● La Didachè non è opera degli apostoli del Signore

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Fratello, ho letto la Didachè e posso dirti che non è opera degli apostoli del Signore perché in essa ci sono delle cose non conformi a verità.
- La Didachè dice: ‘Non odierai alcun uomo, ma riprenderai gli uni; per altri, invece, pregherai; altri li amerai più dell’anima tua’ (II,7).
Dove mai nella Scrittura è scritto che bisogna amare il prossimo più di noi stessi? Essa dice: “amerai il prossimo tuo come te stesso’ (Lev. 19:18) e non ‘più di te stesso’.
- La Didachè dice: ‘Se grazie al lavoro delle tue mani possiedi (qualche cosa), donerai in espiazione dei tuoi peccati’ (IV, 6).
Fare l’elemosina per compiere l’espiazione dei propri peccati è una eresia perché la propiziazione dei nostri peccati è Cristo, e quindi non ci sono opere buone che noi possiamo fare per espiare i nostri peccati. I nostri peccati li ha espiati Cristo con il suo sacrificio, e quindi se noi Cristiani pecchiamo, abbiamo fiducia che pentendoci da essi e confessandoli al Signore otterremo la loro remissione in virtù del suo sacrificio espiatorio compiuto una volta per sempre appunto per espiare i nostri peccati. E’ il sangue di Cristo che ci purifica da ogni peccato, quindi è mediante la fede nel suo sangue che noi possiamo ottenere la remissione dei nostri peccati. Elemosine, digiuni, e quant’altro, non possono in nessuna maniera cancellare i nostri debiti.
- La Didachè dice a proposito del battesimo: ‘Riguardo al battesimo, battezzate così: avendo in precedenza esposto tutti questi precetti, battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in acqua viva. Se non hai acqua viva, battezza in altra acqua; se non puoi nella fredda, battezza nella calda. Se poi ti mancano entrambe, versa sul capo tre volte l’acqua in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E prima del battesimo digiunino il battezzante, il battezzando e, se possono, alcuni altri. Prescriverai però che il battezzando digiuni sin da uno o due giorni prima’ (VII, 1-4).
Il battesimo deve essere ministrato per immersione, questa è l’unica maniera in cui vanno battezzati gli uomini. Quindi non è lecito battezzarli buttandogli sulla testa un po’ d’acqua non importa se una, due o tre volte o mille volte. E poi, la Scrittura non insegna affatto che chi si deve fare battezzare e chi lo deve battezzare devono digiunare prima del battesimo. L’eunuco e Filippo non digiunarono, ma Filippo lo battezzò subito. Paolo e il carceriere di Filippi non digiunarono, ma Paolo lo battezzò subito. La stessa cosa dicasi per Cornelio e quelli di casa sua e quelli che li battezzarono per ordine di Pietro.
- La Didachè dice: “Ogni apostolo che venga presso di voi sia accolto come il Signore. Però dovrà trattenersi un giorno solo; se ve ne fosse bisogno anche un secondo; ma se si fermasse tre giorni, egli è un falso profeta’ (XI, 4).
Stando dunque così le cose, in base a ciò che dice la Didachè dovremmo dire che Paolo era un falso profeta perché la Scrittura dice che egli dimorò in casa dell’evangelista Filippo per molti giorni (Atti 21:10) e stette a casa di Pietro quindici giorni (Gal. 1:18). Ma ti rendi conto quanto sia falsa questa dichiarazione della Didachè?
- La Didachè dice che i profeti sono i nostri ‘Sommi Sacerdoti’ (XIII, 3).
Ciò non è vero, perché noi abbiamo un solo Sommo Sacerdote che è Cristo Gesù; i profeti sono solo dei ministri di Dio preposti a fare i profeti.
- La Didachè dice: “Nel giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro’ (XIV, 1).
Cosa si intende per sacrificio? La Cena del Signore? Pare proprio di sì infatti viene citato a conferma lo stesso passo di Malachia (XIV, 3) che prendono i preti tuttora per sostenere che la messa è l’oblazione di cui parla il profeta Malachia (2:11). Siamo dinnanzi all’eresia papista che fa passare la cena del Signore per la ripetizione del sacrificio di Cristo.
Potrei citarti altre falsità insegnate dalla Didachè, ma mi fermo qui, credo di averti dimostrato che questo documento è un falso attribuito agli apostoli. Eppure, ci sono credenti che lo prendono come autentico e lo citano a sostegno di alcune loro false dottrine.
