● Contro l’ecumenismo con la Chiesa Cattolica Romana
Perchè l’ecumenismo è una macchinazione del diavolo
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Quale comunione c’è fra la luce e le tenebre? (ancora contro l’ecumenismo)
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IL CAMBIAMENTO DI ATTEGGIAMENTO DELLA CHIESA CATTOLICA NEI CONFRONTI DELL’ECUMENISMO
Nell’enciclica Mortalium Animos (1928) di Pio XI (1922-1939) si legge:
‘Ma dove sotto l’apparenza di bene si cela più facilmente l’inganno è quando si tratta di promuovere l’unità tra tutti quanti i cristiani. Non forse è giusto – si sente dire – anzi non è doveroso che quanti invocano il nome di Cristo si astengano dalle recriminazioni mutue e si uniscano una volta tanto con un poco di carità vicendevole? E chi può asseverare di amare Cristo, se non fa il possibile per andare incontro ai desideri di Lui, che pregava il Padre affinché i discepoli fossero ‘una cosa sola’? (…)
Lo stesso Gesù non volle forse che i Suoi discepoli conservassero come una caratteristica e come un distintivo, l’amore tra di loro? (…)
Se tutti i cristiani – si aggiunge – divenissero un giorno ‘una cosa sola’, sarebbero così più forti a respingere la peste dell’empietà, che, serpeggiando e diffondendosi ogni giorno più, si apparecchia a indebolire l’Evangelo. Discorsi come i precedenti o simili si fanno con grandi arie dai cosiddetti pancristiani; gente questa più numerosa assai di quel che non si creda, se è vero che formano gruppi speciali e società di larga diffusione, sotto la guida di persone le quali, o la pensino in un modo o nell’altro, quello che è certo, per lo più non sono cattoliche. L’impresa è condotta così attivamente, che sta guadagnandosi per cento vie l’opinione pubblica; e tenta e lusinga anche parecchi cattolici, coll’idea che l’unione da ottenere non disdirà alla Santa Madre Chiesa e ai suoi desideri se si pensa che non ha avuto mai cosa tanto a cuore quanto di richiamare e ricondurre nel suo grembo gli sviati (…) i cattolici sappiano cosa pensare e come regolarsi, davanti alle iniziative di riunire in una maniera qualunque e in un solo corpo quanti si chiamano cristiani (…) Ciò posto, è evidente che la Sede Apostolica non può in nessuna maniera prendere parte ai loro congressi, e in nessuna maniera devono i cattolici aderire o tenere mano a simili tentativi; altrimenti vengono a dar autorità a una pretesa religione cristiana, che è lontana le mille miglia dalla sola Chiesa di Cristo (…)
E allora come si può pensare a una Confederazione cristiana, i cui membri, anche in materia di fede, possono ritenere ciascuno quel che gli pare e piace, quand’anche gli altri hanno idee e sentimenti opposti? E in che maniera, se è lecito, posson fare parte di una medesima confederazione di fedeli persone che la pensano diversamente? persone, per esempio, che affermano essere la tradizione fonte genuina della divina rivelazione, con persone che ciò negano? persone che credono istituita da Dio la gerarchia con Vescovi, preti e ministri, e persone che la dicono introdotta via via in diverse circostanze di tempo e di fatti? persone che adorano Cristo presente realmente nella SS. Eucarestia in virtù di quella mirabile conversione del pane e del vino che ha il nome di transustanziazione, e che vi riconoscono la natura di sacrificio e di Sacramento, e persone che non la ritengono che una memoria, un ricordo della Cena del Signore? persone che ritengono buono ed utile invocare devotamente i Santi che regnano con Cristo e prima di tutti Maria Madre di Dio, e venerarne le immagini, e persone che sostengono non potersi prestare questo culto, perché lesivo dell’onore di Gesù Cristo? (…)
Con una disuguaglianza tale di opinioni, non sappiamo come si possa tener buona via verso l’unità della Chiesa, se questa unità non può nascere che da unico magistero, unica legge del credere ed unica fede dei cristiani (…)
Cosicché, Venerabili Fratelli, sarà ora chiaro perché la Sede Apostolica mai abbia permesso ai suoi fedeli d’intervenire ai congressi degli acattolici: la riunione dei cristiani non si può favorire in altro modo che favorendo il ritorno dei dissidenti all’unica vera Chiesa di Cristo, dalla quale, precisamente, un giorno ebbero l’infelice idea di staccarsi: a quella unica vera Chiesa di Cristo, diciamo, che è visibile a tutti, e che tale, per volontà del suo Fondatore, resterà, quale Egli stesso la fondò per la salvezza di tutti (…)
Tornino dunque i figli dissidenti alla Sede Apostolica (…) ma tornino (…) per darsi al suo magistero e governo (…)’ (Tutte le encicliche dei sommi pontefici, vol. 1, Milano 1979, pag. 803-811).
Ecco come la pensava il papato sull’ecumenismo settanta anni fa.
In sostanza esso riteneva difficile, anzi impossibile, un unione con coloro che negavano gran parte dei dogmi essenziali della chiesa cattolica, e quindi riteneva che ogni tentativo di mettersi assieme sarebbe stato vano e perciò i Cattolici dovevano astenersi dal partecipare ad iniziative che non potevano dare alcun risultato. Adesso però le cose sono notevolmente cambiate, nel senso che ora è la chiesa cattolica stessa ad incoraggiare iniziative ecumeniche per la riunificazione di tutti i Cristiani (questa svolta si è verificata con il concilio Vaticano II che fu convocato da Giovanni XXIII, 1958-1963, e poi proseguito da Paolo VI, 1963-1978). Quindi essa non reputa più inutili i tentativi in vista della unificazione delle chiese come allora faceva il suo capo Pio XI. Unificazione poi che in sostanza consiste nel portare i cosiddetti dissidenti nel suo grembo, sotto la guida del suo magistero, in altri termini, in un ritorno all’’ovile’ di coloro che si sono allontanati da esso (anche se oggi la si sente parlare raramente del grande ritorno perché adesso parla non più di assorbimento delle chiese separate ma di una loro unità con Roma nella diversità e nel rispetto delle particolarità storiche, liturgiche e dottrinali di ciascuna chiesa).
Dinanzi a questo suo nuovo atteggiamento mi trovo dunque costretto, fratelli, a parlarvi dell’ecumenismo da essa sbandierato (e purtroppo anche da talune Chiese evangeliche) al fine di avvertirvi sui pericoli che si nascondono dietro di esso e affinché sappiate come rispondere a coloro che in finti sembianti e con parole dolci vengono a voi a proporvi questo ecumenismo [1].
Il decreto del concilio Vaticano II sull’ecumenismo
Propongo ora alla vostra attenzione alcuni passaggi del decreto su l’ecumenismo del concilio Vaticano II datato 21 Novembre 1964, decreto che per molti costituisce una svolta storica della chiesa romana perché essa per mezzo di esso si è dichiarata aperta al dialogo con ‘le altre chiese cristiane’ per ristabilire l’unità dei Cristiani abbandonando così la sua posizione passata. Anche da parte nostra riconosciamo che una svolta si è realmente verificata nell’ambito della chiesa cattolica perché essa si è messa a dialogare con quelli che ella ora chiama ‘i fratelli separati’; ma tutto qui, perché nella sostanza la chiesa romana non ha affatto rotto con il passato ma è rimasta la stessa dei secoli passati. Per questo siamo d’accordo con le seguenti parole del cardinale Gabriel-Marie Garrone (che partecipò al concilio Vaticano II) da lui dette nel 1985, secondo le quali quanto emerge dal Vaticano II talora ‘non sottolinea in modo adeguato l’elemento di continuità con il passato. Qualcuno vi potrebbe leggere addirittura un rifiuto delle concezioni precedenti. Mentre non vi è nulla di più falso che leggere il Concilio in chiave di rottura con il passato’ (Intervista a ‘30 giorni’, Marzo 1985, pag. 23) [2]. Ma veniamo alle parole del decreto su l’ecumenismo (Concilio Vaticano II, (1962-1965), Sess. V – 21 Novembre 1964).
- ‘Il ristabilimento dell’unità da promuoversi fra tutti i cristiani è uno dei principali intenti del sacro concilio ecumenico Vaticano secondo. Da Cristo Signore la chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo; tutti asseriscono di essere discepoli del Signore, ma la pensano diversamente e camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse diviso. Tale divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ed é di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del vangelo a ogni creatura. Il Signore dei secoli, che con sapienza e pazienza persegue il disegno della sua grazia verso di noi peccatori, in questi ultimi tempi ha incominciato a effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro separati l’interiore ravvedimento e il desiderio dell’unione. Moltissimi uomini in ogni parte del mondo sono stati toccati da questa grazia, e anche tra i nostri fratelli separati è sorto, per impulso della grazia dello Spirito santo, un movimento ogni giorno più ampio per il ristabilimento dell’unità di tutti i cristiani. A questo movimento per l’unità, chiamato ecumenico, partecipano quelli che invocano la Trinità e professano la fede in Gesù signore e salvatore, e non solo singole persone separatamente ma anche riunite in gruppi, nei quali hanno ascoltato il vangelo e che i singoli dicono essere la chiesa loro e di Dio. Quasi tutti però, anche se in modo diverso, aspirano alla chiesa di Dio una e visibile, che sia veramente universale e mandata a tutto il mondo, perché il mondo si converta al vangelo e così si salvi per la gloria di Dio (ibid., Dal proemio ) (…) E il Figlio, prima di offrirsi vittima immacolata sull’altare della croce, pregò il Padre per i credenti, dicendo: “Perché tutti siano uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te, anch’essi siano uno in noi, cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv. 17:21), e istituì nella sua chiesa il mirabile sacramento dell’eucarestia, dal quale l’unità della chiesa é simboleggiata e prodotta (…) Per stabilire dovunque fino alla fine dei secoli questa sua chiesa santa, Cristo affidò al collegio dei dodici la funzione di insegnare, di reggere e di santificare. Tra di loro scelse Pietro, sopra il quale, dopo la sua confessione di fede, decise di edificare la sua chiesa; a lui promise le chiavi del regno dei cieli e, dopo la sua professione di amore, affidò tutte le sue pecore perché le confermasse nella fede e le pascesse nella perfetta unità, restando lo stesso Cristo Gesù la somma pietra angolare e il pastore delle anime nostre in eterno. Gesù Cristo per mezzo della fedele predicazione del Vangelo, dell’amministrazione dei sacramenti e del governo esercitato nell’amore da parte degli apostoli e dei loro successori, cioè i vescovi con a capo il successore di Pietro, sotto l’azione dello Spirito santo, vuole che il suo popolo cresca e sia perfezionata la sua comunione nell’unità: nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio (…..) In questa chiesa di Dio una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune scissioni, che l’apostolo riprova con gravi parole come degne di condanna; ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi e comunità non piccole si sono staccate dalla piena comunione della chiesa cattolica, talora non senza colpa di uomini d’entrambi le parti. Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede in Cristo in tali comunità non possono essere accusati del peccato di separazione, e la chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore. Quelli infatti che credono in Cristo e hanno ricevuto debitamente il battesimo sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la chiesa cattolica. Non v’è dubbio che, per le divergenze che in vari modi esistono tra loro e la chiesa cattolica, sia nel campo della dottrina e talora anche della disciplina, sia circa la struttura della chiesa, impedimenti non pochi, e talvolta proprio gravi, si oppongono alla piena comunione ecclesiastica, al superamento dei quali tende appunto il movimento ecumenico. Nondimeno, giustificati nel battesimo della fede, sono incorporati a Cristo e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani e dai figli della chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti come fratelli nel Signore (….) Perciò le stesse chiese e comunità separate, quantunque crediamo che abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Poiché lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità che è stata affidata alla chiesa cattolica. Tuttavia i fratelli da noi separati, sia presi singolarmente sia le loro comunità e chiese, non godono di quella unità, che Gesù Cristo ha voluto elargire a tutti quelli che ha rigenerato e vivificato insieme per un solo corpo e per una vita nuova; unità che le sacre scritture e la veneranda tradizione della chiesa apertamente dichiarano. Infatti, solo per mezzo della cattolica chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza. In realtà al solo collegio apostolico con a capo Pietro crediamo che il Signore ha affidato tutti i beni della nuova alleanza, per costituire l’unico corpo di Cristo sulla terra, al quale bisogna che siano pienamente incorporati tutti quelli che già in qualche modo appartengono al popolo di Dio (…) Per ‘movimento ecumenico’ si intendono le attività e le iniziative che, a seconda delle varie necessità della chiesa e l’opportunità dei tempi, sono suscitate e ordinate a promuovere l’unità dei cristiani, come sono: in primo luogo, tutti gli sforzi per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con essi; poi, nei congressi che si tengono con intento e spirito religioso tra i cristiani di diverse chiese o comunità, il ‘dialogo’ avviato tra esponenti debitamente preparati, nel quale ognuno espone più a fondo la dottrina della propria comunità e ne presenta con chiarezza le caratteristiche. Infatti con questo dialogo tutti acquistano una conoscenza più vera e una più giusta stima della dottrina e della vita di entrambe le comunioni, e inoltre quelle comunioni conseguono una più ampia collaborazione in qualsiasi servizio richiesto da ogni coscienza cristiana per il bene comune e, nel modo come è permesso, si radunano per pregare insieme (…) I fedeli cattolici nell’azione ecumenica devono senza dubbio essere solleciti dei fratelli separati, pregando per loro, comunicando a loro le cose della chiesa, facendo i primi passi verso di loro. Ma innanzi tutto devono essi stessi con sincerità e diligenza considerare ciò che deve essere rinnovato e fatto nella stessa famiglia cattolica, affinché la sua vita renda una testimonianza più fedele e più chiara della dottrina e delle istituzioni tramandate da Cristo per mezzo degli apostoli. Benché infatti la chiesa cattolica sia stata arricchita da Dio di tutta la verità rivelata e di tutti i mezzi della grazia, tuttavia i suoi membri non se ne servono per vivere con tutto il dovuto fervore, per cui il volto della chiesa meno rifulge davanti ai fratelli da noi separati e al mondo intero e la crescita del regno di Dio ne è ritardata. Perciò tutti i cattolici devono tendere alla perfezione cristiana e sforzarsi, ognuno secondo la sua condizione, perché la chiesa, portando nel suo corpo l’umiltà e la mortificazione di Cristo, vada di giorno in giorno purificandosi e rinnovandosi, fino a che Cristo se la faccia comparire innanzi risplendente di gloria, senza macchia né ruga (ibid., cap. 1). (…) Ecumenismo vero non c’è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall’abnegazione di se stessi e dalla liberissima effusione della carità (…) In alcune speciali circostanze, come sono le preghiere che vengono indette ‘per l’unità’, e nei congressi ecumenici è lecito, anzi desiderabile che i cattolici si associno nella preghiera con i fratelli separati. Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell’unità, sono una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora uniti con i fratelli separati (….) I cattolici debitamente preparati devono acquistare una migliore conoscenza della dottrina e della storia, della vita spirituale e liturgica, della psicologia religiosa e della cultura, propria dei fratelli. A questo scopo molto giovano i congressi, con la partecipazione di entrambe le parti, per discutere specialmente su questioni teologiche, dove ognuno tratti da pari a pari, purché quelli che vi partecipano sotto la vigilanza dei vescovi siano veramente competenti (…..) Inoltre nel dialogo ecumenico i teologi cattolici, restando fedeli alla dottrina della chiesa, nell’investigare con i fratelli separati i divini misteri devono procedere con amore della verità, con carità e umiltà. Nel mettere a confronto le dottrine si ricordino che esiste un ordine o ‘gerarchia’ nelle verità della dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana. Così si preparerà la via, nella quale, per mezzo di questa fraterna emulazione, tutti saranno spinti verso una più profonda conoscenza e una più chiara manifestazione delle insondabili ricchezze di Cristo (ibid., cap. 2). (…) Le comunità ecclesiali da noi separate, quantunque manchi la loro piena unità con noi derivante dal battesimo e quantunque crediamo che esse, specialmente per la mancanza del sacramento dell’ordine, non hanno conservata la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico, tuttavia, mentre nella santa cena fanno memoria della morte e della risurrezione del signore, professano che nella comunione di Cristo è significata la vita e aspettano la sua venuta gloriosa. Bisogna quindi che la dottrina circa la cena del Signore, gli altri sacramenti, il culto e i ministeri della chiesa costituiscano l’oggetto del dialogo’ (ibid., cap. 3).
Come potete vedere noi ci troviamo davanti ad un documento dove l’errore è mescolato abilmente alla verità; e dove le menzogne, la falsità e le ipocrisie sono presentate con dolcezza e lusinghe dalla curia romana. Notate come nelle suddette parole venga ribadito che la chiesa cattolica romana è la Chiesa costituita da Cristo perché possiede il successore di Pietro e i successori degli apostoli, cioè i vescovi; e poi anche perché possiede tutti i mezzi della grazia, cioè i sacramenti tramite cui viene conferita la grazia agli uomini, e che l’unità dei Cristiani passa obbligatoriamente per essa. Questo basta per capire che in effetti la chiesa cattolica romana è la stessa di secoli fa, perché – anche se talvolta in maniera un pò diversa di quanto faceva un tempo – continua a ritenere di essere il punto di riferimento per tutti i Cristiani, e che quindi in realtà essa non è per nulla a favore dell’ecumenismo vero, ma è solo intenta a procacciare il suo dominio temporale e ad imporre la sua volontà agli altri. Lei è la madre delle chiese, tutte le altre sono sue figlie e perciò quest’ultime si devono riconciliare con essa e tornare a farsi allattare da lei perché questa, secondo loro, è la volontà di Dio! E questa riconciliazione – naturalmente – può avvenire solo riconoscendo l’autorità papale, il magistero cattolico, i suoi sacramenti, e tutta la sua tradizione; questo è in sostanza il messaggio di fondo che porta avanti la chiesa cattolica romana in questo sforzo ecumenico, dal 1964 in poi. Alcuni Evangelici però ritengono che la chiesa cattolica romana si sia aperta con questo decreto sull’ecumenismo; ma noi diciamo; ‘Ma che cosa ha aperto? Di certo i Cattolici non hanno aperto il cuore all’amore della verità per essere salvati; ma hanno aperto una fossa ben profonda e ben camuffata nella quale fare cadere i semplici; ecco che cosa hanno aperto i Cattolici davanti a noi.
Ora, ho già confutato in precedenza le affermazioni fatte da parte cattolica secondo le quali il papa è successore di Pietro, e la chiesa romana lo strumento di salvezza per il genere umano; perciò qui mi limiterò a fare delle considerazioni alla luce delle Scritture sull’unità di cui parla la Scrittura; ritengo doveroso farle, sapendo che il Vaticano sta intensificando i suoi sforzi per instaurare un dialogo sempre più ‘fruttuoso’ con molti credenti, che ha come fine quello di farli scadere dalla grazia, farli sviare dalla verità, e corromperli. In verità bisogna dire che il diavolo sta tentando più che mai in questi ultimi termini dei tempi di fare apostatare i credenti dalla fede, e noi riconosciamo che uno dei mezzi di cui si sta usando per compiere ciò è appunto questo ecumenismo così come lo intende la chiesa romana e purtroppo anche alcune Chiese evangeliche che si sono lasciate sedurre dalle sue lusinghe. Quello a cui noi assistiamo é questo, e cioè che mentre quando ci fu la Riforma protestante la chiesa romana infuriata oltremodo nel constatare che tanti suoi membri uscivano da essa perché persuasi che le cose che essa insegnava e praticava erano contrarie all’insegnamento di Cristo e degli apostoli, cercò con la sua brutale forza (l’Inquisizione) di fare rientrare nel suo mezzo quelli che essa aveva perduto, oggi essa ha cambiato tattica. Essa ha smesso di usare la spada materiale – ossia l’Inquisizione – contro i figliuoli di Dio ed ha imbracciato la spada dello Spirito, cioè la Parola di Dio ma sempre col fine di farci cadere nel peccato. Non c’é da meravigliarci del fatto che essa cerca di farci entrare a fare parte di essa (ripeto che questo è il suo pensiero e scopo finale, anche se il suo parlare talvolta può non essere così esplicito su questo punto) servendosi proprio della Parola di Dio (che essa detesta perché nei fatti l’ha annullata svuotandola della sua efficacia). Perché? Perché anche Satana, il tentatore, quando tentò Gesù per farlo peccare si usò della Parola di Dio. E chi può dire che il Diavolo ami la Parola di Dio? Sta di fatto però che ne fece uso, ma al solo fine di indurre Gesù Cristo a disubbidire al Padre suo! Ma noi non ignoriamo le macchinazioni di Satana ordite contro la Chiesa dell’Iddio vivente, colonna e base della verità, per questo rispondiamo ai Cattolici, che ci sbandierano i passi della Scrittura concernenti l’unità della Chiesa, nella stessa maniera in cui fece Gesù nei confronti del diavolo; noi diciamo loro: “Egli è altresì scritto…” (Matt. 4:7). Ora, essi dicono che è scritto che Gesù Cristo, il Signore pregò per l’unità della Chiesa, e questo è vero; ma è altresì scritto che Gesù ha detto: “Perché mi chiamate Signore, Signore, e non fate quel che dico?” (Luca 6:46). Quindi, perché essi chiamano Gesù, Signore, capo della Chiesa, ma rifiutano di piegare il collo sotto di lui ma lo tengono ben rigido? Con la bocca riconoscono la Signoria di Cristo ma con le loro opere rinnegano le loro parole perché mostrano di non avere nessuna intenzione di rinunciare a tutte le loro eresie di cui si vantano pure di essere custodi. Come dice il profeta Ezechiele essi ascoltano le parole di Dio ma non le mettono in pratica perché con la bocca fanno mostra di molto amore, ma il loro cuore va dietro alla cupidigia (cfr. Ez. 33:31-33), il loro cuore va dietro agli idoli.
