani’ così eletti, si riuniscono in un organismo regionale superiore che li raccoglie, chiamato presbiterio che così amministra l’insieme delle comunità. Un’entità ancora superiore a questo secondo livello e chiamato sinodo o ‘assemblea generale’, che raccoglie i rappresentanti dei diversi presbiteri.
Vediamo allora praticamente in che cosa consiste il frutto di questo dosaggio, spiegando in che maniera è strutturata l’Associazione ADI e l’organizzazione interna. E’ piuttosto complessa, ma vale la pena trascriverla al fine di avere una idea ben chiara su di essa. Per spiegare questa complessa struttura farò riferimento appunto al loro Statuto e al loro Regolamento Interno contenuti in un documento dal titolo ‘Discipline’, che è una raccolta delle discipline avente lo scopo di presentare il complesso delle norme che regolano le ADI.
Voglio fare notare che il documento ‘Discipline’ è scaricabile da Internet dal sito dell’Università Roma 3, ed anche dal nostro sito (noi lo abbiamo preso dal sito dell’Università e messo sul nostro sito nel mese di Luglio 2009). Ma esso non è scaricabile dal sito ufficiale delle ADI, e da quello che mi risulta fino ad ora neppure da uno dei tanti siti Internet di Chiese ADI. Questa cosa è veramente sconcertante. Io pensavo che una volta messo sul nostro sito, le ADI lo avrebbero messo sul loro sito, ma fino adesso niente di tutto ciò è accaduto. Eppure si tratta di un documento ufficiale redatto dalle ADI e che ogni membro delle ADI dovrebbe avere.
Voglio fare anche notare che ci sono denominazioni evangeliche che hanno messo il loro statuto e regolamento sul loro sito a disposizione di tutti. Ecco alcune di esse:
Chiesa Evangelica Luterana in Italia
A proposito, pure le Assemblee di Dio degli Stati Uniti d’America hanno messo il loro statuto sul loro sito a disposizione di tutti, ecco dove lo trovate: http://www.ag.org/TOP/About/constitution_bylaws.cfm
Chissà che dopo la pubblicazione di questo mio libro, non sia la volta buona che le ADI mettano finalmente il loro Statuto e Regolamento Interno sul loro sito.
DALLO STATUTO DELL’ENTE
ORGANI DELL’ENTE
Gli organi delle ADI sono: a) l’Assemblea Generale; b) il Consiglio Generale delle Chiese; c) i Comitati di Zona; d) i Consigli di Chiesa (Statuto dell’Ente, art. 5).
L’Assemblea Generale
L’Assemblea Generale viene convocata su iniziativa del Consiglio Generale delle Chiese ogni due anni (Stat., art. 6). All’Assemblea Generale partecipano i Presidenti dei Consigli di Chiese o loro delegati; ad essa partecipano anche i membri del Consiglio Generale delle Chiese, i membri dei Comitati di Zona ed i Conduttori di Chiesa, senza diritto al voto se non rivestono le funzioni di rappresentanti delle Chiese (Stat., art. 7). Tutti i partecipanti all’Assemblea Generale hanno diritto ad un solo voto ed uguali diritti (Stat., art. 8); l’Assemblea Generale elegge l’ufficio di presidenza composto da un Presidente, un Vice-Presidente e di un Segretario, che sovrintendono ai lavori dell’Assemblea stessa, e due scrutatori (Stat., art. 9). L’Assemblea Generale approva lo Statuto delle ADI, i regolamenti delle varie attività (dell’Istituto Biblico Italiano, del Villaggio Betania, della Casa Emmaus, dell’Istituto Eben-Ezer, dell’Istituto Betesda, delle Scuole Domenicali, del Servizio Pubblicazioni ADI-MEDIA, e dei centri comunitari evangelici) redatti dal Consiglio Generale delle Chiese, ed approva anche qualsiasi modifica che viene apportata ad essi (Stat., 9, I); delibera sull’ammissione di nuove chiese che domandino di far parte delle ADI, e sulla esclusione o recesso di quelle che non intendono farne più parte, o che non si conformano ai principi dottrinali delle ADI, e non si conformano agli scopi dell’Ente che sono osservare i comandamenti della Bibbia e curare e coordinare gli interessi spirituali, morali e materiali di tutte le chiese del Movimento esistenti in Italia favorendone il sorgere di nuove e lo sviluppo di quelle già in vita, promuovere le relazioni fraterne tra le varie chiese ed i fedeli, e suscitare l’ardore pastorale per la cura delle anime da unire nella medesima fede e nella comune speranza (Stat., art. 9, II); elegge il Presidente dell’Associazione che è pure Presidente del Consiglio Generale delle Chiese, e gli altri componenti del Consiglio Generale delle Chiese, al termine del periodo di permanenza in carica, nonché i membri dei Comitati di Zona, e per questi determina ogni due anni il numero, c’è la possibilità infatti di un aumento dei membri dei Comitati di Zona – che si compongono di almeno cinque membri – in relazione alle esigenze specifiche delle zone stesse (Stat., art. 9. III); nomina i sindaci revisori dei conti che durano in carica due anni e possono essere confermati (Stat., art. 9, IV); esamina l’operato del Consiglio Generale delle Chiese e dei Comitati di Zona (Stat., art. 9, V); definisce in ultima istanza le questioni di disciplina delle ADI, che sono l’esclusione di quelle chiese che non si conformano ai principi dottrinali, etici e statutari delle ADI, e l’appello finale presentato nei termini di tempo stabiliti nel Regolamento Interno, dall’iscritto al Ruolo Generale dei Ministeri, a riguardo della sua esclusione dalle ADI per infrazioni a norme dottrinali, morali e disciplinari (Stat., art. 9, VI); discute ed esamina ogni proposta che viene presentata per iscritto dai propri membri nell’interesse delle ADI, queste proposte sono interrogazioni e proposte di carattere dottrinale e amministrativo presentate per iscritto dai componenti dell’Assemblea Generale stessa (Stat., art. 9, VII); stabilisce l’ammontare dei contributi dovuti dalle chiese associate per il raggiungimento dei fini dell’Ente, stabilendo la quota da corrispondere rispettivamente al Consiglio Generale delle Chiese e ad ogni singolo Comitato di Zona: questi contributi sono costituiti da rimborsi di spese legali per l’acquisizione nel patrimonio dell’Ente degli immobili da destinare alle attività di culto, istruzione e beneficenza delle ADI, o per l’eventuale loro alienazione; rimborsi di uscite fiscali riguardanti le imposte sugli immobili non destinati al culto, a norma delle vigenti leggi, dovute dall’Ente allo Stato; ed infine rimborsi di spese di carattere amministrativo per i vari uffici, necessari al mantenimento e allo svolgimento dei compiti di amministrazione svolti dal Consiglio Generale delle Chiese e dai Comitati di Zona (Stat., art. 9, VIII); approva il bilancio biennale di previsione e il conto consuntivo della gestione degli anni precedenti (Stat., art. 9, IX); l’esercizio finanziario dell’Associazione va dal 1 Gennaio al 31 Dicembre di ogni anno (Stat., art. 9, X).
A cura del Segretario dell’Assemblea Generale vengono redatti gli ordini del giorno e i verbali delle sedute, ai quali viene apposta la firma per l’Assemblea Generale dei membri citati all’articolo 9 (Stat., art. 10).
All’Assemblea vengono presentate per l’approvazione biennale la relazione del Consiglio Generale delle Chiese e la relazione finanziaria fatta rispettivamente dal Segretario e dal Tesoriere del Consiglio Generale delle Chiese (Stat., art. 11).
Una deliberazione dell’Assemblea Generale può essere annullata se la richiesta di annullamento sarà sottoscritta da almeno cinque membri dell’Assemblea e messa a votazione ottiene almeno due terzi dei voti in suo favore (Stat., art. 12).
All’Assemblea Generale sono riservate eventuali comunicazioni del rappresentante delle Assemblee di Dio d’America, con sede a Springfield nello stato del Missouri (Stat., art. 13).
Il Consiglio Generale delle Chiese
Il Consiglio Generale delle Chiese, che è eletto dall’Assemblea Generale, è composto da un Presidente, sei Consiglieri, un Tesoriere e un Segretario (Stat., art. 14). L’elezione dei membri del Consiglio Generale delle Chiese viene fatta dall’Assemblea Generale per mezzo di schede a maggioranza assoluta. L’elezione alle varie cariche avviene nel seguente ordine; a) Presidente, b) Sei Consiglieri, c) Tesoriere, d) Segretario. Essi durano in carica due anni e sono rieleggibili (Stat., art. 15).
I compiti specifici del Consiglio Generale delle Chiese sono i seguenti: a) redigere e presentare all’approvazione dell’Assemblea lo Statuto e i Regolamenti delle varie attività dell’Ente e curarne l’osservanza; b) nominare su proposta del Comitato di Zona i Conduttori di chiesa (ministri di culto), rilasciando loro i relativi brevetti; c) deliberare circa le destinazioni e i trasferimenti dei Conduttori di Chiesa, tenendo conto, nei limiti del possibile, dei bisogni delle ADI e dei desideri delle chiese e dei conduttori stessi; d) vigilare sulla disciplina dei ministri di culto e dei loro collaboratori, formularne l’organico, deliberare circa l’allontanamento dei ministri di culto e dei collaboratori per infrazioni a norme morali e disciplinari dall’Associazione; e) la trattazione di tutti gli affari comuni interessanti la vita e il funzionamento delle ADI, nonché la gestione e tutela del relativo patrimonio, autorizzando anche gli atti eccedenti la normale amministrazione delle chiese (Stat., art. 16).
Il Consiglio Generale delle Chiese è convocato dal Presidente ordinariamente ogni sei mesi, straordinariamente tutte le volte che il Presidente lo reputa necessario. Il Consiglio può essere convocato anche su richiesta di uno dei Consiglieri o di un altro componente. Affinchè le riunioni siano valide è richiesto l’intervento della metà più uno dei componenti del Consiglio; per la validità delle deliberazioni invece ci vuole la maggioranza degli intervenuti (Stat., art. 17).
Il Presidente rappresenta da solo ed a tutti gli effetti tanto l’Ente quanto il Consiglio Generale delle Chiese dinnanzi alle autorità dello Stato, sia in giudizio e sia di fronte a terzi; è lui che stipula in nome e per conto dell’Ente i contratti, paga le imposte e gli altri incombenti, riceve i proventi tutti di ogni cespite, ne rilascia la quietanza e firma i mandati, assistito in questo dal Segretario e dal Tesoriere (Stat., art. 18). Il Presidente presiede le sedute del Consiglio Generale delle Chiese ed è l’esecutore delle deliberazioni del Consiglio stesso. In caso di urgenza, per quanto concerne la tutela del patrimonio, secondo le norme stabilite dalle vigenti disposizioni sui culti ammessi nello Stato, può adottare tutti i provvedimenti necessari, assumendo se nel caso, i poteri del Consiglio, salvo a riferirne a quest’ultimo nella prima adunanza per l’omologazione. In caso di assenza o impedimento del Presidente le sue funzioni vengono esercitate dal consigliere più anziano per nomina o per età. Il Presidente delle ADI deve essere un cittadino italiano (Stat., art. 19).
I Consiglieri coadiuvano il Presidente nell’esercizio delle sue funzioni mentre al Tesoriere è affidata l’amministrazione del patrimonio mobiliare ed immobiliare delle ADI, con l’obbligo di redigere ogni anno un bilancio finanziario che, dopo l’approvazione del Consiglio Generale delle Chiese, deve essere sottoposto all’approvazione dell’Assemblea Generale (Stat., art. 20).
I componenti del Consiglio Generale delle Chiese decadono dalla carica se non intervengono senza giustificazione a due riunioni. La giustificazione dei componenti mancanti deve essere fatta alla prima convocazione dell’Assemblea Generale delle ADI. Nel caso il numero dei componenti del Consiglio Generale delle Chiese si riducesse, per qualsiasi motivo, a meno di cinque membri, si deve provvedere alla rinnovazione dell’intero Consiglio da parte dell’Assemblea Generale che viene convocata appositamente per questo (Stat., art. 21).
I Comitati di Zona
Il Comitato di Zona si compone di almeno cinque membri eletti dall’Assemblea Generale ed ha giurisdizione sul territorio determinato dalla stessa Assemblea.
Attualmente esistono otto zone rispettivamente così suddivise: (1) Italia Nord Ovest (Val D’Aosta, Piemonte, Liguria Ovest); (2) Lombardia; (3) Italia Nord Est (Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia Est, Liguria Est, Emilia Romagna, Toscana); (4) Italia Centrale (Toscana Meridionale, Marche, Abruzzo, Umbria, Lazio, Sardegna); (5) Campania e Molise; (6) Puglia e Basilicata; (7) Calabria; (8) Sicilia.
I membri di ogni Comitato di Zona eleggono nel loro mezzo un Presidente e un Segretario. Viene precisato però che tutti i membri dei Comitati di Zona espletano il loro mandato soltanto in forma collegiale e pertanto non rivestono particolare autorità ecclesiastica (Stat., art. 22).
I compiti del comitato di zona sono i seguenti: a) coordinare l’opera di evangelizzazione da svolgersi nella propria giurisdizione; b) designare al Consiglio Generale delle Chiese quei credenti che abbiano data indiscussa prova di possedere le qualità per svolgere l’alto compito di Conduttore; c) riferire al Consiglio generale delle Chiese sull’opera svolta dai Conduttori di chiesa; d) non s’intromette nella vita interna della chiesa locale a meno che lo creda necessario (la necessità d’intervento si determina soltanto per manifeste infrazioni a norme dottrinali, morali e disciplinari) e in questo caso interviene non con autorità ma per consiglio (Stat., art. 23).
Le decisioni del Comitato di Zona devono essere notificate al Consiglio Generale delle Chiese (Stat., art. 24).
Consiglio di Chiesa
Il Consiglio di Chiesa provvede alla ordinaria amministrazione della chiesa. E’ composto da un Presidente, un Segretario e un Tesoriere eletti in Assemblea di Chiesa convocata ogni due anni. Le chiese che comprendono un numero di fedeli superiore a 200 persone possono eleggere altri due componenti con la qualifica di Consiglieri (Stat., art. 25).
Il Consiglio cura ed amministra la raccolta delle offerte dei fedeli che così contribuiscono al mantenimento della chiesa, ed amministra tutti gli altri proventi ed i beni della Chiesa (Stat., art. 26).
Le deliberazioni dell’Assemblea Generale della Chiesa e del Consiglio di Chiesa sono valide se adottate a maggioranza assoluta dei voti, ossia il 50% + uno degli intervenuti (Stat., art. 27).
Ogni Chiesa è libera nella sua attività interna secondo i principii ed i costumi del paese nel quale svolge la sua attività ed i principii dottrinali della Parola di Dio (Stat., art. 28).
Qualunque donazione fatta alla singola Chiesa, qualora questa non abbia ottenuto il riconoscimento della persona giuridica, s’intende fatta alle ADI che amministrerà i beni donati conformemente alla volontà del donatore, e, qualora questa non sia stata formulata, secondo le necessità generali dell’Associazione su parere del Consiglio Generale delle Chiese (Stat., art. 29).
Conduttori di Chiesa
I Conduttori di Chiesa o Ministri di culto, dopo una adeguata preparazione teologica ricevono la relativa nomina del Consiglio Generale delle Chiese su proposta dei Comitati di Zona. A proposito della preparazione teologica dei Ministri, essa viene effettuata con: a) corsi biblici per corrispondenza; b) pubblicazioni di carattere biblico e teologico; c) corsi di studio presso l’Istituto Biblico Italiano con sede a Roma, suddivisi in tre anni, al termine dei quali viene rilasciato un diploma di formazione teologica e cultura biblica (Stat., art. 30).
I doveri del conduttore di Chiesa sono i seguenti: a) dirigere il culto di edificazione, senza o con celebrazione della cena del Signore; il culto di evangelizzazione, senza o con la celebrazione del battesimo in acqua per immersione, le riunioni di studio biblico, le riunioni di preghiera, e ogni altra eventuale riunione o attività volta all’evangelizzazione ed alla elevazione morale e spirituale dei credenti come Scuola Domenicale e riunioni giovanili; b) celebrare matrimoni con effetti civili subordinatamente all’autorizzazione dell’Autorità dello Stato; c) Amministrare gli ordinamenti del battesimo in acqua e della cena del Signore; d) tenere un registro permanente dei matrimoni celebrati entro i limiti della propria giurisdizione; e) tenere un registro statistico di chiesa con i nominativi dei comunicanti, che sono quei membri di chiesa i quali avendo fatto professione della propria fede, sono stati battezzati per immersione e accettano i principi di fede professati dalle ADI vivendo in maniera conforme ad essi. Ci sono altri membri della chiesa locale che sono chiamati simpatizzanti, e che sono credenti non battezzati, e gli iscritti alla Scuola Domenicale che insieme costituiscono i ‘membri aderenti’ (Stat., art. 31).
La nomina dei conduttori di chiesa può essere revocata qualora questi non si mostrino degni dell’alto ministerio loro affidato (Stat., art. 32)
Addentriamoci adesso dentro il Regolamento Interno
DAL REGOLAMENTO INTERNO
I. – DELLE CHIESE LOCALI
Le chiese o comunità locali delle ADI sono costituite da nuclei di credenti cristiani evangelici pentecostali che professano la dottrina biblica ed accettano gli articoli di fede delle ADI ed i principi di comunione e collaborazione espressi nello Statuto dell’Ente (Regolamento Interno, art. 1).
Le chiese locali si distinguono in a) chiese regolarmente costituite; b) gruppi o chiese in via di costituzione; c) stazioni di evangelizzazione (Reg. art. 2); una chiesa locale per essere regolarmente costituita deve avere: a) almeno 30 membri comunicanti; b) un Consiglio di Chiesa; c) la capacità di sopperire alle proprie spese locali ed interne, di versare, secondo la possibilità, un’offerta mensile al fondo ‘pro missioni’ e di contribuire a qualsiasi altro programma finanziario per i fini dell’Ente; d) regolari riunioni di culto; e) varie attività per l’evangelizzazione, l’edificazione, l’insegnamento e la formazione biblica e dottrinale dei credenti adulti, dei giovani e dei fanciulli (Reg. art. 3). Ogni chiesa locale regolarmente costituita, ha diritto alla propria autonomia interna, sotto Cristo Gesù il Signore, Capo vivente della Chiesa riconoscendo i principi basilari di comunione e cooperazione espressi nello Statuto ADI e dall’Assemblea Generale 1967 (Reg. art. 4).
In base ad una delibera del 10° Convegno Nazionale (anno 1951), in una località (comune o frazione) può essere riconosciuta dal Convegno solo una Chiesa, ‘salvo che la presenza di due chiese non sia giustificata dall’importanza della località e che queste siano legate da vincoli di comunione fraterna e di amministrazione comunitaria (paragrafo X).
Sono considerati gruppi o chiese in via di costituzione quei nuclei di credenti che, non avendo i requisiti di chiesa, come descritti all’articolo 3 del Regolamento, abbiano almeno due regolari riunioni di culto settimanali, presiedute da fratelli idonei, incaricati dalla chiesa più vicina o da altri organi dell’Ente. Nel caso il gruppo raggiunga i requisiti richiesti per costituirsi come chiesa, il responsabile o il pastore della comunità che ha avuto giurisdizione sul gruppo, ne darà comunicazione al Comitato di Zona affinchè ne venga disposto il riconoscimento (Reg. art. 5).
Qualora una chiesa regolarmente costituita, per due anni consecutivi, non soddisfi ai requisiti descritti all’articolo 3 del Regolamento, il conduttore responsabile ne dovrà dare comunicazione al Comitato di Zona di Giurisdizione (Reg. art. 6).
Sono considerate stazioni di evangelizzazione, quei nuclei di credenti che non hanno i requisiti descritti agli articoli 3 e 5 del Regolamento. I credenti delle chiese locali si suddividono in a) membri comunicanti, b) membri aderenti, cioè quei simpatizzanti, credenti non battezzati in acqua o iscritti alla Scuola Domenicale che, pur non possedendo le qualifiche di cui alla lettera precedente, intervengono alle riunioni di culto e alle varie attività delle chiese, facendo parte virtualmente della popolazione evangelica locale (Reg. art. 8).
E’ considerato membro comunicante di chiesa chi a) è stato battezzato per immersione nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, dopo aver fatto professione della propria fede nel Signore Gesù Cristo, come personale Salvatore e Signore, e testimonia dell’esperienza della grazia con una vita trasformata, ubbidendo al Signore e mantenendo una comunione personale con Cristo e con il suo popolo; b) accetta la Parola di Dio come norma, professa i principi di fede delle ADI e vive conformemente ad essi; c) è disposto a sottomettersi alla disciplina della chiesa di cui è membro; d) contribuisce con offerte volontarie, secondo i propri mezzi, alle necessità ed ai programmi della chiesa; e) già appartenga ad altra chiesa ADI, se munito di lettera di presentazione da parte della Comunità di origine e, in tutti gli altri casi, su decisione del Consiglio di Chiesa (Reg. art. 9). Il membro comunicante di chiesa ha il diritto; a) di prendere parte attiva alle riunioni di culto; b) di partecipare alle Assemblee di Chiesa e di esprimere il proprio parere col voto, se ha raggiunto la maggiore età; c) di esercitare, secondo il dono ricevuto da Dio, quelle attività di carattere spirituale che viene incaricato a svolgere nella comunità locale, secondo i principi stabiliti dalla Parola di Dio; d) di ricevere assistenza morale e spirituale (Reg. art. 10).
II. – DELL’ASSEMBLEA DI CHIESA
L’assemblea di ogni chiesa, regolarmente costituita, si compone di tutti i membri comunicanti con diritto a voto soltanto se hanno raggiunto la maggiore età. A questa Assemblea compete: a) la scelta del Conduttore di Chiesa; b) l’elezione del Consiglio di Chiesa; c) l’esame delle relazioni biennali del Consiglio di Chiesa e di tutti gli atti concernenti l’andamento della Chiesa; d) l’eventuale nomina di revisori dei conti (Reg. art. 11).
L’Assemblea di chiesa è convocata entro il 30 marzo di ogni due anni ed ogni volta che il Consiglio di Chiesa lo reputi necessario, o quando la convocazione sia richiesta da almeno un terzo dei membri comunicanti. L’Assemblea di Chiesa è presieduta dal Conduttore di Chiesa (Reg. art. 12). Tutti i partecipanti all’Assemblea, con voce deliberante, hanno diritto ad un solo voto ed uguali diritti. Le adunanze sono valide in prima convocazione, con la partecipazione della metà più uno dei membri comunicanti; in seconda convocazione, qualunque sia il numero dei partecipanti (Reg. art. 13).
Quelle chiese i cui conduttori non sono designati direttamente dal Consiglio Generale delle Chiese, per scegliere il loro conduttore di Chiesa dovranno seguire la seguente procedura generale: a) annunciare, almeno in tre precedenti riunioni regolari di culto, comprese due domeniche, il giorno e l’ora stabiliti per l’Assemblea di Chiesa; b) l’Assemblea si costituisce con la partecipazione di una rappresentanza del Comitato di Zona di Giurisdizione, fraternamente invitato per dare suggerimenti di carattere generale affinchè l’elezione avvenga in conformità alle norme ADI, riguardanti i conduttori di Chiesa; c) si eleggono seduta stante un presidente e un segretario della riunione; d) si procede alla votazione a scrutinio segreto e, almeno, a maggioranza assoluta. Qualora il primo scrutinio non dia la maggioranza richiesta, si procederà ad un secondo scrutinio e, se questo riesce nullo, l’elezione verrà sospesa e l’Assemblea di Chiesa sarà convocata in altra data; e) Le chiese con oltre duecento membri comunicanti, qualora il pastore titolare lo ritenga opportuno, avuto il consenso del Consiglio di chiesa e poi del Consiglio Generale delle Chiese, potranno avvalersi della collaborazione di un pastore o di un anziano-evangelista coadiutore (Reg. art. 14).
III. – MISURE DISCIPLINARI
Il membro comunicante di chiesa che, ammonito con carità cristiana trascuri abitualmente le comuni adunanze, dimostri un disinteresse completo alla vita della comunità e continui a mantenere una condotta incompatibile con i principi d’ordine comunitario, stabiliti dalla Parola di Dio, viene cancellato dal registro dei membri comunicanti di Chiesa, previa deliberazione del Consiglio di Chiesa che ne dovrà dare comunicazione scritta all’interessato, e sarà ritenuto ‘membro aderente’, perdendo così il diritto di cui all’art. 10 lettere a), b) e c) del Regolamento interno delle ADI (Reg. art. 15).
Il membro comunicante di chiesa che abbia un’accertata condotta riprovevole o dottrina che violi le norme della Parola di Dio, secondo la natura e la gravità delle mancanze, viene ammonito dal Conduttore di Chiesa; temporaneamente sospeso dai privilegi di membro comunicante, o, nei casi più gravi, escluso dalla chiesa, su decisione del Consiglio di Chiesa. Il Presidente del Consiglio di Chiesa, ove trattasi di membro comunicante avente legami di parentela fino al quarto grado con uno dei membri del Consiglio stesso, rimette il caso al Comitato di Zona, salvo che il Consiglio sia di numero superiore a tre membri; in tal caso si richiede l’allontanamento dalla riunione decisionale del membro legato dalla citata parentela. La riabilitazione della persona colpita da misura disciplinare appartiene al Consiglio di Chiesa che ha già esaminato il suo caso e che notificherà, se lo ritiene opportuno, la revoca delle sanzioni anzidette in sede di Assemblea di Chiesa (Reg. art. 16).
IV. – DEL CONSIGLIO DI CHIESA
Il consiglio di Chiesa collabora ed è responsabile con il Conduttore della comunità in tutto ciò che riguarda il buon andamento della chiesa. La sua funzione si espleta: a) nell’esaminare le condizioni della chiesa, nell’assegnare specifici incarichi, nella manutenzione ordinaria e straordinaria dei locali della chiesa; b) nell’amministrare e determinare l’uso delle offerte raccolte per i vari scopi; c) nell’esercitare la vigilanza su tutte le attività della chiesa; d) nel presentare una relazione biennale all’Assemblea di Chiesa (Reg. art. 17).
Il Consiglio di Chiesa ha sedute ordinarie almeno ogni trimestre e sedute straordinarie ogni volta che il Presidente creda opportuno convocarle o almeno un terzo dei membri del Consiglio ne faccia domanda (Reg. art. 18).
Il Consiglio di Chiesa è corresponsabile con il Conduttore di Chiesa della conservazione dell’archivio che deve contenere; a) registro statistico dei membri di chiesa; b) registro dei matrimoni celebrati con effetti civili; c) registro della contabilità; d) libro dei verbali del Consiglio e delle Assemblee di Chiesa; e) ogni altro registro o libro che si ritenga opportuno (Reg. art. 19).
In conformità all’articolo 25 dello Statuto ADI, il Consiglio di Chiesa deve essere composto di almeno tre membri con funzioni rispettivamente di: presidente, segretario e tesoriere, eletti in Assemblea di Chiesa entro il 30 marzo ogni due anni. Poiché per consuetudine, il Conduttore di Chiesa, in virtù del suo ministerio e delle sue responsabilità davanti alla chiesa, deve avere funzioni di presidente del Consiglio di Chiesa, bisogna che ogni due anni sia chiesto un voto di fiducia per questa specifica carica. Se la Chiesa è composta da oltre 200 membri tra comunicanti e aderenti l’Assemblea di Chiesa ha la facoltà di aggiungere, ai suddetti tre membri, due consiglieri ogni 100 membri comunicanti (Reg. art. 20).
L’elezione del Consiglio di Chiesa avviene nel modo seguente: a) nel giorno e nelle ore stabiliti e annunciati in tre precedenti riunioni regolari di culto, l’Assemblea di Chiesa si costituisce sotto la presidenza del Conduttore di Chiesa; b) si procede alla votazione dei consiglieri a scrutinio segreto, nel numero stabilito all’articolo 20 del Regolamento; c) l’Assemblea esprime un voto di fiducia al Conduttore di Chiesa per la nomina a Presidente del Consiglio di Chiesa; d) con voto di fiducia, seduta stante, o in altra Assemblea Straordinaria, si nominano tra i consiglieri eletti, il Segretario e il Tesoriere (Reg. art. 21).
Per essere eletti membri del Consiglio di Chiesa occorre: a) avere i requisiti descritti dalla Parola di Dio come per gli Anziani; b) appartenere alla Chiesa locale almeno da due anni o aver già servito in altra chiesa consorella; c) aver compiuto il 21° anno di età; d) non essere Conduttore di chiesa, Anziano o Diacono di altra chiesa regolarmente costituita. (Reg. art. 22).
Il segretario è incaricato alla redazione dei verbali ed il tesoriere alla tenuta dei conti relativi all’amministrazione della Chiesa (Reg. art. 23).