Mi è capitato personalmente questa cosa, quindi stai attento fratello. Sii avveduto.
Tratto da: http://www.lanuovavia.org/faq2_bibbia_009.html
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Commento by Gilberto | Maggio 20th, 2013
Quindi la Didakè non va letta, ma bruciata? Sarebbe questo il concetto: lo stesso ragionamento per cui fino ad Erasmo da Rotterdam si pensava che la Bibbia fosse solo ed unicamente la traduzione di Girolamo. Fino al IV sec. il Canone non esisteva, per cui tante chiese reputavano degni di fede anche gli atti di Paolo e Tecla (ovviamente non ad opera dell’Apostolo, così come probabilmente non lo sono alcune delle lettere entrate a far parte del Nuovo Testamento canonico). Il problema sta nel capire il sistema (che per altro era vigente fino al pieno medioevo) della paternità di un opera letteraria: non esistendo la remunerazione dovuta al diritto d’autore o la paternità era autentica (e comunque parliamo sempre di scritti dettati, come indicato dal Segretario di Paolo in Romani), oppure era attribuita, ma non sempre con scopo malevolo. Inoltre, non possedendo la prima copia (se mai ne fosse esistita una prima) degli scritti, ma spesso copie fatte da scribi, prima volontari (un po come capita anche oggi nelle chiese italiane), poi professionisti (che hanno però avuto spesso il demerito di trasformare in un greco più classico i testi che via via erano divulgati) ci ritroviamo a dover collare (mettere in rapporto) codici Maiuscoli, Minuscoli, Lezionari antichi, Traduzione primitive e citazioni dal Greco e dal Latino dei primi scrittori Cristiani. Altrimenti potreste tranquillamente gettare al rogo sia la Nuova Riveduta (ma anche la Luzzi ha seguito lo stesso criterio) ed optare unicamente per la Diodati. Dare per diabolico gli scritti apocrifi (che per altro hanno spesso richiami identici ai vangeli) non porta molto lontano, se non ad anatemi continui e a chiusure totali, una privazione di dialogo su di un argomento tanto affascinante da colpire anche i non credenti. La Didachè, pur non essendo un testo degno di fede, rimane un opera fondamentale per capire la prima cristianità: allora gettiamo nel cassonetto tutti i commentari e forse anche l’articolo sopra scritto “bambino e acqua calda”. Io personalmente non ho perso la fede leggendo il “Vangelo segreto di Marco” (che poi già dal titolo ti fa capire che entra dentro la schiera di tutti quegli scritti esoterico-gnostici che proliferarono nei primi due secoli della chiesa, semmai concentrerei la mia riflessione sulla violenza (quella si veramente sadica e diabolica) che la prima chiesa di Roma ha perpetuato ai danni del Proto-Cattolicesimo, che a sua volta aveva perseguitato con ferocia le chiese primitive. Almeno oggi le denominazioni sono quelle, per quanto distanti tra di loro, allora erano veramente sterminate (cfr. Bart Ehrman “I Cristianesimi primitivi” ed. Carrocci). Andrò all’inferno per questa riflessione? spero di no!
Commento by nicola iannazzo | Maggio 22nd, 2013
No, nessuno ha mai invitato di bruciarla ma a guardarsi dal suo contenuto, questo si.
Lo studio infatti dimostra ampiamente che la Didachè non può essere opera degli apostoli del Signore e perciò reputata alla pari delle Sacre Scritture dato che contiene diverse falsità. Coloro che la citano a sostegno di alcune false dottrine errano perciò grandemente non attenendosi esclusivamente ai 66 libri canonici delle Sacre Scritture. Ripeto, 66 libri, dato che anche i 7 cosiddetti libri “deuterocanonici” inclusi nelle Bibbie Cattolico Romane NON SONO Parola di Dio.
Vedere a tal proposito l’articolo: Contro i libri apocrifi
Commento by Emmanuele | Aprile 18th, 2023
Penso che indipendentemente dal fatto che si legga un testo biblico o meno,per il cristiano è importante comprendere che tutto quello che va in contrasto con gli insegnamenti di Gesù è da ritenersi errato.Lo stesso Gesù è venuto in questo mondo,tra l’altro,per insegnare ad capire l’essenza delle cose fondamentali e semplici piuttosto che andare troppo dietro alla tradizione ed ai formalismi.