Essi devono innanzi tutto riconoscersi dei peccatori e non più i membri della Chiesa di Dio; devono poi implorare la misericordia di Dio affinché Egli abbia pietà di loro; e poi devono fare dei frutti degni del ravvedimento i quali sono ancora del tutto assenti in loro. Ora, noi sappiamo che quando un Cattolico romano si ravvede e crede nel Vangelo smette subito di adorare e pregare Maria, smette di pregare Paolo, Pietro, Giovanni, Luigi, Giuseppe ecc., e gli angeli; egli smette di partecipare alla messa, smette di tenersi appesi addosso ed in casa crocifissi, immagini ed idoli di qualsiasi tipo e grandezza, smette di andare in pellegrinaggio a qualsiasi santuario, smette di chiamare il papa ‘padre santo’, e di considerarlo il capo della Chiesa sulla terra, smette di partecipare alle funzioni religiose di ogni tipo e genere tenute nei luoghi di culto della chiesa cattolica romana, smette in sostanza di osservare la tradizione cattolica romana e di credere in tutte le sue eresie. E tutto ciò avviene in lui perché Cristo viene a dimorare in lui e gli rinnova la mente. Egli comincia a stimare la Parola di Dio come la sola guida della sua vita mettendo al bando ogni tradizione di uomini che si oppone ad essa; per lui la Parola di Dio non è più un libro qualsiasi o un libro che deve essere messo allo stesso livello dei decreti conciliari del Vaticano o della secolare tradizione della chiesa romana; e per questo comincia ad amarla ed a rispettarla come mai aveva fatto prima.
Questo è quello che è successo in tutti i nostri fratelli che hanno trovato il Signore e sono usciti dal seno di questa organizzazione religiosa; quindi noi siamo persuasi che questi Cattolici romani che ancora non hanno smesso e non hanno nessuna intenzione di smettere di professare la religione cattolica romana – perché di fatto ci vogliono rimanere attaccati a tutti i costi -, benché parlino della signoria di Cristo e della sua preghiera per l’unità dei credenti, ancora non si sono ravveduti e non hanno creduto nel nome di Cristo Gesù, e di conseguenza ancora non fanno parte del corpo di Cristo e con essi non possiamo avere comunione di spirito. Sia ben chiaro quindi: fino a quando il papa dei Cattolici romani e i suoi vescovi e tutti i loro seguaci si mostreranno sordi alla voce del Signore nostro Gesù Cristo rifiutando di convertirsi dai loro idoli al Signore e rifiutando di riconoscere nella sola Scrittura la sola ed unica regola di fede mettendo al bando la loro perversa tradizione secolare non ci potrà essere nessuna comunione tra di noi e loro, come non ci può essere comunione tra uno che adora Dio e uno che adora Satana. ‘Ma proprio nessuna?’ qualcuno dirà. Sì, proprio nessuna. Siete certi? Sì, siamo certi.
Voi ci direte allora: ‘Ma perché non smettete di essere così rigidi e diventate più flessibili e più ragionevoli? Non lo vedete che questa vostra presa di posizione impedisce la comunione con i Cattolici? Ma non lo vedete che questo vostro modo di parlare impedisce una qualsiasi forma di dialogo con loro? Perché non riconoscete anche voi nella chiesa cattolica romana una chiesa consorella che è pure essa nella verità quantunque permangono in essa delle tradizioni umane? Perché dunque non riconoscete anche voi i suoi sacramenti e l’autorità del papa nella Chiesa?’ No; noi non scenderemo a nessun compromesso, non acconsentiremo a mettere da parte nessuna parte del consiglio di Dio perché amiamo la verità che ci ha reso liberi, ma con fermezza e con forza ribadiremo loro sino alla fine tutto il consiglio di Dio affinché i Cattolici romani tornino a noi. Essi torneranno a noi, ma noi non torneremo a loro, perché sappiamo che essi tutti giacciono nelle tenebre e in un pantano fangoso fatto di precetti d’uomini che voltano le spalle alla verità.
A loro che ci accusano di non osservare la loro tradizione diremo ancora quello che Gesù disse ai Farisei: “E voi, perché trasgredite il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione?” (Matt. 15:3). Ma allora – ci diranno alcuni – non vi importa nulla dell’ecumenismo che vuole la chiesa cattolica romana? No, della loro amicizia non ci importa nulla, della loro cosiddetta comunione neppure, di dialogare con i sordi neppure, perché sappiamo bene che per ottenere queste cose bisogna accondiscendere in qualche cosa ad essa, bisogna attenersi alle sue direttive! E quali direttive? Evitare la polemica, evitare i giudizi contro le loro false dottrine che possono compromettere il dialogo, stimarli fratelli e non nemici della verità, e così via.
Con questo vogliamo dire che noi facciamo benissimo a meno dell’amicizia e dell’apparente e falsa comunione che ci offrono i Cattolici romani, ma non possiamo fare a meno né di fare dimorare in noi la verità che è in Cristo Gesù perché da essa dipende il bene della nostra anima in questo nostro pellegrinaggio terreno e la sua salvezza eterna, e né dal combattere in sua difesa come hanno fatto gli apostoli prima di noi perché questo nostro combattimento è utile alla salvezza delle anime e all’edificazione della Chiesa.
Dichiarateci pure fanatici, dichiarateci pure settari; ricordatevi però che quelli che in questa nazione ci hanno preceduto per farci pervenire il messaggio della salvezza per grazia mediante la fede hanno dovuto soffrire molte cose proprio dai Cattolici romani; sì proprio da loro che dicono di essere Cristiani. E che se loro fossero scesi a qualche compromesso con la curia romana ci avrebbero annunziato non il vero Vangelo che si fonda sulla grazia di Dio, ma quello sovvertito dalla curia romana fondato sulle opere meritorie che non può recare nessuna salvezza a chi lo accetta.
Svegliatevi dunque!
L’UNITA’ DELLA CHIESA SECONDO LA SCRITTURA
Vediamo ora alcune Scritture che ci mostrano cosa intende Dio per unità. Ma prima di fare ciò, vi ricordo che l’unità di cui parlò Gesù ed anche gli apostoli si riferisce ad una unità nell’ambito della fratellanza, e non di una unità che i credenti devono procacciare con coloro che ancora non sono nati di nuovo. Dico questo per farvi comprendere che è impossibile procacciare unità con i Cattolici romani o parlare di unità con loro perché loro ancora si devono ravvedere e credere nel Vangelo come invece abbiamo già fatto noi. Il fatto é però che se fossero i Buddisti o gli Induisti a chiamarsi Cristiani e a cercare di unirsi a noi o di farci unire a loro, subito molti risponderebbero che non si può dialogare con loro in alcun modo fino a che non si saranno convertiti dagli idoli all’Iddio vivente, ma siccome che questa cosiddetta unità e questo cosiddetto dialogo fraterno con noi li cercano i Cattolici romani che si dicono Cristiani perché parlano anche loro di Gesù, dicono di credere in Gesù, nella sua divinità, nella sua morte e nella sua risurrezione, (ma nei fatti rinnegano il Vangelo perché sono dati all’idolatria e schiavi del peccato nella stessa maniera di tanti altri pagani), allora pare che molti fra noi abbiano perso il discernimento perché hanno cominciato a chiamare fratelli gli idolatri e i peccatori.
Ora, fino a quando sono i Cattolici romani a chiamarci fratelli separati è comprensibile perché sono ciechi e pensano di essere la unica e vera famiglia di Dio illudendosi, ma quando sono alcuni di fra noi che cominciano a chiamarli fratelli allora la cosa é molto preoccupante perché è segno che alcuni non sanno neppure cosa si intende con il termine fratello. Gesù un giorno disse: “Mia madre e miei fratelli son quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Luca 8:21); quindi non si possono chiamare fratelli di Gesù persone che non si sono ravvedute ancora dai loro peccati, che non hanno creduto nel Vangelo e rifiutano di osservare i comandamenti di Cristo. E dato che non sono ancora fratelli di Gesù Cristo, non sono neppure nostri fratelli perché non facenti parte della famiglia di Dio.
Ma ditemi? Come facciamo a chiamare fratelli i Cattolici romani quando essi nei fatti antepongono la loro tradizione alla Parola di Dio, calpestando la Parola di Dio in ogni maniera? Come facciamo a chiamare fratelli persone che dicono di credere ma nello stesso tempo dicono di non avere la vita eterna? Non ha forse detto Gesù: “Chi crede ha vita eterna” (Giov. 6:48)? Allora come mai essi affermano di non possedere la vita eterna come invece l’affermiamo noi per la grazia di Dio? La ragione è perché essi non hanno ancora creduto nel Vangelo! Hanno sentito parlare del Vangelo, alcuni di loro lo insegnano pure, ma sta di fatto che ancora non ci hanno creduto. Come mai siamo accusati da loro di essere dei presuntuosi perché diciamo di avere la vita eterna e che il Signore ci ha salvati e che quando moriremo andremo a vivere con Gesù Cristo nel paradiso di Dio? La ragione é sempre la stessa: essi ancora non hanno né gustato e né visto la bontà di Dio come invece l’abbiamo vista e gustata noi per la grazia di Dio. (Sia ben chiaro però anche questo: non si possono chiamare fratelli neppure tutti quegli Evangelici che frequentano il locale di culto ma non sono ancora nati di nuovo).
Basterebbe questo discorso sin qui fatto per giungere alla conclusione che è totalmente sbagliato chiamare fratelli quelli che ancora sono schiavi del peccato e che non se ne parla neppure di procacciare l’unità con loro che sono nell’errore, ma voglio proseguire in questo esame scritturale sull’unità tra i credenti di cui parla la Parola affinché nessuno vi tragga in errore. Citerò a riguardo alcuni passi che sono sovente citati dai teologi papisti quando parlano di unità tra i Cristiani.
- Gesù nella notte in cui fu tradito disse al Padre: “Io non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; che come tu, o Padre, sei in me, ed io sono in te, anch’essi siano in noi; affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro, e tu in me; acciocché siano perfetti nell’unità, e affinché il mondo conosca che tu m’hai mandato, e che li ami come hai amato me” (Giov. 17:20-23). Innanzi tutto Gesù pregò per dei futuri credenti, ed in particolare per coloro che avrebbero creduto in lui per mezzo della parola predicata dai suoi apostoli; quindi questa unità che lui chiese al Padre la chiese per dei figliuoli di Dio. Egli non pregò affinché i credenti e gli increduli fossero uniti cioè affinché andassero d’accordo perché questo è impossibile che avvenga dato che non c’é comunione alcuna tra la luce e le tenebre. Questo è quello che ancora alcuni tra di noi non hanno capito, e cioè che coloro che hanno veramente creduto non possono andare d’accordo con quelli che non hanno ancora creduto, e perciò ogni tentativo di mettersi d’accordo è tempo sprecato. Spiego questo concetto in questa maniera: Gesù non cercò di mettersi d’accordo con gli scribi e i Farisei attorno ai precetti della legge che essi avevano annullato con la loro tradizione, per non apparire uno che non voleva l’unità dei Giudei, ma li riprese chiamandoli ciechi, stolti, razza di vipere, ipocriti perché questo essi meritavano. Essi avevano annullato la Parola di Dio e Gesù non avrebbe potuto compiacere agli scribi ed ai Farisei nel mostrarsi d’accordo con i loro comandamenti per mezzo dei quali avevano annullato la Parola di Dio. Non cercò minimamente di mostrarsi tollerante verso di loro ma li riprese severamente. Gesù non compiacque neppure ai Sadducei che non credevano nella risurrezione dei morti, infatti li ammonì dicendo loro che essi erravano perché non conoscevano le Scritture e né la potenza di Dio e gli turò così la bocca. Nella stessa maniera noi suoi discepoli non possiamo metterci a barattare la verità con l’unità che ci offrono queste guide cieche della chiesa romana; ma con forza dobbiamo riprenderli come fece Gesù verso i Farisei e i Sadducei esortandoli a ravvedersi e a credere nel Vangelo. Ho dimostrato innanzi come la chiesa romana abbia annullato in moltissimi punti la Parola di Dio e come essa rifiuta di credere in tutto il consiglio di Dio, e come le loro guide insegnano ai loro seguaci molte cose storte e malvagie: come si può quindi pensare di collaborare o di mettersi a discutere con loro che partono col presupposto di avere ragione e che la loro chiesa é quella fondata da Cristo, quella che possiede la verità, la retta interpretazione delle parole di Gesù e degli apostoli? Non è forse il caso di ammonirli come fece Gesù in verso i Farisei e i Sadducei? Certo, questo dobbiamo fare.
E’ chiaro, leggendo il decreto del concilio Vaticano, che noi credenti siamo da loro considerati come i seguaci di coloro che hanno deciso di uscire dal loro mezzo, ma i fatti sono altri. Noi siamo seguaci di Cristo Gesù perché in lui abbiamo creduto, lui seguiamo e lui amiamo; il nostro capo o fondatore non é Calvino, né Lutero, e né nessun altro all’infuori di Cristo Gesù. Venendo considerati come delle persone che si sono separate da loro e facendoci apparire agli occhi dell’opinione pubblica come persone in un certo senso ribelli all’ordine di Cristo perché rifiutiamo di sottostare al presunto successore di Pietro, é inevitabile che siamo fatti passare come quelli che ancora devono capire che la unica e vera Chiesa é quella cattolica romana e che fuori di essa non c’é speranza di essere salvati! (A proposito, sappiate che essi stanno pregando per noi affinché torniamo alla chiesa madre!) Ma d’altronde questo è il trattamento che attende tutti coloro che decidono di ubbidire al Vangelo, ma noi ci rallegriamo quando sentiamo dire ai Cattolici che siamo dei settari che hanno perduto il senno e che non capiamo nulla perché questo è un vituperio che subiamo a motivo di Cristo. Ci sentiamo chiamare ‘i fratelli separati’, come se fossimo membri della stessa famiglia ma viviamo per conto nostro.
Ma noi non siamo i loro fratelli separati e non sentiamo affatto il bisogno di riconciliarci con loro. La coscienza di tutti coloro che si sono separati da loro non li riprende per nulla, ma gli attesta per lo Spirito Santo che hanno fatto bene a separarsi da loro. Loro si devono prima riconciliare con Dio; altro che ecumenismo! Qui a loro si deve ancora parlare di ravvedimento dalle opere morte, gli si deve dire di convertirsi dagli idoli muti all’Iddio vivente e vero!
Adesso, leggendo le suddette parole che Gesù rivolse in preghiera al Padre per coloro che avrebbero creduto in lui per mezzo della parola degli apostoli, non possiamo non riconoscere che noi siamo tra coloro che hanno creduto in Cristo Gesù per mezzo della parola degli apostoli, perché anche se non abbiamo conosciuto personalmente gli apostoli del Signore pure è stato mediante le parole scritte anche da Matteo, da Giovanni e da Pietro che noi abbiamo creduto nel Signore. Dopo avere detto ciò domandiamoci: Fu esaudita la preghiera di Gesù? Certo che fu esaudita perché in effetti noi credenti formiamo un corpo unico, siamo membri di una sola famiglia, e facciamo parte di una sola casa. Il fatto che tra di noi esistano diverse denominazioni che portino nomi diversi ed abbiano delle convinzioni diverse su alcune cose relative al regno di Dio (che bisogna dire non annullano la giustificazione per fede) non significa che i fratelli facenti parte di una denominazione cessano a motivo di questo di essere membri del corpo di Cristo o membri della famiglia di Dio. Affatto, e questo perché noi continuiamo ad avere in comune la stessa speranza, lo stesso battesimo, lo stesso Spirito, la stessa fede, lo stesso Dio e lo stesso Signore. Nella realtà c’é una sola Chiesa sulla terra, che è la Chiesa di Dio, di cui fanno parte tutti coloro che sono nati di nuovo mediante l’azione dello Spirito Santo e della Parola di Dio. Certo, riconosciamo che in Cristo siamo uno secondo che é scritto ai Galati: “Siete tutti figliuoli di Dio, per la fede in Cristo Gesù. Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’é qui né Giudeo né Greco; non c’é né schiavo né libero; non c’é né maschio né femmina; poiché voi tutti siete uno in Cristo Gesù” (Gal. 3:26-28), ma riconosciamo anche che tra di noi persistono delle divergenze dottrinali per cui non possiamo dire che siamo perfettamente uniti in una medesima mente e in un medesimo parlare e sentire. I motivi per cui esistono queste divergenze che alcune volte sono marginali, altre volte più sostanziose, sono di svariato genere. Non mi metterò ad esaminarli in quest’occasione; sta di fatto che queste diverse convinzioni dottrinali che hanno gli altri non sono tali da farceli disconoscere come fratelli.
Sarà bene ricordare che anche la Chiesa di Corinto era una Chiesa di Dio al tempo degli apostoli, però come é noto nel suo seno vi erano delle divisioni difatti vi erano coloro che dicevano: “Io sono di Paolo”, ed altri: “Io sono di Apollo”, ed altri ancora: “Io di Cefa”. Ma che fece l’apostolo quando scrisse loro? Smise forse di chiamarli fratelli, o non riconobbe più in loro dei fratelli? Affatto; tanto é vero che si indirizza a loro ancora come a dei fratelli chiamandoli appunto fratelli. A conferma di ciò ecco le seguenti espressioni di Paolo: “Ora, fratelli, io v’esorto, per il nome del nostro Signor Gesù Cristo, ad aver tutti un medesimo parlare, e a non aver divisioni fra voi, ma a stare perfettamente uniti in una medesima mente e in un medesimo sentire. Perché, fratelli miei, m’é stato riferito intorno a voi da quei di casa Cloe, che vi son fra voi delle contese” (1 Cor. 1:10,11); “Ed io, fratelli, non ho potuto parlarvi come a spirituali, ma ho dovuto parlarvi come a carnali, come a bambini in Cristo” (1 Cor. 3:1); “Io vi scrivo queste cose non per farvi vergogna, ma per ammonirvi come miei cari figliuoli” (1 Cor. 4:14). Fu proprio ai Corinzi nel cui mezzo vi erano delle divisioni che Paolo disse: “Or voi siete il corpo di Cristo, e membra d’esso, ciascuno per parte sua” (1 Cor. 12:27); quindi non perché vi erano quelle divergenze tra quei credenti essi non erano più figliuoli di Dio. Ma essi avevano creduto; essi erano nati di nuovo!
Ma nel caso della chiesa romana ci troviamo davanti non a uomini che hanno come fondamento Cristo Gesù ma il papato, la tradizione che annulla la Parola di Dio, il culto a Maria, agli angeli e ai loro santi, quindi non si possono definire fratelli. Come si possono definire membri della Chiesa di Dio persone che dicono che il paradiso ce lo si deve guadagnare facendo del proprio meglio? O che dopo morti si deve andare in purgatorio a espiare la pena dei nostri peccati che il sangue di Cristo non ha potuto cancellare?
