● Non è giusto, sotto la grazia, imporre il pagamento della decima ai santi
Non è giusto sotto la grazia ordinare il pagamento della decima ai santi
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Sono maledetti quei Cristiani che non pagano la decima?
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Ecco uno stralcio di una testimonianza di un fratello (qui la testimonianza completa) riguardante l’imposizione della decima da parte delle ADI (Assemblee di Dio in Italia), che tra l’altro va fatto notare non essere l’unico movimento evangelico a farlo:
” Pace a tutti nel Signore… Voglio raccontarvi la mia deludente esperienza con le ADI… Frequentavo anche la comunità ADI che si raduna nel locale di culto in Via Spalato a Torino, un luogo enorme e sfarzoso, sembra una cattedrale tipo quelle cattoliche, dove presiede il pastore Angelo Gargano… Ricordo un pomeriggio al culto di Via Spalato, il pastore Angelo Gargano ha fatto una predica molto dura facendo presente a tutti che siamo in dovere davanti a Dio di pagare la decima altrimenti il Signore in qualche modo ci punirà!
Allora io, attraverso gli insegnamenti del fratello Butindaro Giacinto, quelli di mio cognato e attraverso la Bibbia mi sono reso conto che il pastore ha detto una menzogna perché la decima non siamo obbligati a pagarla. Possiamo darla, certamente (nel caso facciamo un voto a Dio), ma se non la paghiamo il Signore non ci punisce. Inoltre la stessa predica si trova in un periodico delle ADI che esce ogni mese. Per non dire poi che nella comunità subito appena entri ci sono due buste per la donazione; una per pagare il mutuo della costruzione del locale di culto costato veramente tanti soldi e una busta per la decima. Ambedue le buste sono da compilare con nome e cognome e importo! È vergognoso!…”
Ed ecco infatti le minacce di maledizione rivolte ai santi, che oggi sotto la grazia non pagano la decima, scritte da Angelo Gargano, Pastore della Chiesa ADI di Torino, via Spalato, 9b su Risveglio Pentecostale – Settembre 2008:
“La decima, insegnata nell’antico testamento, fu confermata da Gesù…”
e ancora:
“Se derubare gli uomini è un grave peccato, derubare Dio è ancor più grave! … Chi trattiene la decima e l’offerta che spetta a Dio deruba Dio!”.
Ed ecco partire le minacce:
“L’obbedienza spalanca le porte alla benedizione, la disubbidienza spalanca le porte alla maledizione … Rubare a Dio non porta a guadagnare nulla, non mette sotto benedizione, ma sotto maledizione”.
E ancora:
“Oggi il Signore direbbe: “Se tu sei ubbidiente, io renderò la tua casa produttiva e non rimarrai senza lavoro…” .”
Ma stanno proprio così le cose? E’ corretto gravare i santi che magari sono con la pensione minima e che fanno già fatica ad arrivare alla fine del mese, col giogo della decima, minacciandoli della maledizione del Signore se non la pagano?
Non è giusto, sotto la grazia, imporre il pagamento della decima ai santi
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Perchè Dio comandò agli Israeliti di dare la decima ai Leviti
Nella legge di Mosè è scritto: “Ogni decima della terra, sia delle raccolte del suolo sia dei frutti degli alberi, appartiene all’Eterno; è cosa consacrata all’Eterno…E ogni decima dell’armento o del gregge, il decimo capo di tutto ciò che passa sotto la verga del pastore, sarà consacrata all’Eterno” (Lev. 27:30,32); questo è il comandamento relativo alla decima che l’Eterno diede a Mosè per i figliuoli d’Israele sul Monte Sinai.
Vediamo ora la ragione per cui Dio ordinò agli Israeliti di dare le decime delle loro entrate ai Leviti, in altre parole vediamo a che cosa le decime dovevano servire sotto la legge.
Dio, dopo avere tratto dall’Egitto il popolo d’Israele comandò agli Israeliti di costruirgli un santuario. Questo santuario terreno fu costruito come Dio aveva ordinato, e furono costruiti anche gli arredi del culto che furono poi disposti per ordine dentro il santuario, e cioè il candeliere, la tavola della presentazione dei pani e l’altare dei profumi che furono collocati nel Luogo santo, e l’arca del patto con il suo propiziatorio che fu posta nel Luogo santissimo. Il Luogo santo era separato dal Luogo santissimo da un velo. Fuori, all’ingresso del tabernacolo, fu posto l’altare degli olocausti, e fra la tenda e questo altare fu posta la conca di rame con dell’acqua dentro che serviva ad Aaronne e ai suoi figliuoli a lavarsi le mani e i piedi quando entravano nella tenda o quando si accostavano all’altare.
Dio, scelse Aaronne e i suoi figliuoli per esercitare il sacerdozio nel suo cospetto infatti disse a Mosè: “E tu fà accostare a te, di tra i figliuoli d’Israele, Aaronne tuo fratello e i suoi figliuoli con lui perchè mi esercitino l’ufficio di sacerdoti” (Es. 28:1); Aaronne e i suoi figliuoli erano della tribù di Levi, e precisamente della famiglia patriarcale dei Kehathiti.
Da Levi erano discesi Gherson, Kehath e Merari, e da questi erano discesi tutti i Leviti, ma mentre Aaronne e i suoi figli furono appartati per esercitare il sacerdozio, il resto dei Leviti furono appartati e dati ad Aaronne e ai suoi figliuoli affinchè si prendessero cura di tutti gli arredi del culto e di tutto ciò che concerneva il tabernacolo.
Ciascuna famiglia dei Leviti aveva il suo specifico servizio da compiere secondo che è scritto: “E l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: Fa avvicinare la tribù dei Leviti e ponila davanti al sacerdote Aaronne, affinchè sia al suo servizio. Essi avranno la cura di tutto ciò che è affidato a lui e a tutta la raunanza davanti alla tenda di convegno e faranno così il servizio del tabernacolo. Avranno cura di tutti gli utensili della tenda di convegno e di quanto è affidato ai figliuoli d’Israele e faranno così il servizio del tabernacolo” (Num. 3:5-7).
Ora, siccome che Aaronne e i suoi figli come anche i Leviti dovevano del continuo esercitare l’ufficio datogli da Dio e non svolgevano un’attività lavorativa per il loro sostentamento, Dio provvide al loro sostentamento e a quello delle loro famiglie in questa maniera; ad Aaronne ed ai suoi figli diede una parte delle cose consacrate dai figliuoli d’Israele, ed ai Leviti il possesso delle decime che dava il popolo d’Israele. Vediamo da vicino questo diritto che avevano Aaronne e i suoi figli, e il resto dei Leviti.
L’Eterno disse ad Aaronne:
“Ecco, di tutte le cose consacrate dai figliuoli d’Israele io ti do quelle che mi sono offerte per elevazione: io te le do, a te e ai tuoi figliuoli, come diritto d’unzione, per legge perpetua. Questo ti apparterrà fra le cose santissime non consumate dal fuoco: tutte le loro offerte, vale a dire ogni oblazione, ogni sacrificio per il peccato e ogni sacrificio di riparazione che mi presenteranno; sono tutte cose santissime che apparterranno a te ed ai tuoi figliuoli. Le mangerai in luogo santissimo; ne mangerà ogni maschio; ti saranno cose sante. Questo ancora ti apparterrà: i doni che i figliuoli d’Israele presenteranno per elevazione, e tutte le loro offerte agitate; io le do a te, ai tuoi figliuoli e alle tue figliuole con te, per legge perpetua. Chiunque sarà puro in casa tua ne potrà mangiare. Ti do pure tutte le primizie ch’essi offriranno all’Eterno: il meglio dell’olio e il meglio del mosto e del grano. Le primizie di tutto ciò che produrrà la loro terra e ch’essi presenteranno all’Eterno saranno tue. Chiunque sarà puro in casa tua ne potrà mangiare. Tutto ciò che sarà consacrato per voto d’interdetto in Israele sarà tuo. Ogni primogenito d’ogni carne ch’essi offriranno all’Eterno, così degli uomini come degli animali, sarà tuo; però, farai riscattare il primogenito dell’uomo, e farai parimente riscattare il primogenito d’un animale impuro. E quanto al riscatto, li farai riscattare dall’età di un mese, secondo la tua stima, per cinque sicli d’argento, a siclo di santuario, che è di venti ghere. Ma non farai riscattare il primogenito della vacca nè il primogenito della pecora nè il primogenito della capra; sono cosa sacra; spanderai il loro sangue sull’altare, e farai fumare il loro grasso come sacrificio fatto mediante il fuoco, di soave odore all’Eterno. La loro carne sarà tua; sarà tua come il petto dell’offerta agitata e come la coscia destra. Io ti do, a te, ai tuoi figliuoli e alle tue figliuole con te, per legge perpetua, tutte le offerte di cose sante che i figliuoli d’Israele presenteranno all’Eterno per elevazione. È un patto inalterabile, perpetuo, dinnanzi all’Eterno, per te e per la tua progenie con te” (Num. 18:8-19).
Aaronne e i suoi figli erano stati unti per esercitare il sacerdozio e avevano il diritto di mangiare ciò che veniva offerto sull’altare e le primizie che gli Israeliti offrivano all’Eterno; tenete presente che questo diritto era chiamato diritto d’unzione e che esso era stato dato loro da Dio.
Per ciò che concerne invece i Leviti, che erano preposti al servizio della tenda di convegno, Dio disse:
“E ai figliuoli di Levi io do come possesso tutte le decime in Israele in contraccambio del servizio che fanno, il servizio della tenda di convegno” (Num. 18:21);
e inoltre comandò questo ai Leviti:
“Quando riceverete dai figliuoli d’Israele le decime che io vi do per conto loro come vostro possesso, ne metterete da parte un’offerta da fare all’Eterno; una decima della decima; e l’offerta che avrete prelevata vi sarà contata come il grano che viene dall’aia e come il mosto che esce dallo strettoio. Così anche voi metterete da parte un’offerta per l’Eterno da tutte le decime che riceverete dai figliuoli d’Israele, e darete al sacerdote Aaronne l’offerta che avrete messa da parte per l’Eterno… Quando ne avrete messo da parte il meglio, quel che rimane sarà contato ai Leviti come il provento dell’aia e come il provento dello strettoio. E lo potrete mangiare in qualunque luogo, voi e le vostre famiglie, perchè è la vostra mercede, in contraccambio del vostro servizio nella tenda di convegno” (Num. 18:26-28,30,31).
Come potete vedere gli Israeliti dovevano, per ordine di Dio, dare la decima delle loro entrate ai Leviti, i quali avevano a loro volta l’ordine, secondo la legge, di prendere le decime dal popolo ed anche quello di mettere da parte la decima delle decime ricevute e di darla ad Aaronne.