I componenti del Consiglio di Chiesa decadono dalla carica se non intervengono, senza giustificazione, a due riunioni consecutive. Qualora il numero dei componenti si riducesse a meno di tre membri, il Consiglio dovrà essere completamente rieletto (Reg. art. 24).
Tutte le deliberazioni sono valide se adottate a maggioranza assoluta dei voti degli intervenuti e ad assoluta parità di suffragio (Reg. art. 25)
V. – ZONE E CONVEGNI DI ZONA
La determinazione delle limitazioni geografiche delle zone di giurisdizione viene stabilita dall’Assemblea Generale su proposta del Consiglio Generale delle Chiese, nella prospettiva di un incremento del numero delle Chiese ADI che consenta di far coincidere ogni zona con una regione geografica (Reg. art. 26).
Il Convegno di Zona è considerato come strumento di collaborazione fraterna tra i conduttori di chiese e le comunità di una data zona per il più efficace potenziamento delle attività di evangelizzazione e di edificazione (Reg. art. 27).
I Conduttori delle Chiese della zona o loro delegati si radunano in Convegno di Zona almeno una volta ogni due anni su convocazione del Comitato di Zona di giurisdizione (Reg. art. 28).
Il Convegno di Zona elegge, seduta stante, un presidente ed un segretario incaricato alla redazione del verbale che al termine del Convegno rimetterà al Segretario del Comitato di Zona perché ne curi la conservazione in archivio e ne invii copie ai partecipanti e al Consiglio Generale delle Chiese (Reg. art. 29).
Al Convegno di Zona spetta: a) l’esame dei problemi spirituali della zona; b) l’esame di eventuali proposte di carattere dottrinale, spirituale e amministrativo da presentare all’Assemblea Generale; c) la designazione dei membri dei Comitati di Zona che dovranno essere eletti dall’Assemblea Generale; d) l’eventuale notifica di infrazioni d’ordine morale o dottrinale commesse da ministri o chiese, che dovranno essere comunicate, tramite il Comitato di Zona, al C.G.C, affinchè prenda le misure disciplinari del caso (Reg. art. 30).
VI. – DEI CONVEGNI PASTORALI
Tutti gli iscritti al Ruolo Generale dei Ministeri si radunano in Convegno Pastorale ogni due anni, in alternanza con l’Assemblea Generale. Detto Convegno, convocato ed organizzato dal Consiglio Generale delle Chiese, ha lo scopo di trattare e discutere argomenti dottrinali, sia in forma di studio che in base a specifiche interrogazioni proposte dai partecipanti ed inserite all’ordine del giorno (Reg. art. 31)
VII. – DELL’ASSEMBLEA GENERALE
L’Assemblea Generale è l‘organo deliberativo delle ADI e viene convocata in via ordinaria a norma dell’art. 6 dello Statuto o in via straordinaria a norma dell’art. 21 dello Statuto, o su decisione del Consiglio Generale delle Chiese o su richiesta di almeno un terzo dei rappresentanti di chiese regolarmente costituite (Reg. art. 32).
All’Assemblea Generale partecipano: a) i Conduttori di Chiesa in qualità di presidenti dei Consigli di Chiesa e i responsabili degli Istituti con diritto di parola e di voto; b) i delegati in rappresentanza di chiese, con diritto di voto, ma non di parola ed a cariche amministrative dell’Ente se non risultano iscritti nel Ruolo Generale dei Ministeri delle ADI; c) i ministri senza rappresentanza di chiese, con diritto di parola ma senza diritto di voto. d) i diaconi, descritti nell’art. 78 con diritto di voto, se inviati come delegati dal servizio o istituto al quale appartengono, ma non con diritto di parola. Questo criterio vale per tutti gli argomenti di carattere amministrativo dell’Associazione delle ADI, mentre per i soggetti di carattere spirituale o dottrinale, nelle sessioni pastorali ad essi riservati, tutti gli iscritti nel ruolo generale dei ministeri delle ADI o che lavorino in collaborazione con queste, hanno diritto a partecipare alla discussione e alla votazione; e) i visitatori, in qualità di osservatori, ammessi col consenso dell’Assemblea, senza diritto di parola o di voto (Reg. art. 33).
L’Assemblea Generale, in sessione amministrativa: a) elegge il seggio di presidenza dell’Assemblea Generale a norma dell’art.9 dello Statuto; b) approva i regolamenti delle singole istituzioni ed attività, redatti dal C.G.C. riservandosi di modificarli quando ne riconosca la necessità; c) delibera sull’ammissione di nuove chiese e sull’esclusione o il recesso di quelle che non si conformino ai principi e agli scopi delle ADI a norma dell’art. 9 dello Statuto; d) delibera, in caso di estinzione dell’Ente, sia per scioglimento o per esaurimento degli scopi ai sensi dell’art. 4 dello Statuto, ed indica le opere evangeliche a cui dovrà essere devoluto il patrimonio; e) elegge con votazioni separate, a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta (50% più uno) nel seguente ordine: il Presidente, il Segretario, il Tesoriere e sei Consiglieri del Consiglio Generale delle Chiese; f) nomina cinque sindaci revisori dei conti, tre effettivi e due supplenti; g) elegge con votazione per alzata di mano e a maggioranza assoluta i membri dei Comitati di Zona di giurisdizione, tenendo presente le indicazioni dei conduttori di chiesa delle rispettive zone; h) elegge o conferma i responsabili degli Istituti, con votazione, su proposta del Consiglio Generale delle Chiese, per alzata di mano ed a maggioranza assoluta. i) può eleggere su proposta del Consiglio Generale delle Chiese o dei Comitati di Zona, ad incarichi speciali, ministri che, pur non avendo la conduzione di una chiesa regolarmente costituita, abbiano svolto ininterrotto ministerio pastorale per almeno quindici anni (Reg. art. 34).
Tutti i componenti dell’Assemblea hanno diritto ad un solo voto ed uguali diritti. In ogni votazione, salvo quanto non sia stabilito diversamente, gli astenuti sono considerati assenti ai fini della determinazione della maggioranza, purché il loro numero non raggiunga un terzo di tutti i votanti (Reg. art. 35).
L’Assemblea avrà un culto pubblico presieduto dal Presidente uscente o da un suo incaricato. Il Presidente uscente presiede l’Assemblea fino all’elezione del Seggio che sarà composto da un Presidente, almeno un Vice presidente, un Segretario e almeno due Scrutatori. Il Seggio di Presidenza viene eletto per alzata di mano a maggioranza assoluta, salvo il caso che almeno il dieci per cento dei votanti faccia domanda a scrutinio segreto (Reg. art. 36).
Le adunanze sono valide in prima convocazione con l’intervento della metà più uno dei componenti, in seconda convocazione qualunque sia il numero dei partecipanti (Reg. art. 37).
Ogni seduta dell’Assemblea Generale viene aperta con un breve culto o con la lettura della Parola di Dio e con la preghiera (Reg. art. 38).
L’ordine dei Lavori è il seguente: a) relazione del Consiglio Generale delle Chiese: – relazione del Presidente e Legale Rappresentante; – relazione del Segretario; – relazione del Tesoriere. b) relazioni degli Istituti, delle attività e relativa elezione dei responsabili; c) interrogazioni e proposte che sono state presentate per iscritto alla segreteria nei termini fissati volta per volta dal Consiglio Generale delle Chiese; d) elezione del Consiglio Generale delle Chiese; e) nomina dei Sindaci Revisori dei conti; f) elezione dei membri dei comitati di Zona (Reg. art. 39).
Copia dell’Ordine del Giorno dell’Assemblea Generale dovrà essere inviata a tutti i partecipanti due settimane prima della data di convocazione (Reg. art. 40).
Ogni argomento dovrà essere esposto e discusso in tempo stabilito in precedenza dal Consiglio Generale delle Chiese, lasciando alla discrezione del Presidente dell’Assemblea di modificare il tempo stesso (Reg. art. 41).
Il Presidente dell’Assemblea regola la discussione, concedendo la parola nell’ordine in cui viene richiesta. Hanno precedenza le mozioni d’ordine ed il fatto personale. La domanda di chiusura di una discussione deve essere fatta propria da almeno il dieci per cento dei votanti per essere messa ai voti. Nessun reclamo sulla procedura di votazione, sia elezioni o deliberazioni, potrà aver corso se non sia fatto seduta stante, appena proclamato il risultato della votazione. Una deliberazione dell’Assemblea, può essere annullata quando la richiesta avanzata da almeno il dieci per cento dei votanti, sia approvata dai due terzi degli aventi diritto al voto. Tutte le deliberazioni spettanti all’Assemblea sono valide se adottate a maggioranza assoluta (50% più uno) dei votanti (Reg. art. 42).
Le deliberazioni dell’Assemblea, verbalizzate dal Segretario, sono lette seduta stante e, approvatane la redazione, sono trascritte in fogli numerati controfirmati dai membri del Seggio, questi devono essere rilegati e le correzioni e cancellature confermate dal Segretario. Copia delle deliberazioni verrà spedita ai Conduttori di Chiese e ai responsabili dei vari istituti e delle varie attività (Reg. art. 43).
VIII. – DEL CONSIGLIO GENERALE DELLE CHIESE
Il Consiglio Generale delle Chiese costituisce il Comitato Esecutivo delle ADI. È composto da un Presidente, un Tesoriere e un Segretario, sei Consiglieri, di cui un consigliere anziano per nomina con funzioni di Vice presidente. Essi debbono essere iscritti nel Ruolo Generale dei Ministeri delle ADI, negli elenchi dei Pastori o Anziani-Evangelisti che svolgono un ministerio effettivo presso una comunità regolarmente costituita, o presso Istituti delle A.D.I., o precedentemente eletti nello stesso Organo. Debbono essere cittadini italiani, durano in carica due anni e sono rieleggibili. I membri del Consiglio Generale delle Chiese espletano il loro mandato soltanto in forma collegiale e pertanto non rivestono particolare autorità ecclesiastica. Rappresentano individualmente il Consiglio Generale delle Chiese se adempiono ad un preciso mandato del Consiglio stesso (Reg. art. 44).
I compiti specifici del Consiglio Generale delle Chiese sono: a) convocare l’Assemblea Generale (ST/6); b) redigere e presentare all’approvazione dell’Assemblea Generale lo Statuto e i Regolamenti degli Istituti, Opere e Servizi dell’Ente e curarne l’osservanza e l’attuazione pratica; c) nominare i credenti da iscrivere al Ruolo Generale dei Ministeri, rilasciandone i relativi brevetti, sia per iniziativa propria, sentito il parere del Conduttore della Chiesa nella quale il candidato è membro comunicante, e del Comitato di Zona di giurisdizione; sia su proposta dei Comitati di Zona; d) deliberare circa le destinazioni e i trasferimenti dei Ministri di culto. Le chiese finanziariamente autonome, provvedono a scegliere il proprio conduttore direttamente, informandone il Comitato di Zona di giurisdizione ed il Consiglio Generale delle Chiese. Per tutte le altre, la scelta avviene mediante trattativa tra la Chiesa, il Conduttore interessato e il Consiglio Generale delle Chiese tenendo conto principalmente delle esigenze dell’Ente, dei desideri delle Chiese e dei Conduttori stessi. Qualora la scelta cada su persona estranea al Ruolo Generale dei Ministeri delle ADI, il Consiglio Generale non assumerà alcun impegno nei confronti della chiesa ed iscriverà colui sul quale è caduta la scelta, nell’elenco dei Candidati al Ministerio, sempre che sussistano i requisiti richiesti; e) formulare il Ruolo organico Generale dei Ministeri secondo le indicazioni della Sacra Scrittura e il carattere strutturale e disciplinare delle ADI (vedi paragrafo «Del ministerio cristiano»); f) vigilare sulla disciplina degli iscritti al Ruolo Generale dei Ministeri delle ADI e di quei collaboratori attivi nell’ambito delle Chiese locali qualora i Consigli di Chiesa e i Comitati di Zona non abbiano definito i casi; g) deliberare, secondo la natura dell’infrazione a norme dottrinali, morali e disciplinari delle ADI, commesse dagli iscritti al Ruolo Generale dei Ministeri, sulle misure da adottare che vanno dall’ammonizione, alla temporanea sospensione dall’attività, alla cancellazione dal Ruolo, su proposta o sentito il parere del Comitato di Zona di giurisdizione; h) trattare tutti gli affari che interessano la vita ed il funzionamento dell’Ente; come l’acquisizione e l’alienazione di immobili destinati al raggiungimento degli scopi dell’Ente stesso; i) gestire e tutelare il patrimonio dell’Ente e autorizzare gli atti di straordinaria amministrazione delle Chiese locali, Istituti, Opere e Servizi. A tutela del patrimonio, ai sensi e per gli effetti dell’Art. 16 lettera E dello Statuto dell’Ente, i locali di culto, loro pertinenze, locali annessi a case pastorali, intestati alle ADI sono riservati unicamente all’uso delle comunità locali associate alle ADI. Il ministro di culto preposto ad ogni comunità ha la custodia a «titolo gratuito» dell’immobile. In casi di dimissioni o di destituzione dal Ruolo Generale dei Ministeri ADI è tenuto a restituire le chiavi dell’immobile stesso al Consiglio Generale delle Chiese, entro dieci giorni dalla sua cancellazione dal Ruolo. j) nominare, a seguito di dissenso creatosi in una comunità che coinvolga almeno un terzo dei membri comunicanti, un «commissario ad acta» oppure una «commissione straordinaria» col compito di curare l’amministrazione ordinaria della comunità e ristabilire un normale rapporto fraterno che renda possibile la regolare elezione di un consiglio di chiesa, a norma di statuto (Reg. art. 45).
Secondo quanto descritto all’art. 45 lettere h) e i) a norma di Statuto, le chiese locali, Istituti, Opere e Servizi che intendono acquistare o alienare proprietà immobiliari o erigere o apportare modifiche e ristrutturazioni ad edifici destinati o da destinare all’attività di culto, istruzione e beneficenza, intestati o da intestare alle ADI, dovranno presentare richiesta di autorizzazione al Consiglio Generale delle Chiese prima dell’inizio delle pratiche relative (Reg. art. 46).
Il Consiglio Generale delle Chiese è convocato dal Presidente in seduta ordinaria, almeno ogni sei mesi (attualmente la frequenza fissa è trimestrale) e in seduta straordinaria quando il Presidente il Segretario e il Tesoriere o uno dei membri del Consiglio stesso lo reputi necessario (Reg. art. 47).
Il Consiglio Generale delle Chiese si riunisce insieme ai membri di tutti i Comitati di Zona di giurisdizione, in seduta plenaria ordinaria, almeno una volta l’anno e straordinaria sempre su delibera del Consiglio stesso, per trattare argomenti che riguardano gli interessi generali dell’Ente (Reg. art. 48).
Le riunioni del Consiglio Generale delle Chiese sono valide con la presenza della metà più uno dei componenti e le deliberazioni sono valide a maggioranza assoluta degli intervenuti (50% più uno) – Reg. art. 49.
IX. COMPITI DEL PRESIDENTE
Il Presidente dell’Ente eletto dall’Assemblea Generale a norma dell’art. 15 dello Statuto delle ADI è anche Presidente del Consiglio Generale delle Chiese: a) rappresenta l’Ente e il C.G.C. davanti alle Autorità dello Stato, sia in giudizio, sia di fronte a terzi; b) stipula in nome e per conto dell’Ente contratti, paga le imposte e gli altri incombenti, riceve gli eventuali proventi di ogni cespite, rilascia quietanza e firma i mandati; c) presiede le sedute del C.G.C. in qualità di moderatore; d) è responsabile della esecuzione delle deliberazioni del C.G.C.; e) adotta tutti i provvedimenti che ritiene necessari per la tutela del patrimonio dell’Ente, secondo la vigente legislazione; f) in caso di urgenza può adottare tutti quei provvedimenti necessari riferendone poi al Consiglio Generale delle Chiese per l’omologazione; g) nei casi descritti alle lettere e) e f) il Presidente agisce in stretta collaborazione con un «Comitato Ristretto», composto oltre che dal Presidente, dal Consigliere anziano in qualità di Vice Presidente, dal Segretario e dal Tesoriere (Reg. art. 50).
In caso di assenza o impedimento del Presidente, le sue funzioni vengono esercitate dal Consigliere più anziano in qualità di Vice Presidente (Reg. art. 51).
X. COMPITI DEL VICE PRESIDENTE
Viene nominato Vice Presidente il consigliere più anziano, vale a dire il Consigliere che abbia ricoperto la carica da maggior numero di anni consecutivi. A priorità di anzianità viene nominato chi abbia ottenuto il maggior numero di voti preferenziali nella specifica votazione dei sei consiglieri (Reg. art. 52).
I compiti del Vice Presidente sono i seguenti: a) collabora col Presidente; b) sostituisce il Presidente nelle sue funzioni in caso di assenza o impedimento; c) rappresenta le ADI su specifico mandato del Presidente o del Consiglio Generale delle Chiese (Reg. art. 53).
XI. COMPITI DEL SEGRETARIO
Il Segretario del C.G.C. eletto dall’Assemblea Generale a norma dell’art. 15 dello Statuto delle ADI: a) redige i verbali delle sedute del C.G.C. e ne invia copia ai componenti ed ai Segretari dei Comitati di Zona di giurisdizione; b) dà corso alle deliberazioni del C.G.C.; c) redige, d’intesa col Presidente, l’ordine del giorno per le riunioni del Consiglio Generale delle Chiese; d) prepara tutta la documentazione e il materiale da presentare all’Assemblea Generale; e) redige la relazione biennale che, dopo l’approvazione del Consiglio Generale delle Chiese, è presentata all’Assemblea Generale (Reg. art. 54).
XII. COMPITI DEL TESORIERE
Il Tesoriere dell’Ente eletto in Assemblea Generale a norma dell’art. 15 dello Statuto ADI: a) è responsabile della cassa e della contabilità; b) attua le decisioni del Consiglio Generale delle Chiese per la parte amministrativa e finanziaria; c) redige un bilancio preventivo e consuntivo che, dopo l’approvazione del Consiglio Generale delle Chiese, viene sottoposto all’approvazione dell’Assemblea Generale; d) amministra, secondo le deliberazioni del Consiglio Generale delle Chiese, il patrimonio mobiliare e immobiliare dell’Ente e i beni donati conformemente alla volontà dei donatori o, qualora non sia stata formulata, secondo le necessità dell’Ente su decisione del Consiglio Generale delle Chiese e convoca entro il 31 marzo di ogni anno i Sindaci Revisori dei Conti per la revisione del bilancio relativo all’esercizio dell’anno precedente (Reg. art. 55).
XIII. COMPITI DEI CONSIGLIERI
I consiglieri eletti in Assemblea Generale a norma dell’art. 15 dello Statuto delle ADI: a) coadiuvano il Presidente nell’esercizio delle sue funzioni; b) espletano specifici mandati ricevuti dal Consiglio Generale delle Chiese; c) presentano specifiche relazioni sull’attività svolta in rapporto agli incarichi ricevuti (Reg. art. 56).
I membri del Consiglio Generale delle Chiese: a) espletano il loro mandato in forma collegiale e non costituiscono autorità ecclesiastica; b) rappresentano il Consiglio Generale quando adempiono un preciso mandato; c) non possono essere membri di Comitati di Zona di giurisdizione al fine di non creare interferenze; d) decadono dalla carica se non intervengono, senza giustificazione, a due riunioni consecutive; e) decadono dalla carica su decisione del Consiglio Generale stesso qualora intervengano ragioni disciplinari a norma dell’art. 16 comma «d» e dell’art. 33 ultimo comma dello Statuto delle ADI; f) la decadenza di uno o più membri interessa temporaneamente e automaticamente i nominativi che all’atto delle elezioni risultavano immediatamente successivi a quello dell’ultimo incluso; g) qualora, per qualsiasi motivo, il numero dei membri si riducesse a meno di cinque, si provvederà alla convocazione straordinaria dell’Assemblea Generale che procederà all’elezione dell’intero Consiglio (Reg. art. 57).
XIV. DEI COMITATI DI ZONA
I Comitati di Zona rappresentano gli organi delle Assemblee di Dio in Italia strettamente collegati al Consiglio Generale delle Chiese al quale riferiscono sull’andamento, le necessità e gli sviluppi dell’Opera nelle rispettive zone come descritto specificamente all’art. 31 del presente Regolamento (Reg. art. 58).
I Comitati di Zona si compongono di almeno cinque membri indicati dai Conduttori di Chiesa delle rispettive zone, eletti con votazione dall’Assemblea Generale ed esercitano la propria giurisdizione sul territorio determinato dall’Assemblea Generale stessa (AG/63) – Reg. art. 59.
I Comitati di Zona eleggono dal proprio seno: a) un presidente, con funzioni di moderatore, da designare volta per volta ad ogni riunione del Comitato; b) un segretario che rimarrà in carica due anni e che: – redigerà i verbali delle riunioni inviandone copia al Consiglio Generale delle Chiese per l’approvazione; – curerà la corrispondenza del Comitato; – parteciperà a carattere consultivo alle riunioni del Consiglio Generale delle Chiese per fornire informazioni sulle attività delle chiese della zona e per rispondere ad eventuali interrogazioni (Reg. art. 60).
I compiti dei Comitati di Zona, descritti all’art. 23 dello Statuto ADI, esprimono chiaramente la natura delle funzioni che questi sono chiamati a svolgere: – fraterna e solidale collaborazione con le chiese della zona di giurisdizione sulle quali non hanno autorità gerarchica e con il Consiglio Generale delle Chiese al quale sono legati in uno spirito di unità e cooperazione e per il quale svolgono il proprio mandato (Reg. art. 61).
I compiti dei Comitati di Zona sono i seguenti: a) coordinare l’opera di evangelizzazione da sviluppare nelle Zone di giurisdizione al di fuori delle attività proprie svolte dalle Chiese locali; b) incoraggiare e collaborare, su richiesta delle Chiese e dei gruppi della Zona, a mezzo del proprio Conduttore, al lavoro di testimonianza cristiana; c) proporre al Consiglio Generale delle Chiese, in accordo con il conduttore della Chiesa di appartenenza, quei credenti che, possedendo le qualità espresse dalla Parola di Dio possano svolgere il ministerio in chiese o gruppi della zona; d) riferire su richiesta del Consiglio Generale delle Chiese sull’opera svolta dai Conduttori di chiese della zona e proporre all’attenzione del Consiglio stesso eventuali casi di infrazioni a princìpi dottrinali, morali e statutari delle ADI; e) contribuire alle soluzioni di quelle divergenze interne delle chiese e gruppi della zona che richiedono un intervento a mezzo del proprio Conduttore o con delibera a maggioranza del Consiglio di Chiesa o dell’Assemblea di Chiesa, agendo sempre non con autorità, ma con discrezione e saggezza cristiane; f) intervenire, quando lo ritenga necessario, richiamando con fraterna comprensione quelle chiese o gruppi o quei Conduttori che fossero caduti in gravi errori dottrinali o disciplinari, facendone sempre relazione al Consiglio Generale delle Chiese; g) intervenire, su mandato specifico del Consiglio Generale delle Chiese, per questioni riguardanti le finalità dell’Ente e che interessano la vita e il funzionamento delle ADI (Reg. art. 62).
I membri dei Comitati di Zona espletano il loro mandato soltanto in forma collegiale e pertanto non rivestono particolare autorità ecclesiastica. Individualmente rappresentano il Comitato di Zona se adempiono ad un preciso mandato del Comitato stesso. Possono essere eletti nei Comitati di Zona quei ministri che svolgono attività pastorale effettiva presso una comunità regolarmente costituita o presso Istituti delle A.D.I. (Reg. art. 63)
Qualora un membro del Comitato di Zona venga eletto nel Consiglio Generale delle Chiese decade automaticamente dalla carica in seno al C. Z. e il suo posto sarà preso da chi, all’atto delle elezioni, sia risultato immediatamente successivo all’ultimo eletto, previa nomina del Consiglio Generale delle Chiese (Reg. art. 64).
Quando i Conduttori di Chiesa di una determinata zona non abbiano designato i membri del C. Z. affinché vengano eletti in Assemblea Generale, il Consiglio Generale delle Chiese potrà nominare «motu proprio», fino all’Assemblea Generale successiva, il nuovo Comitato di Zona onde l’organo dell’Ente sia funzionante, ai sensi dell’art. 33 dello Statuto ADI (Reg. art. 65).
XV. DEL MINISTERIO CRISTIANO
Il Ministerio cristiano è stabilito dalle Sacre Scritture e divinamente provveduto da Cristo Gesù, unico e glorificato Signore e Capo della Chiesa, al triplice scopo dell’evangelizzazione nel mondo (Marco 16:15-20), dell’adorazione a Dio (Giov. 4:23-24) e dell’edificazione dei credenti (Efesini 4:11-16). Secondo quanto precisato nella nota n. 13 dello Statuto ADI, la molteplicità dei ministeri si esprime con la vocazione divina per opera dello Spirito Santo e il riconoscimento delle chiese. Esso non costituisce uno stato diverso da quello proprio del sacerdozio universale dei credenti (Reg. art. 66).
I doni di Cristo glorificato per il ministerio della Chiesa sono quelli descritti in Efesini 4:11; Romani 12:7-8; I Timoteo 3:1-13; 5:17; e quindi si manifestano non come titoli di distinzione, ma come strumenti di guida, insegnamento, elevazione e servizio per le comunità locali e per la realizzazione degli scopi che queste ultime si prefiggono di raggiungere insieme (Reg. art. 67).
XVI. REQUISITI DEL MINISTERIO CRISTIANO
Ogni iscritto al Ruolo Generale dei Ministeri delle ADI deve dare prova di aver esperimentato la «nuova nascita» e di aver ricevuto il battesimo nello Spirito Santo secondo Atti 2:4. Le qualifiche necessarie per essere iscritti nel Ruolo Generale dei Ministeri sono quelle descritte dalla Parola di Dio, in particolare nei seguenti brani biblici: I Timoteo 3:1-7; Tito 1:7-9 e possono riassumersi come segue: a) chiara evidenza della chiamata divina che si manifesta mediante il dono, il carattere e le attitudini; b) una matura esperienza e quei requisiti che rendono idonei al ministerio cristiano, oltre che un’adeguata preparazione biblica e teologica; c) una sufficiente conoscenza della sana dottrina evangelica, unita alla capacità di poter insegnare ad altri la via della salvezza; d) aver compiuto il ventunesimo anno di età; e) una condotta morale e dei precedenti irreprensibili (Reg. art. 68).
XVII. RUOLO GENERALE DEI MINISTERI
La seguente regolamentazione si applica soltanto ai ministeri della predicazione, della cura delle chiese locali e di alcuni ministeri specializzati nelle diverse modalità in cui ciascuno di essi viene rispettivamente esercitato (Reg. art. 69).
Il Ruolo Generale dei Ministeri è tenuto dal Consiglio Generale delle Chiese, ai soli fini disciplinari, non sussistendo alcun rapporto di lavoro tra gli iscritti al Ruolo Generale dei Ministeri e L’Ente o le chiese locali, in quanto le mansioni e le cariche sono svolte volontariamente e gratuitamente. Rispetto all’attività svolta, il Ruolo si suddivide come segue: 1. Pastori: a) con cura di chiese; b) con responsabilità degli Istituti, Servizi e Opere delle ADI; c) insegnanti presso l’Istituto Biblico Italiano; d) missionari; e) predicatori itineranti; f) con responsabilità negli uffici amministrativi dell’Ente. 2) Anziani – Evangelisti. 3) Candidati al Ministerio. 4) Diaconi (Reg. art. 70)
I Pastori sono quei ministri che, avendo dato prova della loro chiamata, consacrazione e capacità nel ministerio espletato in una o più chiese, iscritti per oltre tre anni all’elenco dei Candidati al ministerio, sono nominati dal Consiglio Generale delle Chiese, su proposta del Comitato di Zona di giurisdizione e iscritti nell’elenco dei Pastori (Reg. art. 71).
I pastori in ruolo si suddividono nelle seguenti categorie: a) Pastori in attività. Coloro che svolgono un ministerio attivo in seno alle ADI; b) Pastori in missione. Coloro che esercitano all’estero il ministerio cristiano, rimanendo tuttavia stretti da legami di collaborazione con le ADI; c) Pastori emeriti. Coloro che avendo raggiunto il sessantacinquesimo anno di età o per ragioni di salute, cessano dalle funzioni del ministerio. Nel caso di raggiungimento dei limiti di età, possono continuare ad esercitare il ministerio cristiano, compatibilmente con il loro stato di salute (Reg. art. 72).
Gli Anziani-Evangelisti sono quei ministri, che dopo aver compiuto il periodo di prova stabilito e dopo aver incontrato la commissione per l’esame delle loro capacità ed attitudini al ministerio, sono nominati dal Consiglio Generale delle Chiese, su proposta del Comitato di Zona di giurisdizione e iscritti all’elenco degli Anziani-Evangelisti. Al compimento del 65.mo anno di età, o per ragioni di salute sono iscritti all’elenco degli Anziani-Evangelisti emeriti e possono continuare ad esercitare il ministerio cristiano, compatibilmente con il loro stato di salute (Reg. art. 73).