- Gesù disse: “Ho anche delle altre pecore, che non son di quest’ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore” (Giov. 10:16). Anche queste parole sono prese dalla curia romana quando parla di ecumenismo; ma il significato che danno ad esse è veramente arbitrario infatti secondo loro il solo gregge è ‘la chiesa cattolica romana’, ed il solo pastore è il capo dello Stato del Vaticano. Si sbagliano grandemente dandogli questa interpretazione; sì sono delle pecore pure loro, ma sono perdute infatti essi seguono la loro propria via ed hanno bisogno di tornare al Sommo Pastore che è Cristo Gesù. Ma quello che costoro dimenticano o fanno finta di ignorare é che Gesù ha detto delle sue altre pecore che avrebbe raccolto di fra i Gentili: “Ed esse ascolteranno la mia voce” (Giov. 10:16), quindi una pecora del Signore si riconosce dal fatto che essa ascolta la voce di Cristo Gesù. Non ha forse detto Gesù più avanti: “Le mie pecore ascoltano la mia voce” (Giov. 10:27)? Non mi pare proprio che i Cattolici ascoltino la voce del Signore Gesù; essi ascoltano la voce del loro magistero, del loro capo, dei loro sacerdoti ma non ascoltano quella di Gesù perché non la conoscono. Mi sbaglio forse? No, perché i fatti parlano molto più chiaro di quanto faccia il decreto del concilio Vaticano. Ora, non é difficile ascoltare membri (anche influenti) della chiesa romana farci questo discorso: ‘Ma che cosa sono queste divisioni che ci sono fra noi? Non siamo forse tutti Cristiani? Perché dunque essere divisi se abbiamo uno stesso Padre?’ Quello che essi nella sostanza ci propongono é di metterci con loro e di mettere da parte certe nostre convinzioni. Ma come rispondiamo noi a queste loro proposte lusinghevoli? Noi rispondiamo che non acconsentiremo affatto a mettere in un cantuccio o a soffocare la verità per amore di unità; ben inteso, la loro unità. No, noi non ci metteremo con tutti coloro che pure dicendosi Cristiani sono idolatri perché Dio ce lo ha ordinato per mezzo dell’apostolo Paolo con queste parole: “V’ho scritto di non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un… idolatra..” (1 Cor. 5:11), e: “Non vi mettete con gl’infedeli sotto un giogo che non è per voi; perché qual comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli?” (2 Cor. 6:14-16). L’ecumenismo proclamato dalla chiesa romana non é un giogo per i santi; come tanti credenti che si sono uniti in matrimonio con degli infedeli, dopo non molto tempo, se non subito, hanno abbandonato la comune adunanza e si sono gettati dietro alle spalle i comandamenti di Dio perché trascinati dalle parole dolci e lusinghiere del loro coniuge incredulo, così tanti credenti essendosi uniti in un matrimonio spirituale con gli infedeli che hanno la parvenza di fedeli, si sono corrotti e pian piano sono tornati a voltolarsi nel fango delle eresie cattoliche romane. Hanno commesso adulterio davanti a Dio, perciò sono gente adultera; parlano ed agiscono come gli adulteri, infatti per loro bisogna cercare di stare assieme ai Cattolici romani a tutti i costi, anche a costo di mettere da parte una parte del consiglio di Dio. No, noi non siamo disposti a scendere a nessun compromesso né con loro e né con altri. Si ravvedano prima dalle loro opere morte, credano nel Vangelo e facciano frutti degni del ravvedimento. Il papa, i vescovi, i cardinali, i monsignori, i preti e le suore e tutti i loro consoci si ravvedano e dimostrino con i fatti di essere diventati dei Cristiani: di parole ne sentiamo molte, ma di frutti degni del ravvedimento da parte di questi che parlano tanto di ecumenismo e di unità dei Cristiani non ne vediamo. Vogliono veramente unirsi a noi o che noi ci uniamo a loro? Ebbene, si convertano dagli idoli all’Iddio vivente credendo nel Vangelo della grazia, (il che significa riconoscere che la salvezza si ottiene per sola fede in virtù dei meriti di Cristo senza nessuna opera meritoria); e poi distruggano tutti i loro idoli raffiguranti Maria, Giuseppe, Pietro e tutti gli altri, tutte le loro immagini cosiddette sante, li riducano in frantumi e vadano a buttarle all’immondezzaio; smettano di adorare e pregare Maria, di adorare la croce, di venerare le reliquie, di fare processioni, pellegrinaggi e di compiere qualsiasi pratica che si oppone al Vangelo; insomma smettano di osservare la loro tradizione, e poi potremo metterci assieme per pregare, per adorare Iddio, per servire Iddio. Ma essi non vogliono fare questo, vogliono tenersi i cadaveri dei loro idoli, e rimanere attaccati alla loro tradizione, perciò non si può in nessuna maniera chiamarli fratelli e collaborare con loro. Lo Spirito che Dio ha fatto abitare in noi ci brama fino alla gelosia fratelli, sappiatelo questo, perciò non vi lasciate trarre in inganno da coloro che in finti sembianti vengono a voi a parlarvi di ecumenismo ma non vogliono sentire parlare di tutto il consiglio di Dio. Sì, parlano di unità, e fanno sfoggio pure di versetti della Scrittura che parlano di unità; ma noi crediamo nell’unità della Chiesa, ma in quella fondata sulla verità, e non in quella fondata su un miscuglio fatto di verità e di eresie che proclama la chiesa romana, perché quella non è unità ma confusione. Diletti, rimanete attaccati alla fedele Parola di Dio, rimanete uniti al Signore per camminare uniti a lui fino alla fine; nessuno vi tragga in errore con i suoi dolci discorsi. Ricordatevi che nella Chiesa si sono sempre insinuati dei ministri di Satana travestiti da ministri di Cristo al fine di portare eresie di perdizione e confusione; “anche Satana si traveste da angelo di luce” (2 Cor. 11:14), dice Paolo. Il serpente antico sedusse Eva con la sua astuzia infatti le disse che non sarebbero morti se avessero mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male; esso non le disse esplicitamente: ‘Mangia il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male per disubbidire a Dio ed allontanarti da lui’, ma: “No, non morrete affatto”. E le seguenti parole di Paolo VI: ‘Noi apriamo le braccia a tutti coloro che si glorificano del nome di Cristo, li chiamiamo col dolce nome di fratelli; sappiano che troveranno in noi comprensione e benevolenza, che troveranno in Roma la casa paterna che valorizza ed esalta con nuovo splendore i tesori della loro storia, del loro patrimonio culturale, della loro eredità spirituale’ (Citato da Leonard Emile G. in Storia del protestantesimo, Milano 1971, vol. 3, pag. 367), tendono nella sostanza proprio a farci fare la stessa cosa che il serpente antico con le sue dolci parole indusse Eva a fare, cioè farci disubbidire a Dio mettendoci con gli infedeli e farci così morire spiritualmente.
L’ENCICLICA UT UNUM SINT DI GIOVANNI PAOLO II
Adesso voglio commentare l’enciclica di Giovanni Paolo II intitolata Ut unum sint (Che siano tutti uno) datata 25 Maggio 1995 e che ha come tema l’impegno ecumenico della chiesa cattolica, i frutti del dialogo tra la chiesa cattolica romana e le altre chiese ed anche la maniera in cui si può raggiungere l’unità visibile tra la chiesa cattolica e le altre chiese. Il fine che mi propongo con questo esame, fratelli, è quello di farvi capire che cosa intende per ecumenismo e per unità delle chiese la chiesa cattolica romana, che questa unità che essi stanno procacciando apparentemente con le Chiese evangeliche è una trappola, e come parlare con loro significa parlare con persone che hanno orecchi ma non odono e perciò è inutile cercare di dialogare con loro. Prima di cominciare questo esame, voglio fare questa premessa; nell’enciclica di Giovanni Paolo II ci sono tanti riferimenti al decreto sull’ecumenismo del concilio Vaticano II (di cui ho citato alcune parti innanzi); inoltre di volta in volta sarò costretto a ripetere, quantunque in maniera diversa, concetti già spiegati innanzi. Avverto il lettore che non prenderò tutta l’enciclica ma solo una parte di essa, che pur essendo consistente, ritengo sia necessario trascrivere e confutarla pubblicamente al fine di palesare a tutti l’astuzia di questo uomo.
- ‘Assieme a tutti i discepoli di Cristo, la chiesa cattolica fonda sul disegno di Dio il suo impegno ecumenico di radunare tutti nell’unità. Infatti la chiesa non è una realtà ripiegata su se stessa bensì permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché inviata al mondo ad annunciare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce: raccogliere tutti e tutto in Cristo; a essere per tutti ‘sacramento inseparabile di unità’. Già nell’Antico Testamento, riferendosi a quella che era allora la situazione del popolo di Dio, il profeta Ezechiele, ricorrendo al semplice simbolo di due legni prima distinti, poi accostati l’uno all’altro, esprimeva la volontà divina di ‘radunare da ogni parte’ i membri del suo popolo lacerato: ‘Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le genti sapranno che io sono il Signore che santifico Israele (cf. 37,16-28). Il Vangelo giovanneo, da parte sua, e di fronte alla situazione del popolo di Dio a quel tempo, vede nella morte di Gesù la ragione dell’unità dei figli di Dio: ‘Doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi’ (11,51-52). Infatti, spiegherà la Lettera agli Efesini, ‘abbattendo il muro di separazione, (…) per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia’, di ciò che era diviso egli ha fatto una unità (cf. 2,14-16). L’unità di tutta l’umanità lacerata è volontà di Dio. Per questo motivo egli ha inviato il suo Figlio, perché, morendo e risorgendo per noi, ci donasse il suo Spirito d’amore. Alla vigilia del sacrificio della croce, Gesù stesso chiede al Padre per i suoi discepoli, e per tutti i credenti in lui, che siano una cosa sola, una comunione vivente. Da ciò deriva non soltanto il dovere, ma anche la responsabilità che incombe davanti a Dio, di fronte al suo disegno, su quelli e quelle che per mezzo del battesimo diventano il corpo di Cristo, corpo nel quale debbono realizzarsi in pienezza la riconciliazione e la comunione. Come è mai possibile restare divisi, se con il battesimo noi siamo stati ‘immersi’ nella morte del Signore, vale a dire nell’atto stesso in cui, per mezzo del Figlio, Dio ha abbattuto i muri della divisione? La divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ed è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo a ogni creatura’ (Il Regno, N° 752, Anno 1995, pag. 395).
Giovanni Paolo II, da come parla, sembra che abbia il cuore affranto nel constatare che le chiese cristiane sono divise tra loro; naturalmente tra le chiese cristiane c’è pure la chiesa cattolica romana, e non potrebbe essere altrimenti, perché essa si reputa la Madre delle chiese. Egli afferma che Dio tramite Ezechiele fece conoscere la sua volontà che era quella di radunare il suo popolo da ogni parte, e tramite Giovanni di radunare i figliuoli di Dio dispersi tramite la morte del suo Figliuolo; e che Cristo morendo ha abbattuto il muro della divisione per fare una unità.
Poi passa a dire che Dio vuole radunare tutta l’umanità lacerata da queste divisioni, e che Gesù pregò per l’unità dei suoi discepoli e dei credenti. Da qui il dovere, secondo lui, che hanno tutti coloro che mediante il battesimo diventano membri del corpo di Cristo, di cercare la riconciliazione all’interno dei credenti. E poi dice che la divisione è di scandalo al mondo e danneggia la causa di Cristo.
Lui dunque include la chiesa cattolica tra le chiese cristiane; noi invece non la includiamo perché essa con la sua tradizione ha annullato la parola di Cristo mettendosela sotto i piedi. Lo abbiamo visto questo quando abbiamo confutato le sue dottrine; quindi è superfluo che io mi dilunghi più di tanto su questo aspetto della questione. Si dicono figliuoli di Dio perché hanno ricevuto il battesimo per infusione da bambini; ma noi sappiamo che non si diventa figli di Dio in quella maniera, ma ravvedendosi e credendo nel nome del Figlio di Dio. Essi pensano di essere entrati a fare parte del corpo di Cristo mediante quel rito battesimale; il che non è vero. Inoltre, loro assieme a noi formano, secondo lui, il corpo di Cristo, seppellito nella morte di Cristo; perciò è contraddittorio che ci siano nel nostro mezzo delle divisioni quando Gesù è morto per riunire in uno i figliuoli di Dio. La divisione è di scandalo, lui dice.
Ma a questo punto bisogna fare questa precisazione: i nostri fratelli prima di noi, non hanno dato affatto motivo di scandalo uscendo dalla chiesa cattolica romana; anzi ne sono usciti per volere di Dio. Ma non sono usciti dal corpo di Cristo, o separati da esso; ma si sono ritirati da idolatri, da superstiziosi, da persone che hanno in abominio la santa Parola di Dio. In altre parole essi sono stati riscattati da una assemblea pseudocristiana, quale è la chiesa cattolica romana; al pari di quei nostri fratelli che prima erano tra i cosiddetti Testimoni di Geova, o fra i Mormoni. Ma per essere ancora più chiari, noi riteniamo che tra i nostri fratelli che sono usciti dalla chiesa cattolica romana e quelli che sono usciti dal Buddismo o dall’Induismo, o dallo Scintoismo, l’unica differenza è che essi si sono ritirati da persone che si dicono Cristiani (cosa che non dicono di essere i Buddisti, gli Induisti e gli Scintoisti), perché nella realtà sono idolatri come i Buddisti, gli Induisti e gli Scintoisti perché vanno anch’essi dietro agli idoli muti.
Con questo noi vogliamo dire che la divisione che si è venuta a creare tra la chiesa cattolica romana e tutti coloro che hanno conosciuto la verità e ne sono usciti, non è affatto qualcosa di contraddittorio, ma qualcosa di inevitabile, di giusto, che rientra nella volontà di Dio. Anche quando al tempo degli apostoli si convertivano dei Giudei avveniva una divisione tra i Giudei che ritenevano che si veniva giustificati per le opere della legge e quelli invece che dicevano che si viene giustificati per la fede soltanto, senza le opere della legge. Abbiamo un esempio di ciò, in quello che avvenne ad Efeso: “Ma siccome alcuni s’indurivano e rifiutavano di credere dicendo male della nuova Via dinanzi alla moltitudine, egli ritiratosi da loro, separò i discepoli, discorrendo ogni giorno nella scuola di Tiranno” (Atti 19:9); ed anche in quello che avvenne ad Antiochia di Pisidia: “E dopo che la raunanza si fu sciolta, molti de’ Giudei e de’ proseliti pii seguiron Paolo e Barnaba” (Atti 13:43). Ecco la divisione inevitabile! Ma tutto ciò è normale, perché i credenti in ogni età sono chiamati a separarsi dagli increduli secondo che è scritto: “Uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore…” (2 Cor. 6:17).
Ma qual’è lo scandalo di cui quei Giudei credenti si resero colpevoli separandosi da quei Giudei duri di cuore, che contraddicevano la parola di verità? E così, qual’è lo scandalo di cui si sono resi colpevoli quelli che avendo creduto tra i Cattolici si sono separati da loro? Nessuno, perciò al bando la definizione di scandalo data alla divisione che si è venuta a creare tra la chiesa cattolica romana e tutte quelle chiese che si attengono al Vangelo della grazia; perché questa non è un’opera della carne, ma un opera potente compiuta dal nostro Dio. Noi possiamo dire di essa: “Ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa maravigliosa agli occhi nostri” (Matt. 21:42).
Nel decreto sull’ecumenismo è scritto: ‘Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede in Cristo in tali comunità non possono essere accusati del peccato di separazione, e la chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore’ (Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. 7). Questo vuole dire che quelli che si separarono anticamente dalla chiesa cattolica romana a motivo della loro fede, possono essere accusati del peccato di separazione. No, non è affatto così, perché Lutero e molti altri quando si separarono dalla chiesa cattolica non commisero alcun peccato di separazione; in questo, dobbiamo dire, essi non operarono uno scandalo. Lo scandalo semmai lo operava la chiesa cattolica romana con a capo i suoi ministri che si abbandonavano alla dissolutezza, che invece che pascere il gregge pascevano se stessi, vendendo indulgenze e appropriandosi dei beni del popolo in ogni maniera.
Per quanto riguarda poi questo fraterno rispetto e amore con cui la chiesa cattolica dice di abbracciarci, noi non lo vediamo; anzi vediamo il contrario. Vediamo sia nei preti, che nelle loro pecore una particolare avversione verso noi figliuoli di Dio. Lusinghe, falsità, ipocrisie; ecco che cosa sono tali frasi. Non è la divisione che si è venuta a creare tra Cattolici e Evangelici ciò che scandalizza le persone, ma sono piuttosto il lusso, l’arroganza, l’amore per il potere e l’amore per il denaro che ci sono nella chiesa cattolica romana; cominciando dal suo capo carismatico. Ho voluto così mettere le cose in chiaro, prima di proseguire l’esame di questo discorso; affinché nessuno pensi che noi proviamo o dobbiamo provare qualche senso di colpa per la nostra avversione al papato, alla tradizione cattolica romana. Ma quale senso di colpa? Noi anzi proviamo una grande gioia nel difendere il Vangelo confutando le eresie della chiesa cattolica romana; abbiamo la grazia di potere combattere per l’Evangelo come l’hanno avuta prima di noi molti altri; e questo faremo fino a che avremo un’alito di vita.
- ‘…La chiesa cattolica accoglie con speranza l’impegno ecumenico come un imperativo della coscienza cristiana illuminata dalla fede e guidata dalla carità. Anche qui si può applicare la parola di san Paolo ai primi cristiani di Roma: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo’, così la nostra ‘speranza non delude’ (Rm. 5,5). Questa è la speranza dell’unità dei cristiani, che nell’unità trinitaria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo trova la sua fonte divina’ (Il Regno, N° 752, pag. 395).
La chiesa cattolica, da come parla Giovanni Paolo II, desidera ardentemente l’unità visibile di tutte le chiese; questo è il suo disegno ed il suo papa si è fatto portavoce e promotore di questo ecumenismo; ma essa non vedrà giammai realizzarsi questo disegno di unità visibile che sta con gran vigore perseguendo; la sua speranza in questa unità sarà frustrata perché il suo è un astuto disegno che tende a fare confluire i figliuoli di Dio nella chiesa cattolica romana sotto il loro papa, e Dio farà sì che quelli che hanno conosciuto la verità non rimangano ingannati dalle lusinghe papali.
Egli “sventa i disegni degli astuti sicché le loro mani non giungono ad eseguirli” (Giob. 5:12), dice la Parola, per questo siamo fiduciosi che l’astuto disegno della curia romana andrà in fallimento. Rimarranno grandemente delusi, ne siamo sicuri; Dio ha sempre avuto in ogni tempo dei servi fedeli che si sono rifiutati di accondiscendere alla menzogna e all’idolatria. Al tempo di Elia, benché il popolo avesse abbandonato il patto di Dio e molti di coloro che parlavano da parte di Dio erano stati messi a morte dal popolo ribelle, pure Dio si era conservato un residuo di settemila uomini che non aveva piegato il loro ginocchio davanti a Baal e non lo aveva baciato.
E così nel popolo di Dio benché alcuni apostateranno dalla fede e si lasceranno sedurre dalle lusinghe papali pure rimarranno sempre coloro che rifiuteranno fino alla fine di piegare il loro ginocchio davanti al papa e di baciargli il piede o la mano.
Alcuni diranno: ‘Ma perché parli così? Il papa ci vuole bene e si sta impegnando grandemente per mettere assieme tutti i Cristiani!’ Io dico: Voi non sapete quello che dite; fra poco potrete da voi stessi constatare che costui, che voi dite che ci vuole bene, benché parli con voce graziosa ha sette abominazioni in cuore suo ed un grande odio verso la verità che però riesce a camuffare molto bene. Lui dice che l’amore di Dio è stato sparso nei loro cuori mediante lo Spirito Santo; ma la Scrittura dice che: “Questo è l’amor di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti” (1 Giov. 5:3), e noi quest’osservanza di comandamenti da parte loro non la vediamo. Essi hanno lasciato i comandamenti di Dio per amore della loro tradizione, e poi prendono le parole di Paolo per sostenere che nei loro cuori c’è l’amore di Dio. Ma quale amore di Dio hanno? Quello finto certamente, perché se avessero quello vero osserverebbero la Parola di Dio e noi avremmo comunione con loro.
Nessuno v’inganni fratelli, Giovanni dice: “Chi dice: Io l’ho conosciuto e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo, e la verità non è in lui” (1 Giov. 2:4). Quello che cerca di fare Giovanni Paolo II non è di unire, ma di sedurre per via di lusinghe coloro che non fanno parte della chiesa cattolica romana affinché ne entrino a fare parte, o almeno si alleino con essa per servire assieme ad essa gli idoli muti per i quali va in delirio. Lo vedremo in appresso qual’è il disegno e il desiderio di Giovanni Paolo II; altro che unità, altro che disegno di Dio; altro che verità, altro che amore di Dio!
- ‘…Passando dai principi, dall’imperativo della coscienza cristiana, alla realizzazione della via ecumenica verso l’unità, il Concilio Vaticano II mette soprattutto in rilievo la necessità della conversione del cuore. L’annuncio messianico ‘il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino’ e l’appello conseguente ‘convertitevi e credete al Vangelo’ (Mc 1,15) con cui Gesù inaugura la sua missione, indicano l’elemento essenziale che deve caratterizzare ogni nuovo inizio; la fondamentale esigenza dell’evangelizzazione in ogni tappa del cammino salvifico della chiesa. Ciò riguarda, in modo particolare, il processo al quale il concilio Vaticano II ha dato avvio, inscrivendo nel rinnovamento il compito ecumenico di unire i cristiani tra loro divisi. Ecumenismo vero non c’è senza interiore conversione. Il concilio chiama sia alla conversione personale sia a quella comunitaria. L’aspirazione di ogni comunità cristiana all’unità va di pari passo con la sua fedeltà al Vangelo. Quando si tratta di persone che vivono la loro vocazione cristiana, esso parla di conversione interiore, di un rinnovamento della mente. Ciascuno deve dunque convertirsi più radicalmente al Vangelo e, senza mai perdere di vista il disegno di Dio, deve mutare il suo sguardo. Con l’ecumenismo la contemplazione delle ‘meraviglie di Dio’ (mirabilia Dei) si è arricchita di nuovi spazi nei quali il Dio trinitario suscita l’azione di grazie: la percezione che lo Spirito agisce nelle altre comunità cristiane, la scoperta di esempi di santità, l’esperienze delle ricchezze illimitate della comunione dei santi, il contatto con aspetti insospettabili dell’impegno cristiano (…..) Così la vita intera dei cristiani è contrassegnata dalla preoccupazione ecumenica ed essi sono chiamati a farsi come plasmare da essa (…) Per quanto riguarda la chiesa cattolica, a più riprese, come ad esempio in occasione dell’anniversario del battesimo della Rus, o del ricordo, dopo undici secoli, dell’opera di evangelizzazione dei santi Cirillo e Metodio, ho richiamato tali esigenze e prospettive. Più recentemente, il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo, pubblicato con la mia approvazione dal Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, le ha applicate al campo pastorale. Per quanto riguarda gli altri cristiani, i principali documenti della Commissione ‘Fede e costituzione’ e le dichiarazioni di numerosi dialoghi bilaterali hanno già fornito alle comunità cristiane utili strumenti per discernere ciò che è necessario al movimento ecumenico e alla conversione che esso deve suscitare. Tali studi sono importanti sotto una duplice angolatura: essi mostrano i notevoli progressi già raggiunti e infondono speranza perché costituiscono una base sicura per la ricerca che va proseguita e approfondita…’ (Il Regno, N° 752, pag. 396-397).