Riassumendo: Dio assegnò una mercede sia ad Aaronne ed ai suoi figliuoli e sia ai Leviti che esercitavano un’ufficio differente dal loro, ed essa era costituita; dalle cose santissime non consumate dal fuoco che gli Israeliti offrivano a Dio, dalle primizie di ciò che produceva la loro terra, e dai primi parti delle loro vacche, delle loro pecore e delle loro capre per quel che concerneva la mercede di Aaronne e i suoi figli; dai nove decimi di tutte le decime dei figliuoli d’Israele, per quel che concerneva la mercede dei Leviti. Ecco a che cosa servivano le decime sotto la legge; servivano a pagare i Leviti e la famiglia del sommo sacerdote.
Bisogna dire anche che le decime prelevate dagli Israeliti da tutte le loro entrate non servivano solamente a sostenere il diritto dei sacerdoti e dei Leviti, ma anche quello che avevano lo straniero e l’orfano e la vedova, secondo che è scritto nella legge: “Alla fine d’ogni triennio, metterai da parte tutte le decime delle tue entrate del terzo anno, e le riporrai entro le tue porte; e il Levita, che non ha parte nè eredità con te, e lo straniero e l’orfano e la vedova che saranno entro le tue porte verranno, mangeranno e si sazieranno, affinchè l’Eterno, il tuo Dio ti benedica in ogni opera a cui porrai mano” (Deut. 14:28,29).
Secondo quello che insegna la Scrittura, quando gli Israeliti cessarono di dare le decime delle loro entrate, Dio smise di benedirli e li colpì di maledizione, mandando insetti divoratori a distruggere i frutti del loro suolo, e questo perchè siccome Dio aveva detto: “Ogni decima della terra, sia delle raccolte del suolo sia dei frutti degli alberi, appartiene all’Eterno; è cosa consacrata all’Eterno” (Lev. 27:30), non dargli la decima equivalse a derubarlo di ciò che gli apparteneva, appunto delle decime. Questa è la ragione per cui Dio, tramite Malachia, disse agli Israeliti ribelli: “L’uomo deve egli derubare Iddio? Eppure voi mi derubate. Ma voi dite: ‘In che t’abbiamo noi derubato?’ Nelle decime e nelle offerte. Voi siete colpiti di maledizione, perchè mi derubate, voi, tutta quanta la nazione!” (Mal. 3:8,9).
Noi non siamo sotto la legge di Mosè, ma sotto la legge di Cristo
Ora, qualcuno domanderà: ‘Ma ora, sotto la grazia, cioè sotto il nuovo patto, noi Gentili di nascita che abbiamo creduto siamo obbligati a pagare la decima di tutte le nostre entrate come lo erano gli Israeliti sotto la legge? La risposta è no.
Qualcuno dirà: Ma perchè? Rivolgiamoci alla Scrittura per intendere perchè noi non siamo obbligati a farlo sotto la grazia.
È scritto: “Su quello (sul sacerdozio Levitico) è basata la legge data al popolo” (Ebr. 7:11); la legge che Dio diede ad Israele era basata sul sacerdozio levitico (ricordatevi che erano proprio i Leviti che dovevano riscuotere le decime dal popolo), ma siccome la perfezione non fu resa possibile per mezzo di quel sacerdozio, Dio ha fatto sorgere un altro Sacerdote secondo un altro ordine, cioè non secondo l’ordine di Aaronne, ma secondo l’ordine di Melchisedec.
Oltre a ciò, voi sapete che questo altro Sacerdote, cioè Gesù, non è disceso dalla tribù di Levi, alla quale apparteneva il sacerdozio, ma da quella di Giuda, “circa la quale Mosè non disse nulla che concernesse il sacerdozio” (Ebr. 7:14). Il punto sul quale voglio che concentriate la vostra attenzione è questo, e cioè che siccome è mutato il sacerdozio (e sul sacerdozio levitico era basata la legge) è avvenuto, per forza di cose, un mutamento pure della legge, secondo che è scritto: “Mutato il sacerdozio, avviene per necessità anche un mutamento di legge” (Ebr. 7:12); di conseguenza, noi non siamo più sotto la legge di Mosè (basata sul sacerdozio levitico), ma sotto la legge di Cristo (basata sul sacerdozio di Cristo) la quale non comanda di dare la decima come invece fa quella di Mosè.
Noi, ora, dobbiamo attenerci alla legge di Cristo, e quindi dobbiamo conoscere i comandamenti di questa legge che concernono il dare, sì perchè anche la legge di Cristo comanda di dare. Gesù Cristo conosceva bene il comandamento della legge sulla decima, ma in tutti i suoi insegnamenti non vi è l’ordine di darla.
Qualcuno dirà: ‘Lo ha comandato dopo essere stato assunto in cielo per mezzo dei suoi apostoli? No, neppure dopo essere andato in cielo.
Vediamo allora quanto il Sommo Sacerdote della nostra professione di fede ci ha ordinato di dare, tenendo presente questo, e cioè, innanzi tutto che “la legge non ha condotto nulla a compimento” (Ebr. 7:19) e che Cristo è venuto per completarla appunto perchè era incompleta; e poi che la legge di Cristo è chiamata “la legge della libertà” (Giac. 1:25) perchè noi sotto la sua legge siamo liberi di dare quanto vogliamo e possiamo. Fratelli, per comprendere perchè la legge di Cristo è superiore a quella di Mosè bisogna sempre ricordarsi che la legge di Mosè era incompleta mentre quella di Cristo è completa.
Gesù ha detto: “Date, e vi sarà dato: vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perchè con la misura onde misurate, sarà rimisurato a voi” (Luca 6:38).
Fratelli, noi tutti discepoli di Cristo dobbiamo dare; ora, Gesù ha detto che con la misura con la quale noi misuriamo sarà rimisurato a noi, il che significa che ci sarà dato in base alla misura che noi usiamo nel dare al Signore.
Sotto la legge di Mosè chi non dava la decima parte di tutte le sue entrate ai Leviti (anche se dava poco meno della decima di esse), veniva colpito dalla maledizione di Dio perchè derubava Dio (e Dio aveva detto: “Non rubare” [Es. 20:15]) e non dava nella misura prescrittagli e impostagli dalla legge; ora, sotto la legge di Cristo, Dio non ha promesso di maledire chi gli dà meno della decima delle sue entrate.
Come potrebbe Dio colpire di maledizione quelli che infrangono questo ordine della legge di Mosè, quando è scritto che “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo divenuto maledizione per noi” (Gal. 3:13)?
Certo, Gesù non ha detto affatto che chi non dà la decima verrà da lui maledetto, ma sia ben chiaro che non dare al Signore neppure la decima parte delle nostre entrate significa essere remunerati dal Signore con la stessa misura che noi usiamo nel dare a lui; di Dio non ci si può fare beffe, perché Egli è giusto e non commette ingiustizie neppure quando deve remunerare quelli che gli fanno delle offerte.
Che ognuno di noi mieterà nella misura che semina lo ha confermato pure Paolo ai Corinzi, quando disse loro: “Or questo io dico; chi semina scarsamente mieterà altresì scarsamente; e chi semina liberalmente mieterà altresì liberalmente” (2 Cor. 9:6). Chi è avveduto, sa che per raccogliere molto deve dare tanto e non poco, e perciò si guarda da ogni avarizia e semina liberalmente perché conosce la Scrittura che dice che “c’è chi spande liberalmente e diventa più ricco, e c’è chi risparmia più del dovere e non fa che impoverire” (Prov. 11:24).
Anche l’apostolo Paolo ordinò ai santi di dare, quando si trattò di raccogliere una sovvenzione per i poveri fra i santi, e lo fece in questa maniera: “Ogni primo giorno della settimana ciascun di voi metta da parte a casa quel che potrà secondo la prosperità concessagli…” (1 Cor. 16:2) e: “Dia ciascuno secondo che ha deliberato in cuore suo; non di mala voglia, nè per forza perchè Iddio ama un donatore allegro” (2 Cor. 9:7).
Come potete vedere Paolo esortò i santi di Corinto a dare quello che potevano secondo la prosperità che Dio aveva concesso loro, e come avevano deliberato in cuore loro; ma li esortò pure a non dare di mala voglia e nè per forza perchè Dio non prende piacere nè in un donatore che dà per far vedere che dà e nè in un donatore che dà mormorando perchè non è contento di dare. Dio ama un donatore allegro, quindi bisogna dare allegramente per piacere a Dio, e con ciò si accordano le parole dello stesso apostolo Paolo ai santi di Roma: “Chi fa opere pietose, le faccia con allegrezza” (Rom. 12:8). Notate che Paolo non ha detto che chi semina scarsamente sarà colpito dalla maledizione di Dio, ma solo che egli mieterà scarsamente, il che è differente.
Quando si parla dell’apostolo Paolo, fratelli, non bisogna mai dimenticare che egli, quanto alla carne, era stato un Fariseo, infatti egli era stato un membro della setta dei Farisei che era la più rigida setta della religione giudaica, la quale non tollerava il non pagare la decima. Ricordatevi che Paolo conosceva bene il comandamento della decima, perchè si era attenuto scrupolosamente ad esso quando era un Fariseo, tanto che poteva dire ai Filippesi che lui, quanto alla giustizia che è nella legge, era irreprensibile; eppure in tutte le sue epistole ai Gentili non ha mai comandato loro di pagarla. Paolo nelle sue epistole ha dato tanti e tanti comandamenti, ma tra di essi non c’è quello della decima. Se lo dimenticò forse di scriverlo? Affatto. Sapete perché non impose questo precetto della legge? Perchè lui usava la legge in modo legittimo e non illegittimo.
Gesù Cristo diede pure questo comandamento ai suoi discepoli: “Vendete i vostri beni, e fatene elemosine; fatevi delle borse che non invecchiano, un tesoro che non venga meno nei cieli, ove ladro non s’accosta e tignola non guasta. Perchè dov’è il vostro tesoro, quivi sarà anche il vostro cuore” (Luca 12:33,34); ed essi, dopo che lo Spirito Santo fu sparso su loro, lo misero in pratica infatti è scritto che “vendevano le possessioni ed i beni, e li distribuivano a tutti secondo il bisogno di ciascuno” (Atti 2:45), e che “non v’era alcun bisognoso fra loro; perchè tutti coloro che possedevano poderi o case li vendevano, portavano il prezzo delle cose vendute, e lo mettevano ai piedi degli apostoli; poi, era distribuito a ciascuno, secondo il bisogno” (Atti 4:34,35).
Tra coloro che misero in pratica questo ordine di Cristo vi fu pure Barnaba, che era un uomo dabbene, pieno di Spirito Santo e di fede, infatti è scritto: “Or Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba (il che, interpretato, vuol dire; Figliuol di consolazione), levita, cipriota di nascita, avendo un campo, lo vendè, e portò i denari e li mise ai piedi degli apostoli” (Atti 4:36).
Voglio farvi notare che Barnaba era un Levita, cioè un discendente di Levi. Ora, ogni Levita sapeva bene che, secondo la legge di Mosè, i Leviti avevano l’ordine di prendere le decime dal popolo, e di dare a Dio la decima delle decime riscosse dal popolo, e perciò anche Barnaba conosceva bene il comandamento attorno alla decima. Ma egli, quando vendette il campo che era di sua proprietà, non portò solo la decima del danaro ricavato dalla vendita del suo podere, ma tutto il prezzo del campo.