I Pastori e gli Anziani Evangelisti in attività che vengano a trovarsi senza cura di una comunità, trascorsi due anni non potranno rimanere iscritti nel Ruolo Generale dei Ministeri, salvo che non abbiano ricevuto un incarico specifico dalla Assemblea Generale o dal Consiglio Generale delle Chiese (Reg. art. 74).
I Candidati al Ministerio sono quei credenti, incaricati dal Comitato di Zona competente, alla conduzione di chiese o gruppi ed espletano la propria attività spirituale temporaneamente per un periodo minimo di prova di TRE anni, durante il quale dovranno giovarsi dei seminari d’istruzione biblica (SIB), di corsi biblici per corrispondenza per la formazione dottrinale e di altre opere pubblicate a cura delle ADI, oppure potranno iscriversi ai corsi presso la sede dell’Istituto Biblico Italiano (Reg. art. 75).
Per essere iscritti all’elenco dei candidati al ministerio occorre: a) aver preso cura di un gruppo di credenti per un periodo minimo di TRE anni; b) aver cura di un gruppo che abbia una consistenza numerica di almeno venti credenti, di cui dieci membri comunicanti; c) tenere almeno due riunioni di culto settimanali, di cui una nel giorno di domenica; d) possedere un’accertata idoneità al ministerio e il voto di fiducia del gruppo, alla presenza del Comitato di Zona. Le citate disposizioni non sono applicabili a quei Candidati al Ministerio impegnati presso gl’Istituti, i Servizi, l’Amministrazione dell’Ente o a pieno tempo. I candidati al ministerio dovranno sottoscrivere un modulo redatto dal Consiglio Generale delle Chiese riguardante la posizione dottrinale e l’impegno ad esercitare le attività spirituali secondo i princìpi scritturali delle ADI. I credenti incaricati temporaneamente di gruppi e stazioni di evangelizzazione sorti nell’ambito di una chiesa locale rimangono sotto la guida e la responsabilità del conduttore della chiesa stessa e non possono essere iscritti nell’elenco dei candidati al ministerio. Tutti i Candidati al Ministerio dovranno incontrare, al massimo entro cinque anni dall’iscrizione al Ruolo, la Commissione di cui all’art. 77 (Reg. art. 76).
Trascorsi TRE anni, il Candidato al Ministerio richiederà al Comitato di Zona di incontrare la Commissione di fratelli per il colloquio in attuazione dell’art. 23-b dello Statuto e dell’art. 62-c del Regolamento per esporre le proprie convinzioni su argomenti dottrinali propostigli. La Commissione composta dal Comitato di Zona di giurisdizione e da almeno due membri del Consiglio Generale delle Chiese, dovrà anche prendere in considerazione il lavoro spirituale svolto dal candidato e il progresso ottenuto. I Candidati al Ministerio che abbiano la cura di gruppi inferiori a dieci membri comunicanti potranno, su decisione del Comitato di Zona, rimanere iscritti nell’elenco dei candidati al ministerio a tempo indeterminato. Il Candidato al Ministerio che venga a trovarsi senza cura di una chiesa o di un gruppo non potrà rimanere iscritto nel Ruolo Generale dei Ministeri, a meno che, entro sei mesi, non raggiunga i limiti d’età e di conseguenza sia iscritto all’elenco degli Anziani-Evangelisti emeriti (Reg. art. 77).
I diaconi sono quei credenti, d’ambo i sessi, che sentendosi chiamati a tale vocazione cristiana rivolgono specifica richiesta di esercitare, secondo i doni ricevuti da Dio e le proprie capacità tecniche, la propria attività vocazionale nell’ambito degli Istituti, Opere e Servizi generali dell’Ente e vengono nominati dal Consiglio Generale delle Chiese, sentito il parere del Conduttore della chiesa nella quale il richiedente è membro comunicante e del Comitato di Zona di giurisdizione (Reg. art. 78).
Questo specifico ministerio diaconale è sempre svolto al di fuori della comunità locale e gli iscritti all’elenco diaconale partecipano all’Assemblea Generale secondo quanto stabilito dal presente regolamento (Reg. art. 79).
I credenti iscritti nell’elenco diaconale dovranno trovarsi in possesso dei requisiti e della preparazione confacenti al tipo di incarico loro affidato dal Consiglio Generale delle Chiese (Reg. art. 80).
XVIII. DELLA DISCIPLINA DEI MINISTRI
Lo scopo della disciplina è quello di salvaguardare l’onore e la purezza del ministerio cristiano e deve essere esercitata con spirito di carità e sollecitudine per le anime (Reg. art. 81).
Le sanzioni disciplinari, vanno dall’esortazione in privato, alla sospensione temporanea dall’attività nel ministerio, fino alla destituzione ed esclusione dal Ruolo Generale dei Ministeri (Reg. art. 82).
Le sanzioni disciplinari vengono applicate nei seguenti casi: a) infrazioni a norme morali e disciplinari dell’Ente; b) inefficienza generale nel Ministerio; c) incapacità a presentare in modo adeguato la nostra testimonianza pentecostale; d) spirito contenzioso e settario; e) assunzione di autorità non scritturale su una chiesa; f) dichiarato mutamento della posizione dottrinale; g) matrimonio in violazione alla nostra posizione riguardo al matrimonio e al divorzio; h) violazione dell’etica cristiana e pastorale; i) abitudine a contrarre debiti senza soddisfarli; k) attitudine impropria verso quanti sono stati esclusi o si sono esclusi dalla comunione con le A.D.I. (Reg. art. 83).
La disciplina dei ministri delle ADI viene esercitata dal Consiglio Generale delle Chiese direttamente o su proposta dei Comitati di Zona di giurisdizione (Reg. art. 84).
La misura disciplinare adottata nei confronti degli iscritti al Ruolo Generale dei Ministeri può essere definita in ultima istanza dall’Assemblea Generale, su richiesta degli interessati, i quali potranno inoltrare ricorso tramite il Consiglio Generale delle Chiese entro trenta giorni dalla notifica della sanzione disciplinare (Reg. art. 85).
La procedura del ricorso all’Assemblea Generale sarà la seguente: a) l’Assemblea riunita in sessione amministrativa, nomina una commissione formata da otto pastori o anziani evangelisti che siano iscritti ininterrottamente nei rispettivi elenchi da almeno quindici anni, oltre al Segretario del Comitato di Zona uscente di provenienza del ricorrente e due membri del Consiglio Generale delle Chiese uscente. b) la commissione, uditi i ricorrenti, formulerà un parere che dovrà essere sottoposto alla ratifica dell’Assemblea Generale (Reg. art. 86).
XIX. DELLA EMERITAZIONE
L’emeritazione degli iscritti nel Ruolo Generale dei Ministeri, per gli iscritti all’elenco dei pastori, si attua come descritto all’articolo 72, lettera c). Per tutti gli iscritti agli elenchi degli Anziani-Evangelisti e dei Diaconi l’emeritazione avviene, alla cessazione delle loro funzioni dal ministerio, su richiesta dell’interessato al Comitato di Zona di giurisdizione: a) quando abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età, oppure b) quando si trovi nella permanente impossibilità di esercitare il proprio ministerio per causa di malattia. I candidati al ministerio che raggiungono il sessantacinquesimo anno di età vengono automaticamente iscritti nell’elenco degli Anziani-Evangelisti emeriti (Reg. art. 87).
XX. MISURE DI PREVIDENZA
Il trattamento di emeritazione per i pastori è assicurato dalla legislazione italiana a seguito della specifica intesa tra le ADI e lo Stato Italiano, in quanto i suddetti sono iscritti al Fondo speciale istituito presso l’INPS (Reg. art. 88).
Tutti gli iscritti al Ruolo Generale dei Ministeri, compresi quelli indicati all’articolo precedente sono, su loro richiesta, iscritti al FONDO INTERNO DI EMERITAZIONE E ASSICURAZIONE (FIDEA) istituito per i ministri e loro superstiti, secondo le modalità previste dall’apposito regolamento. Il fondo (FIDEA) è istituito per assicurare un’erogazione straordinaria a carattere di sussidio non sussistendo alcun rapporto di lavoro tra gli iscritti al Ruolo Generale dei Ministeri e le ADI o le chiese locali, in quanto le mansioni e le cariche sono espletate volontariamente e gratuitamente. Tale sussidio è devoluto secondo tabelle stabilite dal C.G.C. per i casi di emeritazione per limiti di età, comprovata invalidità permanente o nel caso di morte dell’iscritto (Reg. art. 89).
I sussidi saranno erogati all’iscritto in caso di emeritazione con totale dimissione dal ministerio attivo o per invalidità permanente. In caso di morte, saranno erogati alla vedova o, in mancanza di questa, ai figli minori. In caso diverso sarà erogato un sussidio stabilito per le spese funerarie (Reg. art. 90).
Il fondo (FIDEA) sarà alimentato: a) da una quota del 1% prelevata dal Fondo Missioni; b) da un’offerta annuale da parte delle chiese; c) da offerte e donazioni individuali; d) da un’eventuale quota, se necessaria, prelevata da altri fondi ADI nella misura stabilita anno per anno dal C.G.C. (Reg. art. 91).
Gli iscritti al Fondo (FIDEA), in caso di dimissioni o cancellazione dal Ruolo Generale dei Ministeri nei casi previsti dall’art. 45 lettera g e dall’art. 83 del presente Regolamento, perdono ogni diritto di rimanere iscritti al Fondo e possono ottenere il rimborso, delle contribuzioni da loro versate senza interessi (Reg. art. 92).
XXI. DEGL’ISTITUTI
I seguenti istituti rientrano tra le varie attività delle ADI con fine di culto, istruzione e beneficenza, come descritte alla nota 26 dello Statuto: 1) – L’ISTITUTO BIBLICO ITALIANO (IBI), Scuola Superiore di formazione Teologica e cultura biblica, con sede in Roma, Via Prenestina, 639, esplica le sue attività con: a) Corsi di studio residenziali, presso la sede, suddivisi in tre anni, al termine dei quali viene rilasciato un diploma di formazione teologica e cultura biblica, riconosciuto dallo Stato ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 della legge 22 novembre 1988, n. 517; b) Seminari d’Istruzione Biblica (SIB) svolti nell’ambito delle diverse zone di giurisdizione allo scopo di fornire nozioni bibliche basilari ai collaboratori dei conduttori delle chiese locali; c) Seminari d’Istruzione per Monitori (SIM) svolti nell’ambito delle diverse zone di giurisdizione allo scopo di fornire istruzione biblica basilare o aggiornamento didattico per monitori delle Scuole Domenicali; d) Corsi biblici per corrispondenza, a carattere evangelistico ed edificativo, oltre a quelli di formazione dottrinale per credenti che espletano il loro ministerio nell’ambito delle Chiese locali, come responsabili delle Scuole Domenicali, dei Gruppi Giovanili e di altre attività a carattere di culto, istruzione e beneficenza. L’Istituto Biblico Italiano è disciplinato da un regolamento depositato presso il Ministero della Pubblica Istruzione (Reg. art. 93).
I seguenti istituti autonomi di assistenza costituiti ai sensi e per gli effetti dell’art. 14 della legge 22 novembre 1988, n. 517, sono stati civilmente riconosciuti come enti morali: A) ISTITUTO EVANGELICO «BETANIA – EMMAUS», con sede in Tor Lupara di Guidonia (Roma), Via Monte Amiata, 21-23, che provvede a fornire gratuitamente, nel caso in cui gli interessati non abbiano mezzi finanziari ovvero parenti in grado di provvedere al loro mantenimento: 1. Idonea assistenza, educazione cristiana evangelica ed istruzione a minori normodotati, orfani di uno o di entrambi i genitori, illegittimi, abbandonati o appartenenti a famiglie indigenti; 2. Idonea assistenza spirituale, materiale e morale, primariamente a persone anziane di fede evangelica, offrendo anche la propria disponibilità a favore di persone appartenenti ad altre o a nessuna confessione religiosa, ospitati in sede o in locali separati e distinti da quelli destinati ad accogliere i minori, in conformità alle leggi vigenti e alle disposizioni contenute nello statuto dell’Istituto. 3. Idonea assistenza spirituale, materiale e morale per il recupero e la riabilitazione di tossicodipendenti, in conformità alle leggi vigenti e alle disposizioni contenute nello statuto dell’Istituto e da quelle che saranno previste in apposito regolamento. Detta assistenza dovrà essere organizzata e gestita in appositi centri speciali, comunque ubicati in sedi separate da quelle destinate all’assistenza dei minori e degli anziani. B) ISTITUTO EVANGELICO «EBEN-EZER», con sede in Corato (Bari), Via San Magno, 6. C) ISTITUTO EVANGELICO «BETESDA», con sede in Macchia di Giarre (Catania), Via Palermo, 55. Ambedue questi Istituti si prefiggono lo scopo di provvedere a fornire gratuitamente, nel caso in cui gli interessati non abbiano mezzi finanziari ovvero parenti in grado di provvedere al loro mantenimento, idonea assistenza spirituale, materiale e morale primariamente a persone anziane di fede evangelica, offrendo anche la propria disponibilità a favore di persone appartenenti ad altre o a nessuna confessione religiosa, in conformità alle leggi vigenti e alle disposizioni contenute nello statuto di ciascun Istituto. I suindicati Istituti autonomi sono gestiti dalle ADI direttamente, tramite Consigli di Amministrazione eletti in Assemblea Generale e disciplinati da propri statuti depositati presso il Ministero dell’Interno (Reg. art. 94).
XXII. DEI SERVIZI
I seguenti Servizi, gestiti direttamente dal Consiglio Generale delle Chiese, rientrano nelle varie attività delle ADI come descritti nella nota 26 dello Statuto e sono: A) SCUOLE DOMENICALI – Servizio di attività didattica espletata nelle Chiese delle ADI con l’insegnamento diretto e con l’utilizzazione di pubblicazioni specializzate, per la formazione biblica e dottrinale dei credenti adulti, dei giovani e dei fanciulli. L’organizzazione locale delle Scuole Domenicali è lasciata ad ogni singola chiesa o gruppo nel rispetto della completa autonomia disciplinare ed organizzativa interna. B) SERVIZIO PUBBLICAZIONI «ADI-MEDIA» – Attività, senza scopo di lucro, volta a provvedere pubblicazioni di carattere edificativo, dottrinale ed evangelistico per il raggiungimento degli scopi dell’Ente, distribuite nell’ambito delle comunità evangeliche. C) SERVIZIO AUDIOVISIVI – Attività, senza scopo di lucro, volta a provvedere programmi televisivi di evangelizzazione e di videocassette, autoprodotti, distribuiti nell’ambito delle comunità evangeliche. D) SERVIZIO EVANGELICO DI ASSISTENZA SOCIALE (SEAS) – Attività di interventi di assistenza e di soccorso sociale ed umanitario a carattere vocazionale volta a favore delle popolazioni indigenti, colpite da catastrofi naturali o da altre cause, appartenenti a qualsiasi nazione o religione, in attuazione dell’Art. 23, comma 1 della Legge 22 novembre 1988, n. 517. E) SERVIZIO RADIO COMUNITARIE (SERC) – Attività volta, senza scopo di lucro ed a totale carattere vocazionale, per coordinare l’amministrazione e la programmazione delle radio comunitarie locali, gestite dalle varie chiese ADI, ai sensi e per gli effetti dell’Art.20, comma 2 della legge 22 novembre 1988, n. 517. Tutti questi servizi sono amministrati da comitati specifici nominati dal Consiglio Generale delle Chiese, secondo la normativa stabilita in appositi regolamenti (Reg. art. 95).
XXIII. DEI CENTRI COMUNITARI EVANGELICI
I CENTRI COMUNITARI EVANGELICI – Definiti anche nella diversa legislazione degli Enti locali: case per ferie equipollenti sono quelle opere che rientrano nelle varie attività come descritte alla nota 26 dello Statuto e svolgono primariamente programmi di cultura biblica evangelica per l’edificazione cristiana ed anche per fini sociali ed assistenziali, a carattere periodico, per credenti di ogni età, senza alcun scopo di lucro. I Centri Comunitari rientrano nelle attività di religione e di culto, ai sensi e per gli effetti del comma «a» dell’art 15 della legge 22 novembre 1988, n. 517 e sono organizzati e gestiti a cura delle chiese delle varie zone di giurisdizione attraverso comitati specifici, secondo la normativa stabilita in apposito Regolamento. Attualmente i Centri Comunitari Evangelici esistenti si trovano nei seguenti Comuni: a – Caccuri, Praci (Crotone); b – Castelletto Merli (Alessandria); c – Coffa di Chiaramonte Gulfi (Ragusa); d – Poggiale di Monzuno (Bologna); e – Roccamonfina (Caserta); f – Rota D’Imagna, Frontale (Bergamo); g – Ruvo del Monte, Valle Olecina (Potenza); h – Tossicia, Vicenne (Teramo) – Reg. art. 96).
Altri eventuali Istituti, Opere e Servizi, corrispondenti sempre agli scopi dell’Ente, potranno essere avviati ed organizzati su delibera dell’Assemblea Generale (Reg. art. 97).
XXIV. DELLE MODIFICHE
Le eventuali proposte di modifica o aggiunte dello Statuto, del Regolamento Interno nonché dei Regolamenti degli Istituti, Opere e Servizi dovranno essere presentati dal Consiglio Generale delle Chiese o da almeno 50 partecipanti all’Assemblea Generale con voce deliberante, perché vengano discusse e approvate in seno all’Assemblea Generale stessa (Reg. art. 98).
Il presente Regolamento, approvato nell’Assemblea Generale Straordinaria tenutasi a Napoli (28 aprile – 1 maggio 1978) è entrato in vigore il 1° maggio 1978. Questo testo unico con le relative modifiche, approvate nelle varie Assemblee Generali, è entrato in vigore il 4 maggio 1997 (Reg. art. 99).
Capitolo 3
Confutazione
A proposito della ragione per cui le ADI si diedero uno Statuto
Ora, abbiamo visto che terminata la guerra, un buon numero di Chiese Pentecostali presero la decisione di costituire una organizzazione al fine di ottenere la ‘libertà di culto e d’evangelizzazione’ in quanto pensavano che questo fine si sarebbe raggiunto meglio e più presto presentando alle autorità un corpo coordinato oltre che collegato in tutte le sue parti. Francesco Toppi ritiene che quella fu una decisione giusta, infatti afferma che ‘per non perdere la libertà di predicare ‘tutto l’Evangelo’, la maggior parte delle chiese pentecostali furono, nel 1947, obbligate ad organizzarsi costituendo l’Associazione religiosa delle ‘Assemblee di Dio in Italia’ con uno specifico statuto e regolamento interno introdotto successivamente (Francesco Toppi, E Mi Sarete Testimoni, ADI-Media, Roma 1999, pag. 190).
Ma quella decisione fu un errore, ed adesso spiegherò perchè.
La Chiesa è già libera in Cristo e deve salvaguardare questa libertà
La Chiesa è libera di rendere il culto a Dio e di evangelizzare ovunque si trovi, a prescindere il governo che c’è nella nazione. Dunque, o c’è un governo democratico o un governo dittatoriale, la Chiesa ha già questa libertà. Non è forse scritto: “Dov’è lo Spirito del Signore, quivi è libertà” (2 Corinzi 3:17)? Altra cosa invece è se per libertà di culto e di evangelizzare, si intende la possibilità di ottenere dei permessi particolari o delle particolari agevolazioni dallo Stato. Perché in questo caso, la Chiesa può anche non averla questa libertà, semplicemente perché questa libertà è qualcosa che viene concessa dalle autorità a loro piacimento a chi vogliono loro, alle loro condizioni.
Ma il punto è che la Chiesa non ha bisogno di questa libertà per riunirsi e rendere il culto a Dio o per evangelizzare. Infatti la comune adunanza si può tenere tranquillamente nelle case dei fratelli, come si faceva anticamente, e l’evangelizzazione ogni credente la può fare privatamente, parlando a quattro occhi con le persone in piazza o per le strade, o sempre nelle case. Ci sono tanti credenti nel mondo attualmente che fanno così, e il Signore opera con loro, salvando, battezzando con lo Spirito, guarendo e liberando i posseduti.
La Chiesa moltiplica, è edificata, è consolata; eppure non possono avere permessi di nessun genere dalle autorità, perché non sono riconosciuti giuridicamente. Anzi sono anche perseguitati e vessati in ogni maniera, i torti che ricevono sono innumerevoli, i martiri in mezzo a loro sono frequenti, gli imprigionati anche. Eppure si sentono liberi nel Signore, e sono felici di poter essere perseguitati e ingiuriati a motivo di Cristo! Dunque, la mancanza della libertà legale di culto e di evangelizzazione è un falso problema, o meglio una necessità inesistente. Questa necessità o questo problema che dir si voglia però quando nasce? Quando la Chiesa vuole avere anch’essa gli stessi diritti e le stesse agevolazioni delle organizzazioni religiose già esistenti e che sono riconosciute giuridicamente dallo Stato, e non vuole più essere né perseguitata e neppure discriminata a motivo di Cristo. Ecco che allora la Chiesa comincia a fare tutto quello che è in suo potere per porre fine alla persecuzione perpetrata nei suoi confronti. E di fronte alla proposta dello Stato, che gli offre di legalizzare la sua posizione organizzandosi come una qualsiasi altra associazione religiosa (dunque creando uno statuto e una struttura gerarchica), per non essere più perseguitati o discriminati, o meglio per avere agevolazioni e privilegi, la Chiesa, ingannata dalle lusinghe, cede al compromesso, perché di compromesso si tratta. ‘Tu mi dai la libertà legale, e io rinuncio alla mia libertà spirituale o a parte di essa, e così troviamo un punto d’accordo, e diventiamo amici’, questo è il ragionamento fatto dalla Chiesa allo Stato, o comunque il pensiero della Chiesa.
Le ADI dicono bene: ‘Il compromesso, tuttavia, si presenta allettante; esso ha la capacità ingannevole di evidenziare quello che possiamo ricevere offuscando ciò che abbiamo da perdere’ (Calendario 2009, 13 gennaio, ‘Favore umano o divino?’), ma evidentemente nei fatti le ADI in quella circostanza optarono per il compromesso.
E qui voglio soffermarmi appunto su questo punto cruciale: la libertà spirituale viene sacrificata per ottenere la libertà legale. Ora, considerate questo, fratelli, che la libertà spirituale che noi abbiamo l’abbiamo ottenuta da Dio gratuitamente in virtù del sacrificio di Cristo, e cioè a prezzo del suo sangue. La Scrittura dice infatti: “Voi siete stati riscattati a prezzo; non diventate schiavi degli uomini” (1 Corinzi 7:23), ed anche: “Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi” (Galati 5:1), ed ancora: “Se dunque il Figliuolo vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Giovanni 8:36).
Siamo stati liberati dalla legge, siamo stati liberati dal peccato, siamo stati liberati dalla menzogna, siamo stati liberati dalle mani del diavolo, siamo stati liberati da ogni giogo umano, tanto che persino chi è stato “chiamato nel Signore, essendo schiavo, è un affrancato del Signore” (1 Corinzi 7:22).
Ora, considerate dunque quanto preziosa sia la libertà che abbiamo in Cristo!! Ora, è chiaro che essendo in possesso di un bene così prezioso dobbiamo stare attenti che nessuno ce lo porti via con i suoi sofismi, e difatti ci è comandato di non diventare schiavi degli uomini.
Come si diventa schiavi degli uomini
E come si può diventare schiavi degli uomini? Mettendoci ad obbedire di nuovo ai poveri elementi del mondo, costituiti dai precetti della legge mosaica, come la circoncisione, i precetti sui cibi, e così via.
Ma anche mettendoci ad ubbidire a precetti umani che contrastano la Parola di Dio, che riguardano l’organizzazione della Chiesa. Per esempio, nel momento che più chiese si alleano e si danno una struttura gerarchica, con un presidente, un consiglio generale di chiese, comitati di zona, a quel punto i credenti della singola chiesa locale, compreso il pastore, perdono la loro libertà, perché diventano schiavi degli uomini. Degli uomini cominciano a signoreggiare sulla loro fede, checché ne dicano coloro che signoreggiano.
Facciamo degli esempi sui pastori delle ADI.
Quando un pastore ADI risponde ad un fratello, che non vuole firmare il modulo per diventare membro comunicante e gli contesta questo modo di fare: ‘Devo ubbidire ai miei superiori!’, che cosa significa se non che quel pastore non è libero, essendo schiavo degli uomini?
Quando un pastore ADI durante una riunione di culto, davanti a tutti racconta come un gruppo di credenti fuoriusciti dagli Zaccardiani che vogliono entrare a far parte di quella comunità, al suo invito a firmare il documento di adesione alle ADI, si sono rifiutati di porre la loro firma, e lui gli risponde: ‘Allora non se ne fa niente!’ (o comunque qualcosa del genere); che cosa significa che egli non è libero ma schiavo di precetti e schemi umani che non hanno nulla a che fare con la verità?
Quando un pastore ADI dal pulpito non può riprovare con ogni franchezza la legge sull’aborto dello Stato Italiano, definendola una legge che approva un omicidio agli occhi di Dio, per paura della reazione dei suoi superiori (che hanno tutto l’interesse a non dire certe cose per non dispiacere allo Stato che tanto gli ha dato), che cosa significa questo se non che è schiavo degli uomini?
Quando un pastore ADI dal pulpito non può chiamare il purgatorio ‘eresia di perdizione’, ‘dottrina di demoni’, o quello che si definisce capo universale della chiesa ‘un anticristo’ o un ‘falso cristiano’, sempre per paura dei suoi superiori (che hanno tutto l’interesse a mantenere dei rapporti di buon vicinato con la Chiesa Cattolica Romana), che cosa significa questo se non che è diventato schiavo degli uomini?
Quando un pastore ADI non può dire durante l’evangelizzazione pubblica che le statue e le immagini di Maria, di Sant’Antonio, del cosiddetto padre Pio di Pietralcina, sono degli idoli in abominio a Dio, e che coloro che li venerano o adorano sono degli idolatri che sono sulla via dell’inferno (perché per i suoi superiori si devono evitare a tutti i costi queste parole per non inimicarsi il Vaticano), che cosa vuole dire se non che è schiavo degli uomini?
Quando un pastore delle ADI non può dire dal pulpito che Francesco Toppi erra grandemente nell’insegnare che il fuoco dell’inferno è allegorico o altre cose antibibliche, perché questo equivarrebbe a mancargli di rispetto, che cosa vuol dire se non che è schiavo degli uomini?
E potrei moltiplicare i miei esempi sui pastori. Ma veniamo ai membri di chiesa: quando i membri di una chiesa non possono definirsi Chiesa, perché non hanno raggiunto il numero legale di 30 (secondo una norma del regolamento interno), che cosa significa questo se non che quei credenti sono schiavi degli uomini?
Quando i membri di una Chiesa ADI, dietro invito, non possono frequentare un culto di una Chiesa Pentecostale non ADI, che si attiene alla sana dottrina, perché hanno paura di essere ripresi in quanto questo gli viene vietato o sconsigliato, che cosa significa se non che sono diventati schiavi degli uomini?
Volete che prosegua? Anche qui potrei moltiplicare gli esempi.
E tutto questo perché avviene?
Perché le ADI si sono date uno statuto per allearsi con lo Stato Italiano (che vi ricordo nel dopoguerra era uno Stato Cattolico, fortemente influenzato dal Vaticano), e questo per ottenere ‘la libertà di culto e d’evangelizzare’.
Dunque la triste realtà è che molte Chiese hanno deciso di vendere la loro libertà spirituale in cambio della libertà legale. E questo è grave, molto grave. Ma la cosa più grave è che i credenti pensano che tutto quello che hanno ottenuto dallo Stato non è altro che la benedizione di Dio, segno del favore di Dio. Mi domando come si fa a definire tutto ciò un segno del favore di Dio, quando per ottenere questo favore, i pastori ADI hanno deciso di calpestare con ambo i piedi la Parola di DIO!!!!
E’ come se un credente, che non può avere dei figli da sua moglie, decidesse di mettersi d’accordo con una prostituta affinchè pagandola si facesse mettere incinta e poi gli partorisse un bambino, e poi una volta che il bambino nasce, dicesse che Dio si è compiaciuto di donargli un figlio!!! Ormai purtroppo tanti credenti non riescono più a capire neppure la differenza che passa tra ottenere una cosa dallo Stato senza calpestare minimamente la dottrina di Dio e ottenerla invece calpestandola. Sono storditi, non capiscono nulla. Spero proprio che queste mie poche parole possano servire a far loro capire dove sta l’errore.