Adesso, Giovanni Paolo II passa a parlare delle cose che occorrono per raggiungere il vero ecumenismo; comincia a parlare della conversione interiore e del rinnovamento della mente perché, secondo lui, senza di essi non si può raggiungere la perfetta unità tra le chiese. Ma in cosa consistono nella pratica questa conversione interiore e rinnovamento della mente? Consistono, per i Cattolici, nel mettersi a pensare che bisogna cercare strenuamente l’unità visibile con tutte le chiese; e perciò devono darsi da fare per cercare il dialogo con gli altri Cristiani, come ci chiamano loro.
Naturalmente questo dialogo essi lo devono cercare, come vedremo anche dopo, rimanendo attaccati alla loro Tradizione; quindi all’idolatria, alla menzogna e alla superstizione. Quindi in effetti, i Cattolici non vogliono un vero ecumenismo ma un falso ecumenismo; perché loro partono dal presupposto di essere nella verità e che si devono convertire più radicalmente all’Evangelo, il che significa che essi pensano di essersi già convertiti al Vangelo ma questa conversione deve essere più radicale. Noi, dal canto nostro, diciamo che essi ancora non si sono per nulla convertiti al Vangelo, e di questo ne abbiamo le seguenti prove inconfutabili.
Pregano e adorano Maria, pregano e adorano i santi (quelli veri e quelli falsi) e gli angeli, si prostrano davanti a statue e immagini; partecipano alla messa che per loro è la ripetizione del sacrificio di Cristo, credono in ogni specie di superstizione; non credono nel Figlio di Dio perché dicono di non essere certi di avere la vita eterna e di essere stati salvati dal Signore.
In effetti, loro per avere comunione con noi devono ravvedersi dai loro peccati, credere nel Vangelo e abbandonare la loro tradizione, ed ogni sorta di idolatria; ma questo per i Cattolici, è chiaro, non rientra affatto nelle cose necessarie al raggiungimento di questo ecumenismo, anzi per loro, di queste cose non si deve neppure parlare se si vogliono avere dialoghi fruttosi con loro. Quindi; che dialogo ci può essere con i sordi? Naturalmente questa conversione interiore e questo rinnovamento della mente deve essere reciproco, secondo Giovanni Paolo II, il che significa che noi, secondo lui, dovremmo convertirci alla causa dell’ecumenismo, ma a quell’ecumenismo come lo intendono loro. Ma questa non sarebbe una conversione più radicale al Vangelo per noi, ma un vero e proprio traviamento; in altre parole noi siamo convinti, che se cominciassimo a vedere le cose come le vedono i Cattolici ci svieremmo e danneggeremmo noi stessi. Perché questo? Perché da come parlano i Cattolici romani, noi se vogliamo l’ecumenismo non dobbiamo polemizzare con loro; detto in altre parole, non dobbiamo riprovare le loro eresie di perdizione, la loro idolatria e tante altre cose storte, perché questo non si addice a persone che cercano di stare assieme. Ma allora questo significa che noi dovremmo smettere di combattere il buon combattimento che la Scrittura ci dice di combattere! allora noi non dovremmo più difendere il Vangelo, ma accondiscendere alle loro eresie per amore di unità visibile.
Ma allora ci dovremmo mettere a tavola con loro e dirgli: ‘Rispettiamoci reciprocamente, noi rispettiamo le vostre dottrine e voi rispettate le nostre!’ Ma io domando a voi: ‘Ma Gesù quando si trovò a tavola con i Farisei che fece? Disse forse: ‘Sentite, cerchiamo di metterci d’accordo sulla legge, voi dite questo ma io dico quest’altro su questi comandamenti; però abbiamo in comune Mosè, la religione giudaica, quindi non diamo motivo di scandalo ai Gentili; stiamo assieme ma non polemizziamo; io non giudico voi, ma voi neppure dovere giudicare me’? Affatto, ma li rimproverò per la loro ipocrisia, e perché essi avevano annullato la Parola di Dio con la loro tradizione. Ecco che cosa devono fare i discepoli di Cristo che amano la verità; ammonire coloro che pur dicendosi Cristiani hanno annullato con la loro tradizione i comandamenti di Dio. Altro che non polemizzare; altro che non essere anticattolici!
Noi siamo anticattolici; perché sappiamo che le dottrine della chiesa cattolica romana fino adesso hanno menato nel fuoco dell’inferno moltitudini di persone. Esse sono là nei tormenti, e noi dovremmo cercare di riconoscere le dottrine cattoliche che li hanno condotti là? Non può essere; ci perseguitino pure, ci guardino pure male; noi continueremo a distruggere i vani ragionamenti della curia romana. Ma su questo fatto del dialogo torneremo più avanti, perché c’è altro da dire.
- ‘…Riprendendo un’idea che lo stesso papa Giovanni XXIII aveva espresso in apertura del concilio, il decreto sull’ecumenismo menziona il modo di esporre la dottrina tra gli elementi della continua riforma. Non si tratta in questo contesto di modificare il deposito della fede, di cambiare il significato dei dogmi, di eliminare da essi delle parole essenziali, di adattare la verità ai gusti di un’epoca, di cancellare certi articoli del Credo con il falso pretesto che essi non sono più compresi oggi. L’unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella comune adesione all’integrità del contenuto della fede rivelata. In materia di fede, il compromesso è in contraddizione con Dio che è verità. Nel corpo di Cristo, il quale è ‘via, verità e vita’ (Gv 14,6), chi potrebbe ritenere legittima una riconciliazione attuata a prezzo della verità? (…) Uno ‘stare insieme’ che tradisse la verità sarebbe dunque in opposizione con la natura di Dio che offre la sua comunione e con l’esigenza di verità che alberga nel più profondo di ogni cuore umano…’ (ibid., pag. 397).
In questo brano Giovanni Paolo II dice in sostanza che da parte loro non si deve modificare il deposito della fede, i dogmi dei papi, quali quello dell’immacolata concezione, dell’infallibilità papale, e così via, perché l’unità dei Cristiani si può realizzare solo con l’adesione all’integrità della fede rivelata, in altre parole aderendo a tutte le loro tradizioni (ricordatevi che essi reputano la tradizione come verità rivelata da Dio al pari della Scrittura).
Quindi, ancora una volta, essi reputano la loro tradizione verità; e dicono in sostanza che l’unità deve essere fondata su questa verità. Ma noi credenti abbiamo edificato la nostra vita sulla verità e non abbiano nessuna intenzione di cambiare il fondamento vero con uno falso. Se la tengono la loro ‘verità’, si pascano delle loro menzogne; noi di certo non ci metteremo a barattare la verità che abbiamo conosciuto con le loro falsità.
Ma come possono pensare di eliminare l’abisso che ci separa da loro senza punto ravvedersi e senza abbandonare la loro tradizione? Sembrerà incredibile, ma questo è quello che stanno cercando di fare. Ci sono due modi di comportarsi nei confronti dei Cattolici. Il primo è quello di abbandonare la verità che abbiamo conosciuto e aderire alle loro menzogne; il secondo è quello di predicare loro il ravvedimento dalle opere morte e la remissione dei peccati mediante la fede nel nome di Gesù, e pregare Dio che conceda loro di ravvedersi, in questo caso i ravveduti smetterebbero di essere membri della chiesa romana per unirsi a noi.
Noi siamo per il secondo che è quello che fa infuriare il papato; d’altronde noi sappiamo in chi abbiamo creduto, e che questa nella quale siamo è la via che mena alla vita, mentre quella che battono loro è la via che mena alla perdizione. E non paia ad alcuno che seguire questo comportamento non è segno di amore verso i Cattolici romani; perché le cose stanno proprio al contrario.
Solamente dicendo ai Cattolici romani di ravvedersi e di credere nel Signore e fare frutti degni di ravvedimento, si mostra vero amore verso di loro. Lusingandoli e cercando di venire a compromesso con loro, invece, è segno di non volere la loro salvezza ma solo di volere la loro amicizia. L’apostolo ha detto: “Siccome siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare l’Evangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori” (1 Tess. 2:4); sia questo il sentimento di tutti coloro che sono stati approvati da Dio e chiamati alla predicazione del Vangelo. Certo, i Cattolici non gradiscono che noi parliamo contro le loro dottrine e pensano che noi li odiamo; ma questo è l’inevitabile reazione di chi giace ancora nell’errore contro chi gli mostra la via della salvezza senza lusingarlo.
- ‘…Così credeva nell’unità della chiesa papa Giovanni XXIII e così egli guardava all’unità di tutti i cristiani. Riferendosi agli altri cristiani, alla grande famiglia cristiana, egli costatava: E’ molto più forte quanto ci unisce di quanto ci divide’ (Il Regno, N° 752, pag. 398).
Vorrei soffermarmi brevemente su quest’ultime parole; ma io dico: ‘Ma come fanno a dire tali cose quando fra noi e loro non c’è niente che ci unisce? Noi domandiamo come l’apostolo Paolo: “Perché qual comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli?” (2 Cor. 6:14-16) Ma vogliamo pure rispondere a queste domande dicendo che non c’è nessuna comunanza tra la giustizia e l’iniquità, nessuna comunione tra la luce e le tenebre, nessuna armonia fra Cristo e Beliar, e niente di comune tra il fedele e l’infedele, e nessun accordo tra il tempio di Dio e gli idoli. Quindi, fratelli, non vi lasciate trascinare pure voi a dire che con i Cattolici è più forte quello che ci unisce che quello che ci divide; perché questo è falso. Tra noi e loro non c’è nulla in comune [3], tra noi e loro non c’è accordo, e neppure comunione, come non ce n’è con i Buddisti, gli Induisti e i Mussulmani; anche se apparentemente parrebbe il contrario. Non guardate all’apparenza; non giudicate dall’apparenza.
- ‘…Quando i fratelli che non sono in perfetta comunione tra loro si riuniscono insieme per pregare, il Concilio Vaticano II definisce la loro preghiera anima dell’intero movimento ecumenico. Essa è un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell’unità, ‘una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora uniti con i fratelli separati’. Anche quando non si prega in senso formale per l’unità dei cristiani, ma per altri motivi, come, ad esempio, per la pace, la preghiera diventa di per sé espressione e conferma dell’unità. La preghiera comune dei cristiani invita Cristo stesso a visitare la comunità di coloro che lo implorano: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt. 18,20). Quando si prega insieme tra cristiani, il traguardo dell’unità appare più vicino (…) Sulla via ecumenica verso l’unità, il primato spetta senz’altro alla preghiera comune, all’unione orante di coloro che si stringono insieme attorno a Cristo stesso. Se i cristiani, nonostante le loro divisioni, sapranno sempre di più unirsi in preghiera comune attorno a Cristo, crescerà la loro consapevolezza di quanto sia limitato ciò che li divide a paragone di ciò che li unisce. Se si incontreranno sempre più spesso e più assiduamente davanti a Cristo nella preghiera, essi potranno trarre coraggio per affrontare tutta la dolorosa e umana realtà delle divisioni, e si ritroveranno insieme in quella comunità della chiesa che Cristo forma incessantemente nello Spirito Santo, malgrado tutte le debolezze e gli umani limiti (…) La preghiera ‘ecumenica’ è a servizio della missione cristiana e della sua credibilità. Per questo essa deve essere particolarmente presente nella vita della chiesa e in ogni attività che abbia lo scopo di favorire l’unità dei cristiani (…) E’ motivo di gioia il constatare come i tanti incontri ecumenici comportino quasi sempre la preghiera e anzi culminino con essa (…) In questi anni, tanti degni rappresentanti di altre chiese e comunità ecclesiali mi hanno fatto visita a Roma e con loro ho potuto pregare, in circostanze pubbliche e private’ (Il Regno, N° 752, pag. 398, 399).
Ora, Giovanni Paolo II mette molta enfasi sulla preghiera per l’unità dei Cristiani; secondo lui questa preghiera ecumenica è molto importante per raggiungere l’unità. Il Direttorio per l’ecumenismo, organo cattolico, costituito per dirigere i cattolici in questa via dell’ecumenismo incoraggia i cattolici a partecipare a delle riunioni di preghiera con i membri delle Chiese evangeliche. Naturalmente, a tale riguardo, esso dà loro delle chiare direttive come per esempio queste:
A) ‘Tale preghiera dovrebbe essere preparata di comune accordo, con l’apporto dei rappresentanti di chiese, comunità ecclesiali o altri gruppi. E’ insieme che converrebbe precisare il ruolo degli uni e degli altri e scegliere i temi, le letture bibliche, gli inni e le preghiere da utilizzare’;
B) ‘Sebbene la propria chiesa sia il luogo in cui una comunità ha l’abitudine di celebrare normalmente la propria liturgia, le celebrazioni comuni, di cui si è ora parlato, possono avere luogo nella chiesa dell’una o dell’altra delle comunità interessate, con il consenso di tutti i partecipanti. Qualunque sia il luogo di cui ci si serve, occorre che sia a tutti gradito, che possa essere convenientemente sistemato e che favorisca la devozione’;
C) E’ necessario che si presti sempre seria attenzione tanto a ciò che è stato detto sul riconoscimento delle reali differenze di dottrina che esistono, quanto all’insegnamento e alla disciplina della chiesa cattolica sulla condivisione sacramentale’;
D) Dato che la celebrazione dell’eucarestia nel giorno del Signore è il fondamento e il centro di tutto l’anno liturgico, i cattolici, fatto salvo il diritto delle chiese orientali, hanno l’obbligo di partecipare alla messa la domenica e nei giorni di precetto. Per questo motivo si sconsiglia di organizzare servizi ecumenici la domenica e si ricorda che, anche quando dei cattolici partecipano a servizi ecumenici e a servizi di altre chiese e comunità ecclesiali, nei giorni suddetti rimane l’obbligo di partecipare alla messa’ (Il Regno, N° 718, anno 1994, pag. 24).
Qual’è la nostra convinzione a riguardo di questa preghiera ecumenica con i Cattolici che il loro papa tanto incoraggia? Questa; che noi non possiamo metterci a pregare con i Cattolici romani affinché Dio ci unisca a loro; perché preghiamo per loro affinché siano salvati e diventino così dei Cristiani. E’ veramente assurdo mettersi a pregare con degli increduli affinché Dio unisca noi con loro quando bisogna invece pregare per la loro salvezza. Paolo era Giudeo di nascita, ma non se ne andava a pregare con i Giudei disubbidienti che contrastavano alle cose che lui diceva, ma pregava per la loro salvezza infatti disse ai Romani: “Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che siano salvati” (Rom. 10:1). Per questo anche noi non ci pensiamo a riunirci con il papa, i vescovi, i preti, le suore e gli altri Cattolici romani per pregare con loro per la nostra unità; perché sappiamo che essi sono perduti e preghiamo Dio affinché li salvi.
E dato che siamo in tema di preghiera, ricordiamo la famosa giornata mondiale di preghiera organizzata da Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986. In quel giorno, lui dice, che ‘i cristiani delle varie chiese e comunità ecclesiali hanno invocato con una sola voce il Signore della storia per la pace nel mondo. In quel giorno, in modo distinto ma parallelo, hanno pregato per la pace anche gli ebrei e i rappresentanti delle religioni non cristiane, in una sintonia di sentimenti che hanno fatto vibrare le corde più profonde dello spirito umano’ (Il Regno, N° 752, pag. 410). In quel giorno si riunirono i capi di 62 religioni per pregare; i Pellerossa, i Buddisti, gli Induisti, i Mussulmani e tanti altri con in mezzo Giovanni Paolo II si misero a pregare. Che confusione! Altro che vibrazione delle corde più profonde dello spirito umano; qui abbiamo assistito ad una manifestazione di ipocrisia. In quel giorno tutte quelle personalità riunite a pregare ci hanno ricordato le parole di Gesù: “E quando pregate, non siate come gl’ipocriti; poiché essi amano di fare orazione stando in piè nelle sinagoghe e ai canti delle piazze per esser veduti dagli uomini. Io vi dico in verità che cotesto è il premio che ne hanno” (Matt. 6:5). E questa sarebbe la preghiera ecumenica che lui ritiene efficace per l’unità dei Cristiani e per la pace nel mondo? Ma per quanto riguarda in specifico la preghiera dei Cattolici per l’unità bisogna dire pure che essi s’appoggiano sulla mediazione di Maria quando pregano per l’unità infatti si legge nella rivista Alleluja: ‘Maria prega per l’unità delle chiese, conducendoci a suo figlio per pronunciare insieme il nome di Gesù. Ella ci invita a celebrare ecumenicamente la Pentecoste in una comunione fraterna….’ (Alleluja, N° 6, anno 1979, pag. 12).
Quindi concludendo, il fatto che essi si mettono a pregare con i Mussulmani, con i Buddisti, con gli Induisti, e con tanti altri pagani, e il fatto che essi si appoggiano sulla mediazione di Maria confermano chiaramente che essi sono sotto la potestà delle tenebre, e che è impensabile mettersi a pregare con loro.
Giovanni Paolo II dice di essere contento che tante riunioni ecumeniche terminano con la preghiera comune; noi dal canto nostro siamo rattristati nel constatare non soltanto che taluni dei nostri, illusi dalla chiesa cattolica romana, si sono messi a dialogare con i rappresentanti cattolici per raggiungere non sappiamo quale accordo con costoro che non hanno nessuna intenzione di rinunciare alle loro eresie, ma anche che si mettono pure a pregare con loro.
- ‘…Se la preghiera è l’anima del rinnovamento ecumenico e dell’aspirazione all’unità, su di essa si fonda e da essa trae sostentamento tutto ciò che il concilio definisce ‘dialogo (…) il dialogo non è soltanto uno scambio di idee. In qualche modo esso è sempre uno ‘scambio di doni’. Per questo motivo, anche il decreto conciliare sull’ecumenismo pone in primo piano tutti gli sforzi per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con essi. Questo documento affronta la questione dal punto di vista della chiesa cattolica e si riferisce al criterio che essa deve applicare nei confronti degli altri cristiani. Vi è però in tutto questo un’esigenza di reciprocità. Attenersi a tale criterio è impegno di ciascuna delle parti che vogliono fare dialogo ed è condizione previa per avviarlo. Occorre passare da una posizione di antagonismo e di conflitto a un livello nel quale l’uno e l’altro si riconoscono reciprocamente partner. Quando si inizia a dialogare, ciascuna delle parti deve presupporre una volontà di riconciliazione nel suo interlocutore, di unità nella verità. Per realizzare tutto questo, le manifestazioni del reciproco contrapporsi debbono sparire. Soltanto così il dialogo aiuterà a superare la divisione e potrà avvicinare all’unità (….) Il dialogo ecumenico ha un importanza essenziale. Infatti con questo dialogo tutti acquistano una conoscenza più vera e una più giusta stima della dottrina e della vita di entrambe le comunioni, e inoltre quelle comunioni conseguono una più ampia collaborazione in qualsiasi dovere richiesto da ogni coscienza cristiana per il bene comune e, nel modo come è permesso, si radunino per pregare assieme’ (Il Regno, N° 752, pag. 399,400).
Eccoci al dialogo a cui ho accennato prima, e che il Vaticano considera molto importante tenere con noi. Innanzi tutto bisogna dire che il Vaticano ha deciso, per rendere fruttuosi i suoi dialoghi con alcune chiese cristiane evangeliche, di eliminare dai suoi discorsi tutte quelle parole e giudizi e comportamenti che rendono più difficile il suo dialogo con esse; infatti è da notare che quando parla ufficialmente dei Protestanti non li definisce né sette e neppure eretici e apostati; ma li chiama ‘fratelli separati’, ‘gli altri cristiani’, ‘comunità ecclesiali’, e ‘le altre chiese’ che sono tutti termini che fanno apparire la chiesa cattolica romana gioiosa per la nostra esistenza, e fanno credere che essa ci riconosce come Cristiani anche se non facciamo parte di essa. Certo, a differenza di molti papi del passato, Giovanni Paolo II è uno di quelli che usa belle parole verso noi. Però, quantunque la chiesa romana usi questi termini verso noi essa afferma che le stesse chiese e comunità separate, hanno delle carenze perché, come dice il decreto sull’ecumenismo, ‘solo per mezzo della cattolica chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza’.