Noi sappiamo che ci dobbiamo fare dei tesori nel cielo e non sulla terra perchè ce lo ha comandato il Signore, e sappiamo pure che questi tesori ce li si fa nel cielo facendo elemosine.
Un giorno, un giovane ricco si accostò a Gesù e gli disse:
“Maestro, che farò io di buono per avere la vita eterna? E Gesù gli rispose: Perchè m’interroghi tu intorno a ciò ch’è buono? Uno solo è il buono. Ma se vuoi entrare nella vita osserva i comandamenti. Quali? Gli chiese colui. E Gesù rispose: Questi: Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dir falsa testimonianza; onora tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te stesso. E il giovane a lui: Tutte queste cose le ho osservate; che mi manca ancora? Gesù gli disse: Se vuoi essere perfetto, và, vendi ciò che hai e dallo ai poveri, ed avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguitami. Ma il giovane, udita questa parola, se ne andò contristato, perchè aveva di gran beni” (Matt. 19:16-22).
Come potete vedere inizialmente Gesù disse al giovane ricco che se voleva entrare nella vita doveva osservare determinati comandamenti scritti nella legge, e il giovane replicò al Signore che egli, questi comandamenti, li aveva osservati sin dalla sua giovinezza, e che voleva sapere che cosa gli mancava ancora, infatti gli domandò: “Che mi manca ancora?” (Matt. 19:20) Gesù sapeva che cosa mancava a quel giovane per diventare un discepolo perfetto e glielo disse: “Una cosa ti manca; và vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri, e tu avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi” (Mar. 10:21). Queste parole di Gesù a questo giovane ricco confermano che egli è venuto, non per abolire la legge, ma per completarla.
Notate che Gesù disse al ricco cosa egli doveva fare se voleva essere perfetto, ma anche che il giovane, quando sentì dire a Gesù che questa era la cosa che gli mancava, se ne andò rattristato perchè era molto ricco. Questo giovane avrebbe potuto diventare perfetto e farsi un tesoro nel cielo a questa condizione, ma rifiutò di osservare quest’ordine del Maestro perchè egli aveva posto il suo cuore nelle ricchezze che possedeva e non aveva nessuna intenzione di rinunciare ai suoi molti beni. Forse sarebbe stato disposto ad osservare qualche altro comandamento della legge che non implicava la vendita di tutti i suoi beni, ma non quello che gli diede Gesù. Certamente, se per essere perfetto, egli avrebbe dovuto pagare la decima su tutte le sue entrate mensili e fare delle offerte, il Signore glielo avrebbe confermato e lui non avrebbe reagito in quella maniera, ma il Signore non gli disse di rinunziare solo ad una parte dei suoi beni terreni ma a tutti.
Anche per quel che concerne il dare tutto e farsi povero per amore degli altri il Maestro ha dato l’esempio; e chi può dire che Gesù in qualche cosa non ci ha lasciato l’esempio? Lui ha detto: “Imparate da me” (Matt. 11:29), e che “un discepolo non è da più del maestro; ma ogni discepolo perfetto sarà come il suo maestro” (Luca 6:40).
Vediamo quindi cosa ha fatto Gesù per diventare un esempio da imitare pure in questo: Paolo dice ai Corinzi: “Voi conoscete la carità del Signor nostro Gesù Cristo il quale, essendo ricco, s’è fatto povero per amore vostro, onde, mediante la sua povertà, voi poteste diventare ricchi” (2 Cor. 8:9). Noi sappiamo che Gesù nel cielo era ricco ma venendo in questo mondo s’è fatto povero per amore nostro; e se noi oggi siamo ricchi (perchè siamo eredi del Regno di Dio) lo dobbiamo alla povertà di Cristo. Sì, Gesù, il Figlio di Dio, visse povero su questa terra per amore nostro; nessuno può dire che egli era ricco materialmente e neppure che pur essendo povero cercò di arricchirsi e si arricchì con il suo ministerio.
Ma allora perchè questo ordine del Signore non viene insegnato, mentre quello della decima sì? Perchè ciò che dovrebbe essere insegnato sotto la grazia non viene insegnato, mentre quello che non dovrebbe essere più insegnato viene insegnato? Perché questo ordine del Signore relativo alla vendita dei propri beni è molto meno conosciuto di quello relativo alla decima? Perchè quello relativo alla decima implica una rinunzia molto inferiore di quella che implica la vendita di una casa o di un campo. Fratelli, guardiamoci dal procedere astutamente nei confronti del nostro prossimo.
Ho voluto mediante queste Scritture confermarvi come la legge di Cristo sia perfetta e completa a differenza di quella di Mosè.
Il diritto nell’Evangelo che hanno coloro che annunziano l’Evangelo
Siccome il comandamento relativo alla decima viene imposto da alcuni perchè dicono: ‘Il pastore è dato interamente alla predicazione e all’insegnamento, non ha un lavoro secolare e quindi dobbiamo pagarlo’, vediamo come è giusto comportarsi sotto la grazia a tale riguardo.
I Leviti insegnavano al popolo la legge secondo che è scritto: “Essi insegnano i tuoi statuti a Giacobbe e la tua legge a Israele” (Deut. 33:10), ed essi erano sostenuti dal popolo mediante le decime perchè così Dio aveva stabilito per loro, infatti Egli disse: “E ai figliuoli di Levi io do come possesso tutte le decime in Israele in contraccambio del servizio che fanno” (Num. 18:21).
Sotto la legge gli Israeliti dovevano pagare le decime delle loro entrate perchè Dio le aveva prese per darle ai Leviti che facevano il servizio che Lui aveva ordinato loro di fare; questo diritto dei Leviti era nella legge di Mosè, la quale essi insegnavano al popolo; in altre parole essi vivevano di ciò che la legge prescriveva loro.
Ora, sotto la grazia, anche coloro che annunziano l’Evangelo, cioè i ministri del Vangelo, hanno un diritto, ma questo diritto è nell’Evangelo e non nella legge di Mosè, infatti è scritto: “Il Signore ha ordinato che coloro i quali annunziano l’Evangelo vivano dell’Evangelo” (1 Cor. 9:14); fratelli, il Signore ha ordinato a quelli che annunziano il Vangelo di vivere del Vangelo, quindi di fare uso di questo diritto che loro hanno nel Vangelo.
Vediamo ora che cosa dice il Vangelo a tale proposito.
Gesù, quando mandò i suoi dodici discepoli a predicare il Vangelo del Regno, disse loro: “Non fate provvisione nè d’oro, nè d’argento, nè di rame nelle vostre cinture, nè di sacca da viaggio, nè di due tuniche, nè di calzari, nè di bastone, perchè l’operaio è degno del suo nutrimento” (Matt. 10:9,10), e quando mandò i settanta disse loro: “Non portate nè borsa, nè sacca, nè calzari, e non salutate alcuno per via. In qualunque casa sarete entrati, dite prima: Pace a questa casa! E se v’è quivi alcun figliuolo di pace, la vostra pace riposerà su lui; se no, ella tornerà a voi. Or dimorate in quella stessa casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perchè l’operaio è degno della sua mercede” (Luca 10:4-7).
Come potete vedere Gesù stesso ha detto che l’operaio del Signore è degno sia del suo nutrimento e sia della sua mercede, il che significa in altri termini che egli ha il diritto di mangiare e di bere e di ricevere uno stipendio in contraccambio del servizio che egli compie nella casa di Dio. Paolo, parlando degli anziani, ha confermato pienamente le parole del Signore infatti scrisse a Timoteo: “Gli anziani che tengono bene la presidenza, siano reputati degni di doppio onore, specialmente quelli che faticano nella predicazione e nell’insegnamento; poichè la Scrittura dice: Non mettere la museruola al bue che trebbia; e l’operaio è degno della sua mercede” (1 Tim. 5:17,18; Deut. 25:4; Luca 10:7) (in questo caso Paolo per sostenere il diritto che gli anziani hanno nel Vangelo, ha citato un passo della legge di Mosè ed un passo del Vangelo). Notate che Paolo ha detto che gli anziani che faticano nella predicazione e nell’insegnamento sono degni di doppia mercede.
È naturale che se da un lato coloro che predicano il Vangelo e insegnano la Parola del Signore hanno questo diritto, dall’altro ci deve pur esser qualcuno che ha il dovere, secondo il Vangelo, di dare loro questo nutrimento e questa mercede, e questo qualcuno è chi viene ammaestrato, difatti Paolo ai Galati disse: “Colui che viene ammaestrato nella Parola faccia parte di tutti i suoi beni a chi l’ammaestra” (Gal. 6:6). Come potete vedere, è colui che riceve il beneficio del servigio del ministro del Vangelo che ha il dovere di fargli parte di tutti i suoi beni, e non solo di una parte di essi (come la decima parte, per esempio). Questo è confermato anche dalla Scrittura che dice: “Non mettere la museruola al bue che trebbia il grano” (Deut. 25:4); infatti anche qui è chi riceve il beneficio dell’opera del bue che non deve mettere la museruola al bue che trebbia, affinchè il bue possa mangiare una parte del grano che trebbia.
Il meccanismo è lo stesso di quello che c’era sotto la legge, la differenza sta nel fatto che sotto la grazia i credenti devono far parte di tutti i loro beni a coloro preposti dal Signore ad ammaestrarli, e non solo di una parte di essi (la decima); quindi, nell’insieme, in una misura maggiore a quella che prescriveva la legge nei confronti dei Leviti.
È chiaro che se coloro che vengono ammaestrati nella Parola rifiutano di fare parte di tutti i loro beni a chi l’ammaestra, essi si rendono colpevoli di un peccato perchè così facendo mettono la museruola al bue che trebbia il grano, in altre parole calpestano il diritto che chi insegna la Parola ha nel Vangelo.
Ricordatevi che sì gli anziani hanno dei doveri nei confronti della chiesa che essi pascono, ma anche che la chiesa ha i suoi doveri in verso gli anziani, uno dei quali è quello di provvedere alle loro necessità, affinchè nulla manchi loro.
Quindi chi predica il Vangelo ha il diritto di ricevere uno stipendio dalla chiesa, ma badate che questo non significa che ha il diritto di imporre ai santi il pagamento della decima, perchè lo stipendio che riceve deve essere formato da denaro offerto liberamente e allegramente dai santi, secondo che è scritto: “Dia ciascuno secondo che ha deliberato in cuore suo; non di mala voglia, nè per forza perchè Iddio ama un donatore allegro” (2 Cor. 9:7), e non da denaro estorto ai santi facendo leva sul comandamento della decima (e la proclamazione della relativa benedizione di Dio su chi la dà, ma anche della relativa maledizione di Dio su chi non la dà) per costringerli a dare a tutti i costi quella determinata parte delle loro entrate (per la paura che essi diano meno della decima, e per assicurarsi così almeno le loro decime).