Quando si può dire che Dio ha piegato i cuori delle autorità a nostro favore
Ora, mi preme dire un’altra cosa collegata a quanto appena detto. Le ADI, quando ottennero il riconoscimento giuridico cantarono vittoria, e dissero:
‘La giustizia di Dio ha trionfato. Date all’Eterno gloria e forza, date all’Eterno la gloria dovuta al Suo nome, cantate la gloria del Suo nome, perché ha risposto al nostro grido mentre eravamo in distretta e l’Iddio della nostra giustizia ci ha messo a largo esaudendo la nostra preghiera …. Il nostro ricorso al Consiglio di Stato è stato accolto. L’Amministrazione dello Stato, dopo tanti anni di ostracismo, aveva negato il riconoscimento del nostro Movimento, malgrado avessimo corredato la nostra pratica di tutte le necessarie documentazioni. Iddio ci ha reso giustizia e il generale organo consultivo dell’amministrazione centrale dello Stato ha riconosciuto i nostri diritti. Sia resa lode al Signore che ha piegato o guidato i cuori nella dirittura’ (Risveglio Pentecostale, n° 6, Giugno 1954, pag. 1).
Ora, a parte il fatto che più che la giustizia di Dio, in quel giorno trionfò la loro arroganza, così palese nel ricorso che fecero contro l’allora Ministero dell’Interno, ed ancora più palese nello Statuto e nel Regolamento Interno che si dettero per ottenere quel riconoscimento giuridico così tanto bramato, vorrei soffermarmi su queste parole ‘sia resa gloria al Signore che ha piegato i cuori’.
Quali cuori? Naturalmente quelli delle autorità statali. Ora, io dico: ‘Ma come si fa a fare una simile affermazione quando è palese come la luce del sole, che per ottenere quel riconoscimento giuridico le ADI hanno dovuto andare contro la Parola di Dio? E poi, in base a quello che insegna la Scrittura, quando Dio nell’antichità piegò il cuore di un re in favore del suo popolo, non lo fece sollecitato da chi era perseguitato ma perché Dio destò il suo spirito.
Ora per spiegarvi questo con un esempio biblico vi citerò alcune parti del libro di Esdra, precisamente dove si parla del ritorno degli esuli nella terra d’Israele, e la costruzione del tempio a Gerusalemme:
‘Nel primo anno di Ciro, re di Persia, affinché s’adempisse la parola dell’Eterno pronunziata per bocca di Geremia, l’Eterno destò lo spirito di Ciro, re di Persia, il quale, a voce e per iscritto, fece pubblicare per tutto il suo regno quest’editto:
‘Così dice Ciro, re di Persia: L’Eterno, l’Iddio de’ cieli, m’ha dato tutti i regni della terra, ed egli m’ha comandato di edificargli una casa a Gerusalemme, ch’è in Giuda. Chiunque tra voi è del suo popolo, sia il suo Dio con lui, e salga a Gerusalemme, ch’è in Giuda, ed edifichi la casa dell’Eterno, dell’Iddio d’Israele, dell’Iddio ch’è a Gerusalemme. Tutti quelli che rimangono ancora del popolo dell’Eterno, in qualunque luogo dimorino, la gente del luogo li assista con argento, con oro, con doni in natura, bestiame, aggiungendovi offerte volontarie per la casa dell’Iddio ch’è a Gerusalemme’.
Allora i capi famiglia di Giuda e di Beniamino, i sacerdoti e i Leviti, tutti quelli ai quali Iddio avea destato lo spirito, si levarono per andare a ricostruire la casa dell’Eterno ch’è a Gerusalemme. E tutti i loro vicini d’ogn’intorno li fornirono d’oggetti d’argento, d’oro, di doni in natura, di bestiame, di cose preziose, oltre a tutte le offerte volontarie. Il re Ciro trasse fuori gli utensili della casa dell’Eterno che Nebucadnetsar avea portati via da Gerusalemme e posti nella casa del suo dio. Ciro, re di Persia, li fece ritirare per mezzo di Mithredath, il tesoriere, che li consegnò a Sceshbatsar, principe di Giuda.
Eccone il numero: trenta bacini d’oro, mille bacini d’argento, ventinove coltelli, trenta coppe d’oro, quattrocentodieci coppe d’argento di second’ordine, mille altri utensili. Tutti gli oggetti d’oro e d’argento erano in numero di cinquemila quattrocento. Sceshbatsar li riportò tutti, quando gli esuli furon ricondotti da Babilonia a Gerusalemme. ….
Or come fu giunto il settimo mese, e i figliuoli d’Israele si furono stabiliti nelle loro città, il popolo si adunò come un sol uomo a Gerusalemme. Allora Jeshua, figliuolo di Jotsadak, coi suoi fratelli sacerdoti, e Zorobabel, figliuolo di Scealtiel, coi suoi fratelli, si levarono e costruirono l’altare dell’Iddio d’Israele, per offrirvi sopra degli olocausti, com’è scritto nella legge di Mosè, uomo di Dio. Ristabilirono l’altare sulle sue basi, benché avessero paura a motivo dei popoli delle terre vicine, e vi offriron sopra olocausti all’Eterno: gli olocausti del mattino e della sera. E celebrarono la festa delle Capanne, nel modo ch’è scritto, e offersero giorno per giorno olocausti, secondo il numero prescritto per ciascun giorno; poi offersero l’olocausto perpetuo, gli olocausti dei noviluni e di tutte le solennità sacre all’Eterno, e quelli di chiunque faceva qualche offerta volontaria all’Eterno.
Dal primo giorno del settimo mese cominciarono a offrire olocausti all’Eterno; ma le fondamenta del tempio dell’Eterno non erano ancora state gettate. E diedero del danaro agli scalpellini ed ai legnaiuoli, e de’ viveri e delle bevande e dell’olio ai Sidonî e ai Tirî perché portassero per mare sino a Jafo del legname di cedro del Libano, secondo la concessione che Ciro, re di Persia, avea loro fatta.
Il secondo anno del loro arrivo alla casa di Dio a Gerusalemme, il secondo mese, Zorobabel, figliuolo di Scealtiel, Jeshua, figliuolo di Jotsadak, con gli altri loro fratelli sacerdoti e Leviti, e tutti quelli ch’eran tornati dalla cattività a Gerusalemme, si misero all’opra; e incaricarono i Leviti dai vent’anni in su di dirigere i lavori della casa dell’Eterno. E Jeshua, coi suoi figliuoli, e i suoi fratelli, Kadmiel coi suoi figliuoli, figliuoli di Giuda, si presentarono come un sol uomo per dirigere quelli che lavoravano alla casa di Dio; lo stesso fecero i figliuoli di Henadad coi loro figliuoli e coi loro fratelli Leviti.
E quando i costruttori gettaron le fondamenta del tempio dell’Eterno, vi si fecero assistere i sacerdoti vestiti de’ loro paramenti, con delle trombe, e i Leviti, figliuoli d’Asaf, con de’ cembali, per lodare l’Eterno, secondo le direzioni date da Davide, re d’Israele. Ed essi cantavano rispondendosi a vicenda, celebrando e lodando l’Eterno, «perch’egli è buono, perché la sua benignità verso Israele dura in perpetuo». E tutto il popolo mandava alti gridi di gioia, lodando l’Eterno, perché s’eran gettate le fondamenta della casa dell’Eterno.
E molti sacerdoti, Leviti e capi famiglia anziani che avean veduta la prima casa, piangevano ad alta voce mentre si gettavano le fondamenta della nuova casa. Molti altri invece alzavan le loro voci, gridando per allegrezza; in guisa che non si potea discernere il rumore delle grida d’allegrezza da quello del pianto del popolo; perché il popolo mandava di gran gridi, e il rumore se n’udiva di lontano. Or i nemici di Giuda e di Beniamino, avendo saputo che quelli ch’erano stati in cattività edificavano un tempio all’Eterno, all’Iddio d’Israele, s’avvicinarono a Zorobabel ed ai capi famiglia, e dissero loro: ‘Noi edificheremo con voi, giacché, come voi, noi cerchiamo il vostro Dio, e gli offriamo de’ sacrifizi dal tempo di Esar-Haddon, re d’Assiria, che ci fece salir qui’.
Ma Zorobabel, Jeshua, e gli altri capi famiglia d’Israele risposero loro: ‘Non spetta a voi ed a noi insieme di edificare una casa al nostro Dio; noi soli la edificheremo all’Eterno, all’Iddio d’Israele, come Ciro, re di Persia, ce l’ha comandato’. Allora la gente del paese si mise a scoraggiare il popolo di Giuda, a molestarlo per impedirgli di fabbricare, e a comprare de’ consiglieri per frustrare il suo divisamento; e questo durò per tutta la vita di Ciro, re di Persia, e fino al regno di Dario, re di Persia. Sotto il regno d’Assuero, al principio del suo regno, scrissero un’accusa contro gli abitanti di Giuda e di Gerusalemme.
Poi, al tempo d’Artaserse, Bishlam, Mithredath, Tabeel e gli altri loro colleghi scrissero ad Artaserse, re di Persia. La lettera era scritta in caratteri aramaici e tradotta in aramaico. Rehum il governatore e Scimshai il segretario scrissero una lettera contro Gerusalemme al re Artaserse, in questi termini: – La data. ‘Rehum il governatore, Scimshai il segretario, e gli altri loro colleghi di Din, d’Afarsathac, di Tarpel, d’Afaras, d’Erec, di Babilonia, di Shushan, di Deha, d’Elam, e gli altri popoli che il grande e illustre Osnapar ha trasportati e stabiliti nella città di Samaria, e gli altri che stanno di là dal fiume…’ ecc.
Ecco la copia della lettera che inviarono al re Artaserse: ‘I tuoi servi, la gente d’oltre il fiume, ecc. Sappia il re che i Giudei che son partiti da te e giunti fra noi a Gerusalemme, riedificano la città ribelle e malvagia, ne rialzano le mura e ne restaurano le fondamenta. Sappia dunque il re che, se questa città si riedifica e se le sue mura si rialzano, essi non pagheranno più né tributo né imposta né pedaggio, e il tesoro dei re n’avrà a soffrire.
Or siccome noi mangiamo il sale del palazzo e non ci sembra conveniente lo stare a vedere il danno del re, mandiamo al re questa informazione. Si facciano delle ricerche nel libro delle memorie de’ tuoi padri; e nel libro delle memorie troverai e apprenderai che questa città è una città ribelle, perniciosa a re ed a province, e che fin da tempi antichi vi si son fatte delle sedizioni; per queste ragioni, la città è stata distrutta.Noi facciamo sapere al re che, se questa città si riedifica e le sue mura si rialzano, tu non avrai più possessi da questo lato del fiume’.
Il re mandò questa risposta a Rehum il governatore, a Scimshai il segretario, e al resto dei loro colleghi che stavano a Samaria e altrove di là dal fiume: ‘Salute, ecc. La lettera che ci avete mandata, è stata esattamente letta in mia presenza; ed io ho dato ordine di far delle ricerche; e s’è trovato che fin da tempi antichi cotesta città è insorta contro ai re e vi si son fatte delle sedizioni e delle rivolte. Vi sono stati a Gerusalemme dei re potenti, che signoreggiarono su tutto il paese ch’è di là dal fiume, e ai quali si pagavano tributi, imposte e pedaggi. Date dunque ordine che quella gente sospenda i lavori, e che cotesta città non si riedifichi prima che ordine ne sia dato da me. E badate di non esser negligenti in questo, onde il danno non venga a crescere in pregiudizio dei re’.
Non appena la copia della lettera del re Artaserse fu letta in presenza di Rehum, di Scimshai il segretario, e dei loro colleghi, essi andarono in fretta a Gerusalemme dai Giudei, e li obbligarono, a mano armata, a sospendere i lavori. Allora fu sospesa l’opera della casa di Dio a Gerusalemme, e rimase sospesa fino al secondo anno del regno di Dario, re di Persia.
Or i profeti Aggeo e Zaccaria, figliuolo d’Iddo, profetarono nel nome dell’Iddio d’Israele ai Giudei ch’erano in Giuda ed a Gerusalemme. Allora Zorobabel, figliuolo di Scealtiel, e Jeshua, figliuolo di Jotsadak, si levarono e ricominciarono a edificare la casa di Dio a Gerusalemme; e con essi erano i profeti di Dio, che li secondavano.
In quel medesimo tempo giunsero da loro Tattenai, governatore d’oltre il fiume, Scethar-Boznai e i loro colleghi, e parlaron loro così: ‘Chi v’ha dato ordine di edificare questa casa e di rialzare queste mura?’ Poi aggiunsero: ‘Quali sono i nomi degli uomini che costruiscono quest’edifizio?’ Ma sugli anziani dei Giudei vegliava l’occhio del loro Dio e quelli non li fecero cessare i lavori, finché la cosa non fosse stata sottoposta a Dario, e da lui fosse giunta una risposta in proposito.
Copia della lettera mandata al re Dario da Tattenai, governatore d’oltre il fiume, da Scethar-Boznai, e dai suoi colleghi, gli Afarsakiti, ch’erano oltre il fiume. Gl’inviarono un rapporto così concepito: ‘Al re Dario, perfetta salute! Sappia il re che noi siamo andati nella provincia di Giuda, alla casa del gran Dio. Essa si costruisce con blocchi di pietra, e nelle pareti s’interpongono de’ legnami; l’opera vien fatta con cura e progredisce nelle loro mani. Noi abbiamo interrogato quegli anziani, e abbiam parlato loro così: – Chi v’ha dato ordine di edificare questa casa e di rialzare queste mura? – Abbiamo anche domandato loro i loro nomi per notificarteli, mettendo in iscritto i nomi degli uomini che stanno loro a capo. E questa è la risposta che ci hanno data: – Noi siamo i servi dell’Iddio del cielo e della terra, e riedifichiamo la casa ch’era stata edificata già molti anni fa: un gran re d’Israele l’aveva edificata e compiuta. Ma avendo i nostri padri provocato ad ira l’Iddio del cielo, Iddio li diede in mano di Nebucadnetsar, re di Babilonia, il Caldeo, il quale distrusse questa casa, e menò il popolo in cattività a Babilonia. Ma il primo anno di Ciro, re di Babilonia, il re Ciro die’ ordine che questa casa di Dio fosse riedificata. E il re Ciro trasse pure dal tempio di Babilonia gli utensili d’oro e d’argento della casa di Dio, che Nebucadnetsar avea portati via dal tempio di Gerusalemme e trasportati nel tempio di Babilonia; li fece consegnare a uno chiamato Sceshbatsar, ch’egli aveva fatto governatore, e gli disse: Prendi questi utensili, va’ a riporli nel tempio di Gerusalemme, e la casa di Dio sia riedificata dov’era. Allora lo stesso Sceshbatsar venne e gettò le fondamenta della casa di Dio a Gerusalemme; da quel tempo fino ad ora essa è in costruzione, ma non è ancora finita. Or dunque, se così piaccia al re, si faccian delle ricerche nella casa dei tesori del re a Babilonia, per accertare se vi sia stato un ordine dato dal re Ciro per la costruzione di questa casa a Gerusalemme; e ci trasmetta il re il suo beneplacito a questo riguardo’. –
Allora il re Dario ordinò che si facessero delle ricerche nella casa degli archivi dov’erano riposti i tesori a Babilonia; e nel castello d’Ahmetha, ch’è nella provincia di Media, si trovò un rotolo, nel quale stava scritto così: ‘Memoria. – Il primo anno del re Ciro, il re Ciro ha pubblicato quest’editto, concernente la casa di Dio a Gerusalemme: La casa sia riedificata per essere un luogo dove si offrono dei sacrifizi; e le fondamenta che se ne getteranno, siano solide. Abbia sessanta cubiti d’altezza, sessanta cubiti di larghezza, tre ordini di blocchi di pietra e un ordine di travatura nuova; e la spesa sia pagata dalla casa reale. E inoltre, gli utensili d’oro e d’argento della casa di Dio, che Nebucadnetsar avea tratti dal tempio di Gerusalemme e trasportati a Babilonia, siano restituiti e riportati al tempio di Gerusalemme, nel luogo dov’erano prima, e posti nella casa di Dio’.
‘Or dunque tu, Tattenai, governatore d’oltre il fiume, tu, Scethar-Boznai, e voi, loro colleghi d’Afarsak, che state di là dal fiume, statevene lontani da quel luogo! Lasciate continuare i lavori di quella casa di Dio; il governatore de’ Giudei e gli anziani de’ Giudei riedifichino quella casa di Dio nel sito di prima. E questo è l’ordine ch’io do relativamente al vostro modo di procedere verso quegli anziani de’ Giudei nella ricostruzione di quella casa di Dio: le spese, detratte dalle entrate del re provenienti dai tributi d’oltre il fiume, siano puntualmente pagate a quegli uomini, affinché i lavori non siano interrotti. E le cose necessarie per gli olocausti all’Iddio dei cieli: vitelli, montoni, agnelli; e frumento, sale, vino, olio, siano forniti ai sacerdoti di Gerusalemme a loro richiesta, giorno per giorno e senza fallo, affinché offrano sacrifizi di odor soave all’Iddio del cielo, e preghino per la vita del re e de’ suoi figliuoli. E questo è pure l’ordine ch’io do: Se qualcuno contravverrà a questo decreto, si tragga dalla casa di lui una trave, la si rizzi, vi sia egli inchiodato sopra, e la sua casa, per questo motivo, diventi un letamaio. L’Iddio che ha fatto di quel luogo la dimora del suo nome, distrugga ogni re ed ogni popolo che stendesse la mano per trasgredire la mia parola, per distruggere la casa di Dio ch’è in Gerusalemme! Io, Dario, ho emanato questo decreto, sia eseguito con ogni prontezza’.
Allora Tattenai, governatore d’oltre il fiume, Scethar-Boznai e i loro colleghi, poiché il re Dario avea così decretato, eseguirono puntualmente i suoi ordini. E gli anziani de’ Giudei tirarono innanzi e fecero progredire la fabbrica, aiutati dalle parole ispirate del profeta Aggeo, e di Zaccaria figliuolo d’Iddo. E finirono i loro lavori di costruzione secondo il comandamento dell’Iddio d’Israele, e secondo gli ordini di Ciro, di Dario e d’Artaserse, re di Persia.
E la casa fu finita il terzo giorno del mese d’Adar, il sesto anno del regno di Dario. I figliuoli d’Israele, i sacerdoti, i Leviti e gli altri reduci dalla cattività celebrarono con gioia la dedicazione di questa casa di Dio. E per la dedicazione di questa casa di Dio offrirono cento giovenchi, duecento montoni, quattrocento agnelli; e come sacrifizio per il peccato per tutto Israele, dodici capri, secondo il numero delle tribù d’Israele. E stabilirono i sacerdoti secondo le loro classi, e i Leviti secondo le loro divisioni, per il servizio di Dio a Gerusalemme, come sta scritto nel libro di Mosè.
Poi, i reduci dalla cattività celebrarono la Pasqua il quattordicesimo giorno del primo mese, poiché i sacerdoti e i Leviti s’erano purificati come se non fossero stati che un sol uomo; tutti erano puri; e immolarono la Pasqua per tutti i reduci dalla cattività, per i sacerdoti loro fratelli, e per loro stessi.
Così i figliuoli d’Israele ch’eran tornati dalla cattività e tutti quelli che s’eran separati dall’impurità della gente del paese e che s’unirono a loro per cercare l’Eterno, l’Iddio d’Israele, mangiarono la Pasqua. E celebrarono con gioia la festa degli azzimi per sette giorni, perché l’Eterno li avea rallegrati, e avea piegato in lor favore il cuore del re d’Assiria in modo da fortificare le loro mani nell’opera della casa di Dio, dell’Iddio d’Israele” (Esdra cap. 1,3-6).
Ora, fratelli, notate attentamente come gli Ebrei ricevettero il favore di ritornare nella loro terra per intervento di Dio, infatti è scritto che l’Eterno destò lo spirito di Ciro, re di Persia, il quale, a voce e per iscritto, fece pubblicare per tutto il suo regno, l’editto che permetteva agli Ebrei di ritornare in Israele per costruire il tempio di Dio (Esdra 1:1-4); poi, che dopo che cominciarono i lavori, i loro nemici fecero arrivare una accusa contro gli abitanti di Giuda e di Gerusalemme presso il re Artaserse, che il re accolse e quindi mandò a far sospendere i lavori (cfr. Esdra 4:6-23); poi sotto il re Dario avvenne che Dio comandò al popolo tramite due suoi profeti di riprendere i lavori (cfr. Esdra 5:1-2), ma i loro nemici (con a capo il governatore d’oltre il fiume), pur non facendo cessare i lavori, mandarono un rapporto al Re Dario per sapere il da farsi nei confronti di quei Giudei, e la risposta fu favorevole al popolo dei Giudei, al punto che il re Dario diede persino ordine al governatore di aiutare materialmente quei Giudei nella ricostruzione del tempio, che fu terminata il sesto anno del regno di Dario (cfr. Esdra 5:6-17; 6:1-15).
Ecco perché dunque è scritto che i Giudei, una volta terminata la ricostruzione del tempio, “celebrarono con gioia la festa degli azzimi per sette giorni, perché l’Eterno li avea rallegrati, e avea piegato in lor favore il cuore del re d’Assiria in modo da fortificare le loro mani nell’opera della casa di Dio, dell’Iddio d’Israele” (Esdra 6:22), perché la loro opera era riuscita grazie all’intervento di Dio.
Innanzi tutto non fecero nessuna richiesta di tornare al loro paese natio, e poi una volta incontrato l’opposizione dei loro nemici, non fecero ricorsi di nessun genere contro i loro nemici che pure erano delle autorità locali, ma Dio piegò veramente il cuore del re Dario in loro favore.
Qualcuno dirà: ma in seguito è scritto per esempio di Esdra, che “il re gli concedette tutto quello che domandò” (Esdra 7:6).
Certo, ma Esdra non ottenne dal re quello che domandò perché fece un compromesso con il re, nel senso che il re gli concedette quello che lui gli domandò a condizione che Esdra soddisfacesse delle condizioni che andavano contro la legge di Dio. Quindi le cose sono del tutto differenti nel caso di Esdra.
Pensate che Esdra – e questo ve lo faccio notare per farvi capire quanto fosse timorato di Dio e non si sarebbe mai permesso di calpestare la Parola di Dio in cambio di favori reali -, quando ottenne dal re di tornare in Israele bandì un digiuno presso il fiume Ahava, per umiliarsi nel cospetto di Dio assieme a quelli che avevano deciso di tornare, per chiedergli un buon viaggio per loro, per i loro bambini, e per tutto quello che gli apparteneva; perché, lui si vergognava di chiedere al re una scorta armata e de’ cavalieri per difenderli per istrada dal nemico, giacché avevano detto al re: ‘La mano del nostro Dio assiste tutti quelli che lo cercano; ma la sua potenza e la sua ira sono contro tutti quelli che l’abbandonano’. (cfr. Esdra 8:21-22).
Considerate dunque che uomo era Esdra!! Egli temeva di andare contro la Parola di Dio che ordina di confidare in Dio (e non nei carri o nei cavalieri), e di mostrare al re la sua incredulità nell’Iddio d’Israele che nella Scrittura assicurava al suo popolo di essere il guardiano d’Israele e che avrebbe guardato il loro uscire e il loro entrare (Salmo 121).
Dunque, alla luce di quanto insegna la Scrittura, se le massime autorità dello Stato Italiano nel dopoguerra avessero deciso di loro iniziativa di cessare di perseguitare e discriminare i Pentecostali e finanche di favorire in un certo senso la loro opera anziché ostacolarla in svariate maniere, e per ottenere tutto ciò DA PARTE DEI PENTECOSTALI NON CI FOSSE STATA NESSUNA, E RIPETO NESSUNA, INFRAZIONE DELLA PAROLA DI DIO, allora si potrebbe veramente dire che Dio piegò il loro cuore in favore dell’opera di Dio portata avanti dai Pentecostali.
Ma le cose non andarono affatto così perché lo ripeto, i Pentecostali che ottennero quel riconoscimento dallo Stato, e con il riconoscimento la cessazione della persecuzione nei loro confronti, dovettero violare la Parola di Dio dando vita ad una organizzazione ecclesiastica gerarchica e verticistica con un Presidente, un Segretario, un Tesoriere, ecc. ecc., altrimenti non avrebbero potuto ottenere il riconoscimento.
In altre parole, senza creare uno statuto non avrebbero mai potuto ottenere il riconoscimento statale.
Dio ‘rispose’ a Umberto Gorietti rinnegando la Sua Parola!
Ma c’è dell’altro: le ADI credono che il riconoscimento giuridico delle ADI fu Dio a volerlo che si ottenesse, e questa sua volontà la trasmise a Umberto Gorietti!!
Ecco quanto affermò Umberto Gorietti nel 1961 a proposito di un episodio accadutogli nel 1947:
‘Il secondo episodio accadde in quello stesso anno in cui ebbi la conferma della profezia; cioè quando al Convegno Italiano [nel 1947. N.d.A.] fui eletto ad unanimità a rappresentare l’Opera d’Italia presso le autorità di Governo. Trascorsi giornate di preghiera domandando a Dio d’illuminarmi e guidarmi nel piano della Sua volontà. Il Signore, nella Sua benignità, nonostante la mia indegnità, mi rispose chiaramente: ‘Due compiti importanti ti affido. Sii fedele perché Io l’Eterno che ho fatto il cielo e la terra opererò e tu vedrai il compimento di quanto sei stato chiamato a fare. Primo: prendi a cuore la realizzazione di un opportuno locale di culto per la comunità di Roma. Secondo: adoperati per ottenere il riconoscimento dell’Opera da parte del Governo, affinchè la Chiesa possa in libertà espletare il mio Mandato’ (Francesco Toppi, Umberto Gorietti, ADI-Media 2004, pag. 51).
Dunque, Dio avrebbe chiesto a Umberto Gorietti di violare la Sua Parola per far ottenere il riconoscimento all’Opera!! Strano, molto strano questo, non vi pare?! No, non si può credere una simile cosa, perché Dio non spinge mai a fare compromessi, non induce mai i suoi a compromettere la Sua dottrina.
Chi semmai induce i figliuoli di Dio a fare una simile cosa è il diavolo, che naturalmente sa come farlo. E purtroppo Umberto Gorietti scambiò la voce del nemico per la voce di Dio in quella circostanza, con tutte le nefaste conseguenze che sono conseguite naturalmente dalla decisione di allearsi con lo Stato!
Se il Signore gli avesse parlato, gli avrebbe sicuramente ordinato di non compromettere la Sua Opera con un alleanza con gli infedeli, alleanza che ricordo a quel tempo costò la libertà spirituale dei credenti! Gli avrebbe detto qualcosa di molto simile a quello che disse al fratello Carmelo Catalano di San Biagio Platani (Agrigento), che tanti anni fa mi raccontò che dopo che giunsero le ADI al suo paese sentì la voce del Signore ordinargli con un tono perentorio: ‘Non entrare nell’organizzazione [ADI]’!
E lui ubbidì all’ordine di Dio. A distanza di molti anni, mi risuonano ancora nelle orecchie quelle parole di quell’anziano fratello (io ero stato già persuaso dal Signore a non entrare nelle ADI, e quelle parole confermarono quello che lo Spirito mi andava attestando da tempo).
Erano veramente le parole di qualcuno che aveva sentito la voce di Dio e che mi avvertiva per il mio bene!
Il problema è spirituale
Nel 1955, un anno dopo che il ricorso delle ADI fu accettato, con la revoca della circolare Buffarini-Guidi terminarono le persecuzioni da parte del Governo Italiano contro i Pentecostali. Il fatto è però che purtroppo anche dopo la cessazione delle persecuzioni, molti Pentecostali, pur avendo la libertà legale di riunirsi e di evangelizzare, e di professare la loro fede, in base alla costituzione italiana, non si sono accontentati, ed hanno voluto anche loro il riconoscimento giuridico, e naturalmente per ottenerlo hanno dovuto seguire anche loro le orme dei loro predecessori, il che equivale a dire che anche loro hanno deciso di calpestare la Parola di Dio per ottenere dei privilegi giuridici.
Per esempio la Chiesa Apostolica in Italia (circa 120 locali aperti al pubblico e circa 7300 membri) e le Congregazioni Cristiane Pentecostali (circa 60 comunità, per un totale di circa 5.000 fedeli), che hanno ottenuto il riconoscimento giuridico rispettivamente nel 1989 (FONDAZIONE APOSTOLICA – ENTE PATRIMONIALE DELLA CHIESA APOSTOLICA IN ITALIA – D.P.R. 21/2/ 1989), e nel 2005 (CONGREGAZIONI CRISTIANE PENTECOSTALI – D.P.R. 20/6/2005).
Quindi il problema oltre ad essere generale è spirituale, ed è l’orgoglio che è riuscito a fare breccia anche nei cuori di costoro, perché hanno voluto a tutti i costi essere come gli altri. Dicono: ‘Perché non ottenere quello che altri hanno già ottenuto?’ e: ‘Non siamo mica stupidi noi!’