E qui cade di nuovo in contraddizione! Ma che cosa vuole dire con queste parole? Che noi non possediamo tutta la pienezza dei mezzi di salvezza, perché questa la possiede solo lei! Ma allora siamo perduti? Affatto, perché noi abbiamo conosciuto Cristo Gesù, il Salvatore del mondo. Egli dimora in noi e della sua pienezza noi abbiamo ricevuto e grazia sopra grazia. In lui noi abbiamo tutto pienamente; perché “Cristo è ogni cosa e in tutti” (Col. 3:11). Certo, noi non possediamo i sette sacramenti che ha la chiesa cattolica e che essa definisce i mezzi della salvezza, ma vogliamo ricordare che la salvezza si ottiene per mezzo di una persona, Cristo Gesù, che è lo strumento della salvezza di Dio. E’ la fede in lui che salva, non la pratica dei sacramenti cattolici.
Ma veniamo a questo dialogo. Giovanni Paolo II fa chiaramente capire che il dialogo con ‘le altre chiese’, per essere fruttuoso, esige che anche ‘gli altri cristiani’ eliminino parole e giudizi che possono urtare gli animi dei Cattolici e rendere difficile il dialogo. Che significa questo? Significa che noi se vogliamo metterci a dialogare con loro dobbiamo metterci a chiamarli fratelli, Chiesa di Dio; non dobbiamo dirgli che la dottrina del purgatorio è un’eresia, che il culto a Maria è idolatria, che il papa non è né il capo della Chiesa e neppure il successore di Pietro; che la salvezza è impossibile ottenerla per mezzo dei loro sacramenti e tante altre cose. Insomma ci dovremmo mettere a discutere delle cose relative al regno di Dio alla loro maniera, dicendogli che hanno ragione pure loro e che noi riconosciamo che anche in loro c’è la verità, e perché? Per non urtarli, e per non porre ostacoli al dialogo!!
Sia ben chiaro fratelli; con i Cattolici non si può e non si deve mai passare da una posizione di antagonismo ad un livello nel quale si accettano come fratelli o si riconoscono i loro sacramenti o altre loro eresie. Chi si mette a farlo si corrompe; chi lo fa diventa sale insipido che non serve più a nulla. Badate dunque a voi stessi. Non vi lasciate trarre in inganno da questi loro sofismi. La verità è una; e non si trova nei riti e nelle dottrine della chiesa cattolica; quindi c’è poco da dialogare. Bisogna esortarli a ravvedersi e a credere nel Vangelo! Noi non siamo affatto disposti ad abbassare la guardia e a smettere di contrapporci all’arroganza e alle menzogne della chiesa cattolica romana. Paolo disse a Timoteo: “Ti ripeto l’esortazione che ti feci quando andavo in Macedonia, di rimanere ad Efeso per ordinare a certuni che non insegnino dottrina diversa né si occupino di favole e di genealogie senza fine, le quali producono questioni, anziché promuovere la dispensazione di Dio, che è in fede” (1 Tim. 1:3,4); ed a Tito disse che il vescovo deve essere “attaccato alla fedel Parola quale gli è stata insegnata, onde sia capace d’esortare nella sana dottrina e di convincere i contraddittori. Poiché vi son molti ribelli, cianciatori e seduttori di menti… ai quali bisogna turar la bocca..” (Tito 1:9-11); quindi ogni ministro di Dio è chiamato a convincere i contraddittori, e a turare la bocca a coloro che insegnano cose perverse per amore di disonesto guadagno. Non mi sembra che Paolo abbia detto a Timoteo o a Tito di mettersi a dialogare attorno ad un tavolo con i ribelli per cercare un accordo con loro, e per conoscere meglio le loro dottrine per essere arricchito spiritualmente! Quando il proconsole Sergio Paolo, chiamati a sé Barnaba e Saulo, chiese di udire la Parola di Dio, è detto che Elima, un falso profeta Giudeo, cercava di stornare il proconsole dalla fede. Ma che fece Paolo? Gli disse fraternamente: ‘Ascolta caro fratello Elima, cerchiamo di dialogare, e così capirai che noi stiamo dicendo il vero? Affatto, ma gli disse: “O pieno d’ogni frode e d’ogni furberia, figliuol del diavolo, nemico d’ogni giustizia, non cesserai tu di pervertir le diritte vie del Signore? Ed ora, ecco, la mano del Signore è sopra te, e sarai cieco, senza vedere il sole, per un certo tempo. E in quell’istante, caligine e tenebre caddero su lui; e andando qua e là cercava chi lo menasse per la mano” (Atti 13:10,11). Quando Stefano parlò davanti al Sinedrio, disse loro: “Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e d’orecchi, voi contrastate sempre allo Spirito Santo; come fecero i padri vostri, così fate anche voi. Qual dei profeti non perseguitarono i padri vostri? E uccisero quelli che preannunziavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete stati i traditori e gli uccisori; voi, che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli, e non l’avete osservata” (Atti 7:51-53). Ecco come si espressero degli uomini pieni di Spirito Santo verso coloro che contrastavano lo Spirito Santo. Elima pervertiva le diritte vie del Signore e cercava di stornare il proconsole dalla fede; e il Sinedrio contrastava lo Spirito Santo, tutte cose che fa pure la curia romana; perché anch’essa cerca di stornare le persone dalla fede e contrasta lo Spirito Santo e perverte le diritte vie del Signore; e noi che faremo? Lasceremo che essi dicano tutto quello che vogliono, senza levare la nostra voce di protesta contro di loro? Così, non sia! Non ci tacceremo; non smetteremo di contrapporci a costoro; ma con la grazia di Dio vogliamo turare la loro bocca affinché le persone comprendano di essere state ingannate da essi.
Badate a voi stessi, o ministri del Vangelo perché la chiesa cattolica romana cerca con le sue dolci parole in tutte le maniere di renderci malleabili; per dirigere le cose nella direzione che essa vuole. Sappiate che voi siete nella verità e loro sono nell’errore; voi siete nella luce e loro nelle tenebre; voi siete salvati e loro perduti; voi potete arricchire loro ma loro possono solo derubarvi la vostra ricchezza!
Portate il messaggio dell’Evangelo ai Cattolici; ma con ogni franchezza; senza celare loro nulla; non lusingateli altrimenti Dio chiederà conto del loro sangue alla vostra mano. Sono loro che devono riconoscere che noi siamo nella verità; sono loro che devono tornare a noi e non noi a loro. Sono loro che devono riconoscere i nostri ordinamenti e non noi i loro sacramenti! Noi lo diciamo chiaramente: noi conosciamo già a fondo le dottrine cattoliche, e non abbiamo bisogno di dialogare con loro per acquistare una conoscenza più vera di esse, e meno che meno per acquistare una più giusta stima di esse.
Ma io domando a coloro che sono in favore di questi dialoghi ecumenici: ‘Ma quale più giusta stima pensate si può acquistare delle eresie della chiesa cattolica romana che hanno menato nel soggiorno dei morti decine e decine di milioni di persone di tutto il mondo fino a questo presente giorno? No, noi non possiamo acquistare nessuna stima delle eresie della chiesa cattolica romana; possiamo e dobbiamo solo confutarle e riprovarle privatamente e pubblicamente. Non ci sono alternative!
- ‘…Il dialogo è anche strumento naturale per mettere a confronto i diversi punti di vista e soprattutto esaminare quelle divergenze che sono di ostacolo alla piena comunione dei cristiani tra di loro. Il decreto sull’ecumenismo si sofferma, in primo luogo, a descrivere le disposizioni morali con le quali vanno affrontate le conversazioni dottrinali: Nel dialogo ecumenico i teologi cattolici, restando fedeli alla dottrina della chiesa, nell’investigare con i fratelli separati i divini misteri devono procedere con amore della verità, con carità e umiltà… ‘ (Il Regno, N° 752, pag. 401).
Continuiamo a parlare di questo dialogo che la chiesa cattolica romana dopo il concilio Vaticano II ha instaurato con molte Chiese evangeliche, tra cui anche diverse chiese pentecostali (il dialogo con i Pentecostali è iniziato ufficialmente nel 1972 e prosegue tuttora). Come potete vedere a distanza di trenta anni dal concilio Vaticano II (che ha segnato l’inizio dello sforzo ecumenico cattolico) il capo della chiesa cattolica romana si esprime a riguardo di questo dialogo dicendo che i teologi romani devono rimanere fermi nella dottrina cattolica romana in questo dialogo con i ‘fratelli separati’. Questo significa che non devono cedere su nessun punto, ma portare avanti le loro dottrine senza vacillare; e sono passati ben trent’anni dalla fine del concilio Vaticano II! Ma allora è inevitabile domandarsi; ‘Ma se parlano in questa maniera perché cercano in tutte le maniere il dialogo con le Chiese evangeliche? Le conoscono bene quali siano le abissali divergenze dottrinali che ci separano da loro; quindi, secondo noi, è falsa la loro affermazione secondo la quale essi cercano il dialogo con noi per conoscere meglio quello che noi insegniamo e per acquistare una più giusta stima della dottrina che professiamo.
Giovanni Paolo II ha definito anche il dialogo con i Cristiani evangelici uno scambio di doni; ma quali sono questi doni che durante questi ultimi tre decenni hanno preso dagli Evangelici? Nessuno; difatti nel Catechismo della chiesa cattolica del 1993, a cura di Rino Fisichella, che è presentato ai Cattolici da lui stesso ci sono le stesse dottrine che ci sono sul Nuovo manuale del catechista di Giuseppe Perardi del 1939.
I fatti parlano chiaro; hanno tenuto tanti e tanti dialoghi e sono rimasti fermi su tutti i loro punti dottrinali!
Non è questo un segno sufficiente per capire che questo loro dialogo che vogliono avere con gli Evangelici ha come fine quello di strappare loro delle concessioni e di offrirgli la loro amicizia e ‘fraternità’ a condizione che essi facciano un qualche compromesso? Facciamo un esempio per fare comprendere ciò; il Vaticano vuole il reciproco riconoscimento dei battesimi difatti lo stesso Giovanni Paolo II ha detto: ‘Il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo auspica un reciproco e ufficiale riconoscimento dei battesimi. Ciò che va ben al di là di un atto di cortesia ecumenica e costituisce una basilare affermazione ecclesiologica’ (ibid., pag. 403). Che significa tutto ciò? Significa che se noi riconosciamo il loro battesimo essi riconosceranno ufficialmente anche il nostro; ma per riconoscere il loro battesimo per infusione dovremmo non solo dare un altro significato al battesimo perché dovremmo dire che esso cancella i peccati, ma dovremmo pure affermare che esso può essere ministrato agli infanti e per infusione perché è valido lo stesso.
Quindi è da escludersi nella maniera più assoluta che noi ci mettiamo a barattare la verità sul battesimo in cambio della ‘fraternità’ cattolica.
Ma non tutti sono disposti a disconoscere il battesimo per infusione della chiesa cattolica romana, perché sanno che il dialogo ecumenico in questo caso si interromperebbe o subirebbe un grave colpo. Tra costoro c’è Cecil M. Robeck Jr. che è un membro di spicco delle Assemblee di Dio americane che da anni dialoga a livello ufficiale con la chiesa cattolica romana. In un suo scritto (redatto assieme a Jerry L. Sandidge che ora è morto ma che al tempo era membro anche lui delle Assemblee di Dio americane) afferma quanto segue: ‘Noi crediamo che i paralleli che esistono fra la pratica Pentecostale della dedicazione degli infanti e la pratica Cattolica Romana del battesimo degli infanti possiedono una grande promessa per l’apprezzamento e la comprensione reciproci (hold great promise for mutual understanding and appreciation). Noi suggeriamo quindi che il battesimo dei credenti (sia esso dei bambini di età appropriata che degli adulti) continui ad essere affermato nella teologia e nella pratica Pentecostale e che il battesimo degli infanti compiuto in un’altra famiglia confessionale Cristiana può essere visto come un alternativa accettabile ed equivalente basata su considerazioni storiche e teologiche. Così, se una persona che si unisce a una chiesa Pentecostale era stata battezzata da infante o da bambino e se quel battesimo è stato vivificato e reso pieno di significato attraverso un susseguente e incontro spirituale con Cristo, i Pentecostali non hanno bisogno di insistere sul battesimo in acqua da adulti’ (Cecil M. Robeck, Jr., and Jerry L. Sandidge, ‘The ecclesiology of Koinonia and baptism: a pentecostal perspective’, [L’ecclesiologia della koinonia e del battesimo: una prospettiva pentecostale] in Journal of Ecumenical Studies [Giornale di studi ecumenici], 27:3. Summer 1990, pag. 531). [4]
E allora che faranno? Lo vedremo presto; perché la chiesa cattolica romana sta facendo forza affinché le Chiese evangeliche con cui dialoga riconoscano il suo battesimo e la sua dottrina sul battesimo. Ma comunque non importa se alcune Chiese evangeliche riconosceranno il battesimo cattolico; noi continueremo a ribadire che il battesimo cattolico romano è nullo. Ma il fatto è che se la chiesa cattolica romana strapperà a certe Chiese evangeliche il riconoscimento del suo battesimo, allora sarà incoraggiata a proseguire su questa linea, e cercherà subito di strappare un altro riconoscimento ancora più importante per lei che è quello della sua messa.
Voi sapete che la messa, o eucaristia, secondo la dottrina cattolica è la ripetizione del sacrificio di Cristo; quindi se qualche Chiesa evangelica riconoscerà la sua messa vuole dire che riconoscerà in essa la ripetizione del sacrificio di Cristo, il che significa dire ‘amen’ ad una bestemmia.
Non vi illudete voi che siete per l’ecumenismo con la chiesa cattolica romana; perché il fine che si propone il Vaticano è quello di portare gli Evangelici a riconoscere la sua messa e a parteciparvi. Lo ha detto chiaramente lo stesso Giovanni Paolo II quando ha detto: ‘E’ come se noi dovessimo sempre ritornare a radunarci nel cenacolo del Giovedì santo, sebbene la nostra presenza insieme, in tale luogo, attenda ancora il suo perfetto compimento, fino a quando, superati gli ostacoli frapposti alla perfetta comunione ecclesiale, tutti i cristiani si riuniranno nell’unica celebrazione dell’eucaristia’ (Il Regno, N° 752, pag. 398). Quindi non vi lasciate trarre in inganno dalle loro dolci parole; perché questa loro cosiddetta fraternità che essi sbandierano e vi offrono ha un prezzo: la verità. Che farete dunque? Venderete la verità in cambio della loro amicizia, o direte: ‘No, noi non possiamo spostare i limiti posti dagli apostoli’? Io vi dico: Non vendete la verità; difendetela strenuamente anche dinanzi ai Cattolici: disconoscete tutte le loro eresie; turategli la bocca e ritiratevi da questo dialogo che avete intrapreso con loro inutilmente.
- ‘Quanto detto sopra a proposito del dialogo ecumenico dalla conclusione del concilio in poi induce a rendere grazie allo Spirito di verità promesso da Cristo Signore agli apostoli e alla chiesa (cf. Gv 14,26). E’ la prima volta nella storia che l’azione in favore dell’unità dei cristiani ha assunto proporzioni così grandi e si è estesa a un ambito tanto vasto. Ciò è già un immenso dono che Dio ha concesso e che merita tutta la nostra gratitudine (..) Uno sguardo d’insieme sugli ultimi trent’anni fa meglio comprendere molti dei frutti di questa comune conversione al Vangelo di cui lo Spirito di Dio ha fatto strumento il movimento ecumenico. Avviene ad esempio che – nello stesso spirito del discorso della montagna – i cristiani appartenenti a una confessione non considerino più gli altri cristiani come nemici o stranieri, ma vedano in essi dei fratelli e delle sorelle. D’altro canto, persino all’espressione fratelli separati, l’uso tende a sostituire oggi vocaboli più attenti a evocare la profondità della comunione – legata al carattere battesimale – che lo Spirito alimenta malgrado le rotture storiche e canoniche. Si parla degli ‘altri cristiani’, degli ‘altri battezzati’, dei ‘cristiani delle altre comunità’. Il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo designa le comunità alle quali appartengono quei cristiani come ‘chiese e comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la chiesa cattolica’ (…) In una parola, i cristiani si sono convertiti a una carità fraterna che abbraccia tutti i discepoli di Cristo’ (ibid., pag. 402).
In questa parte del suo discorso, Giovanni Paolo II mostra la sua gioia per i progressi che si sono fatti in questo dialogo ecumenico con molte Chiese evangeliche incominciato trent’anni fa circa. Egli ha ragione nel dire che ‘è la prima volta nella storia che l’azione in favore dell’unità dei cristiani ha assunto proporzioni così grandi e si è estesa a un ambito tanto vasto’, perché in effetti non ci sono mai state così tante chiese cristiane evangeliche di tutte le denominazioni, comprese anche delle denominazioni pentecostali, che hanno intrattenuto questo dialogo ecumenico con i Cattolici romani, come ci sono oggi.
All’inizio erano poche, ma adesso sono veramente tante. Noi siamo grandemente rattristati invece nel vedere ciò, ma anche preoccupati per molti nostri fratelli i cui pastori li trascinano in questa fossa dell’ecumenismo con i Cattolici romani.
Ma questo segno non è altro che uno degli albori della apostasia che deve esserci prima della venuta del Signore; devono avvenire queste cose; perciò non ce ne meravigliamo.
Paolo ha detto che “un pò di lievito fa lievitare tutta la pasta” (1 Cor. 5:6); per questo non c’è da meravigliarsi se questo cancro dell’ecumenismo si è diffuso così tanto nel corpo di Cristo. Ora, noi consideriamo un dato molto preoccupante che i Cattolici, a livello ufficiale, si siano messi a chiamare molti Cristiani evangelici ‘fratelli separati’; e non più eretici, o apostati; perché questo sta a dimostrare come molti di coloro che si rifanno nei punti cardini della loro dottrina alla Riforma, hanno smesso di protestare contro la chiesa cattolica romana, hanno smesso di combattere per l’Evangelo come fecero alcuni secoli fa i riformatori.
Ma perché siamo giunti a questa conclusione? Perché al tempo della Riforma, cioè circa quattrocento anni fa, in Europa e nel mondo i papi non chiamavano ‘fratelli separati’ Calvino, Lutero e molti altri, ma li chiamavano con ogni sorta di appellativo spregevole! Basta andare a rispolverare alcuni dei libri dei teologi cattolici di quel tempo, o anche leggere discorsi dei papi d’allora per rendersene conto. Come mai allora questo cambiamento di espressioni da parte cattolica, quando le sue dottrine di demoni sono rimaste nella sostanza le stesse, anzi ve ne sono aggiunte molte altre e noi ci atteniamo ancora in diversi punti alle dottrine proclamate dai riformatori? E’ semplice; perché molti di quelli che essa chiama Protestanti, non protestano più contro di essa, come facevano i loro predecessori! Ma il motivo è anche un altro; la chiesa cattolica romana col passare del tempo si è resa conto che molte persone uscivano da essa per unirsi a noi, e che con la forza non riuscivano a farli tornare nel suo seno; quindi ha cambiato tattica. Oggi usa le lusinghe, i riconoscimenti e tante altre astuzie ad essi collegati per fare tornare in essa quelli che l’hanno lasciata. Non è qualche cosa da sottovalutare questo cambiamento di atteggiamento formale da parte della chiesa cattolica, perché con esso, in molti casi, è riuscita ad ammorbidire e talvolta a fare scomparire la protesta di molti Cristiani evangelici.
Questo lo si può constatare anche dal fatto che oggi molti, proprio perché la chiesa cattolica romana apparentemente si umilia e dice di riconosce in noi dei Cristiani, non vogliono più polemizzare con essa, ossia non vogliono che si confutino con vigore e con ogni franchezza le sue dottrine, come si faceva una volta; perché questo potrebbe raffreddare il dialogo che hanno instaurato con i ribelli.
Dove sono oggi i libri dove vengono messe a nudo le eresie della chiesa romana e vengono annullate mediante la Scrittura? Dove sono oggi i predicatori che denunciano dal pulpito con ogni franchezza le dottrine di questa organizzazione come facevano secoli addietro i riformatori? Si possono veramente contare; perché si fanno sempre più rari col tempo. Ecco una delle cose che ha prodotto questo dialogo ecumenico!
Ma a questo punto, bisogna dire anche che è molto preoccupante e rattristante constatare che molti di quelli che si dicono Cristiani evangelici si sono messi a chiamare i Cattolici, ‘cristiani’, ‘fratelli’; perché? Perché allora viene di domandarsi: Ma allora non c’è più bisogno di predicare il ravvedimento e la fede ai Cattolici, se essi sono tutti dei nostri fratelli? Sono già salvati; quindi che bisogno c’è di scongiurarli a salvarsi? Ma qui il fatto è che bisogna predicare il ravvedimento e la fede a quei cosiddetti Cristiani evangelici che o non sono mai nati di nuovo o che hanno perduto il discernimento. A voi che portate il nome di Cristiani evangelici ma che non siete affatto dei Cristiani, io vi dico; Ravvedetevi e credete al Vangelo per ottenere la remissione dei vostri peccati e scampare all’ira a venire’; e a voi fratelli che invece siete stati ingannati dalle lusinghe papali diciamo invece: Ravvedetevi e tornate al Signore dal quale vi siete allontanati per cercare il favore dei Cattolici romani.