Vediamo ora cosa Paolo scrisse ai Corinzi a proposito del diritto nell’Evangelo che anche lui e Barnaba avevano, e perchè lui e i suoi collaboratori rinunziarono a fare uso di questo diritto sulla chiesa di Corinto e su quella di Tessalonica.
Egli scrisse ai Corinzi:
“Non abbiamo noi il diritto di mangiare e di bere?…O siamo soltanto io e Barnaba a non avere il diritto di non lavorare? Chi è mai che fa il soldato a sue proprie spese? Chi è che pianta una vigna e non ne mangia del frutto? O chi è che pasce un gregge e non si ciba del latte del gregge? Dico io queste cose secondo l’uomo? Non le dice anche la legge? Difatti, nella legge di Mosè è scritto: Non mettere la musoliera al bue che trebbia il grano. Forse che Dio si dà pensiero dei buoi? O non dice Egli così proprio per noi? Certo, per noi fu scritto così; perché chi ara deve arare con speranza; e chi trebbia il grano deve trebbiarlo colla speranza d’averne la sua parte. Se abbiamo seminato per voi i beni spirituali, è egli gran che se mietiamo i vostri beni materiali? Se altri hanno questo diritto su voi, non l’abbiamo noi molto più? Ma noi non abbiamo fatto uso di questo diritto; anzi sopportiamo ogni cosa, per non creare alcuno ostacolo all’Evangelo di Cristo. Non sapete voi che quelli i quali fanno il servigio sacro mangiano di quel che è offerto nel tempio? e che coloro i quali attendono all’altare, hanno parte all’altare? Così ancora, il Signore ha ordinato che coloro i quali annunziano l’Evangelo vivano dell’Evangelo” (1 Cor. 9:4,6-14).
Paolo ribadì ai Corinzi che lui e Barnaba avevano il diritto nell’Evangelo, ma anche che lui e i suoi collaboratori non fecero uso di questo loro diritto su di loro. Come uno non fa il soldato a sue proprie spese, perchè egli viene pagato da chi lo ha arruolato; come chi pianta una vigna ha il diritto di mangiare del frutto della vigna; come chi pasce un gregge ha il diritto di cibarsi del latte del gregge; così, chi annunzia l’Evangelo se da un lato ha il dovere di seminare i beni spirituali dall’altro ha anche il diritto di mietere i beni materiali dei credenti. Questo diritto che hanno i ministri del Vangelo è confermato pure dalla legge che dice: “Non mettere la museruola al bue che trebbia il grano” (Deut. 25:4); e che attesta che quelli che adempivano il loro sacro servigio nel tempio mangiavano di quello che veniva portato nel tempio in offerta a Dio, e che quelli che erano preposti a scannare gli animali per offrirli in sacrificio a Dio mangiavano di quelle cose che essi ponevano sull’altare.
Naturalmente, chi fa uso di questo diritto ha il diritto di non lavorare per darsi interamente alla predicazione ed all’insegnamento della Parola di Dio.
Dopo avere detto ciò, bisogna dire la ragione per cui Paolo e i suoi collaboratori non fecero uso di questo diritto a Corinto; sì, perchè Paolo, l’apostolo che poteva dire ai Corinzi: “Quand’anche aveste diecimila pedagoghi in Cristo, non avete però molti padri; perchè sono io che vi ho generati in Cristo Gesù, mediante l’Evangelo” (1 Cor. 4:15), non fece uso di questo suo diritto su loro.
Così lui spiegò questa sua rinuncia: “Ho spogliato altre chiese, prendendo da loro uno stipendio, per potere servire voi; e quando, durante il mio soggiorno fra voi, mi trovai nel bisogno, non fui d’aggravio a nessuno, perchè i fratelli, venuti dalla Macedonia, supplirono al mio bisogno; e in ogni cosa mi sono astenuto e m’asterrò ancora dall’esservi d’aggravio. Com’è vero che la verità di Cristo è in me, questo vanto non mi sarà tolto nelle contrade dell’Acaia. Perchè? Forse perchè non v’amo? Lo sa Iddio. Ma quel che fo lo farò ancora per togliere ogni occasione a coloro che desiderano un’occasione; affinchè in quello di cui si vantano siano trovati uguali a noi” (2 Cor. 11:8-12).
Nella chiesa di Corinto vi erano alcuni falsi apostoli che non erano d’aggravio alla chiesa e cercavano un’occasione per gloriarsi contro Paolo, e Paolo, per togliere a costoro ogni occasione, decise di non essere d’aggravio alla Chiesa di Corinto (benchè avesse il diritto di farlo) non valendosi del suo diritto nel Vangelo, e questo affinchè, in quello di cui si vantavano (questi falsi apostoli si vantavano di non essere d’aggravio alla chiesa di Corinto) costoro fossero trovati uguali a Paolo ed ai suoi collaboratori.
La chiesa di Corinto non calpestò affatto il diritto nell’Evangelo che Paolo aveva su di essa, perchè fu Paolo a decidere di non fare uso di questo suo diritto a Corinto, e per questa sua decisione chiese loro di perdonarlo, infatti scrisse loro: “In che siete voi stati da meno delle altre chiese se non nel fatto che io stesso non vi sono stato d’aggravio? Perdonatemi questo torto” (2 Cor. 12:13). Come potete ben capire, Paolo decidendo di non essere d’aggravio ai Corinzi, li mise, in questo, in una condizione d’inferiorità rispetto alle altre chiese alle quali invece era stato d’aggravio e perciò chiese loro di perdonargli questo torto.
Vorrei farvi notare che secondo quello che dice Luca, Paolo, a Corinto, in un primo tempo lavorò con le sue mani per provvedere alle sue necessità, infatti è scritto: “E siccome era del medesimo mestiere, dimorava con loro (con Aquila e Priscilla), e lavoravano; poichè, di mestiere, erano fabbricanti di tende” (Atti 18:3), ma in seguito, quando Sila e Timoteo lo raggiunsero a Corinto, egli smise di lavorare per darsi tutto alla predicazione, infatti è scritto: “Ma quando Sila e Timoteo furono venuti dalla Macedonia, Paolo si diè tutto quanto alla predicazione, testimoniando ai Giudei che Gesù era il Cristo” (Atti 18:5). Quando Paolo disse ai Corinzi: “E quando, durante il mio soggiorno fra voi, mi trovai nel bisogno, non fui d’aggravio a nessuno, perchè i fratelli, venuti dalla Macedonia, supplirono al mio bisogno” (2 Cor. 11:9), fece riferimento al secondo periodo del suo soggiorno a Corinto, quando, benchè lui avesse cessato di lavorare, Sila e Timoteo che erano venuti a lui dalla Macedonia, supplirono al bisogno nel quale si venne a trovare.
Anche a Tessalonica Paolo non si valse del suo diritto di non lavorare e ne spiegò la ragione ai Tessalonicesi in questi termini: “Voi stessi sapete com’è che ci dovete imitare: perchè noi non ci siamo condotti disordinatamente fra voi; nè abbiamo mangiato gratuitamente il pane d’alcuno, ma con fatica e con pena abbiamo lavorato notte e giorno per non essere d’aggravio ad alcuno di voi. Non già che non abbiamo il diritto di farlo, ma abbiamo voluto darvi noi stessi ad esempio, perchè c’imitaste” (2 Tess. 3:7-9); Paolo, Silvano e Timoteo, non erano stati d’aggravio ai Tessalonicesi, ma non perchè non ne avevano il diritto, ma perchè non avevano voluto fare uso di questo loro diritto di non lavorare; essi lavorarono notte e giorno con le loro mani per dare loro stessi l’esempio in questo, onde i Tessalonicesi li imitassero. Essi, per evitare che qualcuno che non voleva lavorare, non vedendoli lavorare ma vedendoli solo predicare, si mettesse in testa che poteva non lavorare anche per affaccendarsi in cose vane, rinunciarono al loro diritto di non lavorare; loro furono disposti pure a fare questa rinuncia per non creare alcun ostacolo al Vangelo. Per questo Paolo disse ai Corinzi: “Ma noi non abbiamo fatto uso di questo diritto; anzi sopportiamo ogni cosa, per non creare alcun ostacolo all’Evangelo di Cristo” (1 Cor. 9:12). Naturalmente Paolo ebbe una ricompensa da questo suo modo di agire che tenne sia in Corinto e sia a Tessalonica, infatti disse ai Corinzi: “Qual’è dunque la mia ricompensa? Questa: che annunziando l’Evangelo, io offra l’Evangelo gratuitamente, senza valermi del mio diritto nell’Evangelo” (1 Cor. 9:18).
Badate che Paolo non sempre non si valse del suo diritto nel Vangelo, infatti lui prese uno stipendio da delle chiese dei santi per potere essere dato interamente alla predicazione; lui lo fa chiaramente capire quando dice, sempre ai Corinzi: “Ho spogliato altre chiese, prendendo da loro uno stipendio, per poter servire voi…” (2 Cor. 11:8).
Vediamo ora come Gesù, nei giorni della sua carne, dopo che lasciò il suo lavoro di falegname per mettersi a predicare l’Evangelo del Regno, fece uso di questo diritto che è nel Vangelo, assieme ai suoi apostoli.
Luca dice: “Ed avvenne in appresso che egli andava attorno di città in città e di villaggio in villaggio, predicando ed annunziando la Buona Novella del Regno di Dio; e con lui erano i dodici e certe donne che erano state guarite da spiriti maligni e da infermità: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni, e Giovanna, moglie di Cuza, amministratore d’Erode, e Susanna ed altre molte che assistevano Gesù ed i suoi coi loro beni” (Luca 8:1-3).
Come potete vedere, pure Gesù fece uso del diritto di non lavorare per darsi interamente alla predicazione e all’insegnamento della Parola; pure il Maestro visse dell’Evangelo quando si mise a predicare il Vangelo di città in città e di villaggio in villaggio, infatti molte donne lo seguivano e assistevano sia lui che i suoi apostoli con i loro beni. Nel comportamento di quelle donne noi vediamo l’adempimento della Parola che dice: “Colui che viene ammaestrato nella Parola faccia parte di tutti i suoi beni a chi l’ammaestra” (Gal. 6:6).
Spieghiamo quelle Scritture del Nuovo Patto che si riferiscono alla decima
A questo punto voglio spiegare quei passi delle Scritture del Nuovo Patto che fanno riferimento direttamente o indirettamente alla decima, per farvi comprendere, con la grazia di Dio, che essi non si possono prendere per dire ai credenti: ‘Voi vi dovete mettere in testa di pagare la decima altrimenti derubate Dio e sarete colpiti di maledizione’ (come fanno alcuni con frode o per mancanza di conoscenza in seno alle chiese dei santi), perchè essi non confermano affatto l’imposizione della decima sotto la grazia.