E naturalmente ci sono molte altre Chiese Pentecostali che sono in corsa per ottenere il riconoscimento giuridico, e quelle che lo hanno già ottenuto vorrebbero anch’esse stipulare un’Intesa con lo Stato, per ottenere dallo Stato ulteriori privilegi, gli stessi che hanno ottenuto le ADI.
Una di queste è la Chiesa Apostolica in Italia, che – nonostante abbia presentato tutta la documentazione necessaria, e avesse già ottenuto nel 2007 la firma da parte del governo Prodi – sta incontrando delle notevoli difficoltà con il presente Governo presieduto da Silvio Berlusconi, che praticamente ha bloccato tutto.
Ed un’altra è la CEIAM.
A proposito di quest’ultima vorrei trascrivere delle parole tratte dal periodico L’Ultima Pioggia:
‘«L’operazione sta procedendo – ha detto il pastore Silvano Lilli della Chiesa Internazionale di Roma – Siamo pronti infatti per comunicare al Ministero dell’Interno la nostra volontà a fare l’intesa. Il passo successivo sarà la formazione di una commissione paritetica che discuterà articolo per articolo le nostre proposte, in sede alla quale ci sarà poi una forma di accordo preliminare». Gli obbiettivi sono fondamentalmente due: l’autonomia decisionale della chiesa nella nomina dei ministri di culto e alcune agevolazioni di tipo economico. Ce lo spiega ancora il pastore Silvano Lilli: «attualmente il riconoscimento dei ministri avviene per l’intervento del Ministero dell’Interno, domani si prevede che sia la Chiesa Internazionale a nominare i propri ministri per poi comunicarlo al Ministero dell’Interno, i quali potranno celebrare matrimoni religiosi con effetti civili. Tra gli altri obbiettivi – continua – la libertà di visitare i carcerati senza permessi speciali, la detrazione dalle imposte di parte dei contributi versati alla chiesa e un intesa normativa specifica che si adatti al ministero della Chiesa Internazionale riguardo all’acquisto e vendita di immobili»’ (‘Un’intesa con lo Stato’, in L’ultima Pioggia, Palermo Luglio 1996, pag. 4).
Dunque tra i Pentecostali il cattivo esempio delle ADI ha avuto delle nefaste conseguenze su tanti altri Pentecostali, persino su tanti di coloro che tanti anni fa erano contrari al riconoscimento giuridico e all’intesa con lo Stato, e difatti criticavano le ADI, ma che adesso non lo sono più, perché vogliono avere le stesse cose che hanno ottenuto le ADI.
Rispondo ad alcune obbiezioni
“Ci voleva un rappresentante delle Chiese dinnanzi allo Stato”
Qualcuno nelle ADI sicuramente mi dirà a proposito della necessità di organizzarsi in quella maniera per avere un rappresentante (il presidente dell’organizzazione) dinnanzi allo Stato: ‘Ma ci doveva pure esser qualcuno che ci rappresenta davanti allo Stato!’
E chi lo ha detto questo? Certamente non la Scrittura.
Si legga tutto il Nuovo Testamento e si vedrà che le chiese al tempo dell’Impero romano non si erano confederate in nessuna associazione umana con statuti e regole umane e non si erano eletti nessun presidente che le rappresentasse davanti a Cesare. Sono ciance quelle che vorrebbero fare credere ai credenti che le chiese hanno bisogno di strutturarsi come le organizzazioni umane (e perciò hanno bisogno di un presidente) per portare avanti la loro opera di evangelizzazione e così via.
Le Chiese in Giudea al tempo degli apostoli non si erano costituite in nessuna associazione umana con nessun presidente che le rappresentasse davanti a Roma, erano duramente avversate dai Giudei eppure i membri di esse moltiplicavano e la Parola di Dio tramite di loro progrediva si spandeva sempre più.
L’evangelizzazione progrediva in mezzo a dure persecuzioni perchè i credenti erano ripieni di Spirito Santo, di amore fraterno, perchè c’erano i doni dello Spirito Santo e c’erano uomini che predicavano Cristo con ogni franchezza e non con discorsi persuasivi di sapienza umana.
Come mai oggi dunque si vuole fare credere ai credenti che l’evangelizzazione non può essere così efficace se non ci si unisce in una confederazione di chiese e ci si dà un capo? La ragione è perchè si pensa che la forza stia nell’unione delle Chiese; cioè, essi dicono, se ci uniamo e diventiamo una denominazione le cose saranno più facili per ottenere permessi, per comprare locali di culto, potremo organizzare delle riunioni con molti partecipanti e fare impressione sul mondo, e molti si convertiranno, ecc.
Ma questo è un inganno del diavolo; perchè il Signore può tramite una manciata di credenti ‘inorganizzati’ mettere sottosopra una nazione, e portare un così grande risveglio che non ci sarebbe proprio bisogno di andare a chiamarle le persone con la radio o con la televisione o con volantini perchè verrebbero esse stesse nel sentire parlare delle grandi opere di Dio compiute tramite questi servitori di Dio in mezzo alle chiese. Verrebbero a migliaia, si accalcherebbero ovunque, nelle case e in quei luoghi di culto che ci sono, piccoli o grandi che siano, o nelle zone aperte, parchi e così via, per udire la parola di Dio e per essere guariti. Accadrebbero insomma le stesse scene che si videro ai tempi di Gesù e degli apostoli; e il nome del Signore sarebbe altamente glorificato.
E molte chiese dell’organizzazione prenderebbero così tanto coraggio che non gli importerebbe proprio più nulla dell’organizzazione umana, dei permessi facili, delle facilitazioni tributarie, e di tante altre cose.
Perchè esse si renderebbero conto all’improvviso di avere qualcuno che può dargli molto di più di quanto possa fare un uomo a capo di un organizzazione umana con i suoi legami con le autorità: si renderebbero conto insomma di quello che per molto tempo gli era stato nascosto mediante dei sofismi.
Non si sentirebbe dire più a molti credenti:
‘Sai che abbiamo un presidente a Roma che è amico con tale ministro o con il presidente della Repubblica?’,
ma si sentirebbe dire:
‘Sai che noi abbiamo in cielo un grande Iddio che non è cambiato, che compie meraviglie nel nostro mezzo e che ha mandato tante persone alle nostre riunioni che non sappiamo più dove metterle, che si devono tenere più culti in un giorno? Lo sai che abbiamo fatto male a confidare nell’organizzazione umana e gerarchica per portare avanti l’evangelizzazione? Lo sai che le rivelazioni di Dio che vengono dal cielo sono molto più potenti della parola del presidente che è a Roma, perchè ti aprono la strada dove nessun uomo e nessuna agevolazione può fare nulla? Lo sai che le raccomandazioni divine sono molto più importanti di quelle del vostro presidente a Roma?’
E così avverrebbe che agli occhi di molti credenti, per i quali l’organizzazione e il suo presidente fino a pochi momenti prima era la cosa più importante perchè necessaria per portare avanti l’opera di Dio, le cose non sarebbero più le medesime.
“Occorreva rimuovere gli ostacoli che ci avevano posto le autorità”
Qualcun altro nelle ADI ci dirà: ‘E’ stato necessario nel dopoguerra organizzarsi sotto forma di associazione con un presidente e uno statuto per ottenere il riconoscimento giuridico e garantire alle nostre chiese la libertà di predicazione e di evangelizzazione così tanto ostacolata sotto il regime fascista’.
Al che rispondiamo: Ma da quando in qua la chiesa deve procacciare il riconoscimento giuridico dell’autorità per potere servire meglio Dio? Ma da quando in qua la chiesa deve spaventarsi davanti agli ostacoli che l’autorità gli frappone? Ma da quando in qua bisogna rifugiarsi sotto le ali dell’autorità terrena per supplicarla di smettere di maltrattare il popolo di Dio? No, sono solo sofismi e pretesti quelli che esibite.
La chiesa di Dio ha il favore di Dio sotto qualsiasi regime, sia democratico che dittatoriale.
Ed essa, anche se considerata dallo Stato illegale o pericolosa per la popolazione, è in grado lo stesso con il Suo potente aiuto, di diffondere l’Evangelo e di riunirsi per adorare Dio, e di servire la giustizia. Certo, quando la Chiesa viene perseguitata dalle autorità, ci sono insulti, scherni, e provvedimenti di ogni genere contro i credenti da parte dell’autorità per impedirle di evangelizzare e di riunirsi e di aiutare gli altri, ma dall’altro lato la vita dei credenti (con in testa i pastori), non è così monotona, così arida, così indifferente, così miserabile; perchè sono costretti a fortificarsi nel Signore in mezzo alle tante distrette e ai tanti pericoli, a confidare in lui con tutto il cuore perchè solo Lui li può aiutare e come risposta da Dio vedono tante e tante liberazioni potenti e tante manifestazioni della sua potenza e della sua benignità.
E poi si sentono delle predicazioni infuocate piene di potenza e presentate con grande pienezza di convinzione, delle preghiere ferventi che edificano chi le ascolta, si vedono e si sentono i credenti piangere, umiliarsi davanti a Dio e davanti ai fratelli, si vedono i credenti aiutarsi, cercarsi; insomma si vede in seno alle chiese quello che purtroppo oggi non si vede perchè sono gonfie d’orgoglio, pieni di riconoscimenti statali, di favori, e di agevolazioni.
Per riassumere, la chiesa non deve cercare il favore dell’autorità sotto nessun regime; se l’autorità non gli crea ostacoli gloria a Dio, se glieli crea gloria a Dio lo stesso, ciò vuol dire che Dio ha deciso di mettere alla prova i credenti rivoltandogli contro le autorità e non bisogna fare proprio nulla che intacchi l’integrità, la semplicità e la purità della Chiesa e che costituisca un compromesso con l’autorità per rimuovere quegli ostacoli.
D’altronde non disse forse il giusto Giobbe: “Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, e rifiuteremmo d’accettare il male?” (Giobbe 2:10)?
Perché dunque rifiutarsi di essere perseguitati a motivo di Cristo, se questo male viene da Dio? Perché andare da Cesare e supplicarlo di smettere di perseguitarci, se Dio ha deciso che dobbiamo essere perseguitati? Accettiamo volentieri il bene dalla mano di Dio, perché non accettare dunque il male sempre dalla sua mano?
Se Dio ha fatto ogni cosa per uno scopo, e noi sappiamo che i suoi pensieri verso di noi sono pensieri di pace e non di male, per darci un avvenire e una speranza, perché preoccuparsi della persecuzione lanciata contro di noi Chiesa da coloro che sono di fuori, e cominciare a protestare contro lo Stato per le persecuzioni ingiuste che subiamo?
Ma non dovremmo invece compiacerci nelle persecuzioni che subiamo a motivo di Cristo, come faceva l’apostolo Paolo che affermava: “Per questo io mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando son debole, allora sono forte” (2 Corinzi 12:10)?
Ma non dovremmo piuttosto rallegrarci di essere reputati degni di essere vituperati per il nome di Cristo, come fecero gli apostoli a Gerusalemme, dopo che furono battuti a motivo di Cristo e fu loro ordinato di non parlare più nel nome di Gesù (cfr. Atti 5:41)?
Il defunto pastore ADI Vincenzo Federico (1911-1995) a proposito della storica decisione delle ADI di affiliarsi alle Assemblies of God, presa durante il Convegno del 1947, per poter ottenere il riconoscimento giuridico dallo Stato Italiano e sottrarsi quindi alla persecuzione, ha scritto:
‘Presi la parola e ricordai: ‘Fratelli, voi sapete che non solo noi responsabili stiamo subendo le persecuzioni, ma anche il popolo del Signore che è nelle chiese. Ora, se i fedeli sapranno che ci viene offerta la soluzione per far cessare questo stato di cose e che noi la rifiutiamo, non verremo da loro biasimati per una ragione giusta?’ A questo punto ci fu un momento di riflessione, dopo di che si procedette a stragrande maggioranza ad una delibera favorevole alla richiesta di affiliazione, la quale fu ottenuta in data 13 dicembre dello stesso anno. Sono trascorsi tanti anni che ci permettono di tirare le somme su quel passo effettuato dal nostro Movimento e affermo che è stato per noi di aiuto non solo morale ed organizzativo, ma anche di benedizione spirituale ‘ (Vincenzo Federico, ADI-Media 2006, pag. 104).
Dunque, in quel Convegno pastorale aleggiò la paura di essere biasimati dalle pecore del Signore se queste avessero saputo che i loro pastori avevano rifiutato la soluzione per far cessare la persecuzione contro di loro!!
Ora, ma io dico: ‘Non avrebbero semmai Vincenzo Federico e gli altri dovuto essere presi dalla paura di andare contro la Parola di Dio, perchè nel momento che avrebbero accettato l’affiliazione avrebbero poi dovuto formulare uno statuto e un regolamento palesemente contrari alla Parola di Dio, e quindi presi dalla paura di essere biasimati dal popolo di Dio per avere ottenuto la cessazione della persecuzione nei loro confronti in cambio di una disubbidienza agli statuti di Dio?’
Certo che sì, ma in quel convegno non c’era posto per il timore di Dio e per il desiderio di conservare una pura coscienza davanti a Dio, e quindi fu adottata quella soluzione, non curanti che la Parola di Dio veniva calpestata e soffocata nel prendere quella storica decisione!!!
E poi dico anche questo: ‘Ma quand’anche le pecore del Signore, una volta rigettata l’offerta di affiliazione, si fossero rivoltate in blocco contro i loro pastori accusandoli di non aver cercato il bene del popolo di Dio, ma che cosa avrebbe dovuto importare loro della loro reazione, essendo una reazione sbagliata ad una decisione giusta che aveva il favore di Dio?’
Ma evidentemente i partecipanti a quel Convegno ebbero più paura della reazione negativa del popolo ad una decisione giusta, che di quella negativa di Dio ad una decisione sbagliata; anzi di questa reazione negativa non ebbero per nulla paura. Ma certamente Dio non ha mancato di retribuire come meritavano coloro che hanno deciso di violare la Sua Parola in cambio di un pezzo di pane e un piatto di lenticchie!!
A proposito degli ostacoli posti dinnanzi alla Chiesa da autorità religiose o civili; vi ricordate la chiesa primitiva in Gerusalemme? Essa era fieramente perseguitata dai Giudei eppure la parola di Dio si diffuse in poco tempo per tutta Gerusalemme infatti il sommo sacerdote disse agli apostoli: “Avete riempita Gerusalemme della vostra dottrina” (Atti 5:28).
Non pensate dunque che una chiesa perseguitata in una nazione dalle autorità possa riempire quella nazione con il Vangelo? La chiesa quindi davanti a Dio è pienamente libera di evangelizzare e di operare ciò che Dio gradisce sotto qualsiasi governo e non deve chiedere all’autorità particolari privilegi per operare. Perchè? Perchè, come la storia ci insegna, ogni qual volta la Chiesa di Dio ha chiesto all’autorità di favorirla, ha disubbidito a Dio facendo dei compromessi, permettendo allo Stato di immischiarsi nelle faccende interne della chiesa, e di controllarla sotto certi aspetti.
Che poi va detto, che non importa quanti privilegi lo Stato conceda alla Chiesa, se questa si conforma a certi suoi schemi e fa come lo Stato gli suggerisce nel darsi un’organizzazione centralizzata e uno statuto, la chiesa non riceverà mai nessun favore dal diavolo e da tutti i suoi ministri che tengono sotto il loro dominio la stragrande popolazione di una nazione (comprese anche le autorità); e quindi gli ostacoli il nemico glieli creerà sempre. Potrà avere dall’autorità umana delle facilitazioni ma nell’evangelizzazione e nelle altre sue opere incontrerà sempre la forte opposizione del diavolo che non vuole che i santi evangelizzano o si riuniscono o facciano opere buone ecc.
Lo statuto e il regolamento annullano la Parola di Dio
Francesco Toppi, ex presidente delle ADI, nel rispondere alla domanda: ‘Non esiste il pericolo che Statuti e regolamenti inducano a porre in secondo piano l’autorità della Parola di Dio?’, ha detto tra le altre cose:
‘Il fatto che l’autorità della Parola di Dio non sia stata assolutamente posta in secondo piano è provato inoltre, dalla realtà che nei circa 40 anni che sono trascorsi dalla decisione di strutturarci, le Assemblee di Dio in Italia hanno avuto uno sviluppo senza precedenti, favorendo il sorgere di centinaia di comunità composte da cristiani fondati su tutto l’Evangelo’ (Cristiani Oggi, n° 7, 1986, pag. 4).
Dunque, la prova che lo Statuto delle ADI e il loro Regolamento non hanno per nulla intaccato l’autorità della Parola di Dio, sarebbe la diffusione delle ADI senza precedenti in tutti questi anni. Ma è una prova valida e convincente? Possiamo veramente affermare una simile cosa? No, e adesso passerò a dimostrarlo mediante la Parola di Dio. E’ tramite di essa infatti che dimostrerò che simili affermazioni servono solo a gettare fumo negli occhi di tanti credenti, nascondendogli i numerosi danni pratici che provocano questi Statuti e questi Regolamenti, danni che non sono altro che il frutto dell’annullamento di alcuni principi molto chiari esposti dalla Parola di Dio.
Le tre categorie di chiese
Ma dove mai nella Scrittura le chiese vengono suddivise in a) chiese regolarmente costituite; b) gruppi o chiese in via di costituzione; e c) stazioni di evangelizzazione (Reg. art. 2)?
Ma dove mai si legge nella Scrittura che una chiesa locale per essere regolarmente costituita deve avere: a) almeno 30 membri comunicanti; b) un Consiglio di Chiesa; c) la capacità di sopperire alle proprie spese locali ed interne, di versare, secondo la possibilità, un’offerta mensile al fondo ‘pro missioni’ e di contribuire a qualsiasi altro programma finanziario per i fini dell’Ente; d) regolari riunioni di culto; e) varie attività per l’evangelizzazione, l’edificazione, l’insegnamento e la formazione biblica e dottrinale dei credenti adulti, dei giovani e dei fanciulli (Reg. art. 3), e che solo quando è regolarmente costituita ‘ha diritto alla propria autonomia interna’ (Reg. art. 4)? ‘Da nessuna parte’ è la risposta.
La chiesa locale è chiesa a tutti gli effetti nel momento in cui c’è un gruppo di veri credenti che si riuniscono per adorare Iddio e per pregarlo, per la lettura della Parola di Dio, per la predicazione e l’insegnamento della Parola e per spezzare il pane, sotto la guida di un fratello pastore o di un gruppo di anziani. Non importa proprio quanti sono, perchè possono pure essere solo 10; davanti a Dio essi sono chiesa. Ma non è forse vero che dovunque due o tre sono raunati nel nome di Gesù, Egli è nel loro mezzo? Ma non è forse vero che la chiesa è l’assemblea dei riscattati da questo presente secolo malvagio? Che c’entra dunque l’essere regolarmente costituita o meno in base a criteri umani?
E poi la chiesa locale come assemblea di Dio ha la sua autonomia interna per natura e non ha proprio bisogno di riceverla da nessun Ente e da nessun uomo. Essa è libera in Cristo, autonoma e indipendente da altre Chiese o da statuti umani; e tale deve sforzarsi di rimanere se non vuole perdere quella semplicità e quella purità che deve sempre caratterizzarla sulla terra.
Ma che cosa ha prodotto questa differenziazione tra le chiese locali? Che tra due comunità vicine della stessa denominazione quella che ha certi requisiti (quelli appunto prescritti dagli uomini) si considera superiore a quella che questi requisiti non li possiede ancora. Un’altra cosa che ha prodotto è la corsa al riconoscimento di chiesa locale ‘regolarmente costituita’, e perciò la ‘stazione di evangelizzazione’ o ‘la chiesa in via di costituzione’ si affannerà per raggiungere il numero di 30 membri. Sì, si evangelizzerà nelle strade e nelle piazze, si inviteranno le persone non credenti al locale di culto e i credenti di altre comunità al locale, ma non perchè in realtà c’è amore per le anime perdute e perchè si vuole che altri credenti sentano una predicazione potente e franca che edifica e scuote dal torpore spirituale chi dorme (che di fatto è assente) ma solo per raggiungere il numero di 30. E nei confronti dei credenti di altre comunità vicine (non importa se ‘ADI’ o ‘non ADI’) che vengono a quel locale di culto l’arrogante ed arrivista responsabile, che in testa ha solo il pensiero di raggiungere il numero di trenta membri comunicanti per ottenere il ‘riconoscimento’, eserciterà pressioni o lusinghe per farli entrare a fare parte del suo gruppo.
Stando così le cose, è chiaro che chi vuole diventare pastore di una chiesa di almeno 30 anime, e quindi di una chiesa ‘regolarmente costituita’ deve stare attento a come predica e che cosa predica, nel senso che deve stare attento a non toccare certi argomenti. In altre parole, egli non si può mettere a dire dal pulpito ai credenti di togliersi la televisione, di non andare al mare a fare il bagno, o alle sorelle di non mettersi le minigonne, il trucco e tante altre cose sconvenienti addosso, e tante altre cose perchè in questa maniera le anime fuggirebbero e se ne andrebbero in un altro locale dove queste cose non vengono riprovate: e così la ‘meta’ 30 si allontanerebbe invece che avvicinarsi. Certe cose non si possono dire ai credenti perchè altrimenti alcuni non verrebbero più al culto. Ed anche ai non credenti egli non potrà predicare come si conviene: in altre parole non potrà annunciargli il ravvedimento e non potrà avvertirli sui tormenti del fuoco dell’inferno che li aspettano se non si ravvedono, ma egli dovrà dire loro: ‘Gesù vi ama, accettatelo nel vostro cuore e lui vi darà perdono e pace’, e questo per evitare di scandalizzare le anime perdute. E quindi ci saranno membri comunicanti che non si sono mai ravveduti.
Naturalmente il discorso per chi è già pastore di una comunità di 30 membri o un po’ più di 30, e perciò ‘regolarmente costituita’, va fatto nell’altro senso, e cioè che egli deve stare attento a non predicare certe cose ‘spiacevoli’ ai credenti che vanno al culto, per non vedere diminuire il numero dei membri ‘comunicanti’ sotto i 30 e perdere così uno dei requisiti indispensabili alla chiesa per essere riconosciuta come chiesa ‘regolarmente costituita’. Che dovrà fare allora il conduttore in questo caso, cioè se il numero dei membri scende sotto i 30? Ce lo dice l’art. 6 del Reg. Int.: ‘Qualora una chiesa regolarmente costituita, per due anni consecutivi, non soddisfi ai requisiti descritti all’art. 3 del presente regolamento, il conduttore responsabile ne darà comunicazione al Comitato di Zona di Giurisdizione’.
Dinnanzi a tali regole e ai comportamenti che da essi scaturiscono non c’è dunque di che meravigliarsi se i locali di culto si riempiono la domenica di persone che sentono parlare di santificazione ma non sanno nella pratica in che cosa consiste questa santificazione, e di persone che talvolta non sono nate di nuovo ma vengono definite credenti perchè l’arrivista di turno li ha battezzati per fare crescere il numero fino a 30, o di persone che dicono di credere in Gesù ma non si sono mai ravvedute e non sanno cosa realmente aspetta i peccatori dopo la morte. Come potete vedere quindi questi regolamenti umani hanno prodotto dei danni per nulla indifferenti.
Membri comunicanti e membri aderenti
Ma dove mai nella Scrittura si dice che i membri di chiesa si dividono in membri comunicanti e membri aderenti? Da nessuna parte.
I credenti sono tutti uguali davanti a Dio, essendo tutti suoi figliuoli ed hanno tutti il diritto di prendere parte ‘attiva’ al culto dovunque si trovano, ed hanno il diritto di ricevere la necessaria cura da parte del pastore e degli anziani. Ma, ci si dirà, guardate che si chiamano membri aderenti quei credenti che ancora non sono stati battezzati! Al che noi diciamo: ‘Ma dove mai nella Scrittura c’erano dei credenti non battezzati nelle chiese fondate dagli apostoli? Non è forse vero forse che ogni qual volta qualcuno credeva alla predicazione degli apostoli egli veniva battezzato subito? Si legga per esempio la conversione dei circa tremila a Gerusalemme, quella di Lidia, quella del carceriere di Filippi e della sua famiglia e quella dei Corinzi e si vedrà che il battesimo era ministrato anticamente subito a coloro che credevano. Non è abbastanza evidente che essi non aspettavano né la stagione calda e né il numero consistente prima di battezzarli, ma li battezzavano subito? Quindi questa definizione di ‘credenti non battezzati’ scomparirebbe se i conduttori battezzassero subito coloro che nascono di nuovo; in altre parole lo stesso giorno.
Ma che cosa ha prodotto questa artificiosa suddivisione? Anche qui danno, perchè ci sarà un gruppo di credenti con pieni diritti perchè sono stati battezzati e altri che non hanno gli stessi diritti perchè il pastore indugia a battezzarli per i più svariati motivi.
Ma veniamo a quei credenti che sono stati battezzati in altre comunità ‘non ADI’ che per svariate circostanze si trovano a frequentare una comunità ‘ADI’, e che non se la sentono di sottomettersi allo statuto dell’Ente, ma vanno lo stesso alle riunioni della Chiesa e danno anche loro le offerte per i bisogni della Chiesa. Perchè non possono godere gli stessi diritti dei membri ‘comunicanti’? Perchè c’è lo statuto di mezzo, che se accettato porrebbe loro dei problemi di coscienza. Tutto questo naturalmente non succederebbe in una Chiesa dove non c’è uno statuto umano da accettare per essere definiti membri di quella chiesa.
Riconoscete dunque fratelli come ogni qual volta si introducono delle regole umane nella chiesa sorgono delle complicazioni non indifferenti.
Il Consiglio di Chiesa
Il Consiglio di Chiesa – secondo le ADI – è composto da un Presidente, un Segretario e un Tesoriere, e dei Consiglieri dove la Chiesa raggiunge un certo numero di membri comunicanti. Ma dove mai stanno scritte queste cose nella Scrittura? Da nessuna parte. La chiesa locale deve avere un pastore, e degli anziani e dei diaconi (alcune comunità hanno solo degli anziani e dei diaconi) i quali devono essere assunti a ricoprire questo ufficio quando dopo un periodo di prova vengono trovati irreprensibili (cfr. Timoteo 3: 1-13). Non esistono cariche o uffici che si chiamano o si possono chiamare presidente, segretario e tesoriere nella chiesa. Forse qualcuno dirà che Paolo ai Romani parla di un fratello tesoriere di nome Erasto: sì ne parla, ma egli era “il tesoriere della città” (Romani 16:23) e non della chiesa di quella città.
E poi faccio notare che nello Statuto e nel Regolamento non si parla degli anziani (chiamati anche vescovi) come ne parla la Scrittura, perchè si parla di Consiglieri.
Infatti viene detto che in quelle comunità con oltre 200 membri (tra comunicanti ed aderenti) l’assemblea di chiesa ha la facoltà di aggiungere al presidente, al segretario e al tesoriere due consiglieri ogni 100 membri comunicanti.
Perchè chiamarli consiglieri quando la Scrittura li chiama anziani? E poi perchè questa facoltà la chiesa ce l’ha solo dopo che il totale dei membri tra comunicanti e aderenti ha raggiunto le oltre 200 unità?
E poi perchè di solo due ogni cento membri comunicanti?
Perchè mai una comunità di poche decine di membri non dovrebbe avere il suo pastore e i suoi anziani debitamente stabiliti?
Come si può ben vedere, queste norme umane si oppongono in svariate maniere alla Parola di Dio.
E poi non è affatto una cosa scritturale che uno per diventare pastore di una chiesa debba essere riconosciuto da una sede centrale, perchè chi ha ricevuto dal Signore il ministerio di pastore è riconosciuto tale dai fratelli che egli cura. Sarebbe come dire che per essere nominati apostoli, profeti, evangelisti e dottori occorrerebbe essere riconosciuti tali da una sede centrale o da una commissione di alti dignitari; ma allora la chiesa locale non è più in grado di riconoscere quando uno è veramente costituito in un particolare ministerio da Dio?
Ma come è che questo discernimento di riconoscere un pastore pare averlo solo un certo gruppo di credenti che stanno guarda caso ai vertici dell’organizzazione? Non è strana la cosa?
Inoltre non è scritturale che ogni due anni il pastore della chiesa venga confermato da un voto di fiducia dell’Assemblea di Chiesa, perchè il pastore costituito da Dio non ha affatto bisogno di queste conferme.
Egli è pastore, e tale deve rimanere quand’anche magari alla maggioranza non piaccia perchè riprende, sgrida con ogni autorità affinché il popolo si santifichi. E’ chiaro però che nel caso il pastore si svia dalla verità o si abbandona alla dissolutezza deve essere subito ammonito ed allontanato perchè non è più in grado di esercitare il suo ministerio essendo caduto nel laccio del diavolo. La stessa cosa vale anche per gli anziani e i diaconi.