- ‘…Accade sempre più spesso che i responsabili delle comunità cristiane prendano insieme posizione, in nome di Cristo, su problemi importanti che toccano la vocazione umana, la libertà, la giustizia, la pace, il futuro del mondo. Così facendo essi ‘comunicano’ in uno degli elementi costitutivi della missione cristiana; ricordare alla società, in un modo che sappia essere realista, la volontà di Dio, mettendo in guardia le autorità e i cittadini perché non seguano la china che condurrebbe a calpestare i diritti umani (….) Numerosi cristiani di tutte le comunità, a motivo della loro fede, partecipano insieme a progetti coraggiosi che si propongono di cambiare il mondo nel senso di fare trionfare il rispetto dei diritti e dei bisogni di tutti, specie dei poveri, degli umiliati e degli indifesi. Nella lettera enciclica Sollicitum rei socialis ho constatato con gioia questa collaborazione, sottolineando che la chiesa cattolica non può sottrarvisi (…) Oggi constato con soddisfazione che la già vasta rete di collaborazione ecumenica si estende sempre più. Anche per influsso del Consiglio ecumenico delle chiese si compie un grande lavoro in questo campo’ (Il Regno, N° 752, pag. 403).
Cambiare il mondo per fare trionfare la giustizia! questo è dunque il progetto della chiesa cattolica romana, e in questo suo progetto ha trascinato e sta trascinando pure molte Chiese evangeliche.
Cominciamo col dire che è un inganno pensare che si può cambiare questo mondo e far trionfare la giustizia in esso; Gesù quando venne in questo mondo non cambiò il mondo, nel senso che ai suoi giorni continuarono ad esserci i poveri, i perseguitati a cagione di giustizia, e quelli che subivano ogni sorta di soprusi, e di conseguenza continuarono ad esserci coloro che procacciavano il male del loro prossimo. Anche ai giorni degli apostoli, il mondo continuò ad essere lo stesso; difatti continuarono ad esserci le ingiustizie sociali. Ma sia Gesù che gli apostoli non si impegnarono nella lotta sociale per fare trionfare la giustizia sociale. Loro predicarono l’Evangelo e molti si ravvidero e credettero in esso, fecero del bene agli uomini; ma non si misero in testa che potevano cambiare il mondo e fare trionfare il rispetto dei diritti di tutti.
Loro stessi erano poveri e furono perseguitati a motivo di giustizia; subirono ogni sorta di ingiustizie, furono nel bisogno, abbandonati e derisi dai loro nemici; eppure sopportarono tutto ciò con pazienza sapendo di essere stati chiamati a questo. Ed anche noi non ci illudiamo; se vogliamo seguire le orme di Cristo e quelle degli apostoli, anche i nostri diritti saranno calpestati dagli uomini; anche noi subiremo ingiustizie di ogni genere dagli uomini che non conoscono Dio perché Gesù ha detto: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Giov. 15:20), e Paolo ha detto che “tutti quelli che voglion vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Tim. 3:12).
La Chiesa di Dio che vuole condursi in modo degno del Vangelo sarà perseguitata; non può essere altrimenti. Queste sono le ragioni per cui noi crediamo che, in qualsiasi caso, non ci si deve mettere in testa il pensiero che se ci mettiamo tutti assieme, potremo levare la nostra voce in favore della giustizia in maniera più forte e trasformare questo mondo di tenebre. Ma questo è proprio quello che la chiesa romana vuole fare pensare agli altri. State attenti perché questo modo di parlare della chiesa romana ha come fine quello di distrarvi dal buon combattimento e coinvolgervi nella politica. Sì, nella politica a cui essa da molti secoli si dà; non dimenticate che la chiesa romana è politica.
Noi credenti non abbiamo nessuna intenzione di darci alla politica o di fare politica per cercare di fare trionfare il diritto in questo mondo. Noi, la politica la lasciamo fare a quelli che Dio a preposti a farla, e per loro preghiamo affinché Dio li guidi e li aiuti.
Giovanni Paolo II è a capo di un impero temporale; quindi parla e si comporta da uomo potente della terra; per questo non parla e non vive come Gesù Cristo o come l’apostolo Pietro di cui si dice il successore. Ed essendo capo di uno Stato anche lui cerca di salvaguardare gli interessi del suo Stato, e di estendere in una maniera o nell’altra il suo potere nel mondo; esattamente quello che hanno fatto i suoi predecessori durante i secoli passati. Quindi è comprensibile che lui parli di lotta sociale e di iniziative che hanno come fine quello di persuadere le autorità di uno Stato a fare o non fare qualche cosa. Ha il potere di farlo e lo fa.
Ma il fatto è che lui sta cercando di coinvolgere in questa lotta politica, perché tale è, anche noi che dalla politica ce ne dobbiamo stare fuori e lontano per non corromperci. Ma badate che il fine che egli si propone non è quello di fare trionfare il rispetto dei diritti; ma il rispetto verso di lui e verso la chiesa cattolica romana.
E’ manifesto questo, chi ha gli occhi aperti lo vede bene tutto ciò. Quello che invece noi vogliamo fare è annunciare il ravvedimento e la parola della fede alla chiesa cattolica romana e denunciare le sue eresie, le sue ipocrisie, le sue falsità, che tengono milioni di persone lontano dalla giustizia di Dio che è in Cristo Gesù. Questa è la lotta che noi perseguiamo. Certo, sappiamo che non tutta la chiesa cattolica romana si convertirà al Signore; comunque vogliamo fare di tutto affinché molti suoi carcerati vengano alla conoscenza della verità e siano così liberati dal giogo di questa religione organizzata.
Quindi, per concludere; il papa dei Cattolici è contento che molte Chiese evangeliche si impegnano, come fa lui ed assieme a lui, a livello politico per fare trionfare il rispetto dei diritti; o meglio per estendere il loro potere temporale sulla terra dimenticando che il regno di cui Cristo, il capo della Chiesa, è a capo non è di questo mondo. Noi perciò siamo rattristati nel constatare che anche delle Chiese evangeliche vogliono costituire il loro papato sulla terra, e riproviamo questo loro comportamento fatto di compromessi, di interessi personali, di menzogne e di ipocrisie. La Chiesa di Dio deve predicare il Vangelo agli uomini e pregare per la loro salvezza; perché solo se gli uomini accettano il Vangelo potranno mettersi a procacciare la giustizia e il bene altrui.
- ‘I progressi della conversione ecumenica sono significativi anche in un altro settore, quello relativo alla Parola di Dio. Penso prima di tutto a un evento così importante per svariati gruppi linguistici come le traduzioni ecumeniche della Bibbia (….) Tali traduzioni, opera di specialisti, offrono generalmente una base sicura alla preghiera e all’attività pastorale di tutti i discepoli di Cristo. Chi ricorda quanto abbiano influito sulle divisioni, specie in Occidente, i dibattiti attorno alla Scrittura, può comprendere quale notevole passo in avanti rappresentino tali traduzioni comuni’ (Il Regno, N° 752, pag. 403).
Eccoci ora ad un altro argomento importante, che è quello delle traduzioni della Bibbia fatte tra Cattolici e Protestanti.
Giovanni Paolo II parla di progressi, di passo in avanti e si mostra soddisfatto per queste traduzioni; ma noi dal canto nostro non possiamo parlare affatto di progressi perché constatiamo che queste traduzioni ecumeniche portano l’impronta del cattolicesimo romano, innanzi tutto perché contengono i libri apocrifi che non sono ispirati, poi perché la Parola di Dio risulta adulterata in molti punti, e poi perché contengono note esplicative ambigue in taluni casi, e confermanti le dottrine cattoliche in altri. Insomma sono delle Bibbie di compromesso inaffidabili. Ma d’altronde che cosa ci si poteva aspettare da una traduzione fatta tra i traduttori Cattolici che sono specializzati sia nell’adulterare la Parola di Dio e sia nel mettere le note esplicative del magistero romano, e persone di Chiese evangeliche che per portare avanti questo dialogo ecumenico sono disposti a fare compromessi a scapito della Parola di Dio e della sana dottrina? Per farvi comprendere perché Giovanni Paolo II si mostri soddisfatto per le traduzioni ecumeniche sottopongo ora alla vostra attenzione alcuni passi (con o senza le note esplicative di alcuni di essi) di alcune di queste traduzioni.
T.O.B (Torino 1976).
A) ‘Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù’ (Matt. 1:24,25). La nota dice che ‘il testo non permette di affermare che Maria abbia avuto in seguito rapporti con Giuseppe’. E ci credo che il testo non lo permette; è stato adulterato! Il testo originale dice: “E non la conobbe finch’ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù” (Matt. 1:25); da questo testo si apprende che Giuseppe dopo che Maria partorì Gesù la conobbe, cioè ebbe delle relazioni carnali con lei. Il che poi è confermato dal fatto che egli ebbe dei figli e delle figlie da Maria.
B) ‘Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli’ (Matt. 12:46). La nota dice: ‘Nella Bibbia, come ancora oggi in Oriente, la parola fratelli può indicare i figli della stessa madre, ma anche i parenti prossimi’(Cf Gn 13,8; 14,16; 29,15; Lv 10,4; I Cr 23,22). Qui, il discorso nella nota è giusto perché in effetti talvolta nella Bibbia il termine fratelli indica anche dei parenti prossimi come cugini nipoti ecc., ma è evidente che una tale nota non s’addice affatto in riferimento ai fratelli di Gesù; perché? Perché noi siamo sicuri che i fratelli di Gesù di cui Matteo parla in questo passo sono i figli di sua madre e non suoi cugini o nipoti; e non ci mettiamo a pensare neppure per un attimo che questi fratelli potessero essere dei suoi parenti prossimi. Una tale nota posta in questo passo fa comprendere ancora una volta quanto lo spirito ecumenico possa influire negativamente non solo nella traduzione ma anche nel commento alle note. In questa nota, nessuno si sbilancia; nessuno prende posizione, si lascia al lettore di pensare che i fratelli di Gesù potevano essere i figli di sua madre ma anche che potevano essere i suoi parenti prossimi. Ecco una forma di compromesso ecumenico che tende a soffocare la verità che Maria non è rimasta vergine perché Giuseppe, dopo che nacque Gesù, ebbe da lei dei figli.
C) ‘Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo’ (Tito 3:4,5). La nota in riferimento al lavacro di rigenerazione dice: ‘Allusione al battesimo’. Perché? Per accontentare i Cattolici che affermano che il battesimo degli infanti rigenera. Ma le parole di Paolo a Tito non fanno allusione al battesimo, ma alla rigenerazione compiuta in noi dall’acqua della Parola di Dio.
D) ‘Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso così dalla nostra parola come dalla nostra lettera’ (2 Tess. 2:15). La nota dice: ‘Si può pensare alla prima lettera canonica. Ma Paolo, per mezzo di Timoteo, ha avuto altre occasioni di comunicare con i tessalonicesi. Le tradizioni sono le verità riguardanti la fede e la vita cristiana, che Paolo ha ricevuto dalla Chiesa primitiva e che insegna, a sua volta, alle comunità da lui fondate’. Perché questa nota dice questo? Per sostenere la tradizione cattolica che, secondo la curia romana, è l’insegnamento degli apostoli trasmesso a voce ma non scritto. Nella nota c’è una menzogna perché Paolo non ricevette verità riguardanti la fede e la vita cristiana dalla Chiesa primitiva perché lui l’Evangelo non lo ricevette e non lo imparò da nessun uomo ma lo ricevette per rivelazione di Gesù Cristo. Basta ricordare, per confermare ciò, che a riguardo della cena del Signore l’apostolo non ha detto di averla trasmessa come l’aveva ricevuta dagli apostoli ma come l’aveva ricevuta dal Signore stesso!
E) ‘Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli…’ (Matt. 26:26). La nota dice: ‘Matteo presuppone, senza dirlo esplicitamente come Lc (22,19) o Paolo (I Cor 11,24), che i discepoli devono fare questo in memoria di Gesù. Su iniziativa di Gesù non si tratta soltanto di ricordarsi di questo fatto o di ripetere la Cena, ma di attualizzare il gesto sacrificale compiuto da Gesù sulla croce e di anticipare il banchetto escatologico’. Ecco spuntare pure la messa cattolica (la cosiddetta ripetizione del sacrificio di Cristo) sotto le parole ‘attualizzare il gesto sacrificale compiuto da Gesù sulla croce’!
Questi qui sopra citati sono solo alcune delle note fuorvianti che compaiono in questa traduzione ecumenica fatta da ‘specialisti’!
Parola del Signore (Roma 1976).
A) E Gesù le disse (a sua madre): ‘Donna, perché me lo dici? L’ora mia non è ancora giunta’ (Giov. 2:4,5). Perché non mettere “che v’è fra me e te?” (Giov. 2:4)? E’ chiaro il motivo, per non fare apparire così severa la riprensione di Gesù nei confronti di sua madre. E quindi per innalzare in una certa maniera Maria.
B) ‘Gesù le dice (alla donna samaritana): ‘Dio è spirito. Chi lo adora deve lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità di Dio’ (Giov. 4:24). Perché non mettere “bisogna che l’adorino in ispirito e verità” (Giov. 4:24)? E’ evidente; perché la vera traduzione rende meglio l’idea che Dio non deve essere affatto adorato con l’ausilio di statue e di immagini, ma solo in ispirito perché Egli è spirito.
Parola del Signore (Torino 1986) [5].
A) ‘Perciò nessuno può spiegare con le sue sole forze le profezie che ci sono nella Bibbia’ (2 Piet. 1:21). Perché non mettere: “..poiché non è dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profezia” (2 Piet. 1:21)? Perché in questo caso il lettore avrebbe capito che la Scrittura non procede da vedute particolari perché gli uomini che la scrissero non scrissero di loro volontà perché furono sospinti dallo Spirito Santo. Mentre nel testo ‘ecumenico’ c’è ampio posto per metterci la guida ‘infallibile’ nella comprensione della Scrittura del magistero papista.
B) ‘L’angelo entrò in casa e le disse: – Ti saluto, Maria! Il Signore è con te: egli ti ha colmata di grazia’ (Luca 1:28). Come mai i traduttori non hanno messo “o favorita dalla grazia” (Luca 1:28) o “tu cui grazia è stata fatta” (Luca 1:28 Diodati)? Perché così i Cattolici possono sempre spiegare la immacolata concezione di Maria e il fatto che ella durante la sua vita non commise mai peccato.
C) ‘Fate attenzione; nessuno vi inganni con ragionamenti falsi e maliziosi. Sono frutto di una mentalità umana…’ (Col. 2:8). Come mai i traduttori hanno fatto sparire la filosofia e la tradizione degli uomini secondo che è scritto: “Guardate che non vi sia alcuno che faccia di voi sua preda con la filosofia e con vanità ingannatrice secondo la tradizione degli uomini…” (Col. 2:8)? E’ chiaro il perché: per non fare apparire dannose la filosofia e la tradizione umana presenti ampiamente nella chiesa cattolica romana.
D) ‘Se qualcuno di voi è malato, chiami i responsabili della comunità’ (Giac. 5:14). Come mai i traduttori hanno fatto sparire “gli anziani della chiesa” secondo che è scritto: “C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa” (Giac. 5:14) ed hanno messo i responsabili della comunità? Perché così i Cattolici possono dire che i responsabili della comunità di cui parla Giacomo sono i preti (che però ministrano l’estrema unzione) e i Protestanti possono dire che si tratta del pastore o degli anziani. Ma la parola greca presbyteros va tradotta con anziani e non con responsabili della comunità; anche se gli anziani sono i responsabili della comunità.
E) ‘Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete diventati cristiani?’ (Atti 19:2) Come mai i traduttori non hanno messo “quando credeste”? E’ semplice; perché per i Cattolici si diventa Cristiani e perciò si riceve lo Spirito Santo quando da infanti si riceve il battesimo, mentre per gli Evangelici si diventa Cristiani quando si crede da adulti e perciò si riceve lo Spirito Santo (qui mi riferisco ad una misura di Spirito Santo e non alla pienezza che si riceve dopo avere creduto) da adulti. E così la traduzione accontenta ambedue le parti, ma soprattutto i Cattolici perché in questa maniera gli Evangelici non possono dire che si riceve lo Spirito Santo solo da adulti quando si crede, mentre i Cattolici possono dire che il neonato riceve lo Spirito Santo senza credere!!!
F) ‘Per questo io ti dico che tu sei Pietro e su di te, come su una pietra, io costruirò la mia Chiesa’ (Matt. 16:18). Perché i traduttori hanno messo ‘su di te’ e non “su questa pietra”? Superfluo dirlo, perché secondo i Cattolici la Chiesa di Cristo ha come pietra fondamentale Pietro!!! Anche se la nota esplicativa cita pure questa traduzione e fa presente che le chiese non sono concordi nella spiegazione del testo, bisogna dire che quel ‘su di te’ odora fortemente di cattolicesimo. E’ un compromesso, non c’è dubbio.
G) ‘Fratelli, vi ho parlato di me e di Apollo per darvi un esempio. Imparate a non andare oltre certi limiti’ (1 Cor. 4:6). Il testo rivisto da Luzzi afferma invece: “Or, fratelli, queste cose le ho per amor vostro applicate a me stesso e ad Apollo, onde per nostro mezzo impariate a praticare il ‘non oltre quel che è scritto” (1 Cor. 4:6). Come mai quindi non hanno messo ‘il non oltre quel che è scritto’ ma ‘oltre certi limiti’? Perché così i Cattolici possono mettere i limiti che vogliono loro e noi non possiamo più dirgli che non si deve praticare oltre quello che sta scritto (e quindi che non si deve osservare la loro tradizione che non è parte della Scrittura).
- ‘…Il fine ultimo del movimento ecumenico è il ristabilimento della piena unità visibile di tutti i battezzati. In vista di questa mèta, tutti i risultati raggiunti sinora non sono che una tappa, anche se promettente e positiva (..) Da tale unità fondamentale, ma parziale, si deve ora passare all’unità visibile necessaria e sufficiente, che si iscriva nella realtà concreta, affinché le chiese realizzino veramente il segno di quella piena comunione nella chiesa, una, santa, cattolica e apostolica che si esprimerà nella concelebrazione eucaristica. Questo cammino verso l’unità visibile necessaria e sufficiente, nella comunione dell’unica chiesa voluta da Cristo, esige ancora un lavoro paziente e coraggioso..’ (Il Regno, N° 752, pag. 410).
Eccoci adesso all’ultima parte del discorso di Giovanni Paolo II. Come potete vedere in queste parole il papa dei Cattolici parla del fine che si propone il movimento ecumenico che consiste nel ristabilimento visibile di tutti i battezzati, cioè, secondo lui, di quelli che sono stati battezzati da adulti dopo essersi ravveduti e di quelli che sono stati battezzati da bambini senza essere mai nati di nuovo. E questo ristabilimento dell’unità si concretizzerà, secondo lui, nella celebrazione della messa; ossia nella celebrazione della cosiddetta ripetizione del sacrificio di Cristo! Il papa dei Cattolici riconosce che ancora ci sono molte divergenze dottrinali che separano i Cattolici dalle chiese cristiane evangeliche, ma nonostante ciò si mostra ottimista visti i progressi che si sono compiuti sulla via dell’ecumenismo e incoraggia i suoi seguaci e quelli che lui chiama ‘gli altri cristiani’ a proseguire per questa via. Che dire? Diremo per l’ennesima volta che noi credenti non dobbiamo in nessuna maniera metterci a dialogare con persone che con dolci e lusinghiere parole, con il pretesto di volere l’unità di tutte le chiese, non vogliono fare altro che portare tutti sotto il dominio del papato a celebrare quell’atto abominevole che è la messa! Attenti fratelli, perché questo papa dei Cattolici è una volpe! Qualcuno dirà: ‘Ma che dici fratello?’ Dico che questa unità visibile di tutte le chiese è un disegno malefico che il papato ha ben preparato nelle sue camere segrete per fare sviare i credenti dalla verità. Non vi lasciate ingannare da questi lupi camuffati da pecore!