- Nell’epistola agli Ebrei è scritto: “Or quelli d’infra i figliuoli di Levi che ricevono il sacerdozio, hanno bensì ordine, secondo la legge, di prendere le decime dal popolo, cioè dai loro fratelli..e poi qui, quelli che prendono le decime son degli uomini mortali; ma là le prende uno di cui si attesta che vive” (Ebr. 7:5,8).
Innanzi tutto bisogna dire che “quelli che qui prendono le decime” (Ebr. 7:8), erano dei Leviti (quindi dei Giudei di nascita), che, quando la epistola fu scritta, ancora prendevano le decime dagli altri Giudei, secondo l’ordine della legge di Mosè, quindi, siccome che noi non siamo dei Giudei di nascita che sono sotto la legge e fra di noi Gentili non ci sono dei discendenti della tribù di Levi, questo non ci riguarda.
Qualcuno dirà: ‘Ma qui è scritto: “Qui, quelli che prendono le decime”, perciò se il verbo è al presente, significa che anche sotto la grazia i santi in Cristo dovevano pagare la decima!’; vi rispondo dicendovi che il verbo non è al presente solo quando la Scrittura parla della decima, ma anche quando parla dei doni e dei sacrifici i quali venivano ancora offerti (in quel tempo) nel santuario terreno in Gerusalemme dai sacerdoti Giudei, infatti nella stessa epistola è scritto: “Ci sono quelli che offrono i doni secondo la legge, i quali ministrano in quel che è figura e ombra delle cose celesti..” (Ebr. 8:4,5) ed ancora: “Ogni sacerdote è in piè ogni giorno ministrando e offrendo spesse volte gli stessi sacrifici che non possono mai togliere i peccati…” (Ebr. 10:11); oltre a ciò, notate in queste scritture l’espressione “secondo la legge”, perchè essa si riferisce alla legge di Mosè e non a quella di Cristo, infatti i Leviti prendevano le decime dal popolo per ordine di Mosè, e i sacerdoti offrivano i doni e i sacrifici nel tempio, sempre secondo la legge di Mosè, ma ricordatevi che quelli che facevano ciò erano dei Giudei di nascita che erano ancora sotto la legge e che non erano ancora stati affrancati da essa come invece lo siamo stati noi da Cristo Gesù.
Ma allora a questo punto, siccome che anche in relazione ai sacrifici di becchi offerti dai Giudei per i loro peccati, il verbo è al presente, noi pure dovremmo presentare su qualche altare ed in qualche santuario terreno dedicato al culto di Dio sacrifici di bestie grasse per i nostri peccati! Così non sia, perchè è altresì scritto nella medesima epistola: “Si offrono doni e sacrifici che non possono, quanto alla coscienza, rendere perfetto colui che offre il culto..” (Ebr. 9:9), ed anche: “Poichè la legge, avendo un’ombra dei futuri beni, non la realtà stessa delle cose, non può mai con quegli stessi sacrifici, che sono offerti continuamente, anno dopo anno, rendere perfetti quelli che s’accostano a Dio” (Ebr. 10:1), ed ancora che “noi abbiamo un altare del quale non hanno diritto di mangiare quelli che servono il tabernacolo” (Ebr. 13:10).
Il fatto che i sacerdoti e i Leviti anche dopo che Gesù fu assunto in cielo, offrivano doni e sacrifici per i peccati e prendevano le decime dal popolo, non significa affatto che i Gentili, sotto la grazia, facevano o dovevano fare (in quel tempo) quelle medesime cose, benchè quelle cose venivano da loro eseguite in ubbidienza alla legge che Dio diede a Mosè per tutto Israele.
Noi Gentili in Cristo Gesù che ci siamo convertiti a Dio, non siamo un popolo senza legge, che vive come gli piace o secondo la legge di Mosè, ma siamo un popolo che vive secondo la legge perfetta di Cristo.
Noi, (faccio un esempio) in questa nazione dobbiamo attenerci alla legge Italiana, cioè della nazione nella quale viviamo e della quale siamo cittadini, e per mezzo di questa legge abbiamo dei diritti e dei doveri. Ora, è chiaro che tra la legge Italiana e quella di un’altra nazione vi sono delle differenze, anche se ci possono essere pure delle leggi uguali tra loro; ma il fatto che ci siano delle leggi uguali in ambedue le legislazioni, non significa che il cittadino italiano, nella sua propria nazione, deve attenersi a tutte le leggi di quell’altra nazione; egli prende atto che anche quell’altra nazione, a riguardo di una cosa, ha la legge uguale o molto simile, ma prende pure atto che tutte le altre leggi di quella nazione sono molte diverse e riguardano solo i cittadini di quell’altra nazione.
Ora, tra la legge di Cristo, sotto il cui regno siamo noi, e la legge di Mosè, sotto la quale vivono i Giudei che non hanno creduto ancora, vi sono delle leggi che sono uguali; voglio dire che vi sono dei comandamenti nella legge dei Giudei che noi Gentili di nascita dobbiamo osservare, perchè essi sono validi tutt’ora per noi sotto la grazia, e mi riferisco a questi: “Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la mente tua…” (Matt. 22:37; Deut. 6:5); “Ama il tuo prossimo come te stesso” (Matt. 22:39; Lev. 19:18); “Non vi rivolgete agli spiriti, nè agli indovini, non li consultate..” (Lev. 19:31); “Non odierai il tuo fratello in cuore tuo..” (Lev. 19:17); “Non ti vendicherai” (Lev. 19:18), e molti altri che non nomino uno per uno; però vi sono molte altre leggi giuste che Dio diede a Israele, che noi Gentili in Cristo Gesù non dobbiamo osservare per non ricadere sotto la schiavitù della legge di Mosè dalla quale siamo stati liberati; e mi riferisco alle leggi sulla circoncisione della carne, sull’osservanza dei sabati, dei noviluni, delle feste e a quelle sugli animali puri ed impuri, quelle concernenti i sacrifici e inoltre quello compreso della decima.
- Gesù Cristo, quando riprese gli scribi ed i Farisei, disse loro: “Guai a voi, scribi e Farisei, ipocriti, perchè pagate la decima della menta e dell’aneto e del comino e trascurate le cose più gravi della legge: il giudicio, e la misericordia, e la fede. Queste sono le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre” (Matt. 23:23); ma anche con queste parole non si può dimostrare che Dio ci comanda di pagare la decima.
Gesù rivolse queste parole agli scribi e ai Farisei che sedevano sulla cattedra di Mosè, i quali, se da un lato pagavano la decima persino sulle erbe, dall’altro trascuravano le cose più importanti della legge e cioè il giudicio, la misericordia e la fede. Le parole di Cristo mostrano che secondo la legge di Mosè, procacciare la giustizia, la misericordia e la fede era più importante che pagare la decima, nondimeno Gesù non disse agli scribi ed ai Farisei che avevano fatto o facevano male a pagare la decima, ma disse loro che avrebbero dovuto in primo luogo procacciare le cose più gravi della legge (la giustizia, l’amore di Dio, e la fede) senza tralasciare le altre cose della stessa legge.
“Le altre cose”, che menzionò Gesù, comprendono anche il pagamento della decima, (perchè vi sono altre cose assieme al pagamento della decima che i Giudei non dovevano trascurare); perchè, secondo la legge, non dovevano essere trascurate neppure la legge sul sabato, quella sulle diverse feste giudaiche, quella sulla circoncisione della carne, le leggi relative alle vivande e molte altre. Se io vi dicessi: ‘Fratelli, bisogna procacciare la giustizia, l’amore di Dio e la fede di cui la legge parla’, io vi direi di fare ciò che è giusto fare anche per noi Gentili in Cristo Gesù; ma se aggiungessi: ‘Senza tralasciare le altre cose di cui parla la legge’, allora farei male, perchè comincerei in questa maniera a imporvi la circoncisione nella carne, l’osservanza del sabato e delle feste giudaiche, i precetti sulle vivande, il pagamento della decima ed altri precetti, facendo un uso illegittimo della legge nei vostri confronti. Perchè farei un uso illegittimo della legge? Perché Gesù disse che “la legge ed i profeti hanno durato fino a Giovanni” (Luca 16:16). Per questo motivo, noi alcune cose della legge le dobbiamo tralasciare, per non ricadere sotto il giogo della legge (dal quale siamo stati affrancati) e per non scadere dalla grazia.
L’apostolo Paolo scrisse ai santi in Efeso che Cristo ha abbattuto il muro di separazione che c’era fra i Giudei e noi Gentili, infatti disse: “Dei due popoli ne ha fatto uno solo ed ha abbattuto il muro di separazione con l’abolire nella sua carne la causa dell’inimicizia, la legge fatta di comandamenti in forma di precetti..” (Ef. 2:14,15), ed ai santi di Colosse scrisse: “Avendo cancellato l’atto accusatore scritto in precetti, il quale ci era contrario; e quell’atto ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce..” (Col. 2:14).
Fratelli, ma questo muro di separazione che esisteva fra i Giudei e noi Gentili, nella pratica, da che cosa era costituito? Considerate i precetti sugli olocausti, sui sacrifici di azioni di grazie, sui sacrifici per il peccato, il precetto sul sabato, sui noviluni, sulle feste giudaiche, il precetto sulla circoncisione della carne, i precetti sui cibi con il divieto ai Giudei di mangiare certi cibi, il precetto sulla decima, il divieto fatto ai Giudei di non prendere in marito o in moglie persone delle altre nazioni; ditemi: ‘Ma non erano proprio questi ed altri precetti scritti nella legge, il muro di separazione che c’era fra i Giudei e noi Gentili e la causa dell’inimicizia che c’era fra noi e loro? Certo che erano essi la causa dell’inimicizia che esisteva fra noi e loro. Ma Cristo morendo sulla croce ha annullato questa inimicizia che c’era fra noi e loro perchè ha preso questi precetti e li ha inchiodati sulla croce. Sì, egli ha abbattuto il muro di separazione! Ditemi: ‘Come potrebbero dei Giudei mangiare, bere, adorare Iddio e cantare a Dio assieme a noi Gentili di nascita, incirconcisi nella carne, se quel muro di separazione che si ergeva tra i Giudei ed i Gentili non fosse stato abbattuto? Sarebbe impossibile! Ma grazie siano rese a Dio in Cristo Gesù per avere abbattuto, nella pienezza dei tempi, questo muro di separazione!
È necessario dire però, che benchè Cristo ha abbattuto questo muro di separazione, in seguito, sorsero degli uomini Giudei che cercarono di ricostruirlo e di questo ne abbiamo una prova evidente quando quei Farisei che avevano creduto dissero in Gerusalemme, nel cospetto degli apostoli e degli anziani: “Bisogna circoncidere i Gentili, e comandare loro d’osservare la legge di Mosè” (Atti 15:5): ma gli apostoli e gli anziani capirono che se avessero comandato ai Gentili di farsi circoncidere e d’osservare la legge di Mosè avrebbero riedificato le cose che Cristo aveva distrutte e si sarebbero resi trasgressori; e perciò alle imposizioni di costoro non cedettero affinchè il Vangelo rimanesse fermo.