Non è scritturale neppure il voto segreto (Reg. art. 14d) perché in Atti 14:23 dove è scritto: “E fatti eleggere per ciascuna chiesa degli anziani, dopo aver pregato e digiunato, raccomandarono i fratelli al Signore, nel quale aveano creduto”, il verbo greco usato cheirotoneo significa scegliere per alzata di mano. Per cui l’elezione degli anziani nella Chiesa antica avveniva con un voto pubblico e non segreto.
Il locale di culto poi, non è giusto, che se lo compra o fa costruire la Chiesa locale, passi all’Ente. A tale proposito voglio però precisare che se la Chiesa decide di comprare o costruire un locale di culto perché c’è la necessità di farlo, è bene evitare di costituirsi in associazione perché anche ciò costituisce una forma di organizzazione non biblica.
Facciamo anche notare che la regola sul diaconato che abbiamo citato dal Regolamento è in aperto contrasto con quello che dice la Scrittura perchè i diaconi devono esercitare il loro ufficio in seno alla chiesa locale perchè devono assistere il pastore, gli anziani, e i bisognosi della chiesa (questo non esclude che possano affrontare dei viaggi per ragioni di assistenza ad altri fratelli).
Ma come si fa a dire che il ministerio diaconale è sempre svolto al di fuori della comunità locale (Reg. art. 79), quando la Bibbia dice invece che la chiesa locale deve avere dei diaconi, come li aveva per esempio la chiesa di Filippi, secondo che è scritto: “Paolo e Timoteo, servitori di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono in Filippi, coi vescovi e coi diaconi, grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signor Gesù Cristo” (Filippesi 1:1-2), e la chiesa di Cencrea, secondo che disse Paolo ai Romani: “Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è diaconessa della chiesa di Cencrea, perché la riceviate nel Signore, in modo degno de’ santi, e le prestiate assistenza, in qualunque cosa ella possa aver bisogno di voi; poiché ella pure ha prestato assistenza a molti e anche a me stesso” (Romani 16:1-2)?
Ma quali sono i danni di queste ennesime regole umane?
Eccone alcuni: tante chiese sono guidate da uomini che non hanno affatto il ministerio di pastore ma solo il titolo perchè hanno avuto la maggioranza dei voti da parte di credenti o di pseudo credenti a cui piace che i sermoni rimangano vaghi, sul generale, senza che vengano riprovate apertamente certe opere infruttuose delle tenebre; e sono stati riconosciuti come pastori da un Consiglio di una specie di cardinali.
Sanno tenere un discorso perchè hanno fatto la scuola biblica; sanno come lusingare le anime per accaparrarsi i loro voti; sanno come farsi considerare spirituali (magari gridando a squarcia gola, proferendo sillabe e vocali per fare apparire di esser ripieni di Spirito Santo, interpretando falsamente le lingue a loro volta false e dicendo così parla l’Eterno, ecc..) ecc., ma sono falsi nel modo di agire, la loro è solo un’apparente spiritualità perchè non camminano secondo lo Spirito ma secondo la carne e di questo ce ne si rende conto quando li si conosce meglio: essi non conoscono le Scritture, non amano la giustizia e neppure il gregge del Signore.
Senza poi parlare delle votazioni manovrate, delle astuzie che queste regole umane favoriscono; senza poi parlare delle raccomandazioni umane cercate presso Tizio o Caio per farsi candidare al ministerio o poi farsi riconoscere come pastore; e di tante altre cose storte che purtroppo sono sotto gli occhi di tutti.
E poi ci sono Chiese con conduttori designati direttamente dal Consiglio Generale, il che non è buono, perché il conduttore dovrebbe essere membro della Chiesa locale e quindi conosciuto dai membri di Chiesa. Questo per evitare di avere un pastore che non ha una buona testimonianza, cioè un uomo che per la sua condotta ingiusta e disordinata si era visto rigettare da una buona parte della Chiesa dove era prima, e di cui la nuova Chiesa naturalmente non sa nulla.
E oltre a ciò le comunità si vengono a trovare prive dei diaconi che devono invece avere.
E poi quelle comunità che hanno intestato il locale di culto all’Ente si vengono a trovare legate ancora maggiormente alla sede centrale. Non c’è il minimo dubbio infatti che il fatto che il locale di culto comprato o costruito dai credenti di una chiesa locale, sia di proprietà dell’Ente costituisce un’arma non indifferente nelle mani dell’Ente nel caso i vertici delle ADI vogliano collocare in quella chiesa un conduttore da loro voluto invece del conduttore voluto dalla chiesa locale, perché in caso di rifiuto di accettazione da parte della Chiesa locale del conduttore raccomandato dall’Ente potrebbe arrivare l’invito di andarsene dal locale di culto e nel caso di rifiuto il presidente delle ADI porterà davanti al tribunale i ‘ribelli’ per fargli lasciare il locale di culto, cosa che ovviamente si verificherà perché l’Ente ha tanto di leggi che difendono la proprietà dei suoi immobili.
Naturalmente tutto questo avverrà a discredito della Parola di Dio perché si porteranno dinnanzi agli infedeli i santi per farli condannare o punire. Tutto questo, come si può vedere, è uno dei frutti amari del riconoscimento giuridico e dell’intesa tra le ADI e lo Stato. Ripeto, è del tutto normale per un certo verso.
I Comitati di Zona
Ma dove mai nella Scrittura si legge che una nazione veniva suddivisa in zone e su queste zone veniva posto un comitato per controllare come andavano le cose nelle diverse chiese di quella zona o per coordinare l’attività delle chiese di quella zona, o per notificare agli apostoli eventuali infrazioni d’ordine morale o dottrinale di ministri o di chiese ecc.?
Da nessuna parte.
E quali sono i danni che queste regole hanno provocato? Eccone alcuni.
La chiesa locale ha perso la sua autonomia perchè non è più libera di organizzarsi secondo la guida dello Spirito Santo, e perchè nel caso il conduttore provochi degli scandali o insegni cose strane essa non ha più la libertà nel Signore di prendere direttamente delle misure disciplinari nei confronti del conduttore perchè deve notificare la cosa al Comitato di zona che lo farà sapere a sua volta al Consiglio generale delle chiese che prenderà i provvedimenti che meglio crede. E senza parlare poi dei favori, delle raccomandazioni, che si scambiano i conduttori delle chiese o i candidati al ministerio con i membri del Comitato di zona per fare carriera anche loro.
Il presidente
Non si può affermare che la Chiesa di Dio ha come unico capo Cristo e poi creare un altro capo sulla terra che magari ne fa le sue veci, un po’ come ha fatto la chiesa cattolica romana che dice che il papa è il capo della chiesa universale perchè è il vicario di Cristo sulla terra e perciò ne fa le sue veci.
Se dunque come credenti è giusto opporsi alla pretesa di questo uomo chiamato ‘papa’, è altresì giusto opporsi alle pretese di qualsiasi credente che in seno ad una chiesa o ad un certo numero di chiese ritiene di essere il ‘capo’ a cui tutti devono ubbidire e sottomettersi.
Ecco perchè la carica di presidente di un Ente va rigettata perchè di fatto è una carica umana che usurpa la Sovranità di Cristo sui credenti.
Ah, che non ci si dica che il presidente dell’Ente viene eletto democraticamente, che è un fratello come tutti gi altri, che si pone al servizio delle chiese, che il suo ruolo è solo quello di rappresentare un certo numero di chiese davanti allo Stato e che non si impiccia negli affari delle chiese locali, perchè questi sono solo dei sofismi; la realtà incontrovertibile è che il presidente dell’Ente ha così tanto potere (conferitogli dallo Statuto) da farla da padrone in mezzo alle chiese; la sua parola quand’anche sia sbagliata è considerata come la parola del papa, infallibile; se la Scrittura dice una cosa e lui ne dice un’altra contraria, Gesù, o l’apostolo o il profeta hanno torto, e lui invece ha ragione: le sue decisioni sono indiscutibili, il rispetto e l’onore che gli sono dovuti non gli sono dovuti più come fratello in Cristo o come pastore di una chiesa, ma come capo di una organizzazione potente, è lui che ha il potere di aprire le porte a chi vuole e di chiuderle a chi vuole in seno all’organizzazione.
La sua firma non è considerata la firma di un semplice credente o di un semplice pastore, ma la firma di un capo, del mediatore fra i credenti e l’autorità.
E’ lui che diventa il centro attorno a cui ruota il tutto; un po’ come la chiesa cattolica romana ruota attorno al papa di Roma.
Diceva bene Roberto Bracco:
‘… il suo Presidente non è più considerato un fratello come tutti gli altri, ma bensì una autorità ecclesiastica per cui gli si deve particolare rispetto per la sua posizione, gli si deve riconoscere degli speciali diritti per la carica che ricopre talché, molte decisioni concernenti l’Opera nel suo insieme, per essere legalmente valide, dovrebbero avere il ‘nulla obstat’ o il ‘placet’ della sua autorità gerarchica conferitagli dallo Statuto’ (Roberto Bracco, La Verità vi farà liberi, pag. 10).
Le ADI dunque mentono quando dicono che rifuggono ‘da qualsiasi forma gerarchica’, perché in effetti il presidente è una carica gerarchica, che non è un fratello come tutti gli altri.
Coloro che si trovano in alto
Chi sono coloro ai vertici di queste organizzazioni ecclesiastiche che hanno contratto svariate alleanze con lo Stato a cui i membri dell’organizzazione devono rendere un’incondizionata ubbidienza e sottomissione? Sono veramente uomini che hanno ricevuto da Dio un ministerio, che si conducono senza signoreggiare i credenti ma essendo un esempio ai fratelli nel parlare, nella pietà, nell’amore, nella condotta e nella purità? Sono veramente degli uomini che parlano da parte di Dio in Cristo, mossi da sincerità, che quando si sentono parlare si rimane edificati, si viene incoraggiati ed esortati a procacciare la santificazione perchè sono un esempio in questo e ti dicono chiaramente le cose che non si devono fare per piacere a Dio, e si avverte che parlano mossi da sincerità, e che conoscono le vie di Dio perchè camminano per lo Spirito?
No, per nulla.
Hanno lauree, hanno una certa parlantina, perchè conoscono come fare un discorso, ma quando predicano non si avverte la potenza di Dio, la sincerità di Dio, la pienezza di convinzione. Parlano di santificazione, ma in maniera vaga e superficiale, che chi li ascolta non riesce mai a capire cosa bisogna fuggire per santificarsi, e loro stessi mostrano di non santificarsi.
Bisogna viverci assieme o frequentarli un po’ di tempo per capire che questi uomini non temono Dio e non sanno cosa significa camminare per lo Spirito. Ma loro possono permettersi di vivere così perchè sanno di avere sempre dalla loro parte un certo numero di persone come loro o di credenti disavveduti che alle elezioni gli daranno il voto che li confermerà in quella alta carica. Ma d’altronde che cosa ci si poteva aspettare da un sistema perverso quale quello dell’organizzazione gerarchica alleata con lo Stato? Che rendesse i suoi capi umili, santi, giusti, privi di interessi nell’opera di Dio?
Quando sorge una nuova chiesa locale
Cosa succede quando in un organizzazione gerarchica, si forma una chiesa per l’opera di evangelizzazione di un fratello che è membro dell’organizzazione? Succede che vengono mandati subito degli influenti membri dell’organizzazione per confermare quei credenti nella loro organizzazione piuttosto che nella fede nel Signore. In altre parole, il loro scopo è quello di fargli subito capire che non devono avere rapporti con nessun altro fratello o chiesa che non sia dell’organizzazione o che non venga a nome dell’organizzazione.
E che si devono ben guardare da quelli che parlano contro il sistema della loro organizzazione perchè hanno una vista spirituale ‘miope’ e non buona come la loro.
Naturalmente questi loro discorsi sono infarciti di versetti biblici e vengono fatti passare come necessari per salvaguardare l’integrità della dottrina ecc., ma in effetti sono fatti con uno spirito fazioso perchè hanno come scopo quello di fare passare i credenti delle altre chiese che non sono dell’organizzazione per dei credenti di seconda categoria, meno stabili nella fede, o meno radicati nella verità di quanto siano i membri della loro organizzazione.
Per non parlare poi di quei discorsi fatti per fargli capire che essi sono considerati dalle autorità non più una setta come una volta ma un culto, ‘una confessione religiosa’ (per cui con loro sono al sicuro e non devono temere eventuali discriminazioni da parte della autorità), che essi hanno fatto un intesa con lo Stato, che hanno un’organizzazione efficientissima, ecc.
Per questo non c’è da meravigliarsi se questi credenti sin dall’inizio mostrano quello spirito settario, che col tempo purtroppo andrà fortificandosi (a meno che il Signore non li trasformi), che non dovrebbe esserci nei figliuoli di Dio.
Certo, siamo d’accordo che ai credenti va detto sin dall’inizio di esser prudenti perchè non tutti coloro che si dicono cristiani lo sono effettivamente, di non accettare certe dottrine perchè false anche se presentate con dei versetti biblici, di guardarsi dai cattivi operai che vanno travestiti da operai di Cristo, ma altra cosa è fare quello che fanno le ADI, perchè in questa maniera ci si innalza sopra la fratellanza e si comincia a fare innalzare anche i credenti appena convertitisi che pensano di essere nella migliore chiesa, insomma in quella che ha più benedizioni da parte di Dio se non un certo riguardo personale da parte sua.
Che succede invece quando l’organizzazione sente che in un particolare posto è sorta una chiesa cosiddetta libera che non è legata a nessuna organizzazione umana? In questo caso essi cercano di assorbirla proponendogli di entrare nell’Ente. Insomma cercano di mettergli subito le mani addosso. E se il pastore è abbastanza avveduto da rifiutare le allettanti proposte, allora si vedrà rispondere malamente, con arroganza.
Rivelazioni
E’ lecito nell’organizzazione gerarchica, che un ministro del Vangelo vada in posti o in comunità o intraprenda delle cose nel Signore in seguito a delle rivelazioni divine? No, perchè un ministro del Vangelo deve collaborare solo con quelle Chiese della propria organizzazione; quindi sono inammissibili delle rivelazioni divine che contrastano gli ordini dello Statuto vigente; cioè quelle che guidano il ministro del Signore presso una comunità ‘estranea’.
Lo Spirito Santo insomma non può rivelare ad un pastore o ad un evangelista di una denominazione di recarsi presso una chiesa di un altra denominazione; come non può rivelargli neppure altre cose.
Stando così le cose, sono ammesse solo quelle rivelazioni o quelle profezie che si attengono scrupolosamente ai programmi e agli schemi umani.
Per cui ci saranno rivelazioni e profezie false perchè si vorrà fare dire al Signore una cosa che lui non ha ordinato. In altre parole lo Spirito di Dio deve muoversi come e quando vogliono gli uomini; Egli è nelle loro mani e non può permettersi di scombussolare i loro disegni e programmi!
Ecco perchè costoro non sanno cosa significhi essere guidati dallo Spirito Santo con delle rivelazioni o mediante dei suoi impulsi chiaramente discernibili perchè sono abituati a muoversi come le marionette nelle mani di altri uomini. Non sono degli uomini ripieni di Spirito Santo che sanno muoversi per lo Spirito e discernono la grande utilità delle rivelazioni per ciò che concerne l’evangelizzazione o altre opere in seno alla Chiesa di Dio. No, perchè loro si muovono agli ordini dello Statuto e dei Comitati. Ma Dio sa sempre come far capire che è Lui che comanda nella sua Chiesa e che l’opera è la Sua e non tiene affatto conto dei programmi o delle consuetudini umane quando queste si oppongono alla Sua volontà.
Per spiegare questo vi ricordo l’esempio di Pietro.
Egli evangelizzava solo i circoncisi perchè non era permesso ai Giudei di avere relazioni con i Gentili o di entrare in casa loro. Ma Dio un giorno mandò un angelo da Cornelio per dirgli di mandare a chiamare Simone detto Pietro che si trovava a Ioppe il quale gli avrebbe parlato di cose per le quali sarebbe stato salvato con la sua casa. Cornelio ubbidì e mandò degli uomini a far chiamare Pietro, ma Dio preparò anche Pietro affinché non si opponesse all’invito di quegli uomini, infatti gli diede una visione in cui gli mostrò che non doveva chiamare immondo ciò che Dio aveva santificato e quando quegli uomini furono davanti alla casa di Simone coiaio lo Spirito gli disse di andare con quegli uomini. E così avvenne che Pietro si recò a casa di quei Gentili per annunciargli l’Evangelo. E Dio confermò la sua parola salvando Cornelio e i suoi e riempiendoli di Spirito Santo (Atti cap. 10).
Il nostro Dio non è cambiato: lui li demolisce gli statuti umani che dividono i credenti dando delle rivelazioni simili. Affinché si veda come Dio ha in avversione quei regolamenti che impediscono ad un suo servo di andare a predicare presso delle comunità che non sono della sua organizzazione o in zone dove non è prevista dall’uomo nessuna evangelizzazione.
Ma naturalmente, come succede ogni qual volta Dio opera sovvertendo i programmi e le regole umane, l’apostolo Pietro si dovette prendere una riprensione da parte di quelli della circoncisione i quali gli dissero: “Tu sei entrato da uomini incirconcisi e ha mangiato con loro” (Atti 11:2). Che fece dunque Pietro? Raccontò loro come erano andate le cose, all’udire le quali essi si acquietarono e glorificarono Iddio dicendo: Iddio ha dunque dato il ravvedimento anche ai Gentili affinché abbiano vita (Atti 11:18). Ma non sempre succede che il ministro del Vangelo dopo avere raccontato come Dio lo ha guidato in maniera soprannaturale riceva l’approvazione degli altri come nel caso di Pietro; perchè alcune volte viene ammonito e scongiurato a desistere dalla sua opera pena l’espulsione dall’organizzazione.
In questo caso quindi c’è una chiara manifestazione di come taluni non sopportano che Dio vada contro le loro regole.
Essi si mettono così contro Dio.
Quando arriva un servo del Signore
Che cosa avviene quando presso una Chiesa dell’organizzazione arriva un servo di Dio che non fa parte dell’associazione religiosa? Quando un vero servo di Dio arriva presso una chiesa dell’Ente, pur essendo un ministro del Vangelo, pare che i credenti della chiesa locale non riescano a riconoscerlo o meglio essi non possono riconoscerlo come tale se prima non è comparso davanti alla commissione o al presidente dell’Ente.
Ma io dico; ma come mai i credenti non possono accettare subito un ministro del Vangelo solo perchè non fa parte della loro organizzazione o perchè non ha delle lettere di raccomandazione da parte del presidente dell’organizzazione? Non sono forse più in grado di riconoscere un bue da un cane o una pecora da una capra? Non sono forse più in grado di riconoscere un ministro di Cristo da un ministro di Satana? No, non per questi motivi; ma è perchè gli è vietato dall’alto. S’intende dal presidente e non da Dio, e perciò devono aspettare ordini dall’uomo per ricevere un servo di Dio. Ecco come molte chiese sono state ridotte alla servitù, ormai sono costrette a delegare ad altri quello che compete loro; cioè il mettere loro alla prova uno che si dice servo di Cristo per vedere se è vero o falso.
Che cosa provoca questo modo di agire? Che se uno parla e ragiona come il presidente dell’Ente allora verrà ricevuto, ma se non gli garba verrà rigettato anche se è un vero servo di Dio. E che uno può essere pure un manesco, un amante del denaro, un amante dei piaceri della vita, uno che non è in grado di predicare, ma se il suo nome rientra nel Ruolo Generale dei Ministri allora le Chiese lo devono accettare. No, non è dovuto alla prudenza questo modo di agire radicato nella denominazione, ma al fatto che si vogliono dominare le Chiese facendogli accettare chi vogliono i capi e rigettare chi vogliono loro.
L’assemblea generale
Ora le ADI affermano che l’Assemblea generale dell’Ente ha una base scritturale. E sapete qual è? L’assemblea di Gerusalemme descritta in Atti al capitolo 15 (cfr. Cristiani Oggi, N° 7, 1986, pag. 4), che loro dicono era ‘un organo di consultazione e deliberante per tutte le chiese cristiane esistenti’ (Francesco Toppi, A Domanda Risponde, ADI-Media, Vol. I, pag. 154), nella stessa maniera che lo è la loro Assemblea Generale.
Ci vorrebbero insomma fare credere che i pastori delle ADI quando si riuniscono in assemblea generale (da loro chiamata anche ‘Conferenza generale dei pastori’) fanno semplicemente quello che fecero gli apostoli e gli anziani, con Paolo e Barnaba, quando a Gerusalemme si riunirono per trattare la questione che era sorta in quel tempo (che concerneva l’imposizione dell’osservanza della legge ai Gentili che avevano creduto).
Ora, affinchè possiate confrontare subito le due Assemblee vi trascrivo prima quello che dice la Bibbia a riguardo di quell’Assemblea di Gerusalemme, e poi quello che dice il Regolamento Interno delle ADI a proposito dell’Assemblea Generale dei pastori.
L’Assemblea di Gerusalemme:
‘Or alcuni, discesi dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: Se voi non siete circoncisi secondo il rito di Mosè, non potete esser salvati. Ed essendo nata una non piccola dissensione e controversia fra Paolo e Barnaba, e costoro, fu deciso che Paolo, Barnaba e alcuni altri dei fratelli salissero a Gerusalemme agli apostoli ed anziani per trattar questa questione.
Essi dunque, accompagnati per un tratto dalla chiesa, traversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione dei Gentili; e cagionavano grande allegrezza a tutti i fratelli. Poi, giunti a Gerusalemme, furono accolti dalla chiesa, dagli apostoli e dagli anziani, e riferirono quanto grandi cose Dio avea fatte con loro.
Ma alcuni della setta de’ Farisei che aveano creduto, si levarono dicendo: Bisogna circoncidere i Gentili, e comandar loro d’osservare la legge di Mosè.
Allora gli apostoli e gli anziani si raunarono per esaminar la questione. Ed essendone nata una gran discussione, Pietro si levò in piè, e disse loro:
Fratelli, voi sapete che fin dai primi giorni Iddio scelse fra voi me, affinché dalla bocca mia i Gentili udissero la parola del Vangelo e credessero. E Dio, conoscitore dei cuori, rese loro testimonianza, dando lo Spirito Santo a loro, come a noi; e non fece alcuna differenza fra noi e loro, purificando i cuori loro mediante la fede. Perché dunque tentate adesso Iddio mettendo sul collo de’ discepoli un giogo che né i padri nostri né noi abbiam potuto portare? Anzi, noi crediamo d’esser salvati per la grazia del Signor Gesù, nello stesso modo che loro.
E tutta la moltitudine si tacque; e stavano ad ascoltar Barnaba e Paolo, che narravano quali segni e prodigî Iddio aveva fatto per mezzo di loro fra i Gentili. E quando si furon taciuti, Giacomo prese a dire:
Fratelli, ascoltatemi. Simone ha narrato come Dio ha primieramente visitato i Gentili, per trarre da questi un popolo per il suo nome. E con ciò s’accordano le parole de’ profeti, siccome è scritto: Dopo queste cose io tornerò e edificherò di nuovo la tenda di Davide, che è caduta; e restaurerò le sue ruine, e la rimetterò in piè, affinché il rimanente degli uomini e tutti i Gentili sui quali è invocato il mio nome, cerchino il Signore, dice il Signore che fa queste cose, le quali a lui son note ab eterno. Per la qual cosa io giudico che non si dia molestia a quelli dei Gentili che si convertono a Dio; ma che si scriva loro di astenersi dalle cose contaminate nei sacrificî agl’idoli, dalla fornicazione, dalle cose soffocate, e dal sangue. Poiché Mosè fin dalle antiche generazioni ha chi lo predica in ogni città, essendo letto nelle sinagoghe ogni sabato.
Allora parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa, di mandare ad Antiochia con Paolo e Barnaba, certi uomini scelti fra loro, cioè: Giuda, soprannominato Barsabba, e Sila, uomini autorevoli tra i fratelli; e scrissero così per loro mezzo:
Gli apostoli e i fratelli anziani, ai fratelli di fra i Gentili che sono in Antiochia, in Siria ed in Cilicia, salute. Poiché abbiamo inteso che alcuni, partiti di fra noi, vi hanno turbato coi loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre, benché non avessimo dato loro mandato di sorta, è parso bene a noi, riuniti di comune accordo, di scegliere degli uomini e di mandarveli assieme ai nostri cari Barnaba e Paolo, i quali hanno esposto la propria vita per il nome del Signor nostro Gesù Cristo. Vi abbiam dunque mandato Giuda e Sila; anch’essi vi diranno a voce le medesime cose. Poiché è parso bene allo Spirito Santo ed a noi di non imporvi altro peso all’infuori di queste cose, che sono necessarie; cioè: che v’asteniate dalle cose sacrificate agl’idoli, dal sangue, dalle cose soffocate, e dalla fornicazione; dalle quali cose ben farete a guardarvi. State sani.
Essi dunque, dopo essere stati accomiatati, scesero ad Antiochia; e radunata la moltitudine, consegnarono la lettera.
E quando i fratelli l’ebbero letta, si rallegrarono della consolazione che recava. E Giuda e Sila, anch’essi, essendo profeti, con molte parole li esortarono e li confermarono” (Atti 15:1-32).
L’Assemblea Generale delle ADI:
L’Assemblea Generale è l‘organo deliberativo delle ADI e viene convocata in via ordinaria a norma dell’art. 6 dello Statuto o in via straordinaria a norma dell’art. 21 dello Statuto, o su decisione del Consiglio Generale delle Chiese o su richiesta di almeno un terzo dei rappresentanti di chiese regolarmente costituite (Reg. art. 32).
All’Assemblea Generale partecipano: a) i Conduttori di Chiesa in qualità di presidenti dei Consigli di Chiesa e i responsabili degli Istituti con diritto di parola e di voto; b) i delegati in rappresentanza di chiese, con diritto di voto, ma non di parola ed a cariche amministrative dell’Ente se non risultano iscritti nel Ruolo Generale dei Ministeri delle ADI; c) i ministri senza rappresentanza di chiese, con diritto di parola ma senza diritto di voto. d) i diaconi, descritti nell’art. 78 con diritto di voto, se inviati come delegati dal servizio o istituto al quale appartengono, ma non con diritto di parola. Questo criterio vale per tutti gli argomenti di carattere amministrativo dell’Associazione delle ADI, mentre per i soggetti di carattere spirituale o dottrinale, nelle sessioni pastorali ad essi riservati, tutti gli iscritti nel ruolo generale dei ministeri delle ADI o che lavorino in collaborazione con queste, hanno diritto a partecipare alla
discussione e alla votazione; e) i visitatori, in qualità di osservatori, ammessi col consenso dell’Assemblea, senza diritto di parola o di voto (Reg. art. 33).
L’Assemblea Generale, in sessione amministrativa: a) elegge il seggio di presidenza dell’Assemblea Generale a norma dell’art.9 dello Statuto; b) approva i regolamenti delle singole istituzioni ed attività, redatti dal C.G.C. riservandosi di modificarli quando ne riconosca la necessità; c) delibera sull’ammissione di nuove chiese e sull’esclusione o il recesso di quelle che non si conformino ai principi e agli scopi delle ADI a norma dell’art. 9 dello Statuto; d) delibera, in caso di estinzione dell’Ente, sia per scioglimento o per esaurimento degli scopi ai sensi dell’art. 4 dello Statuto, ed indica le opere evangeliche a cui dovrà essere devoluto il patrimonio; e) elegge con votazioni separate, a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta (50% più uno) nel seguente ordine: il Presidente, il Segretario, il Tesoriere e sei Consiglieri del Consiglio Generale delle Chiese; f) nomina cinque sindaci revisori dei conti, tre effettivi e due supplenti; g) elegge con votazione per alzata di mano e a maggioranza assoluta i membri dei Comitati di Zona di giurisdizione, tenendo presente le indicazioni dei conduttori di chiesa delle rispettive zone; h) elegge o conferma i responsabili degli Istituti, con votazione, su proposta del Consiglio Generale delle Chiese, per alzata di mano ed a maggioranza assoluta. i) può eleggere su proposta del Consiglio Generale delle Chiese o dei Comitati di Zona, ad incarichi speciali, ministri che, pur non avendo la conduzione di una chiesa regolarmente costituita, abbiano svolto ininterrotto ministerio pastorale per almeno quindici anni (Reg. art. 34).
Tutti i componenti dell’Assemblea hanno diritto ad un solo voto ed uguali diritti. In ogni votazione, salvo quanto non sia stabilito diversamente, gli astenuti sono considerati assenti ai fini della determinazione della maggioranza, purché il loro numero non raggiunga un terzo di tutti i votanti (Reg. art. 35).