- ‘…Tra tutte le chiese e comunità ecclesiali, la chiesa cattolica è consapevole di aver conservato il ministero del successore dell’apostolo Pietro, il vescovo di Roma, che Dio ha costituito quale perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità, e che lo Spirito sostiene perché di questo essenziale bene renda partecipi tutti gli altri. Secondo la bella espressione di papa Gregorio Magno, il mio ministero è quello di servus servorum Dei. Tale definizione salvaguarda nel modo migliore dal rischio di separare la potestà (e in particolare il primato) dal ministero, ciò che sarebbe in contraddizione con il significato di potestà secondo il Vangelo: ‘Io sto in mezzo a voi come colui che serve’ (Lc 22,27), dice il Signore nostro Gesù Cristo, capo della chiesa. (…) La missione del vescovo di Roma nel gruppo di tutti i pastori consiste nel vegliare (episkopein) come una sentinella, in modo che, grazie ai pastori, si oda in tutte le chiese particolari la vera voce di Cristo-Pastore. Così, in ciascuna delle chiese particolari loro affidate si realizza l’una, sancta, catholica et apostolica ecclesia. Tutte le chiese sono in comunione piena e visibile, perché tutti i pastori sono in comunione con Pietro, e così nell’unità di Cristo. Con il potere e l’autorità senza i quali tale funzione sarebbe illusoria, il vescovo di Roma deve assicurare la comunione di tutte le chiese. A questo titolo, egli è il primo tra i servitori dell’unità. Tale primato si esercita a svariati livelli, che riguardano la vigilanza sulla trasmissione della Parola, sulla celebrazione sacramentale e liturgica, sulla missione, sulla disciplina e sulla vita cristiana. Spetta al successore di Pietro di ricordare le esigenze del bene comune della chiesa, se qualcuno fosse tentato di dimenticarlo in funzione dei propri interessi. Egli ha il dovere di avvertire, mettere in guardia, dichiarare a volte inconciliabile con l’unità di fede questa o quella opinione che si diffonde. Quando le circostanze lo esigono, egli parla a nome di tutti i pastori in comunione con lui. Egli può anche – in condizioni ben precise, chiarite dal concilio Vaticano I – dichiarare ex cathedra che una dottrina appartiene al deposito della fede. Testimoniando così della verità, egli serve l’unità (ibid., pag. 412, 413). (…) Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particolare, soprattutto nel costatare l’aspirazione ecumenica della maggiore parte delle comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova (….) La chiesa cattolica, sia nella sua praxis sia nei testi ufficiali, sostiene che la comunione delle chiese particolari con la chiesa di Roma, e dei loro vescovi con il vescovo di Roma, è un requisito essenziale – nel disegno di Dio – della comunione piena e visibile. Bisogna, infatti, che la piena comunione, di cui l’eucaristia è la suprema manifestazione sacramentale, abbia la sua espressione visibile in un ministero nel quale tutti i vescovi si riconoscano uniti in Cristo e tutti i fedeli trovino la conferma della propria fede. La prima parte degli Atti degli apostoli presenta Pietro come colui che parla a nome del gruppo apostolico e serve l’unità della comunità – e ciò nel rispetto dell’autorità di Giacomo, capo della chiesa di Gerusalemme. Questa funzione di Pietro deve restare nella chiesa affinché, sotto il suo solo capo, che è Cristo Gesù, essa sia visibilmente nel mondo la comunione di tutti i suoi discepoli (ibid., pag. 414). (…) Io, Giovanni Paolo, umile servus servorum Dei, mi permetto di fare mie le parole dell’apostolo Paolo, il cui martirio, unito a quello dell’apostolo Pietro, ha conferito a questa sede di Roma lo splendore della sua testimonianza, e dico a voi, fedeli della chiesa cattolica, e a voi, fratelli e sorelle delle altre chiese e comunità ecclesiali, ‘tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi… La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi (2 Cor 13,11.13)’ (ibid., pag. 415).
Per concludere il suo lungo discorso il papa dei Cattolici non poteva essere più chiaro sul ruolo che lui pensa di avere in questo ristabilimento dell’unità tra le chiese e quale è il suo proposito. Abbiamo capito; lui, in sostanza, dice che non ci può essere unità senza di lui perché lui è il fondamento visibile di questa unità a cui Cristo ha affidato il compito di sorvegliare pecore e pastori; e poi fa chiaramente capire che lui vuole riunire tutti sotto di lui, affinché tutti ascoltino la vera voce di Cristo che parla in lui naturalmente! Ecco perché noi dichiariamo l’ecumenismo papale nient’altro che una macchinazione del diavolo per fare tornare nel seno della chiesa cattolica quelli che per la grazia di Dio ne sono usciti! Che non ci venite a dire dunque che siamo spietati, senza amore fraterno e settari nel non volere accettare di dialogare con la curia romana e in generale con i Cattolici al fine di procacciare la loro unità; perché questo non è vero. La verità è che noi amiamo la verità e vogliamo che essa non venga messa sotto i piedi per amore di questa cosiddetta unità; ma coloro che cercano a tutti i costi di mettersi d’accordo con la curia romana, quando è impossibile farlo senza soffocare la verità, non amano la verità e non cercano neppure la gloria che viene da Dio ma cercano la gloria che viene dagli uomini. Non ci importa come siamo catalogati a motivo di questa nostra presa di posizione; sappiamo però di non avere nessun rimorso e che la nostra coscienza non ci riprende. Chi ha orecchi da udire oda.
IL DIALOGO CATTOLICO/PENTECOSTALE
A livello internazionale
Dopo alcune discussioni preliminari iniziate nel 1970, discussioni che ebbero come interlocutori da una parte il Segretariato per l’Unione dei Cristiani fondato da Giovanni XXIII nel 1960 e dall’altra singoli membri di chiese pentecostali, nel 1972 iniziarono i dialoghi internazionali tra Cattolici e Pentecostali. Originariamente, la delegazione pentecostale fu scelta personalmente da David Du Plessis [6] , il quale era stato invitato anni prima a partecipare come osservatore al concilio Vaticano II [7], e più tardi da suo fratello Justus, ma gradualmente alcune denominazioni pentecostali hanno cominciato a mandare dei delegati ufficiali. Per quanto riguarda le Assemblee di Dio degli Stati Uniti occorre dire che non è ufficialmente rappresentata, benché a questo dialogo vi partecipano alcuni suoi membri come Cecil Robeck, Gary McGee e Del Tarr, ministri ordinati della denominazione americana. Prima che iniziasse il dialogo fu detto che lo scopo di questo dialogo non era ‘interessarsi ai problemi di un’unione strutturale imminente’, ma era che ‘la preghiera, la spiritualità e la riflessione teologica diventino una preoccupazione a livello internazionale, sotto la forma di un dialogo tra il Segretariato per l’Unione dei Cristiani della Chiesa cattolica e i capi di alcune chiese pentecostali e alcuni partecipanti ai movimenti carismatici nelle Chiese protestanti e anglicane’.
Durante il primo quinquennio di dialoghi furono discussi questi argomenti: battesimo con lo Spirito Santo (1972, Horgen, Svizzera); il rapporto tra il battesimo con lo Spirito Santo e i riti d’iniziazione, e il ruolo dello Spirito Santo e i doni dello Spirito Santo nella tradizione mistica (1973, Roma, Italia); teologia dell’iniziazione cristiana, natura dell’attività sacramentale e battesimo dei bambini e degli adulti (1974, Schloss Craheim, Germania Federale); culto pubblico, con particolare riferimento alla celebrazione eucaristica, e dimensione umana nell’esercizio dei doni spirituali e discernimento degli spiriti (1975, Venezia, Italia); preghiera e lode (1976, Roma, Italia).
Durante il secondo quinquennio (nel 1978 non fu tenuto nessun incontro a motivo della morte di Paolo VI) furono invece discussi i seguenti argomenti; parlare in altre lingue e la relazione dell’esperienza con la fede (1977, Roma, Italia); relazione tra Scrittura e tradizione, e il ministerio di guarigione nella chiesa (1979, Roma, Italia); chiesa come comunità adorante e tradizione e tradizioni (1980, Venezia, Italia); il ruolo di Maria, cioè la sua intercessione, la sua venerazione, la sua maternità ecc. (1981, Vienna, Austria); a proposito di questo incontro occorre dire che Jerry L. Sandidge afferma che la locazione di questo dialogo ‘costituiva una particolare preoccupazione per i Pentecostali. Fu deciso di trasferirsi fuori dall’Italia per favorire le Assemblee di Dio italiane, che si erano opposti ad esso perché sia in Roma che in Italia’ (Jerry L. Sandidge, Roman Catholic/Pentecostal Dialogue (1977-1982). A Study in developing ecumenism, [Dialogo Cattolico/Pentecostale [ 1977-1982] . Uno Studio sull’ecumenismo che si sviluppa] vol. I, Frankfurt am Main 1987, pag. 234). L’ultimo incontro di questa seconda serie di incontri fu tenuto a Collegeville nel Minnesota, nel 1982 e fu discusso il ministero nella chiesa.
Durante il terzo quinquennio furono discussi i seguenti soggetti; la comunione dei santi (1985, Riano, Roma); ‘lo Spirito Santo e la visione neotestamentaria della koinonia’ (1986, Sierra Madre, California, U.S.A.); ‘Koinonia, Chiesa e Sacramenti’ (1987, Venezia, Italia); ‘Koinonia e battesimo’ (1988, Emmetten, Svizzera); Koinonia, la Chiesa come comunione (1989, Roma).
Nel quarto quinquennio i temi discussi sono stati: l’evangelizzazione (1990, Emmetten, Svizzera); il biblico e sistematico fondamento dell’evangelizzazione (1991, Venezia, Italia); evangelizzazione e cultura (1992, Rocca di Papa, Roma); evangelizzazione e giustizia sociale (1993, Parigi); evangelizzazione, testimonianza e proselitismo (1994, Kappel am Albis, Svizzera); testimonianza comune (1995, Brixen, Italia).
Il dialogo prosegue dunque da più di venti anni e quantunque da parte pentecostale (come anche da parte cattolica) ci sia il riconoscimento che permangono, dopo più di venti anni di dialoghi, delle grandi divergenze dottrinali su diversi punti, esso non dà per nulla segno di fermarsi. E’ veramente preoccupante dunque constatare che da parte di questi membri influenti di queste chiese pentecostali non ci sia la risoluzione ad abbandonare questo dialogo; ma come è possibile che non abbiano ancora capito che con questo dialogo non si possono e non si potranno mai mettere d’accordo con i Cattolici perché essi sono nemici della verità e non amici di essa? Ma non hanno ancora capito che le menzogne insegnate dalla chiesa cattolica romana non hanno nulla a che fare con la verità che dimora in noi? Ma non hanno ancora capito che se vogliono andare d’accordo con i Cattolici devono rinunciare prima o poi alla verità e farsi nemici di Dio con tutte le nefaste conseguenze che da ciò ne vengono? No, pare proprio che non lo abbiamo ancora capito molti di loro, anzi non lo vogliono per nulla capire perché sono divenuti duri d’orecchi e di cuore ingannati dai sorrisi e dalle lusinghe dei Cattolici romani. Vogliono a tutti costi stare in buoni rapporti con i Cattolici, vogliono a tutti costi guadagnarsi la loro amicizia e il loro rispetto; anziché esortarli a ravvedersi e uscire dal mezzo di questa chiesa idolatra. Ah, come sono privi di discernimento questi credenti che hanno intrapreso questo sforzo ecumenico con la chiesa cattolica romana!
Da parte cattolica si continua a sentir dire che ‘lo scopo del dialogo è l’approfondimento del reciproco rispetto e della reciproca comprensione, non un organica o una strutturale unità’, ma dobbiamo ancora una volta dire che da parte di coloro che si mettono a parlare con i Cattolici romani se da un lato ci deve essere il rispetto in verso la persona, sia esso prete, vescovo o cardinale, dall’altro non ci può essere e non ci deve essere nessun rispetto e nessuna pietà nei confronti delle eresie della chiesa romana che hanno già scaraventato e stanno ancora scaraventando milioni di persone all’inferno! Le eresie bisogna distruggerle facendo uso della Parola di Dio; bisogna riprovarle con tutte le forze, e le si devono chiamare con il loro vero nome, cioè eresie, dottrine di demoni, e non con qualche altro nome, come per esempio, opinioni differenti, vedute differenti, per non urtare l’animo dei Cattolici romani! No, non è l’approfondimento del reciproco rispetto o della reciproca comprensione lo scopo di questo dialogo che la chiesa romana ha voluto anche con le chiese pentecostali dopo il concilio Vaticano II, perché il vero scopo è quello di indurre i Pentecostali (la cui evangelizzazione ‘aggressiva’ preoccupava e preoccupa la chiesa cattolica romana perché ha allontanato da essa decine di milioni di persone in tutto il mondo) a riconoscere i suoi sacramenti e le sue dottrine, e a distoglierli così dall’evangelizzare i suoi membri. Insomma, questa cosiddetta reciproca comprensione e questo cosiddetto reciproco rispetto che hanno sin qui cercato di approfondire i Cattolici con questo dialogo sono solo dei pretesti di cui essa si serve per distoglierli dal confutare con vigore le sue dottrine (cosa che col passare del tempo, sia in Europa che in America e sud America, si è notevolmente affievolita rispetto a decenni fa), e strappargli ulteriori membri dalle sue fauci. Forse – o meglio, sicuramente – questo nostro atteggiamento verrà considerato settarismo o dimostrazione di non volere l’unità della Chiesa ma la sua distruzione, ma in effetti non è così perché la vera unità della Chiesa la si può procacciare solo camminando nella verità, e quindi rimanendo attaccati a tutto il consiglio di Dio così come esposto nella Scrittura e camminando con tutti coloro che dopo avere conosciuto la verità sono decisi a dimorare nella verità, a costo di perdere la propria vita e la stima e l’amicizia di coloro che prima li stimavano e amavano, insomma con coloro che di puro cuore invocano il Signore, e non con delle persone che hanno messo la verità non nel loro cuore ma sotto i loro piedi e la calpestano invece di difenderla. Perché mettersi a chiamare fratelli e amici coloro che contrastano e annullano con le loro eresie le dottrine portanti del cristianesimo quali la giustificazione per sola fede, il battesimo per immersione come simbolo della rigenerazione ottenuta per fede, la mediazione unica e sufficiente di Cristo, la signoria di Cristo sulla Chiesa, e così facendo serrano il regno dei cieli davanti a loro stessi e davanti a coloro che ammaestrano? Ma non è questa una follia? Eppure questo è quello che avviene in questi dialoghi e negli incontri ecumenici da parte pentecostale verso i Cattolici! E’ ora che questi Pentecostali vengano di nuovo evangelizzati, è ora che si ravvedano pure loro per tornare a camminare per sentieri diritti perché con questo loro comportamento dimostrano in maniera inequivocabile di essersi incamminati per vie tortuose.
Adesso, oltre che di dialogare costoro parlano persino di mettersi a evangelizzare con i Cattolici romani; infatti a proposito del dialogo cattolico-pentecostale tenutosi a Brixen (Italia) dal 15 al 22 Luglio 1995, dove si è discusso dell’Evangelizzazione in comune, si legge nella rivista Information Service: ‘Il tema di questa fase del dialogo è l’Evangelizzazione. La discussione di una comune testimonianza ha rivelato il bisogno da parte del mondo di sentire il Vangelo, e le difficoltà dei Cristiani a testimoniare assieme a causa delle loro divisioni. Nello stesso tempo fu fatto notare che ci sono casi in differenti posti dove la testimonianza comune fra Cristiani, inclusi Pentecostali e Cattolici Romani, si sta già sviluppando. Tutti e due i documenti presentavano un numero di suggerimenti che offrono opportunità per vie possibili di testimoniare per il Vangelo assieme nel futuro. Le discussioni furono condotte in uno spirito di candore, reciproca fiducia e apprezzamento’. E chi erano i Pentecostali che hanno partecipato a questo cordiale incontro che si è studiato di gettare le basi per una futura evangelizzazione assieme ai Cattolici romani? Li voglio citare così come li leggo nella rivista sopra citata: ‘Rev. Cecil M. Robeck, Jr. (Assemblies of God, Pasadena, California, U.S.A) (…) Rev. Cheryl Bridges Johns (Church of God, Cleveland, Tennessee, U.S.A.); Rev. Ronald Kydd (Pentecostal Assemblies of Canada, Keene, Ontario, Canada), Rev. Gary McGee (Assemblies of God); Rev. Francois Moller (Apostolic Faith Mission); Rev. Steve Overman (International Church of the Foursquare Gospel, Eugene, Oregon, U.S.A.); Rev. Raymond M. Pruitt (Church of God of Prophecy, Cleveland, Tennessee, U.S.A.); Rev. Del Tarr (Assemblies of God). [8]Dalla lista ho omesso i partecipanti da osservatori. Che dire? Bisogna dire che di questo passo andrà a finire che molti smetteranno di evangelizzare i Cattolici romani, per mettersi assieme a loro nell’evangelizzazione! [9]. Qui, siamo all’apostasia. Ma noi vorremmo domandare a questi Pentecostali che hanno partecipato a questo incontro a Brixen: ma avete mai letto i libri di catechismo della chiesa romana? Ma avete mai letto qualcuno dei suoi libri di teologia dogmatica? Ma sapete che cosa è il cattolicesimo? Ma avete mai letto la storia della Riforma e della controriforma? Ma non sapete che oggi la chiesa romana per sostenere le sue eresie, dopo più di quattro secoli dalla Riforma, cita ancora il concilio di Trento che fu tenuto per controbattere alla Riforma, come lo citava cento o duecento anni fa? Ma non vi rendete conto che nulla è cambiato nella chiesa romana dai giorni della Riforma fino ad adesso? Voi direte: ‘E’ cambiato qualcosa nella forma, nella liturgia, e nell’atteggiamento ufficiale che essa tiene in verso le Chiese evangeliche sorte dalla Riforma’. Sì, è vero questo, ma nella sostanza tutto è rimasto come era prima, perché le eresie di cinque secoli fa ci sono ancora tutte, anzi sono aumentate. Il lupo ha cambiato il colore del pelo, ma è sempre lupo e non è diventato una pecora. Quand’anche voi diceste che quello che viene chiamato papa, i cardinali, i vescovi e i preti fossero delle pecore, perché li sentite parlare con una voce dolce e li vedete amichevoli, errereste grandemente, perché dietro quel loro abito di pecora rimangono lupi rapaci, come lo erano i loro predecessori nei secoli passati. Non v’illudete. Ma forse, alcuni di voi diranno che ci sono vescovi e preti e tanti ‘laici’ cattolici che parlano anche loro in altre lingue! Ma noi diciamo: ‘Ma se essi hanno per davvero ricevuto lo Spirito della verità come fanno a rimanere attaccati alle dottrine cattoliche romane che annullano la verità e stanno conducendo nelle fiamme dell’inferno centinaia di milioni di persone in tutto il mondo? Come fanno a rimanere nella chiesa romana, in mezzo all’idolatria, quando ancora in questa generazione tanti preti e Cattolici romani che sono usciti dal suo mezzo per unirsi ai santi hanno dichiarato in svariate, ma inequivocabili maniere, che per loro dopo che hanno conosciuto la verità non è stato più possibile rimanere in mezzo a questa chiesa idolatra e anticristiana? Che dovremmo dire dunque di tutti questi ex-Cattolici romani? Che mentono quando dicono che Dio li ha tirati fuori da questa fossa di perdizione che è la chiesa romana? O forse dovremmo dirgli di ritornare nel grembo della chiesa romana perché anche là per loro è possibile dimorare nella verità perché ci sono alcuni che parlano in lingue? No, nulla di tutto ciò; noi crediamo che essi abbiano piena ragione nel dichiararsi liberati, per la grazia di Dio, dal giogo della religione cattolica romana e che essi debbano rimanere assieme a noi fuori da essa e cercare con l’aiuto di Dio di fare sì che tanti altri escano, per la potenza di Dio, da sotto la potestà del papismo. Che dunque? Che tutti coloro che dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo escano immediatamente dalla chiesa romana dimostrando così con i fatti di possedere in loro lo Spirito di Dio che brama i figliuoli di Dio fino alla gelosia! E se vengono visti dubbiosi o riluttanti a farlo siano scongiurati dai ministri del Vangelo a farlo senza stare punto in dubbio, ma non vengano per nulla incoraggiati a rimanere nel grembo di questa chiesa che si prostituisce da secoli con i re e i popoli della terra per non essere partecipi delle sue piaghe quando l’ira di Dio si rivelerà contro di essa. Non vogliono assolutamente farlo questi Cattolici romani che dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo questo passo di uscire dalla chiesa romana, perché ritengono che la chiesa romana sia nella verità perché ha il capo visibile della Chiesa, ossia il cosiddetto successore di Pietro? Questo significa che essi non hanno ricevuto proprio nulla da Dio, ma si sono ingannati credendo di avere ricevuto lo Spirito Santo.
Ma torniamo alla questione dell’evangelizzazione in comune tra Cattolici e Pentecostali; una cosa è certa, di questo passo, nel futuro molti credenti nelle Chiese pentecostali cominceranno ad essere mal visti e perseguitati proprio dai loro fratelli con i quali andavano al culto e ad evangelizzare assieme, e tutto ciò perché si rifiuteranno di collaborare nell’evangelizzazione con i Cattolici. I pastori che dovevano pascerli con assennatezza, li scacceranno dalla loro presenza, perché riterranno che essi siano d’impedimento all’evangelizzazione; saranno considerati di scandalo e di intoppo perché rifiuteranno di associarsi ai Cattolici romani nell’evangelizzazione. Sicuramente questo già succede in quei casi dove dei pastori di chiese pentecostali si sono messi a evangelizzare con i preti. Si adempie così la parola del profeta Ezechiele: “Voi mi profanate fra il mio popolo per delle manate d’orzo e per de’ pezzi di pane, facendo morire anime che non devono morire, e facendo vivere anime che non devono vivere, mentendo al mio popolo, che dà ascolto alle menzogne… avete contristato il cuore del giusto con delle menzogne, quand’io non lo contristavo, e avete fortificate le mani dell’empio perché non si convertisse dalla sua via malvagia per ottenere la vita…” (Ez. 13:19,22). Ma a suo tempo Dio farà ricadere l’ingiustizia di questi pastori dati a questo falso ecumenismo sulle loro teste; loro porteranno la pena di questo loro comportamento. Essi seminano vento e mieteranno tempesta; pensano di seminare grano ma mieteranno spine e triboli a motivo della loro caparbietà di cuore. Sì, sono caparbi; rifiutano di ascoltare i precetti di Dio per seguire il loro cuore ingannato dalla curia romana. Hanno tutto l’interesse a farlo, perché questo loro comportamento compiacente nei confronti dei Cattolici romani accresce il loro prestigio tra i Cattolici romani, e gli permette di arricchirsi perché ecumenismo oggi è sinonimo di guadagno. La chiesa cattolica romana infatti costituisce una vasta clientela per questi cianciatori e speculatori; libri, video cassette e audio cassette, conferenze ed altro. Non sono questi per loro un buon motivo per proseguire questo sforzo ecumenico? Ecco dunque che cosa spinge costoro a cercare la collaborazione dei Cattolici; l’amore di fama e di denaro. Altro che amore della verità, altro che desiderio di unità!