Noi siamo giunti alla conclusione che siccome a Gerusalemme gli apostoli e gli anziani non ci hanno imposto a noi Gentili il pagamento della decima (non ritenendolo nè così fondamentale e nè così importante come invece oggi fanno niente di meno che dei predicatori del Vangelo che sono Gentili), e se Paolo, l’apostolo e il dottore dei Gentili, in tutte le sue epistole non ha espressamente ordinato il pagamento della decima per sostenere l’opera di Dio, nessun ministro del Vangelo ha il diritto di imporre la decima ai santi. Chi ha deciso di farlo, ha deciso di praticare oltre ciò che è scritto e di ordinare quello che gli apostoli non ordinavano alle chiese dei Gentili. Certo è che coloro che impongono la decima mettono sul collo dei credenti un giogo pesante e scomodo da portare; sapete perché? Perchè inducono i credenti a servire uno di quei “deboli e poveri elementi” (Gal. 4:9) (così li ha chiamati Paolo).
- Paolo scrisse ai Corinzi: “Non sapete voi che quelli che fanno il servigio sacro mangiano di quel che è offerto nel tempio? e che coloro i quali attendono all’altare, hanno parte all’altare?” (1 Cor. 9:13).
Anche questo passo della Scrittura fa riferimento alla decima, perchè le decime sotto la legge venivano portate nel tempio e di esse usufruivano coloro che esercitavano il loro servigio sacro nel tempio. Ma pure in questo caso non possiamo affermare che queste parole significano che a noi Gentili Dio ha comandato di attenerci al comandamento della decima.
Paolo, con queste parole, ha ricordato ai Corinzi che anche sotto la legge, quelli che erano stati chiamati da Dio ad adempiere un sacro ufficio nella sua casa traevano il loro sostentamento dai beni materiali che il popolo offriva a Dio; ha voluto spiegargli così che non c’è da meravigliarsi se sotto la grazia, Dio ha comandato che quelli che annunziano l’Evangelo devono vivere del Vangelo, perchè anche sotto la legge quelli che ministravano nel tempio di Dio vivevano di quello che veniva offerto nel tempio.
E poi, se queste parole di Paolo significassero che noi dobbiamo pagare la decima, che significato attribuiremo a queste altre parole di Paolo: “Non sapete voi che coloro i quali corrono nello stadio, corrono ben tutti, ma uno solo ottiene il premio” (1 Cor. 9:24)? Forse che noi dobbiamo andare allo stadio a correre in qualche corsa per cercare di ottenere un premio? Affatto! Perchè in questo caso Paolo ha ricordato ai Corinzi che essi dovevano correre l’arringo che era davanti a loro in maniera tale da poter ottenere il premio della superna vocazione di Dio in Cristo Gesù, e lo ha fatto usandosi di questo termine di paragone che era conosciuto ai Corinzi.
Spieghiamo i passi dell’Antico Patto che parlano della decima
Vediamo ora quali sono quei passi dell’antico patto che prendono i sostenitori dell’imposizione della decima, per capire se è giusto usarli per costringere i santi a pagare la decima.
- È scritto: “E Melchisedec, re di Salem, fece portare del pane e del vino. Egli era Sacerdote dell’Iddio altissimo. Ed egli benedisse Abramo, dicendo: ‘Benedetto sia Abramo dall’Iddio altissimo, padrone dei cieli e della terra! E benedetto sia l’Iddio altissimo, che t’ha dato in mano i tuoi nemici!’ E Abramo gli diede la decima d’ogni cosa” (Gen. 14:18-20).
Questo episodio si verificò al ritorno di Abramo dalla sconfitta dei re: fermo restando che Abramo fece una cosa giusta nel cospetto di Dio nel dare la decima del meglio della preda a Melchisedec che era sacerdote dell’Iddio altissimo (questo episodio è trascritto pure nella epistola agli Ebrei), e fermo restando che la decima che egli diede la ricevette nel cielo colui che vive nei secoli dei secoli, non è giusto prendere questo passo per imporre la decima ai figliuoli d’Abramo.
Perchè dico che non è giusto? Perchè se prendiamo il fatto che Abramo diede la decima a Melchisedec, per imporre la decima, dobbiamo prendere pure il fatto che Abramo si fece circoncidere nella carne per ordine di Dio, per imporre la circoncisione della carne ai credenti. Noi sappiamo che fu Dio a ordinare ad Abramo la circoncisione, infatti è scritto che Dio gli disse: “Ogni maschio fra voi sia circonciso” (Gen. 17:10); che faremo allora? Ci circoncideremo nella carne, perchè Abramo fu circonciso nella carne? Così non sia! Non sapete voi che Paolo disse ai Corinzi: “Ciascuno seguiti a vivere nella condizione assegnatagli dal Signore, e nella quale si trovava quando Iddio lo chiamò… È stato alcuno chiamato essendo incirconciso? Non si faccia circoncidere” (1 Cor. 7:17,18)?
Come mai Paolo non ha imposto la circoncisione nella carne ai credenti incirconcisi? Come mai non lo ha fatto? Paolo sapeva che era stato Dio ad ordinare la circoncisione ad Abramo, eppure disse che “la circoncisione è nulla” (1 Cor. 7:19); egli sapeva che fu Dio a volere la circoncisione di Abramo eppure ha detto a chi è stato chiamato da Dio essendo incirconciso di non farsi circoncidere, e tutto ciò perchè egli usava la legge in modo legittimo e tagliava rettamente la parola di verità: egli faceva quello che oggi molti non vogliono fare. Per questo non c’è da meravigliarsi del fatto che Paolo non ha imposto la decima facendo leva su questo episodio accaduto nella vita di Abramo, e del fatto che egli non ha imposto la circoncisione nella carne agli incirconcisi prendendo per esempio la circoncisione del patriarca Abramo. Noi rispettiamo sia il fatto che Abramo diede la decima a Melchisedec, e sia il fatto che egli fu circonciso, ma non ci permettiamo di giungere alla errata conclusione che sia lecito sia imporre la decima e sia imporre la circoncisione nella carne, e questo perchè sappiamo che una tale persuasione non viene da Colui che ci ha chiamati a libertà.
- Parliamo ora del voto che fece Giacobbe a Bethel. È scritto: “E Giacobbe fece un voto, dicendo: ‘Se Dio è meco, se mi guarda durante questo viaggio che fo, se mi dà pane da mangiare e vesti da coprirmi, e se ritorno sano e salvo alla casa del padre mio, l’Eterno sarà il mio Dio; e questa pietra che ho eretta in monumento, sarà la casa di Dio; e di tutto quello che tu darai a me, io, certamente, darò a te la decima” (Gen. 28:20-22).
Giacobbe fece questo voto mentre andava in Mesopotamia, e precisamente dopo che ricevette un sogno da parte di Dio a Bethel. Ora, fermo restando che Giacobbe non fece nessun male a promettere di dare la decima a Dio se Dio lo avesse assistito, noi diciamo che non è lecito prendere l’esempio di questo voto per imporre la decima (appunto perchè si tratta di un voto volontario); anzi, questo voto dovrebbe essere preso per sostenere che anche sotto la grazia è lecito fare a Dio un voto nel quale gli si promette di dare la decima. Sì, perchè noi crediamo che non c’è nulla di male nel promettere di dare a Dio, di propria spontanea volontà, la decima delle proprie entrate per una particolare opera nella casa di Dio (per l’opera assistenziale nei confronti dei poveri, delle vedove, degli orfani, o nei confronti di un ministro del Vangelo). Sia ben chiaro però, che nel caso un credente faccia questo determinato voto a vita, sarà obbligato per tutta la sua vita a mantenere la parola uscita dalla sua bocca, se non vuole incorrere nel giudizio di Dio perchè è scritto: “Quando avrai fatto un voto all’Eterno, al tuo Dio, non tarderai ad adempierlo; poiché l’Eterno, il tuo Dio, te ne domanderebbe certamente conto, e tu saresti colpevole..Mantieni e compi la parola uscita dalle tue labbra; fà secondo il voto che avrai fatto volontariamente all’Eterno, al tuo Dio, e che la tua bocca avrà pronunziato” (Deut. 23:21,23).
- Dopo che le mura di Gerusalemme furono ricostruite, Nehemia e i capi del popolo d’Israele, e i Leviti fecero un patto davanti a Dio con il quale s’impegnarono a camminare seguendo la legge di Mosè. Voglio ora trascrivere per intero quello che Nehemia ha scritto a tale proposito: “Noi fermammo un patto stabile e lo mettemmo per iscritto; e i nostri capi, i nostri Leviti e i nostri sacerdoti vi apposero il loro sigillo. Quelli che v’apposero il loro sigillo furono i seguenti: Nehemia, il governatore, figliuolo di Hacalia, e Sedecia, Seraia, Azaria, Geremia, Pashur, Amaria, Malkija, Hattush, Scebania, Malluc, Harim, Meremoth, Obadia, Daniele, Ghinnethon, Baruc, Meshullam, Abija, Mijamin, Maazia, Bilgai, Scemaia. Questi erano sacerdoti. Leviti: Jeshua, figliuolo di Azania, Binnui dei figliuoli di Henadad, Kadmiel, e i loro fratelli Scebania, Hodia, Kelita, Pelaia, Hanan, Mica, Rehob, Hashabia, Zaccur, Scerebia, Scebania, Hodia, Bani, Beninu. Capi del popolo: Parosh, Pahath-Moab, Elam, Zattu, Bani, Bunni, Azgad, Bebai, Adonia, Bigvai, Adin, Ater, Ezechia, Azzur, Hodia, Hashum, Betsai, Harif, Anatoth, Nebai, Magpiash, Meshullam, Hezir, Mescezabeel, Tsadok, Jaddua, Pelatia, Hanan, Anaia, Hosea, Hanania, Hasshub, Hallohesh, Pilha, Shobek, Rehum, Hashabna, Maaseia, Ahiah, Hanan, Anan, Malluc, Harim, Baana. Il resto del popolo, i sacerdoti, i Leviti, i portinai, i cantori, i Nethinei e tutti quelli che s’erano separati dai popoli dei paesi stranieri per aderire alla legge di Dio, le loro mogli, i loro figliuoli e le loro figliuole, tutti quelli che avevano conoscimento e intelligenza, s’unirono ai loro fratelli più ragguardevoli tra loro, e s’impegnarono con esecrazione e giuramento a camminare nella legge di Dio data per mezzo di Mosè servo di Dio, ad osservare e mettere in pratica tutti i comandamenti dell’Eterno, del Signore nostro, le sue prescrizioni e le sue leggi, a non dare le nostre figliuole ai popoli del paese e a non prendere le figliuole loro per i nostri figliuoli, a non comprar nulla in giorno di sabato o in altro giorno sacro, dai popoli che portassero a vendere in giorno di sabato qualsivoglia sorta di merci o di derrate, a lasciare in riposo la terra ogni settimo anno, e a non esigere il pagamento di verun debito. C’imponemmo pure per la legge di dare ogni anno il terzo d’un siclo per il servizio della casa del nostro Dio, per i pani della presentazione, per l’oblazione perpetua, per l’olocausto perpetuo dei sabati, dei noviluni, delle feste, per le cose consacrate, per i sacrifizi d’espiazione a pro d’Israele, e per tutta l’opera della casa del nostro Dio; e tirando a sorte, noi sacerdoti, Leviti e popolo, regolammo quel che concerne l’offerta delle legna, affin di portarle, secondo le nostre case patriarcali, alla casa del nostro Dio, a tempi fissi, anno per anno, perchè bruciassero sull’altare dell’Eterno, del nostro Dio, come sta scritto nella legge; e c’impegnammo a portare ogni anno nella casa dell’Eterno le primizie del nostro suolo e le primizie d’ogni frutto di qualunque albero, come anche i primogeniti dei nostri figliuoli e del nostro bestiame conforme sta scritto nella legge, e i primogeniti delle nostre mandre e dei nostri greggi per presentarli nella casa del nostro Dio ai sacerdoti che fanno il servizio nella casa del nostro Dio. E c’impegnammo pure di portare ai sacerdoti nelle camere della casa del nostro Dio, le primizie della nostra pasta, le nostre offerte prelevate, le primizie dei frutti di qualunque albero, del vino e dell’olio, e di dare la decima delle rendite del nostro suolo ai Leviti, i quali debbono prendere essi stessi queste decime in tutti i luoghi da noi coltivati. E un sacerdote, figliuolo d’Aaronne, sarà coi Leviti quando preleveranno le decime; e i Leviti porteranno la decima della decima alla casa del nostro Dio nelle stanze che servono di magazzino, poichè in quelle stanze i figliuoli d’Israele e i figliuoli di Levi debbono portare l’offerta prelevata sul frumento, sul vino e sull’olio; quivi sono gli utensili del santuario, i sacerdoti che fanno il servizio, i portinai e i cantori. Noi c’impegnammo così a non abbandonare la casa del nostro Dio” (Neh. 9:38; 10:1-39).