L’Assemblea avrà un culto pubblico presieduto dal Presidente uscente o da un suo incaricato. Il Presidente uscente presiede l’Assemblea fino all’elezione del Seggio che sarà composto da un Presidente, almeno un Vice presidente, un Segretario e almeno due Scrutatori. Il Seggio di Presidenza viene eletto per alzata di mano a maggioranza assoluta, salvo il caso che almeno il dieci per cento dei votanti faccia domanda a scrutinio segreto (Reg. art. 36).
Le adunanze sono valide in prima convocazione con l’intervento della metà più uno dei componenti, in seconda convocazione qualunque sia il numero dei partecipanti (Reg. art. 37).
Ogni seduta dell’Assemblea Generale viene aperta con un breve culto o con la lettura della Parola di Dio e con la preghiera (Reg. art. 38).
L’ordine dei Lavori è il seguente: a) relazione del Consiglio Generale delle Chiese: – relazione del Presidente e Legale Rappresentante; – relazione del Segretario; – relazione del Tesoriere. b) relazioni degli Istituti, delle attività e relativa elezione dei responsabili; c) interrogazioni e proposte che sono state presentate per iscritto alla segreteria nei termini fissati volta per volta dal Consiglio Generale delle Chiese; d) elezione del Consiglio Generale delle Chiese; e) nomina dei Sindaci Revisori dei conti; f) elezione dei membri dei comitati di Zona (Reg. art. 39).
Copia dell’Ordine del Giorno dell’Assemblea Generale dovrà essere inviata a tutti i partecipanti due settimane prima della data di convocazione (Reg. art. 40).
Ogni argomento dovrà essere esposto e discusso in tempo stabilito in precedenza dal Consiglio Generale delle Chiese, lasciando alla discrezione del Presidente dell’Assemblea di modificare il tempo stesso (Reg. art. 41).
Il Presidente dell’Assemblea regola la discussione, concedendo la parola nell’ordine in cui viene richiesta. Hanno precedenza le mozioni d’ordine ed il fatto personale. La domanda di chiusura di una discussione deve essere fatta propria da almeno il dieci per cento dei votanti per essere messa ai voti. Nessun reclamo sulla procedura di votazione, sia elezioni o deliberazioni, potrà aver corso se non sia fatto seduta stante, appena proclamato il risultato della votazione. Una deliberazione dell’Assemblea, può essere annullata quando la richiesta avanzata da almeno il dieci per cento dei votanti, sia approvata dai due terzi degli aventi diritto al voto. Tutte le deliberazioni spettanti all’Assemblea sono valide se adottate a maggioranza assoluta (50% più uno) dei votanti (Reg. art. 42).
Le deliberazioni dell’Assemblea, verbalizzate dal Segretario, sono lette seduta stante e, approvatane la redazione, sono trascritte in fogli numerati controfirmati dai membri del Seggio, questi devono essere rilegati e le correzioni e cancellature confermate dal Segretario. Copia delle deliberazioni verrà spedita ai Conduttori di Chiese e ai responsabili dei vari istituti e delle varie attività (Reg. art. 43).
Ora, io ritengo che dopo avere letto attentamente le cose, non si può non affermare per l’ennesima volta che le ADI fanno dire alla Bibbia quello che vogliono loro. E questo mi fa tremendamente indignare perché non sopporto che la Bibbia venga presa per ingannare i fratelli, perché di inganno si tratta.
Quando infatti le ADI affermano che questo loro organo di consultazione e deliberante per tutte le Chiese ADI, esercita le funzioni che esercitava anticamente l’Assemblea di Gerusalemme per tutte le chiese cristiane esistenti ai giorni degli apostoli, non fanno altro che ingannare i fratelli. Perché?
Innanzi tutto perché l’Assemblea di Gerusalemme non era una assemblea che veniva convocata regolarmente come invece viene convocata la loro Assemblea, ma fu convocata in via del tutto straordinaria una volta sola per una questione di cruciale importanza allora che concerneva i Gentili che avevano creduto, e si badi che non fu convocata ‘su decisione del Consiglio Generale delle Chiese o su richiesta di almeno un terzo dei rappresentanti di chiese regolarmente costituite’ perché non esisteva un Consiglio Generale delle Chiese e neppure quella regola.
In secondo luogo, perché a quell’Assemblea non parteciparono tutti gli anziani di tutte le Chiese esistenti allora, per esempio non parteciparono gli anziani delle chiese di Antiochia di Pisidia, di Iconio, di Listra e di Derba (cioè di quelle chiese che erano state fondate da Paolo e Barnaba nel loro viaggio apostolico – cfr. Atti 13:13-52; 14:1-28), che vi ricordo erano costituite anche da Gentili, e quindi la questione riguardava direttamente anche loro anche se era sorta nella Chiesa di Antiochia di Siria; e da quanto ci viene detto non parteciparono neppure gli anziani della Chiesa di Antiochia di Siria, infatti gli anziani che vengono menzionati negli Atti erano gli anziani della Chiesa di Gerusalemme (cfr. Atti 15:4), e non quelli della Chiesa di Antiochia, infatti per la Chiesa di Antiochia c’erano Paolo e Barnaba e alcuni altri dei fratelli (cfr. Atti 15:2) di cui non viene detto che fossero anziani.
E poi la lettera che fu redatta al termine di quella Conferenza non era indirizzata a tutte le Chiese dei Gentili esistenti allora, ma solo ai fratelli di fra i Gentili che erano in Antiochia, in Siria, e in Cilicia (cfr. Atti 15:23). Mentre all’Assemblea Generale delle ADI partecipano tutti i pastori delle ADI di questa nazione, e poi le delibere sono indirizzate a tutte le chiese ADI non importa che questioni riguardano.
In terzo luogo perché all’Assemblea di Gerusalemme la proposta di Giacomo non fu messa ai voti (Atti 15:13-22), come invece vengono messe ai voti le proposte che vengono presentate all’Assemblea Generale delle ADI.
In quarto luogo perchè l’Assemblea di Gerusalemme non si occupava di eleggere periodicamente nessun Presidente, nessun Segretario, nessun Tesoriere, ecc. come invece fa l’Assemblea Generale delle ADI.
In quinto luogo perchè l’Assemblea di Gerusalemme non aveva per nulla la funzione di deliberare sull’ammissione di nuove Chiese e sull’esclusione di quelle che non seguivano gli insegnamenti degli apostoli, mentre l’Assemblea Generale ADI delibera ‘sull’ammissione di nuove chiese e sull’esclusione o il recesso di quelle che non si conformino ai principi e agli scopi delle ADI’.
In sesto luogo perché non è vero che all’Assemblea di Gerusalemme parteciparono ‘soltanto gli Apostoli e gli Anziani, oltre Paolo e Barnaba’ (Francesco Toppi, A Domanda Risponde, Vol. I, pag. 154), perché la Scrittura a riguardo di quella riunione dice che “tutta la moltitudine si tacque; e stavano ad ascoltar Barnaba e Paolo “ (Atti 15:12), e che dopo che parlò Giacomo “parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la Chiesa …” (Atti 15:22), il che lascia intendere che fosse riunita anche la Chiesa di Gerusalemme, e difatti è scritto che quando Paolo e Barnaba arrivarono a Gerusalemme “furono accolti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani” (Atti 15:4).
Vorrei far notare che quando Luca dice che “tutta la moltitudine si tacque; e stavano ad ascoltar Barnaba e Paolo”, non può che riferirsi alla moltitudine dei discepoli, e quindi alla Chiesa, in quanto nel capitolo 2 degli Atti si dice: “E la moltitudine di coloro che aveano creduto, era d’un sol cuore e d’un’anima sola; né v’era chi dicesse sua alcuna delle cose che possedeva, ma tutto era comune tra loro” (Atti 2:32), e nel capitolo 6 viene detto: “E i dodici, raunata la moltitudine dei discepoli, dissero: Non è convenevole che noi lasciamo la parola di Dio per servire alle mense …. “ (Atti 6:2), ed ancora poi quando Paolo e Barnaba arrivarono ad Antiochia (assieme a Giuda e Sila) è scritto: “E radunata la moltitudine, consegnarono la lettera. E quando i fratelli l’ebbero letta, si rallegrarono della consolazione che recava” (Atti 16:30-31).
All’Assemblea Generale delle ADI invece partecipano solo i ministri, e difatti è chiamata ‘l’Assemblea dei ministri’ (Ibid., pag. 155).
In settimo luogo perché l’Assemblea di Gerusalemme dopo che prese quelle decisioni si premurò a farle conoscere ai fratelli delle diverse chiese interessate a quel problema (Paolo e Sila poi durante il loro viaggio fecero conoscere quelle decisioni anche alle altre chiese – cfr. Atti 16:4), mentre l’Assemblea Generale delle ADI non mi risulta faccia conoscere ai fratelli tutte le decisioni dei loro convegni.
A tale proposito, vorrei fare notare che lo Statuto e il Regolamento, che sono stati approvati dall’Assemblea Generale, non sono trasmessi a tutti i membri delle ADI.
Eppure, sono dei documenti molto importanti che sono stati approvati dall’Assemblea Generale!!!
E altra cosa importante da dire a tale riguardo è questa: secondo quanto deliberato durante il IX Convegno Pastorale del 1950, ‘i conduttori o i delegati di chiese che partecipano al Convegno, adempiono quest’obbligo cristiano soprattutto nell’interesse della Chiesa stessa e quindi è preciso dovere di questa di provvedere il proprio delegato o il proprio rappresentante delle spese necessarie alla partecipazione del Convegno’ (Atti del 9° Convegno, paragrafo II).
Ci si domanda quindi come si faccia a dire che un pastore si rechi al Convegno nell’interesse della Chiesa che cura, e quindi quest’ultima ha il dovere di pagargli le spese necessarie alla partecipazione al Convegno, e poi egli non rende noti tutti gli atti dei Convegni alla Chiesa.
Se il pastore va al Convegno per il bene della Chiesa, e a lui vengono dati gli atti dei Convegni in forma cartacea, perché la Chiesa locale non viene resa partecipe di tutte le decisioni che l’Assemblea Generale prende per il suo ‘bene’?
In ottavo luogo, l’Assemblea di Gerusalemme prese delle decisioni sotto la guida dello Spirito Santo, e quindi che non contrastavano la sana dottrina, mentre l’Assemblea Generale ha più volte preso delle decisioni che vanno apertamente contro la Parola di Dio.
Ne cito solo due.
Il 5° Convegno Nazionale, tenutosi a Roma dal 28 Agosto al 1° Settembre 1946, ha deliberato che la donna può insegnare: ‘
‘Relativamente al ministerio dell’insegnare, che le donne possono svolgere nelle chiese, si precisa che le sorelle fornite dal Signore di tale virtù possono in circostanze particolari, adoperarsi in tale ministerio, lasciandolo quando questo possa essere espletato da fede di sesso maschile, suscitati dal Signore. Esse restano però nella completa libertà di adoperarsi con opportunità, secondo la guida del Signore. Comunque in seno alle chiese, le sorelle possono sempre adoperarsi secondo la misura del dono di Dio, per la guida dello Spirito Santo’ (Atti del 5° Convegno Nazionale, Atto 46).
La XXVI Assemblea Generale 1981, ha deliberato che in alcuni casi i divorziati si possono risposare:
‘‘Riconosciuto che il divorzio e le seconde nozze mettono a disagio individui e famiglie, non onorando la causa di Cristo, come credenti nell’Evangelo è necessario scoraggiare ogni iniziativa rivolta a questi fini. Esistono, tuttavia, circostanze eccezionali nelle quali il credente può trovarsi, suo malgrado, nella necessità di passare a seconde nozze. In questi casi ognuno è chiamato ad assumersi in proprio ogni responsabilità davanti a Dio, senza coinvolgere in alcun modo ministri e comunità, affinché l’esistenza di tali casi non costituisca un precedente che possa menomare la testimonianza dell’Evangelo resa dalle chiese’ (AA. VV., La Famiglia Cristiana Oggi, ADI-Media, Roma 2001, Seconda edizione, pag. 347).
Che differenza con le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani a Gerusalemme, che erano in perfetta armonia con le Sacre Scritture!
Devo continuare? Diletti, riconoscete da voi stessi, che quello che dicono le ADI a proposito della loro Assemblea Generale di pastori è semplicemente falso. Ma d’altronde, una volta creata questa organizzazione gerarchica e verticistica, con tutti questi organi, dovevano per forza creare un’assemblea generale dei pastori, e dare ad essa una parvenza biblica.
Le lettere di raccomandazione
E’ vero che le lettere di raccomandazione sono presenti anche nel Nuovo Testamento, infatti per esempio Apollo fu raccomandato presso i credenti dell’Acaia da una lettera scritta dai fratelli di Efeso (cfr. Atti 18:24-28). E noi non ci opponiamo a questo metodo di raccomandare i fratelli presso altri fratelli, perchè anche Paolo nella sua lettera ai santi di Roma gli raccomandò Febe con alcune parole (cfr. Romani 16: 1-2).
Ma ci opponiamo al fatto che le lettere raccomandatorie vengono prese come pretesto per non ricevere in maniera degna del Signore quei veri servitori del Signore che non le hanno perchè non fanno parte della stessa organizzazione o fanno parte di una chiesa cosiddetta libera. In altre parole, se sei un ministro del Vangelo che ha la lettera dei loro capi sei ben accolto, ma se non ce l’hai non ti danno neppure un bicchiere d’acqua fresca se vedono che hai sete; e neppure ospitalità se non hai un luogo dove posare il capo la notte. E questo è un modo di agire sbagliato perchè in questa maniera si finisce con il non accogliere coloro che vengono nel nome del Signore ma non hanno la raccomandazione umana.
Certo, siamo d’accordo che i fratelli non devono ricevere gli operatori di scandali, i cattivi operai, coloro che predicano false dottrine, ma è altresì vero che per capire se uno è un falso mandato del Signore occorre metterlo alla prova come aveva fatto l’angelo della chiesa di Efeso, che aveva messo alla prova quelli che si chiamavano apostoli e non lo erano e li aveva trovati mendaci (cfr. Apocalisse 2:2), e non è affatto una prova che egli sia un falso il fatto che non ha nessuna lettera di raccomandazione da parte della gerarchia umana perchè può essere pure che egli sia vero ma chi lo avrebbe dovuto raccomandare è lui stesso falso.
Ed altresì diciamo che non perchè uno ha una raccomandazione umana (‘E’ uno di nostra fiducia’, essi dicono) da parte di un Comitato di Zona o del presidente o di chi altro si voglia, questo significa che egli sia un vero servo del Signore, perchè taluni hanno la raccomandazione umana ma la disapprovazione divina essendo pieni di furberia e di arroganza.
Ma naturalmente questo non importa proprio nulla al raccomandante perchè l’uomo di fiducia è uno che ci tiene ad allargare le tende all’Ente.
Per riassumere quindi diciamo; ‘sì’ alle lettere di raccomandazione, ma ‘no’ al non accettare un ministro del Signore solo perchè non le possiede perchè questo è un atto ingiusto: sia invece messo alla prova chi proclama di esser un servo del Signore, e fino alla fine, ma dal pastore e dai suoi collaboratori. E così si vedrà chi egli è veramente.
Ed altresì, no al fidarsi ciecamente delle lettere di raccomandazione (perchè oggi ci sono dei servi di Mammona e degli operatori di scandali che le possiedono), ma siano messi alla prova anche coloro che le possiedono.
I fondi di beneficenza
Ora, la raccolta della colletta da parte di Paolo (cfr. 1 Corinzi 16:1-4) viene presa dalle ADI a sostegno dell’obbligatorietà ‘di versare, secondo le possibilità, un’offerta mensile al fondo ‘pro missioni’ e di contribuire a qualsiasi altro programma finanziario per i fini dell’Ente, approvato dall’Assemblea generale’ (Art. 3, c: del Reg. Int.).
Ma anche qui il paragone non regge affatto perchè Paolo non era il Presidente di una denominazione di chiese e non aveva ordinato quella colletta perchè gli anziani di tutte quelle chiese (della Galazia, della Macedonia e dell’Acaia) dopo essersi riuniti in una assemblea generale avevano approvato determinati progetti finanziari per i fini della denominazione.
Egli lo aveva fatto perchè diceva che i Gentili in Cristo Gesù hanno un debito verso i loro fratelli di fra i Giudei, cioè di sovvenire ai loro bisogni.
Ecco quanto scrisse infatti ai Romani: “Si sono compiaciute dico; ed è anche un debito ch’esse hanno verso di loro; perchè se i Gentili sono stati fatti partecipi dei loro beni spirituali, sono anche in obbligo di sovvenire loro con i beni materiali” (Romani 15:27).
Quindi è giusto che noi Gentili in Cristo facciamo parte dei nostri beni materiali ai nostri fratelli poveri di fra gli Ebrei. Con questo non si vuole dire che non è giusto raccogliere tra le chiese dei Gentili delle offerte per dei poveri fra i Gentili di un altra nazione; ma solo che non si possono affatto prendere le offerte raccolte da Paolo presso le chiese da lui fondate e paragonarle alle offerte che le chiese di una denominazione sono obbligate a versare periodicamente alla sede centrale per i progetti approvati dall’Ente.
Ma poi basta pensare che se una chiesa decide di aderire all’Ente deve mostrarsi a favore del versare denaro alla cassa centrale per i svariati progetti dell’Ente per capire come in realtà le parole dell’apostolo ai Corinzi sono solo un pretesto per indurre i nuovi aderenti a conformarsi a delle regole umane.
Non ci siamo proprio fratelli, non importa quanto le ADI si sforzino di difendere l’organizzazione.
Ma d’altronde io dico: E’ chiaro che non essendo biblico il sistema dell’organizzazione gerarchica, coloro che lo accettano e difendono, devono poi cercare di giustificare certi loro modi di agire, certe regole umane, con qualche versetto della Scrittura e nel fare questo rimangono confusi appunto perchè il loro sistema di organizzazione non è per niente come quello delle chiese antiche. In altre parole, non c’è da meravigliarsi che le cose non combaciano con le Scritture che pure vengono prese a sostegno di certe cose perchè alla base c’è un sistema perverso, un sistema papale, che non si fonda sull’amore fraterno, sulla stima reciproca, sulla Parola di Dio.
In effetti talvolta pare proprio di leggere i ragionamenti che fanno i teologi papisti appoggiandosi su alcuni versi della Bibbia per sostenere certe loro regole che si oppongono alla Parola di Dio.
Come era organizzata la Chiesa primitiva
Vediamo ora come era organizzata la chiesa primitiva al fine di comprendere quali sono i limiti entro cui si deve rimanere, per ciò che concerne l’organizzazione ecclesiale, se non si vuole diventare schiavi degli uomini o di regole umane che non fanno altro che contrastare e contristare lo Spirito Santo che abita in noi. Tenete presente che tutto quello che il Nuovo Testamento ci dice su come anticamente si svolgevano le cose nella chiesa antica è stato ordinato da Dio che fosse scritto e ci serve perciò d’ammaestramento.
Cos’è la Chiesa
Innanzi tutto voglio fare questa doverosa premessa: la chiesa non è il locale dove si radunano i credenti ma i credenti stessi che sono stati strappati da questo presente secolo malvagio e trasportati nel Regno del Figlio di Dio.
La Scrittura è chiara a tale riguardo e non lascia spazio a opinioni personali; Gesù disse che avrebbe edificato la sua chiesa sopra la pietra angolare che era lui stesso (Matteo 16: 18) e di certo non si riferiva ad un edificio fatto di pietre morte ma ad un edificio di pietre viventi e perciò ad una casa spirituale e difatti Pietro comprese bene il senso delle sue parole perchè in seguito scrisse ai credenti: “Accostandovi a lui, pietra vivente, riprovata bensì dagli uomini ma innanzi a Dio eletta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati qual casa spirituale…” (1 Pietro 2:4-5).
Sempre Gesù disse che quando un fratello non ascolta l’ammonizione del singolo fratello a cui ha fatto torto e neppure quella di due o tre testimoni, il fratello che ha ricevuto il torto deve dirlo alla chiesa (Matteo 18: 15-17) ed anche qui per chiesa non si può intendere affatto un edificio di pietre morte ma si deve intendere per forza di cose l’assemblea dei redenti strappati alla potestà di Satana.
Saulo perseguitava la chiesa prima di convertirsi infatti egli disse poi: “Ho perseguitato la Chiesa di Dio” (1 Corinzi 15:9), e questa chiesa era costituita da tutti coloro che in seno ai Giudei seguivano la nuova via infatti quando egli si convertì le chiese della Giudea sentivano dire: “Colui che già ci perseguitava, ora predica la fede” (Galati 1:23).
Quindi fratelli, se lo fate, smettete di chiamare il locale di culto ‘chiesa’.
La chiesa è anche chiamata la casa di Dio secondo che dice Paolo a Timoteo che lui vuole che egli sappia “come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la Chiesa dell’Iddio vivente, colonna e base della verità” (1 Timoteo 3:15), e questo in virtù del fatto che l’assemblea di coloro che sono usciti da questo presente sistema di cose è l’abitazione o la dimora di Dio secondo che disse Dio: “Io abiterò in mezzo a loro e camminerò fra loro…” (2 Corinzi 6:16) ed ancora: “In lui voi pure entrate a fare parte dell’edificio, che ha da servire di dimora a Dio per lo Spirito” (Efesini 2:22).
Perciò anche in questo caso, vi dico, che se chiamate il locale di culto ‘la casa di Dio’ dovete smettere di dargli quest’appellativo, perchè ciò non corrisponde affatto a verità: “La sua casa siamo noi” (Ebrei 3:6) e non l’edificio dove andiamo ad adorare Dio assieme ad altri fratelli, sia esso la casa privata di un fratello o un locale pubblico adibito esclusivamente al culto del Signore.
Un’altra cosa importante da dire è che nella Scrittura il termine chiesa è usato sia per designare la chiesa di Dio universale, cioè l’intera assemblea degli eletti esistenti sulla terra; come per esempio quando Paolo dice che “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, affin di santificarla, dopo averla purificata col lavacro dell’acqua mediante la Parola, affin di fare egli stesso comparire dinnanzi a sè questa Chiesa, gloriosa, senza macchia, senza ruga o cosa alcuna simile, ma santa ed irreprensibile” (Efesini 5:25-27) e sia per indicare la chiesa locale come per esempio quando Paolo dice: “Alla chiesa di Dio che è in Corinto” (2 Corinzi 1:1) o quando dice: “Salutate… Ninfa e la chiesa che è in casa sua” (Colossesi 4:15), o quando parla delle “chiese di Galazia” (1 Corinzi 16:1), delle “chiese di Macedonia” (2 Corinzi 8:1), delle “chiese dell’Asia” (1 Corinzi 16:19), ecc.
Questo è necessario dirlo per fare capire sin dall’inizio che la chiesa locale è chiesa di Dio a tutti gli effetti e quindi come tutta quanta la chiesa è autonoma e indipendente dagli uomini perchè ha come unico capo Cristo Gesù (cfr. Efesini 1:22-23;4:15 Colossesi 2:19), così anche la chiesa locale è autonoma ed indipendente da regole umane e gerarchie umane perchè ha come capo Cristo Gesù e come guida la Parola di Dio.
E vi ricordo che la chiesa locale può essere costituita anche da poche anime perchè Gesù ha detto: “Dovunque due o tre sono raunati nel mio nome, quivi sono io in mezzo a loro” (Matteo 18:20).
Per riassumere, la chiesa locale, secondo la Scrittura, è chiesa di Dio a tutti gli effetti e quindi assolutamente autonoma e indipendente e perciò non deve confederarsi con altre chiese per formare un’associazione con uno statuto e una gerarchia ecclesiastica che ha il suo culmine nel presidente.
Quando nacque la Chiesa
A quando risale la nascita della chiesa? Molti ritengono che essa sia nata il giorno della Pentecoste quando il Signore sparse lo Spirito Santo sui suoi discepoli, ma io non condivido ciò perchè se per chiesa si intende l’assemblea di coloro che sono stati strappati dal mondo, allora già prima del giorno della Pentecoste c’era la chiesa perchè Gesù disse ai suoi discepoli: “..ma perchè non siete del mondo, ma io v’ho scelti di mezzo al mondo, perciò vi odia il mondo” (Giovanni 15:19), e perchè coloro che dopo la dipartenza di Gesù perseveravano nella preghiera nella stanza di sopra e ogni giorno erano nel tempio benedicendo Iddio erano tutti suoi discepoli e perciò non persone di questo mondo ma tirate fuori da questo mondo.
Quindi dobbiamo dire che il giorno della Pentecoste la Chiesa esistente fu rivestita di potenza e crebbe di numero perchè come ben sappiamo in quel giorno dopo che Pietro predicò circa tremila anime furono aggiunte al numero dei ‘tirati fuori dal mondo’ (cfr. Atti 2:41).
Ma c’era una organizzazione ecclesiastica gerarchica allora, ossia c’era un presidente della Chiesa, coadiuvato da dei consiglieri, un segretario e un tesoriere, e un presidente che la rappresentava davanti all’Impero Romano? No. Ma questo non significa che la chiesa non fosse organizzata o non si organizzò; perchè se fosse stato così avrebbe regnato l’anarchia in mezzo ad essa; e ognuno avrebbe potuto insegnare quello che voleva e comportarsi come voleva.
Ma come era dunque organizzata la chiesa?
Apostoli, profeti e dottori
C’erano i dodici apostoli che erano stati con il Signore (dopo la morte di Giuda era stato aggiunto Mattia che ne aveva preso il posto vacante), i quali predicavano ed insegnavano la parola di Dio e difatti è scritto che tutti coloro che avevano creduto “erano perseveranti nell’attendere all’insegnamento degli apostoli” (Atti 2:42) e che “con gran potenza rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù” (Atti 4:33); e la loro testimonianza era confermata da Dio con segni e prodigi perchè è scritto: “E molti segni e prodigi erano fatti fra il popolo per le mani degli apostoli” (Atti 5:12), ed anche con doni dello Spirito Santo perchè lo Scrittore agli Ebrei dice che “Dio stesso aggiungeva la sua testimonianza alla loro con dei segni e dei prodigi, con opere potenti svariate e con doni dello Spirito Santo distribuiti secondo la sua volontà” (Ebrei 2:4).
Ed ai piedi degli apostoli i credenti che vendevano i beni e le possessioni portavano il prezzo delle cose vendute e poi veniva distribuito secondo il bisogno (cfr. Atti 4: 34-35). La vendita di quei beni avvenne perché Gesù aveva detto: “Vendete i vostri beni, e fatene elemosina” (Luca 12:33).
Tra gli apostoli della chiesa primitiva (il cui numero non era limitato a dodici perchè Paolo dice ai Corinzi che Gesù dopo essere apparso ai dodici apparve “a tutti gli Apostoli” – 1 Corinzi 15:7) però non tutti venivano considerati alla stessa stregua infatti quando Paolo salì a Gerusalemme in capo a quattordici anni dice che Giacomo, Cefa e Giovanni erano reputati colonne e godevano maggiore considerazione (cfr. Galati 2: 6-10).
Questo però non significa che questi tre formassero un consiglio di capi a cui tutti gli altri dovevano ubbidire ma solo che in seno alla fratellanza godevano di una particolare considerazione da parte degli altri fratelli. Cosa peraltro che a Paolo non importava nulla perchè egli disse: “Quali già siano stati a me non importa; Iddio non ha riguardi personali” (Galati 2:6).
Si tenga presente comunque che gli apostoli erano degli uomini a cui i credenti dovevano ubbidire perchè essi parlavano da parte di Dio in Cristo (e quindi con autorità) essendo stati costituiti dal Signore per l’edificazione della Sua Chiesa.
Non quindi degli uomini a cui andava resa l’ubbidienza perchè avevano delle alte cariche in seno ad una organizzazione gerarchica che aveva stipulato un intesa con l’Impero romano, ma degli uomini costituiti da Dio in seno alla Sua Chiesa (libera da schemi umani) che godevano grande stima e prestigio presso i santi perchè era manifesto che avevano ricevuto da Dio un ministerio utile al progresso dei santi, ministerio che, bisogna dire, non li portò a signoreggiare il popolo di Dio ma a servirlo con ogni umiltà senza cercare il loro interesse. In altre parole, gli apostoli erano degli uomini che non davano motivo di scandalo signoreggiando il gregge del Signore, perchè erano un esempio all’intera fratellanza nella fede, nell’amore, nella pietà, nella condotta, nel parlare e nella purità.
Gli apostoli furono mandati dallo Spirito Santo a predicare la Parola di Dio in altre nazioni per fondarvi delle Chiese, perché il ministerio di apostolo consisteva (e tuttora consiste) in questo.
Oltre agli apostoli c’erano i profeti.