Noi non abbiamo nulla da ridire sulla decisione che presero Nehemia, i sacerdoti, i Leviti ed il resto del popolo, anzi siamo lieti di leggere che il popolo d’Israele dopo che ritornò dalla cattività prese la ferma decisione di tornare a camminare secondo la legge che Dio gli aveva dato al monte Sinai. Quello che essi fecero ci serve d’ammaestramento ed anche d’esempio; ma non possiamo prendere tutte le loro medesime decisioni perchè altrimenti ricadremmo sotto il giogo della legge e scadremmo dalla grazia di Dio. Come potete vedere tra le decisioni che essi presero vi era anche quella di non comprare nulla in giorno di sabato o in un altro giorno sacro secondo la legge e non solo quella di dare la decima ai Leviti; quindi se dovessimo tornare al Signore col dare la decima, dovremmo pure tornare al Signore coll’osservare scrupolosamente anche la legge del sabato. Ma grazie siano rese a Dio perchè noi non siamo più sotto la legge e non dobbiamo tornare al Signore in queste cose della legge. State tranquilli fratelli, perchè come non ci è imposto di osservare il sabato (perchè ombra di cosa che doveva avvenire) così non ci è imposto neppure di pagare la decima. Quelli che prendono anche questo esempio per imporre la decima non usano la Scrittura in modo legittimo.
- Nel libro del profeta Malachia Dio rivolse queste parole al popolo che aveva smesso di portare le decime e le offerte nella sua casa: “Tornate a me, ed io tornerò a voi, dice l’Eterno degli eserciti. Ma voi dite: ‘In che dobbiamo tornare?’ L’uomo deve egli derubare Iddio? Eppure voi mi derubate. Ma voi dite: ‘In che t’abbiamo noi derubato?’ Nelle decime e nelle offerte. Voi siete colpiti di maledizione, perchè mi derubate, voi, tutta quanta la nazione! Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché vi sia del cibo nella mia casa, e mettetemi alla prova in questo, dice l’Eterno degli eserciti; e vedrete s’io non v’apro le cateratte del cielo e non riverso su voi tanta benedizione, che non vi sia più dove riporla. E, per amore vostro, io minaccerò l’insetto divoratore; ed egli non distruggerà più i frutti del vostro suolo, e la vostra vigna non abortirà più nella campagna, dice l’Eterno degli eserciti. E tutte le nazioni vi diranno beati, perchè sarete un paese di delizie, dice l’Eterno egli eserciti” (Mal. 3:7-12).
Dio aveva detto ad Israele che sia la decima delle raccolte del suolo e sia la decima dei frutti degli alberi gli apparteneva, perciò fu inevitabile che Israele, quando si tenne per sè le decime e non le portò alla casa di Dio, fu accusato da Dio di derubarlo. A giusta ragione, dobbiamo dire, perchè il precetto della legge riguardo alla decima parla chiaro. Ma Dio, non solo accusò Israele di derubarlo ma lo maledì pure mandando le locuste e i vermi a divorare i frutti dei loro campi e le loro vigne.
Quello che Egli disse ad Israele gli avrebbe fatto se avesse rifiutato di dare ascolto alla sua legge, Dio lo fece; infatti Dio aveva detto: “Porterai molta semenza al campo e raccoglierai poco, perchè la locusta la divorerà. Pianterai vigne, le coltiverai, ma non berrai vino nè coglierai uva, perchè il verme le roderà” (Deut. 28:38,39), e queste parole mandò ad effetto contro il suo popolo quando questi seguì la caparbietà del suo cuore disubbidendo al precetto sulla decima. Ora, coloro che sotto la grazia prendono queste parole di Dio per affermare che chi non dà la decima delle sue entrate viene colpito di maledizione da Dio, dimenticano volontariamente queste cose, di cui vi voglio ora parlare per spiegarvi che queste parole di Malachia non si possono applicare a noi che siamo sotto la grazia:
- Israele non fu colpito di maledizione solo quando non portò le decime alla casa di Dio, ma anche quando si rifiutò di osservare il sabato, infatti in Geremia Dio disse agli Israeliti che se non avessero santificato il giorno di sabato li avrebbe puniti, secondo che è scritto: “Ma, se non mi date ascolto e non santificate il giorno del sabato e non v’astenete dal portare dei carichi e dall’introdurne per le porte di Gerusalemme in giorno di sabato, io accenderò un fuoco alle porte della città, ed esso divorerà i palazzi di Gerusalemme, e non s’estinguerà” (Ger. 17:27). Quindi noi, secondo il ragionamento di costoro, saremo puniti da Dio anche se non santifichiamo il giorno del sabato nella maniera prescritta dalla legge di Mosè; ma questo non può succedere perchè il sabato era un ombra di ciò che doveva venire, e noi non siamo obbligati ad osservarlo.
- Se costoro dicono che coloro che non pagano le decime sono colpiti di maledizione perchè derubano Dio, allora sono colpiti di maledizione pure quelli che riscuotono le decime ma non mettono da parte la decima delle decime per offrirla a Dio, perchè anche loro derubano Dio. Sì, anche loro derubano Dio, perchè Dio disse ai Leviti che dovevano riscuotere le decime dal popolo: “Quando riceverete dai figliuoli d’Israele le decime che io vi do per conto loro come vostro possesso, ne metterete da parte un’offerta da fare all’Eterno; una decima della decima..” (Num. 18:26). Come mai però costoro non parlano mai di questo ordine che è strettamente collegato alla decima?
- Se si dovessero attenere scrupolosamente a tutto ciò che dice la legge attorno alla decima dovrebbero insegnare diverse cose che sono scritte nella legge attorno alla decima. Innanzi tutto dovrebbero dire che i credenti sono obbligati a dare la decima pure sui frutti del suolo, quali frutta, verdure, grano ed altri prodotti (questo anche nel caso un credente abbia un orto), ed anche il decimo capo delle figliate degli animali che essi allevano, ed anche la decima di qualsiasi entrata in denaro che non fa parte dello stipendio mensile (offerte, o altro).
Come potete vedere da voi stessi, imporre tali cose ai credenti significherebbe veramente porre su loro dei pesi difficili a portare perchè essi si metterebbero a pensare del continuo alla decima e comincerebbero a tenere a mente o a registrare tutte le loro entrate di qualsiasi genere esse siano, per la paura di non dare la decima su qualche cosa e di derubare così Dio (come gli viene detto).
Tra le altre cose attorno alla decima che costoro dovrebbero insegnare se si attenessero scrupolosamente ad essa vi è pure questo ordine: “Alla fine d’ogni triennio, metterai da parte tutte le decime delle tue entrate del terzo anno, e le riporrai entro le tue porte; e il Levita, che non ha parte nè eredità con te, e lo straniero e l’orfano e la vedova che saranno entro le tue porte verranno, mangeranno e si sazieranno, affinchè l’Eterno, il tuo Dio, ti benedica in ogni opera a cui porrai mano” (Deut. 14:28,29)? Come mai allora essi tacciono su questo precetto e non dicono che il terzo anno tutte le decime devono essere impiegate in questa maniera? Non è forse perchè vogliono parlare delle cose che fanno comodo a loro e che più gli piacciono? Non è forse perchè loro stessi si rendono conto di quanto pesante diventerebbe volere osservare tutti i precetti attorno alla legge sulla decima?
- Gli apostoli conoscevano bene queste parole scritte nel libro di Malachia, e se avessero ritenuto che Dio avrebbe maledetto tutti quei credenti che per una ragione o per un’altra avrebbero dato meno della decima delle loro entrate, lo avrebbero confermato e non avrebbero tralasciato di parlare a voce e per iscritto di una cosa così importante. Ma allora come si spiega che in tutte le epistole di tutti gli apostoli, e non solo in quelle di Paolo, non c’è solo un passo che dice chiaramente che dobbiamo dare la decima come sotto la legge? Ma pensate che Dio abbia dimenticato di dirci tramite gli apostoli che dobbiamo osservare il precetto sulla decima? Io credo che l’Iddio che non dimentica neppure uno dei cinque passeri che si vendono per un solo soldo non si possa essere dimenticato di dirci una cosa così importante. O forse, costoro, pensano che Dio si usi di loro per ricordarcela? Se è così, si sbagliano grandemente, perchè noi crediamo che gli apostoli lo avrebbero fatto molto tempo prima di loro.
Certamente, gli apostoli avrebbero potuto confermare che noi Gentili dobbiamo pagare la decima come prescrive la legge di Mosè, quando si radunarono con gli anziani a Gerusalemme per discutere della questione che era sorta, cioè se obbligare i Gentili a farsi circoncidere ed osservare la legge di Mosè o meno. Ma anche in quella occasione non parve bene nè allo Spirito Santo e neppure agli apostoli e agli anziani di imporci di osservare il precetto sulla decima. Erano Giudei di nascita; almeno dodici dei presenti erano stati con Gesù, conoscevano la legge, erano a favore della divulgazione del Vangelo e del diritto che è nel Vangelo che hanno i ministri del Vangelo, ma non ritennero opportuno di imporci un tale precetto. Ma a questo, cioè ad imporlo ai credenti, purtroppo, e ripeto purtroppo, ci hanno pensato alcuni di fra i Gentili che non vogliono usare la legge in modo legittimo.
- Noi tutti eravamo sotto la maledizione della legge prima di conoscere Dio, ma ora in Cristo siamo stati liberati dalla maledizione della legge. Perchè eravamo sotto maledizione? Perchè Dio disse: “Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica” (Gal. 3:10; Deut. 27:26), e noi eravamo tra quelli che non avevano messo in pratica tutti i comandamenti della legge, ivi compreso quello sulla decima. Ma noi ora non siamo più tra coloro che si basano sulle opere della legge per essere giustificati (quindi non siamo più sotto maledizione), ma tra coloro che credono di essere stati giustificati per la grazia di Dio (quindi siamo benedetti col credente Abramo) e che saremo salvati dall’ira a venire sempre mediante la grazia di Dio e non mediante le opere della legge. Noi ricadremmo sotto la maledizione della legge se cercassimo di essere giustificati per la legge, perchè ritorneremmo a basarci sulle opere della legge. Ma certamente non possiamo dire che un credente sarà colpito di maledizione se, per un qualsiasi motivo, da meno della decima delle sue entrate; e questo perchè noi non siamo più sotto la legge ma sotto la grazia.
- Paolo ha detto: “Se qualcuno non ama il Signore, sia anatema [maledetto]” (1 Cor. 16:22), e non: ‘Se qualcuno non paga la decima sia anatema’; e noi sappiamo che coloro che non amano il Signore sono coloro che non osservano le parole di Cristo, perchè Gesù ha detto: “Chi non mi ama non osserva le mie parole” (Giov. 14:24), e non i credenti che non osservano la legge di Mosè
- Paolo ha detto: “Se alcuno vi annunzia un Vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema” (Gal. 1:9); quindi noi sappiamo che anche coloro che annunziano un Vangelo diverso da quello che abbiamo ricevuto dagli apostoli sono maledetti.
Noi sappiamo chi sono coloro che sono maledetti da Dio e siccome che tra costoro non ci sono coloro che non pagano la decima non ci si deve mettere a spaventare e ad angariare i credenti con le parole di Malachia.
Una parola d’esortazione diretta a coloro che impongono la decima
Dopo avervi esposto che non è giusto imporre la decima ai credenti, spero che siate persuasi dell’inopportunità di proseguire ad imporla. Nel caso non lo foste ancora vi ricordo questo. Ognuno di voi impone la decima per diverse ragioni; a coloro che lo fanno per mancanza di conoscenza dico di investigare le Scritture accuratamente e non superficialmente, al fine di rimanere persuasi dalle Scritture stesse. Io stesso sono stato persuaso dalle Scritture sull’inopportunità di imporre la decima sotto la grazia, quindi siccome che sono convinto che il Signore apre tutt’ora la mente dei suoi per intendere le Scritture sono sicuro che vi farà intendere anche a voi quello che molti hanno già inteso, a condizione però che disponiate il cuore vostro alla ricerca della verità attorno a questo soggetto.
A quelli che impongono la decima per paura di non vedere alla fine del mese ‘quadrare il bilancio’ della chiesa, dico questo: Questa vostra paura non giustifica affatto quello che voi fate. Avete paura che i credenti diano meno della decima? Non temete: abbiate fede in Dio perchè lui farà arrivare lo stesso il denaro di cui c’è bisogno per pagare l’affitto del locale di culto e per adempiere ogni opera buona senza che voi facciate leva su questo precetto della legge. Se voi imparaste a non angariare i credenti con il precetto della legge sulla decima, comincereste a vedere che alcuni credenti darebbero molto più di quello che danno e voi vi rendereste conto della debolezza di questo ordine sulla decima. E poi questa paura che avete è indice di poca fiducia in Dio. Gesù, sulla terra, non impose la decima a nessuno (ricordatevi che le decime i Giudei le dovevano portare secondo la legge nel tempio ai Leviti) perchè se lui avesse richiesto le decime dal popolo lui avrebbe trasgredito la legge, perchè secondo la legge erano i Leviti che dovevano riscuotere le decime e lui non era un Levita; eppure non gli mancò mai nulla; non credete che Dio possa supplire anche ai vostri bisogni personali e familiari senza che facciate leva sulla decima?
A quelli che invece impongono la decima perchè rapaci ed amanti del danaro dico: Ravvedetevi delle vostre malvagità. Dio è colui che scruta i cuori e le reni, di lui non vi potete fare beffe. Potete ingannare le anime semplici che hanno poco discernimento, ma non certamente Dio che vi renderà secondo le vostre opere malvage se persistete ad opprimere i santi del Signore con le parole di Malachia circa la decima. Siete come i Farisei al tempo di Gesù, i quali sedevano sulla cattedra di Mosè; essi insegnavano a pagare la decima (loro però lo facevano legittimamente) e loro stessi la pagavano, però amavano il denaro, infatti è scritto che “i Farisei, che amavano il denaro, udivano tutte queste cose e si facevano beffe di lui [di Gesù]“ (Luca 16:14); ma Gesù li riprese severamente a motivo delle loro opere malvage. Pagavano la decima sulla menta, sulla ruta e sul comino, ma trascuravano l’amore di Dio, la fede, e la giustizia; le stesse cose che trascurate anche voi perchè siete cupidi di disonesto guadagno. Ma non solo; siete anche pieni di quella ‘mania di grandezza’ che riempie il cuore di alcuni che predicano l’Evangelo. Anche voi siete alla ricerca del ‘potere temporale’, anche voi volete costruirvi le vostre splendide cattedrali, anche voi volete apparire dei grandi uomini di Dio agli occhi dei più. Sapete come fare; vi siete messi ad agire nella stessa maniera in cui hanno fatto, prima di voi, quelli che hanno cercato il loro interesse nell’opera del Signore. Di umiltà non volete neppure sentire parlare, per voi Gesù è stato un uomo che ha perso l’occasione di diventare in Israele una persona rispettata come voi e ricca come voi; vi sbagliate grandemente. Siete voi che state perdendo l’occasione di diventare ricchi e grandi agli occhi di Dio. Siete miseri spiritualmente; non vi lasciate trarre in inganno dalle lusinghe dei vostri seguaci, agli occhi dei quali siete grandi, perchè la realtà è tragica. Voi avete preferito le grandi entrate senza equità al poco col timore di Dio; e perchè è avvenuto questo? Perchè non siete disposti ad umiliarvi davanti a Dio e a rinunciare all’astuzia e alle cose nascoste e vergognose. Dio sta ancora pazientando con voi, non sprezzate nè la sua pazienza e neppure la sua longanimità, altrimenti sarete puniti da lui come meritate.
Una parola d’esortazione finale
Ho voluto dimostrare che imporre la decima ai santi sotto la grazia non è legittimo; l’ho voluto fare perchè so che l’imposizione della decima fa nascere (è inevitabile questo) delle discussioni in seno alla fratellanza e questo non perchè i fratelli non vogliono dare, ma perchè ritengono fastidioso e opprimente che alcuni pastori stabiliscono in questa maniera di togliergli una parte precisa delle loro entrate. Alcuni tra costoro arrivano al punto di andare a controllare la busta paga dei credenti per vedere se hanno dato veramente la decima parte del loro salario; questo è vergognoso e scandaloso! Ora, voglio terminare di scrivere su questo soggetto, esortandovi a dare, come hanno fatto prima di me Gesù, e poi gli apostoli.
Fratelli, è vero che non vi deve essere imposta la decima, ma è altresì vero che vi dovete guardare da ogni avarizia. Giovanni ha detto: “Noi abbiamo conosciuto l’amore da questo: che Egli ha data la sua vita per noi; noi pure dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli” (1 Giov. 3:16); queste parole stanno a dimostrare che a noi è comandato di dare tutto per i fratelli; sì, la nostra vita, come Gesù diede la sua per dei malfattori quali eravamo noi. Quanto ha dato Gesù per noi? Quanto ha offerto Gesù di quello che possedeva per l’opera di Dio? La risposta è: Tutto! Che si può dire dinnanzi all’esempio che ci ha lasciato Gesù? Solo che esso è perfetto, completo; non ci resta che imitare il Maestro, Colui che a giusta ragione noi chiamiamo Signore. In che maniera? Facendo come faceva Paolo per i santi. Egli disse ai Corinzi: “E io molto volentieri spenderò e sarò speso per le anime vostre” (2 Cor. 12:15). Spendiamo la nostra vita per la buona causa del Vangelo; impieghiamo quello che abbiamo nell’opera del Signore; facciamo parte ai bisognosi dei nostri beni materiali; ricordatevi di quelli che vi ammaestrano nella Parola per fare loro parte di tutti i vostri beni affinchè nulla manchi loro perchè essi ne sono degni.
L’apostolo Paolo, dopo avere detto: “Dia ciascuno secondo che ha deliberato in cuore suo; non di mala voglia, nè per forza perchè Iddio ama un donatore allegro” (2 Cor. 9:7), ha detto: “E Dio è potente da fare abbondare su di voi ogni grazia, affinchè, avendo sempre in ogni cosa tutto quel che v’è necessario, abbondiate in ogni opera buona” (2 Cor. 9:8,9); noi crediamo in queste parole; le abbiamo sperimentate e le continueremo a sperimentare se continueremo a dare allegramente.
Infine, ricordatevi che ciascuno di noi mieterà quello che semina e che alla raccolta nessuno di noi potrà incolpare Dio di fargli mietere meno di quello che sta seminando, perchè Dio è giusto e non commette ingiustizie.
Benedetto sia l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo per la sua eccelsa giustizia. Amen
Giacinto Butindaro
Tratto da: http://www.lanuovavia.org/confutazioni.decima.html
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Commento by Daniele | Gennaio 27th, 2015
Effettivamente…..se diamo uno sguardo un pò più attento a tutta la scrittura notiamo con stupore che la “decima” veniva data per il MANTENIMENTO del tempio….OGGI però il Tempio sono tutti i discepoli di Cristo che per mezzo della fede hanno ricevuto la caparra dello S.Santo…..quindi? È più credibile alla luce della Bibbia “l’offerta” VOLONTARIA e non per piacere al Signore visto che nel nuovo patto nel suo sangue….NON VUOLE LA 10ma….ma tutta la nostra vita….
Commento by Giovan battista | Marzo 1st, 2018
Ci sono chiese attaccate al denaro più che a gesu una chiesa battista negli usa il pastore addirittura mandava lettere per riscuotere le decime ai fratelli morosi e inoltre i fratelli dovevano dare ogni mese 50€ senno perdevano l’appartenenza alla chiesa di male in peggio poi se i pagani ci giudicano ci offendiamo la chiesa battista monte moriah in florida