Per esempio a Gerusalemme sappiamo che erano profeti Giuda e Sila (cfr. Atti 15:22,32), e pare che anche il profeta Agabo fosse di Gerusalemme (cfr. Atti 11:27). I profeti oltre ad avere il dono di profezia avevano doni di rivelazione, come quello di parola di sapienza che consiste nella rivelazione di un evento futuro ben preciso (carestia, guerra, morte o nascita di qualcuno, ecc.). E difatti il profeta Agabo – ad Antiochia – predisse per lo Spirito una gran carestia per tutta la terra (cfr. Atti 11:28), e mentre si trovava a casa di Filippo a Cesarea predisse l’arresto dell’apostolo Paolo a Gerusalemme (Atti 21:8-11).
Inoltre c’erano i dottori, che erano uomini che insegnavano la Parola di Dio ed erano in grado di spiegarla accuratamente perchè il Signore gli aveva comunicato il dono d’insegnamento. Paolo, oltre che apostolo, era pure dottore; questo lo ha detto lui stesso a Timoteo, quando gli scrisse: “In vista del quale (del Vangelo) io sono stato costituito banditore e apostolo e dottore” (2 Timoteo 1:11).
Leggendo le epistole di Paolo, ci si rende conto di quello che lui insegnava da per tutto, in ogni chiesa (chi è dottore quindi deve insegnare pure lui le cose che insegnava Paolo).
Gli anziani e i diaconi
Gli apostoli, guidati dallo Spirito della verità, fecero eleggere degli anziani (o vescovi) in base ai requisiti che si richiedevano per la loro assunzione. Requisiti che l’apostolo Paolo elenca a Timoteo e a Tito: quindi gli anziani eletti erano uomini irreprensibili, ospitali, sobri, costumati, non amanti del denaro, miti, con una buona testimonianza da quelli di fuori, santi, giusti ed attaccati alla fedel Parola in grado di esortare nella sana dottrina e di convincere i contraddittori (cfr. 1 Timoteo 3:1-7: Tito 1:5-9).
E così a Gerusalemme oltre agli apostoli, ci furono degli anziani che avevano il compito di pascere il gregge del Signore; li troviamo questi fratelli quando Paolo e Barnaba salirono a Gerusalemme per discutere la questione che era sorta (cfr. Atti 15:4). E in quanto anziani (o vescovi) della Chiesa, essi erano sostenuti finanziariamente dalla fratellanza perchè così il Signore aveva stabilito (cfr. 1 Corinzi 9:7,14; 1 Timoteo 5:17-18: Galati 6:6). Come vedremo dopo, quando gli apostoli fondavano delle Chiese facevano eleggere per ciascuna di esse degli anziani.
Ma oltre agli anziani ci fu bisogno anche di fare eleggere degli uomini che servissero alle mense perchè era successo che era sorto un mormorio degli Ellenisti contro gli Ebrei perchè le loro vedove erano trascurate nell’assistenza quotidiana. Cosicché per ordine degli apostoli furono scelti dalla moltitudine sette uomini ripieni di Spirito Santo, con una buona testimonianza e ripieni di sapienza, i quali furono presentati agli apostoli i quali pregarono e imposero loro le mani e li incaricarono di compiere questa opera assistenziale (Atti 6: 1-6). Come ho già detto innanzi, le Chiese che furono fondate dagli apostoli avevano oltre che degli anziani anche dei diaconi (Filippesi 1:1), che erano preposti ad assistere i conduttori di Chiesa e i ministri del Vangelo ospiti e i bisognosi.
Anche per essere eletti all’ufficio di diacono bisognava avere dei requisiti specifici, che Paolo elenca nella sua prima epistola a Timoteo (1 Timoteo 3:8-13).
A questo punto è bene fare questa precisazione in merito alla conduzione della Chiesa locale, e cioè che non è sbagliato che in una chiesa vi sia un pastore coadiuvato da degli anziani, in quanto ciò ha un fondamento scritturale. Vediamolo.
Gesù disse a Giovanni di scrivere agli angeli delle sette chiese dell’Asia; qualcuno dirà: ‘Ma chi erano quegli angeli? Certamente non erano degli spiriti (come invece sono gli angeli del cielo), perchè da quello che il Signore disse loro si capisce chiaramente che essi erano degli uomini della stessa natura che noi, che in seno a quelle chiese esercitavano un ministerio.
Che essi esercitavano un ministerio è confermato da queste parole del Signore all’angelo della chiesa di Tiatiri: “Io conosco… il tuo ministerio” (Apocalisse 2:19).
Vorrei farvi notare una cosa; la Scrittura dice che Paolo “da Mileto mandò ad Efeso a far chiamare gli anziani della chiesa” (Atti 20:17), ma la Parola mostra anche che mentre Giovanni l’apostolo era ancora in vita, c’era l’angelo della chiesa di Efeso, infatti il Signore ordinò a Giovanni di scrivere all’angelo della chiesa di Efeso (e non agli angeli della chiesa di Efeso). Il Signore non disse a Giovanni di scrivere agli anziani di quella chiesa, ma al suo angelo; questo ci fa capire che questo angelo era il pastore di quella comunità.
La vita nella Chiesa a Gerusalemme
A Gerusalemme, la vita della Chiesa si svolgeva in questa maniera. I credenti erano tutti i giorni insieme al tempio, dove si radunavano per pregare. Pietro e Giovanni per esempio, quando fu guarito quell’uomo zoppo fin dalla nascita, stavano salendo al tempio per la preghiera dell’ora nona (cfr. Atti 3:1), ma essi pregavano anche nelle case come quando Pietro fu messo in prigione che molti fratelli erano radunati a casa di Maria per pregare (cfr. Atti 12:12); prendevano il loro cibo assieme con letizia e semplicità di cuore, attendevano all’insegnamento degli apostoli che si svolgeva oltre che nel tempio anche per le case dei fedeli (cfr. Atti 5:42), alla rottura del pane, alla comunione fraterna, e vendevano le loro possessioni per fare fronte ai bisogni di ciascuno (cfr. Atti 2:45).
L’evangelista Filippo
A motivo di Stefano però, che era uno dei sette, ci fu una grande persecuzione contro la chiesa che era in Gerusalemme e tutti furono dispersi per le contrade della Giudea e della Samaria, salvo gli apostoli. Tra coloro che erano stati dispersi, Filippo, che era anche lui uno dei sette e aveva ricevuto (non sappiamo se quando gli furono imposte le mani dagli apostoli o in seguito) il ministerio di evangelista (che consiste nel portare la Buona Novella di città in città e di villaggio in villaggio), scese in Samaria a predicare il Vangelo e il Signore confermò la sua parola con miracoli (cfr. Atti 8: 4-8).
Molti credettero alla sua predicazione e furono da lui battezzati in acqua (battesimo che vi ricordo veniva ministrato ai credenti subito dopo che avevano creduto), tra cui anche un certo Simone, che aveva esercitato nella città le arti magiche. Ma Filippo non aveva il dono di imporre le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo, per cui quando gli apostoli che erano in Gerusalemme sentirono che la Samaria aveva ricevuto la Parola di Dio tramite Filippo, vi mandarono Pietro e Giovanni affinché pregassero per quei credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo. Ed essi giunti là imposero loro le mani ed essi ricevettero lo Spirito Santo (cfr. Atti 8:14-17).
In questa occasione notiamo come gli apostoli che erano in Gerusalemme presero una decisione a favore della chiesa di Samaria; ma non perchè ritenevano che la chiesa di Gerusalemme avesse una superiorità su quella di Samaria o che Gerusalemme avesse giurisdizione spirituale sulla Samaria, ma solo perchè si resero conto che quei credenti appena nati di nuovo avevano bisogno del ministerio apostolico per essere confermati nella loro fede. Quindi fu l’amore verso quei nuovi credenti a spingere gli apostoli a mandare Pietro e Giovanni presso di loro.
Ecco un bell’esempio di come dei ministri del Vangelo visto un particolare bisogno spirituale in un’altra chiesa, e sapendo di avere ricevuto dal Signore la capacità per supplire a quel particolare bisogno, si recarono dai loro fratelli per aiutarli nel nome del Signore; e come, arrivati presso quell’altra chiesa, non cercarono di signoreggiarla né appoggiandosi sul ministerio ricevuto da Cristo e neppure magari su una presunta superiorità o autorità che la chiesa di Gerusalemme avesse su tutte le altre chiese e neppure proponendogli di entrare in una sorta di confederazione ecclesiastica del tempo (che non esisteva).
Lo stesso nobile sentimento che ritroveremo anni dopo nell’apostolo dei Gentili, Paolo da Tarso, che desiderava vedere i santi di Roma per comunicargli qualche dono spirituale affinché fossero fortificati (cfr. Romani 1: 11) e che siamo sicuri quando arrivò in Roma glieli comunicò.
Gli apostoli dopo avere reso testimonianza in Samaria alla parola del Signore se ne tornarono a Gerusalemme evangelizzando molti villaggi dei Samaritani. Mentre Filippo si trovava ancora in Samaria avvenne che un angelo del Signore gli parlò e gli disse di andare sulla strada che andava da Gerusalemme a Gaza, ed egli ubbidì. Qui incontrò un eunuco, ministro di Candace, regina degli etiopi a cui parlò del Signore e che credette. In questo episodio della conversione dell’Eunuco vediamo come l’evangelista Filippo era un uomo che davanti a Dio era pronto ad ubbidirgli qualsiasi cosa gli avesse rivelato e difatti appena ebbe la rivelazione divina lasciò subito la Samaria per andare su quella strada deserta, come gli aveva detto l’angelo del Signore (cfr. Atti 8:26-39).
La conversione di Saulo e le sue prime predicazioni
Veniamo ora alla conversione di Saulo, perchè anch’essa ci insegna diverse cose sull’organizzazione della chiesa antica.
Saulo dopo avere ricevuto delle lettere dal sommo sacerdote di Gerusalemme si mise in cammino verso Damasco per arrestarvi di quelli che invocavano il nome di Gesù e menarli incatenati a Gerusalemme. Ma durante il viaggio gli apparve il Signore Gesù, in mezzo ad una luce più risplendente del sole, che lo convertì (Atti 9:1-7; 22:3-10; 26:9-18).
Giunto a Damasco, il Signore gli mandò un suo discepolo di nome Anania affinché lui ricuperasse la vista che aveva perduto in seguito a quella gran luce più risplendente del sole che gli era folgorata intorno, affinché fosse ripieno di Spirito e fosse battezzato in acqua. Anania era un membro della chiesa di Damasco e all’ordine di Cristo si levò subito e andò a trovare Saulo, gli impose le mani e lo battezzò.
Non ci viene detto che egli andò prima a consultarsi con gli anziani della chiesa; no, ma che egli “se ne andò ed entrò in quella casa…” (Atti 9:17). Esempio di uomo, Anania, che all’ordine del Signore non si consulta prima con gli uomini per vedere se sono d’accordo o no con la rivelazione divina, ma subito ubbidisce anche se la cosa gli sembra strana. Con questo non si vuole dire che non occorre sottomettersi agli anziani della chiesa, affatto, ma solo che quando il Signore parla bisogna ubbidirgli subito non curanti di quello che potranno dire gli altri, compresi gli anziani della chiesa qualora essi fossero contrari alla rivelazione.
Dopo che Saulo recuperò la vista e fu battezzato, egli stette alcuni giorni con la chiesa di Damasco, e subito si mise a predicare nelle sinagoghe che Gesù è il Figlio di Dio (cfr. Atti 9:19-20). Anche Saulo, guidato dallo Spirito di Dio, si mise subito a fare quello che gli aveva ordinato il Signore, cioè di testimoniare di Lui e della Sua grazia.
Non si mise a predicare perchè ricevette il permesso di predicare dai discepoli di Damasco o dalla chiesa in Gerusalemme; no, ma perchè il Signore lo aveva stabilito ministro del Vangelo.
Paolo, dopo che predicò in Damasco, aveva la possibilità di salire subito a Gerusalemme da quelli che erano stati apostoli prima di lui, ma non fece così. Egli se ne andò subito in Arabia e tornò a Damasco. Dopodiché, in capo a tre anni, salì a Gerusalemme a visitare Cefa e stette da lui quindici giorni, e vide pure Giacomo il fratello del Signore (cfr. Galati 1:15-19).
Inizialmente i discepoli in Gerusalemme non lo volevano ricevere perchè non credevano che fosse un discepolo, ma Barnaba veduto ciò, lo prese e lo condusse dagli apostoli e gli raccontò come egli aveva veduto il Signore e il Signore gli aveva parlato e come in Damasco egli aveva predicato con franchezza nel nome del Signore. Al sentir queste cose gli apostoli lo accolsero con loro e lo lasciarono predicare assieme a loro. Avvenne però che taluni volevano uccidere Paolo e allora i fratelli lo imbarcarono a Cesarea e lo mandarono a Tarso di Cilicia (Atti 9:26-30).
La nascita della Chiesa di Antiochia e il primo viaggio apostolico di Paolo
Alcuni di coloro che erano stati dispersi a motivo della persecuzione avvenuta a cagione di Stefano arrivati in Antiochia parlarono anche ai Greci e tante persone si convertirono al Signore. Nacque così la chiesa di Antiochia.
La notizia del fatto giunse alla chiesa di Gerusalemme la quale vi mandò Barnaba. Per quale motivo ve lo mandò? Per confermare quella chiesa infatti quando Barnaba vi arrivò, “veduta la grazia di Dio, si rallegrò, e li esortò tutti ad attenersi al Signore con fermo proponimento di cuore” (Atti 11:23). E non fece solo questo Barnaba, perchè egli se ne andò subito a Tarso in cerca di Saulo e lo portò ad Antiochia (cfr. Atti 11:25-26). Anche in questo caso impariamo che cosa significa farsi guidare dallo Spirito di Dio.
Barnaba, visto il bisogno che c’era ad Antiochia, ricordatosi della grazia di Dio che era con Saulo, andò a cercare questo fratello per ammaestrare assieme a lui i credenti di Antiochia. Notate fratelli la limpidezza con cui avvenivano le cose in seno alle chiese a differenza di oggi.
In seguito, mentre Barnaba e Saulo erano ad Antiochia avvenne che dei profeti arrivarono da Gerusalemme. Uno di loro di nome Agabo predisse che ci sarebbe stata una gran carestia per tutta la terra. Che fecero allora i santi di quella Chiesa? Credettero alla rivelazione e determinarono di raccogliere una sovvenzione per i fratelli della Giudea (cfr. Atti 11:27-30).
Una decisione questa che ci fa capire come la chiesa di Antiochia fosse pienamente autonoma.
Può accadere questo in una chiesa facente parte dell’organizzazione, cioè che essa decida di mandare una sovvenzione a dei fratelli di un’altra nazione che non fanno parte della stessa organizzazione nell’altra nazione? Può accadere, ma chi agisce così, quando viene scoperto, rischia un’ammonizione dai ‘superiori’! Perchè? Perchè le offerte occorre mandarle dove dice l’Ente e non dove lo Spirito di Dio guida in base alle circostanze o in base a delle rivelazioni.
Nella chiesa d’Antiochia c’erano dei profeti e dei dottori ed un giorno mentre celebravano il culto del Signore, lo Spirito Santo disse: “Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati” (Atti 13:1-2).
La chiesa ubbidì ed essi, mandati dallo Spirito Santo, andarono ad annunziare la Parola in Cipro, in Pisidia e in Licaonia. Gli apostoli Barnaba e Paolo durante questo viaggio fondarono diverse chiese e per ciascuna di essere fecero eleggere degli anziani dopo avere pregato e digiunato (cfr. Atti 14: 23).
Facciamo notare come all’ordine dello Spirito Santo a riguardo di Barnaba e Paolo, la chiesa di Antiochia ubbidì senza consultare quella di Gerusalemme o gli apostoli che erano in Gerusalemme perchè essa era perfettamente autonoma. In altre parole la chiesa d’Antiochia non dipendeva da Gerusalemme per cui per lasciare andare quei due servitori del Signore aveva bisogno di una sorta di nulla osta da Gerusalemme.
E inoltre facciamo notare che le Chiese fondate dagli apostoli rimasero autonome e la chiesa d’Antiochia, da cui pure erano partiti gli apostoli Barnaba e Paolo, non esercitò nessuna giurisdizione su di esse. Questi eventi dovrebbero fare seriamente riflettere tutti coloro che pensano che una chiesa o una sede centrale abbia il diritto di giurisdizione su altre chiese.
L’assemblea di Gerusalemme
Dopo che gli apostoli tornarono ad Antiochia avvenne che alcuni discesi dalla Giudea si misero ad insegnare ai credenti che se non si facevano circoncidere essi non potevano esser salvati. Ne nacque una grande controversia fra Paolo e Barnaba e costoro e perciò “fu deciso che Paolo, Barnaba e alcuni altri dei fratelli salissero a Gerusalemme agli apostoli ed anziani per trattare questa questione” (Atti 15:2).
Ma non perchè Paolo e Barnaba non sapessero che i Gentili erano stati salvati da Dio soltanto mediante la fede e perciò non avevano bisogno di farsi circoncidere, perchè questi due apostoli si opposero a quei seduttori venuti ad Antiochia (come si opposero in Gerusalemme ad alcuni falsi fratelli che s’erano insinuati fra loro per costringere Tito a farsi circoncidere – cfr. Galati 2: 3-5) per non fare ricadere sotto il giogo della legge i credenti di fra i Gentili di Antiochia, ma solo perchè quei discorsi avevano provocato un turbamento negli animi di quei fratelli e volevano essere confermati dagli apostoli e dagli anziani in Gerusalemme nella fede prima di loro, e poi si tenga sempre presente la stima di cui godevano presso le Chiese di allora gli apostoli che erano in Gerusalemme.
Ci fu dunque una riunione a Gerusalemme in cui fu deciso di non imporre la circoncisione della carne ai Gentili che avevano creduto ma di ordinare loro solo di astenersi dalla fornicazione, dalle cose contaminate nei sacrifici agli idoli, dal sangue e dalle cose soffocate. Questa decisione, che fu presa con l’assistenza dello Spirito Santo, fu scritta su una lettera che gli apostoli, gli anziani e la chiesa mandarono ad Antiochia con Paolo, Barnaba, e Giuda e Sila che erano degli uomini autorevoli che erano stati scelti per mandarli con gli apostoli. Quando quella lettera arrivò ad Antiochia e fu letta, i credenti si rallegrarono nel Signore e il turbamento terminò (cfr. Atti 15:6-29).
Come ho già detto innanzi, però, l’assemblea di Gerusalemme non era un’assemblea che veniva convocata regolarmente per trattare questioni di dottrina o etica, perché da quello che sappiamo si tenne solo in quella circostanza in circa 30 anni di storia della Chiesa descritti negli Atti degli apostoli.
Il secondo viaggio apostolico di Paolo
Dopo che Paolo e Barnaba furono tornati ad Antiochia, Paolo, dopo un certo tempo, ripartì per visitare i fratelli nei luoghi dove lui e Barnaba avevano annunziato la parola del Signore. Barnaba però questa volta non andò con lui perchè tra lui e Barnaba ci fu un’aspra contesa a proposito di Marco, il cugino di Barnaba. Paolo non voleva prenderlo perché durante il loro viaggio apostolico (di cui ho parlato prima) egli si era separato da loro sin dalla Panfilia e non era andato all’opera assieme a loro; mentre Barnaba voleva prenderlo. E la contesa finì con la separazione dei due. Paolo dunque, preso con sè Sila, partì per questo viaggio che lo portò oltre che nelle città di Derba, Listra, Iconio, e Antiochia di Pisidia, anche in Macedonia, dove lui Sila e Timoteo (che egli aveva incontrato a Listra e aveva voluto che andasse con lui) fondarono delle chiese in Filippi, in Tessalonica, e in Berea. Dopo che egli fu in Berea, Paolo si recò ad Atene dove dopo aver predicato nell’Areopago credettero alcune poche anime. E dopo venne in Corinto dove invece credettero alla sua predicazione una gran moltitudine di persone. Lasciata la città di Corinto dopo un anno e sei mesi, egli tornò ad Antiochia (Atti 15:36-41; 16:1-40; 17:1-34; 18:1-22).
Anche da questo viaggio dell’apostolo Paolo non si evince che ai suoi giorni le chiese fossero organizzate come in una denominazione con una sede centrale ed una gerarchia; come neppure si evince nella maniera più assoluta che l’apostolo Paolo cercasse ogni qual volta fondava una chiesa di farla entrare in una confederazione di Chiese.
Il terzo viaggio apostolico di Paolo
Da Antiochia, dopo un certo tempo, Paolo ripartì percorrendo di luogo in luogo il paese della Galazia e la Frigia confermando i discepoli. Mentre lui si trovava in questi posti arrivò ad Efeso Apollo, un ministro del Signore, che insegnava accuratamente le cose relative al Signore Gesù, quantunque avesse conoscenza soltanto del battesimo di Giovanni. Quando lo udirono parlare Aquila e Priscilla, collaboratori di Paolo (che erano ad Efeso perchè Paolo mentre tornava dal precedente viaggio li aveva lasciati quivi), essi gli esposero più appieno la via del Signore. Poi Apollo si propose di andare in Grecia, e perciò i fratelli scrissero delle lettere di raccomandazione ai santi affinché lo accogliessero. E così giunto là essi lo accolsero ed egli fu di grande aiuto a quei credenti (Atti 18:23-28).
Mentre Apollo era a Corinto, Paolo arrivò ad Efeso e Dio operò potentemente in questa città tramite di lui talché molti credettero nel nome del Signore. Mentre egli si trovava in Efeso (ci stette tre anni) scrisse ai santi di Corinto quella che è chiamata impropriamente la sua prima lettera a Corinto perchè di fatto egli ne aveva scritto una ancora prima che non ci è però pervenuta (1 Corinzi 5: 9-12).
In questa lettera, tra le altre cose, gli disse di togliere dal loro mezzo quel credente che si teneva la moglie di suo padre (1 Corinzi 5:1-12), ed anche: “Or quanto alla colletta per i santi, come ho ordinato alle chiese di Galazia, così fate anche voi. Ogni primo giorno della settimana ciascun di voi metta da parte a casa quel che potrà secondo la prosperità concessagli, affinché, quando verrò, non ci siano più collette da fare” (1 Corinzi 16:1-2).
Quindi Paolo aveva ordinato una colletta tra le chiese in favore dei poveri fra i santi. A questa colletta parteciparono oltre alle chiese della Galazia e dell’Acaia (Grecia), quelle della Macedonia secondo che lui scrisse in seguito ai Corinzi: “..io ne rendo testimonianza, secondo il potere loro, anzi al di là del potere loro, hanno dato volenterosi, chiedendoci con molte istanze la grazia di contribuire a questa sovvenzione destinata ai santi” (2 Corinzi 8:3-4) ed ai Romani: “..la Macedonia e l’Acaia si sono compiaciute di raccogliere una contribuzione a pro dei poveri fra i santi che sono in Gerusalemme” (Romani 15:26).
Dopo avere lasciato Efeso, Paolo si recò in Macedonia e in Grecia, dove prese le offerte messe da parte da quelle Chiese per quell’opera di carità, e tornò a Gerusalemme, dove poi mentre i Giudei stavano cercando di ucciderlo, arrivarono i soldati romani che lo presero e lo misero in prigione (cfr. Atti 21:27-34). In seguito, Paolo, essendosi appellato a Cesare (cfr. Atti 25:11-12), fu mandato a Roma, per difendersi dalle accuse mossegli dai Giudei di Gerusalemme. E così Paolo ebbe l’opportunità di incontrare i santi di Roma (cfr. Atti 28:15), che aveva desiderato di vedere da molti anni (cfr. Romani 15:23).
Piccolo riassunto
Termino questa parte riassumendo brevemente cosa si evince dalla Scrittura a riguardo dell’organizzazione della chiesa.
1) Ogni chiesa ha come capo Cristo Gesù
2) Ogni chiesa è di per sè autonoma e indipendente; quindi essa è libera nel Signore di eleggere coloro che aspirano all’ufficio di anziano e a quello di diacono se questi hanno i requisiti richiesti. E’ di vitale importanza che tutti questi requisiti siano soddisfatti perchè questi uomini dovranno prendersi cura della chiesa e dell’amministrazione dei beni materiali
3) L’autonomia e l’indipendenza che possiede ogni chiesa non significano anarchia perchè nella chiesa non si è liberi di comportarsi come si vuole essendo che ci sono dei comandamenti ben precisi da osservare per tutti. Sia per gli anziani preposti nel Signore a pascere il suo gregge (1 Pietro 5: 1-4) e sia per coloro che vengono pasciuti (Ebrei 13:17; 1 Tessalonicesi 5:12-13: 1 Tim 5: 17-18: Galati 6:6). Se questi ordini vengono rispettati la chiesa ne avrà del bene fortificandosi e rimanendo unita. Potrà in questa maniera essere un esempio ad altre chiese. Nel caso invece questi precetti non vengono osservati allora la chiesa intera ne avrà del danno e la dottrina del Signore verrà biasimata da quelli di fuori anziché onorata. Ma il Signore che è il Padrone di casa farà mietere a suo tempo ai disubbidienti tutto quello che hanno seminato. E non ci sono riguardi personali.
4) Ogni chiesa ha il dovere di sostenere materialmente il pastore e gli anziani perchè essi hanno il diritto di cibarsi del latte del gregge.
5) Ogni chiesa ha il dovere di supplire alle necessità dei bisognosi; ma questo è libera nel Signore di farlo da sola. In altre parole non è costretta a farlo assieme ad altre chiese.
6) Ogni chiesa è libera nel Signore di ricevere i ministri che vuole, purché essi si attengano alla dottrina di Dio e non siano d’intoppo alla fratellanza con la loro condotta.
7) Ogni chiesa è libera di collaborare con le chiese che vuole, purché queste si attengono alla dottrina di Dio sia nelle parole che nei fatti.
8) Ogni chiesa è libera nel Signore di organizzarsi quanto all’evangelizzazione nella maniera in cui si sente guidata da Dio. Questo naturalmente esclude l’evangelizzazione con i mimi, scene teatrali, musica rock, e altri metodi antibiblici.
9) Ogni chiesa ha l’autorità da parte di Dio di sciogliere e legare sulla terra; per cui se un credente che ha peccato contro un altro fratello viene ammonito da questo e non gli presta ascolto; viene poi ammonito in presenza di due o tre testimoni e non si pente; viene ammonito dalla chiesa e non presta ascolto; la chiesa deve escluderlo dalla raunanza e considerarlo come un pagano. Nel caso invece egli ascolta l’ammonizione della chiesa allora la chiesa gli deve confermare il suo amore.
10) Ogni Chiesa ha l’autorità di togliere dal mezzo dei santi coloro che pur chiamandosi fratelli sono fornicatori, o avari, o idolatri, o oltraggiatori, o ubriaconi, o rapaci.
Conclusione
Ho ampiamente dimostrato mediante le Scritture quanto dannosi siano sia lo Statuto che il Regolamento Interno delle ADI, che purtroppo vengono volontariamente tenuti nascosti ai membri delle ADI.
Non posso quindi non rimanere profondamente indignato nel sentire dire a Francesco Toppi:
‘Dio sia ringraziato che i membri delle ADI hanno ormai perduto il ‘timore panico’ che avevano verso statuti e regolamenti al di fuori della Parola di Dio ….’ (Francesco Toppi, E Mi Sarete Testimoni, pag. 190).
Perché da un lato mi domando come possano i membri delle ADI avere perduto il ‘timore panico’ degli Statuti e dei Regolamenti fuori dalla Parola di Dio, se non gli è stato mai consegnato una copia dello Statuto e del Regolamento, in modo da farglieli esaminare alla luce delle Scritture: e dall’altro, come si può ringraziare Iddio per il fatto che dei credenti non abbiano più – ammesso che un giorno lo abbiano avuto – il timore panico di sottomettersi a regole umane che contrastano la Parola di Dio!
Io semmai ringrazio Iddio che ci sono dei credenti che frequentano delle comunità ADI che, dopo che gli ho fatto pervenire lo Statuto e il Regolamento Interno delle ADI, hanno espresso il loro sdegno e la loro riprovazione verso di essi, perché questo significa che hanno capito quanto antibiblici siano.
Quindi, fratelli che siete nelle ADI, vi esorto a rigettare tutti gli statuti e regolamenti umani che contrastano la Parola di Dio, al fine di riacquisire quella libertà spirituale che avete perduto sottoponendovi ad essi. Questa stessa esortazione la rivolgo anche a tutti quei fratelli che sono in altre denominazioni evangeliche che hanno anch’esse statuti e regolamenti simili a quelli delle ADI.
Ricordatevi delle parole di Paolo:
“Voi siete stati riscattati a prezzo; non diventate schiavi degli uomini” (1 Corinzi 7:23).
La grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con tutti coloro che lo amano con purità incorrotta
Giacinto Butindaro
Roma, 2010
Tratto da:http://www.lanuovavia.org/confutazioni-statuto-regolamento-adi.html
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Puoi scaricare anche la presente confutazione in PDF:
Confutazione dello Statuto e del Regolamento interno delle Assemblee di Dio in Italia (ADI)
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