In Italia
‘Il tutto iniziò quando l’oratore, il pastore Giovanni Traettino, impostò il suo discorso sulla Pentecoste come necessità di ritrovarsi nel Cenacolo in unità e concordia e nel servizio amorevole e, a simbolo del servizio che i cristiani devono rendersi nell’amore gli uni agli altri, lavò i piedi a un frate (….) Quello che abbiamo colto è il significato spirituale; che attraverso l’umiliazione di Giovanni, è iniziato un processo di guarigione tra le due chiese. Da questo gesto infatti è iniziato il dialogo ufficiale. E’ accaduto in quel momento qualcosa che ha cambiato e cambierà il corso della storia. Vi sono delle grosse ferite tra evangelici e cattolici, provocate reciprocamente; basta ricordare quelle impartite ai pentecostali nel periodo del fascismo e postfascismo (…) Ma lì nello stadio di Bari, con quel gesto ci è sembrato cogliere come se il mondo evangelico perdonasse i propri persecutori’ (Tempi di Restaurazione, Giugno 1994, pag. 24-25); sono le parole di Matteo Calisi, responsabile nazionale del RnS (Rinnovamento nello Spirito Santo) per il dialogo ecumenico, intervistato da Ernesto D. Bretscher. Ecco dunque come è iniziato ufficialmente il dialogo tra i Cattolici e i Pentecostali in Italia; tramite la lavanda dei piedi fatta da Giovanni Traettino (pastore di una Chiesa in Caserta) ad un frate allo stadio San Nicola di Bari davanti ad una folla di migliaia di Cattolici. Ma lasciamo parlare lo stesso Traettino (Traettino adesso è Co-Presidente della Consultazione Carismatica Italiana assieme a Matteo Calisi) su questo ‘storico’ incontro del 1992 a cui lui accettò di partecipare come oratore e su questo gesto da lui compiuto davanti a così tanti Cattolici: ‘Giovanni, vorremmo onorare il debito che abbiamo con i nostri fratelli pentecostali. Le nostre radici sono nel movimento pentecostale evangelico. Puoi venire a parlare al 25° anniversario mondiale del Rinnovamento nello Spirito Santo? Crediamo che il modo migliore sia quello di invitarti nella qualità di pastore pentecostale per ministrare a tutti noi. Allora il Signore mi disse: ‘Alzati…ammazza e mangia. Le cose che Dio ha purificate non farle tu impure… Alzati, và con loro, senza fartene scrupolo, perché li ho mandati io’ (Atti 10:13-15,20). I miei fratelli confermarono che la guida era dal Signore, e che bisognava rispondere all’invito. ‘Entra per la porta che il Signore apre, ed Egli confermerà’. La vigilia di Pentecoste, a Bari, Dio mi incontrò ancora. ‘Domani laverai i piedi a uno dei responsabili del Rinnovamento carismatico’. ‘Signore – risposi – non è possibile! Cosa significa? Cosa capiranno i cattolici e come l’intenderanno i miei fratelli evangelici? Tu lo sai, Signore, che non è lecito a un evangelico conservatore nel nostro paese associarsi ai cattolici (cfr. Atti 10:28), e che già solo questo sarà oggetto di discussione e causa di confusione. Ora mi chiedi perfino di lavare loro i piedi?!’. ‘Sono io che te lo chiedo, figlio mio’ mi disse allora il Signore. Cercai di resistere al Signore, ma Egli mi avvolse della Sua presenza e della Sua forza di convinzione, e mi espugnò. Mi vinse ed io mi lasciai vincere. ‘Tu sei mio servo, ama col mio cuore… riconosci la mia azione nella loro vita: la nuova nascita, il battesimo nello Spirito Santo…’. Chi ama suo fratello rimane nella luce e non c’è nulla in lui che lo faccia inciampare’ (1° Gv. 2:10). La guarigione, una guarigione profonda era all’opera nella mia anima e nel mio spirito. Lo Spirito di Dio mi stava toccando, guarendo, illuminando, il mio cuore era intensamente riscaldato dentro di me ed ero avvolto dal senso tangibile della presenza di Dio. ‘In verità comprendo che Dio non ha riguardi personali; ma che in qualunque nazione (ed io pensai: quanto più se è una denominazione cristiana’), chi lo teme e opera giustamente gli è gradito’ (Atti 10:34-35) Quando fui davanti alla folla variopinta dello stadio di S. Nicola di Bari in quel pomeriggio assolato del giorno di Pentecoste del ‘92, lo Spirito di Dio scese sopra di me. ‘La Pentecoste è frontiera; lo Spirito Santo è spirito di frontiera. Il movimento pentecostale evangelico e cattolico è alle sue radici e nella sua natura più profonda movimento di frontiera..’. La folla era in piedi ed acclamava Gesù Signore e Re della vita personale e della Chiesa. Le mie mani ora lavavano i piedi di frate Antonio. Le lacrime mi riempivano gli occhi attoniti mentre avvertivo il calore delle braccia del mio fratello intorno alle mie spalle e il suo volto poggiato sul mio capo. Piangeva… Come piangeva! Fu un attimo lunghissimo. Ci trovavamo abbracciati, intensamente uniti nel cuore. La folla magnificava Dio nello Spirito e Lo lodava applaudendo con tutto il cuore. Fu un appuntamento divino, Eravamo entrati per la porta che lo Spirito aveva aperto. La sua presenza tangibile e l’opera profonda di guarigione operati in tutti noi furono chiaro segno della Sua approvazione. ‘Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?’ (Atti 11:17)’ (ibid., pag. 3).
Quindi secondo le parole di Traettino il tutto è opera di Dio; la porta che si è aperta tra i Cattolici gliel’ha aperta Dio; notate infatti quante volte usa il nome del Signore dicendo che lui gli ha parlato di fare determinate cose tra cui anche di lavare i piedi ad un responsabile del RnS! Ed oltre a ciò egli si usa del racconto di Luca sul come Dio chiamò Pietro a casa di Cornelio per annunziargli la Parola, come similitudine, a sostegno del suo andare dai Cattolici carismatici. Da allora, cioè dal 1992, si sono cominciati a tenere annualmente degli incontri ufficiali tra membri del RnS e pastori di Chiese evangeliche. Oltre a ciò delegazioni di pastori di Chiese evangeliche si recano dietro invito alle conferenze del RnS.
Vogliamo adesso riferire delle impressioni di Ernesto D. Bretscher (uno dei pastori a favore del dialogo instauratosi) sulla Convocazione nazione del Rinnovamento nello Spirito svoltasi a Rimini dal 22 al 25 Aprile 1994, per fare capire quale sentimento aleggia in mezzo a costoro:
‘Il padre Emiliano Tardif, dopo una breve riflessione sulla misericordia di Dio espressa attraverso Gesù in cui cita Isaia 53, pone l’enfasi sul pentimento, trasformando il convegno in una grande riunione di umiliazione davanti a Dio. I corridoi si riempiono di persone, molte delle quali in lacrime, che vanno a confessare i loro peccati ai tanti sacerdoti mobilitati per l’occasione. La delegazione evangelica rimane commossa nell’osservare questi sacerdoti che abbracciano, pregano, consolano, impongono le mani e pronunciano l’assoluzione, mentre il coro continua ad adorare il Signore (…) La teologia è essenzialmente evangelica e cristocentrica. Per usare le parole di Giovanni Traettino, ‘ritrovo un pezzo di evangelismo pentecostale in un contesto cattolico e non posso non sentirmi come a casa mia’ (…) Faremo bene a mettere da parte le nostre diffidenze e il nostro spirito anticattolico…’ (ibid., pag. 12,13,14).
Che dire? Diremo che anche qui in Italia le cose hanno preso una brutta piega anche sul fronte delle relazioni tra i credenti e i Cattolici. Certamente Traettino e coloro che sono d’accordo con lui nel mettersi a dialogare e a pregare e a collaborare con i Cattolici romani sono una piccola frazione della fratellanza sparsa in questa nazione; ma pure bisogna prendere atto di questo loro atteggiamento nei confronti dei Cattolici carismatici e riconoscere che il cattolicesimo ha fatto breccia anche in mezzo al popolo di Dio. Difatti questo dialogo che si è instaurato non è una porta aperta per la Parola in mezzo ai Cattolici, ma uno spiraglio aperto al cattolicesimo in mezzo al popolo di Dio. Dopo avere esposto queste cose vogliamo innanzi tutto dire questo. Noi non crediamo in quello che dice Traettino quando dice che il Signore gli ha parlato e gli ha detto tutte quelle cose; perché se veramente fosse stato il Signore a chiamarlo là in quello stadio, come chiamò Pietro a casa di Cornelio, egli avrebbe predicato agli astanti il ravvedimento e la remissione dei peccati mediante la sola fede nel nome di Gesù (perché questo è il messaggio da portare ai Cattolici romani), e non un messaggio ecumenico. Che fece infatti Pietro a casa di Cornelio? Gli annunciò la parola della croce e la remissione dei peccati nel nome di Gesù; perché egli sapeva che essi erano ancora perduti (quantunque Cornelio temesse Dio con tutta la sua casa) ed avevano bisogno di esser salvati dai loro peccati (cfr. Atti 10:38-43). L’apostolo non andò ad una riunione di fratelli, ma andò a predicare a persone che divennero fratelli in seguito; quando credettero nel suo messaggio (cfr. Atti 11:13,14). Si contraddice da sé dunque Traettino quando parla in quella maniera volendo far intendere che gli avvenne qualcosa di simile a quello che era avvenuto a Pietro. Per quanto riguarda la sua lavanda di piedi fatta al frate; essa è frutto della sua immaginazione e non un comando divino. Senza nulla togliere al gesto della lavanda dei piedi che è un gesto di umiltà che pure Gesù fece nei confronti dei suoi discepoli; noi vediamo in quell’atto, un gesto astuto da lui compiuto per accaparrarsi le simpatie dei Cattolici. Gesto che gli è stato contraccambiato dai Cattolici alla XIX Convocazione Nazionale del Rinnovamento nello Spirito, tenutasi a Rimini nell’aprile 1996, con il bacio dei piedi [10] (vedi foto sopra – nota mia).
Per quanto riguarda infine le parole di Bretscher diciamo che il fatto che la delegazione evangelica si sia commossa nel vedere i Cattolici andare a confessarsi dai preti e ricevere da loro l’assoluzione in quella convocazione, ci fa soltanto disgustare. Ma come si può rimanere commossi nel vedere persone che invece di andare direttamente da Dio a chiedere perdono dei loro peccati vanno da degli altri peccatori che ritengono di essere dei mediatori tra Dio e gli uomini? Ma che si vadano a leggere cosa dice la teologia romana sul sacramento della confessione! Anzi che si ravvedano di essersi commossi dinanzi alla pratica di una delle abominazioni cattoliche romane che tiene legate al peccato e fa illudere centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Che si sveglino dal sonno nel quale sono caduti!! Quanto poi alla esortazione di Bretscher di mettere da parte le nostre diffidenze e la nostra avversione verso il cattolicesimo romano, non se ne parla nemmeno; perché così facendo inganneremmo noi stessi. Come possiamo abbandonare le nostre diffidenze e la nostra avversione nei confronti del cattolicesimo romano dopo avere letto i loro catechismi ed altri loro libri? Come si può fare ciò nel constatare che la chiesa cattolica romana è la stessa nella sostanza di quella dei tempi di Lutero e Calvino? Che anche costui rientri in se stesso e si svegli dal sonno in cui è caduto e allora non parlerà più così. Così Traettino e la sua squadra si sono messi ufficialmente con i Cattolici romani trasgredendo all’ordine di Paolo: “Non vi mettete con gl’infedeli sotto un giogo che non è per voi; perché qual comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli?” (2 Cor. 6:14-16). Fratelli, guardatevi da costoro e non lasciatevi ingannare dai loro vani ragionamenti. Perché dietro a tutti questi proclami d’amore fraterno si nascondono dei compromessi e tante cose nascoste e vergognose.
Concludiamo dicendo che noi non escludiamo che tra i carismatici cattolici di tutto il mondo ci possano essere persone che abbiano veramente gustato la bontà di Dio e siano state salvate dai loro peccati e neppure persone che abbiano veramente ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo; perché il Signore si fa trovare da tutti quelli che lo cercano con tutto il cuore in mezzo a tutte le chiese, anche in quelle pseudocristiane come nel caso della chiesa cattolica. E questo perché lui è giusto, senza riguardi personali. Ma una cosa è certa; queste persone saranno sospinte dallo Spirito Santo fuori dal cattolicesimo romano, perché lo Spirito brama a gelosia i figliuoli di Dio e non vuole che essi continuino a recitare il Rosario, a confessarsi dai preti, a partecipare alla messa ed altre cose abominevoli nel cospetto di Dio. Questa è l’opera dello Spirito Santo che hanno potuto avvertire nella loro vita tutti quei Cattolici visitati da Dio in seno alla chiesa cattolica romana. Bisogna dunque dire a questi carismatici cattolici di uscire dalla chiesa cattolica romana; per il loro bene, esclusivamente per il bene dell’anima loro.
Attenzione a non dire quello che ha detto Geoffrej Allen: ‘..la mia speranza non è che i carismatici escano dalla Chiesa Cattolica, piuttosto che il cattolicesimo, per tutti gli aspetti in cui non è biblico, esca dai carismatici!’ (Tempi di Restaurazione, Giugno 1994, pag. 29). Perché questo è un parlare contraddittorio dato che se uno vuole che il cattolicesimo non biblico (che è la massima parte) esca dai carismatici certamente vuole che essi escano dalla chiesa cattolica romana e che non vi rimangano. Mentre se uno vuole che il cattolicesimo non biblico esca dai carismatici, ma contemporaneamente non vuole che essi escano dalla chiesa cattolica romana; allora egli vuole che il cattolicesimo non biblico rimanga in loro, perché non è possibile rimanere nella chiesa cattolica romana senza aderire – se non proprio a tutte – a molte delle dottrine diaboliche che ci sono in essa. E per rendersi conto di questo si veda di quante dottrine diaboliche è formato il cattolicesimo romano, e come esse sono strettamente collegate tra di loro in maniera da non lasciare alternativa; o rimanere e dare retta al magistero, o uscire.
IL PROGETTO ‘UNITÀ ATTRAVERSO LA DIVERSITÀ’ DI OSCAR CULMANN
Oscar Culmann, eminente teologo luterano, ha scritto un libro dal titolo Unità attraverso la diversità. In questo libro parla di come secondo lui sia possibile avere comunione (in greco koinonia) con i Cattolici romani infatti afferma: ‘..abbiamo constatato la necessità di rispondere affermativamente alla questione di sapere se questa comunione è possibile in via di principio’ (Oscar Culmann, L’unità attraverso la diversità, Brescia 1987, pag. 52. Oscar Culmann ha ricevuto il premio internazionale Paolo VI 1993 per l’ecumenismo). In altre parole, per lui è possibile l’unità con la chiesa romana attraverso la diversità. Certo, lui riconosce nel suo libro che permangono delle divergenze dottrinali non indifferenti tra la chiesa cattolica romana e quella luterana (questo si può dire anche in relazione alle altre chiese ‘protestanti’) che impediscono ancora una unità visibile e specialmente strutturale, ma pure è convinto che questa unità nella diversità (come lui la chiama) è possibile e suggerisce nel capitolo secondo come attuare praticamente questa unità da lui propugnata. Esamineremo i punti fondamentali di questo suo discorso per queste ragioni; innanzi tutto per dimostrare come dopo cinque secoli dalla Riforma che portò uno dei suoi protagonisti principali, ossia Lutero, con molti e molti altri a separarsi dalla chiesa cattolica romana a motivo della corruzione e della menzogna che essa perpetrava a danno degli uomini, ci siano oggi uomini, nella Chiesa cosiddetta luterana cioè a quella Chiesa che dice di rifarsi agli insegnamenti di Lutero (alcuni dei quali però sono errati) e che al tempo della Riforma fu scomunicata e perseguitata dalla chiesa romana perché affermava che la giustificazione si ottiene soltanto mediante la fede senza le opere, e non accettava il primato del ‘papa’, e il valore delle indulgenze, e l’invocazione di Maria e dei santi ed altre dottrine cattoliche, che oggi a differenza di Lutero, che un giorno affermò che loro si ritenevano ‘separati per l’eternità’ dalla chiesa cattolica romana, dicono che si può e si deve collaborare con i Cattolici romani (mantenendo questi tutti i loro insegnamenti falsi) perché sono anche loro dei Cristiani. Ma c’è un altro motivo per cui vogliamo esaminare e confutare questo discorso di Culmann; ed è quello di mettere in guardia i credenti che si trovano nelle diverse ‘denominazioni’ cristiane da simili discorsi vani. Occorre dire infatti che il discorso che fa Culmann lo fanno, con qualche variante, tanti altri teologi e non teologi anche in altre chiese protestanti; il che costituisce una spinta in verso questa cosiddetta unità nella diversità, come viene chiamata, che in effetti, in base all’insegnamento biblico, non è per nulla una unità vera, ma solo una trappola, una rete, un laccio, un qualcosa di malefico che ha come fine di fare dimenticare a molti credenti che la salvezza si ottiene soltanto credendo in Cristo Gesù e non facendo opere buone, cioè il messaggio principale da portare agli uomini, e di farli alleare con quelli che sono dei nemici dichiarati della giustificazione per sola fede, cioè con la chiesa romana. Siamo persuasi che questo nostro discorso, in questo tempo in cui si parla tanto di ecumenismo, scandalizzerà molti o li farà rimanere perplessi, ma non possiamo parlare altrimenti. I fatti parlano chiaro come parlavano altresì chiaramente cinque secoli fa in Europa; la chiesa cattolica romana è idolatra, fonda la sua esistenza sull’impostura, sulla superstizione, sulla menzogna e con essa i veri credenti non possono e non devono in nessuna forma e misura allearsi per non corrompersi anche loro e sviarsi dalla semplicità e dalla purità rispetto a Cristo. Ma veniamo ora alle parole di Oscar Culmann.
- ‘L’unità nella diversità si può realizzare visibilmente in due modi: anzitutto grazie a una cooperazione ecumenica in certi ambiti particolari, senza che vi sia un’organizzazione della comunione delle chiese; secondariamente grazie a una struttura speciale (…) questa cooperazione dovrà essere continuamente intensificata e le manifestazioni individuali di solidarietà dovranno essere sempre più numerose’ (Oscar Culmann, op. cit., pag. 54-55). E tra le forme di questa solidarietà che devono essere intensificate Culmann ricorda i dialoghi teologici ecumenici allo scopo di redigere testi comuni, ricerche bibliche comuni, liturgie e culti comuni, istituti comuni, attività sociali comuni; ma si sofferma in particolare sui dialoghi teologici e le celebrazioni ecumeniche. Poi dice che ‘nel campo della teologia i maggiori progressi ecumenici sono stati compiuti nel campo della scienza biblica’ e ci sono ‘delle importanti collane di commenti pubblicate in comune. Le società scientifiche di studi dell’Antico e del Nuovo Testamento comprendono indifferentemente esegeti delle tre confessioni cristiane. L’elaborazione di traduzioni ecumeniche della Bibbia ha dato risultati molto positivi’ (ibid., pag. 56-57), e subito dopo parla della traduzione ecumenica della Bibbia, la TOB (Traduction oecuménique de la Bible, Paris 1975), di cui lui parla con soddisfazione.
Anche in questo caso, si deve constatare un errore di fondo che è comune a tutti questi teologi quando parlano dei Cattolici romani, che è quello di considerarli fratelli in Cristo. A parte il fatto che secondo noi se uno, anche se dice di fare parte di una Chiesa evangelica, si mette a chiamare fratelli i Cattolici romani dati all’idolatria e alla superstizione che affermano che dire di avere la vita eterna è presunzione, deve lui stesso ancora nascere di nuovo, perché morto nei suoi falli e nelle sue trasgressioni, infatti ciò significa che anche lui è ancora un figlio della disubbidienza al pari dei Cattolici romani. Ma noi diciamo a costoro che parlano come parla Culmann: ‘Ma come mai al tempo della Riforma queste forme di solidarietà con la chiesa romana non erano per nulla ricercate dai riformatori? Come mai Lutero o qualcun altro riformatore non avrebbe mai pensato di instaurare un dialogo con i Cattolici romani per dopo redigere un testo comune e neppure mettersi a tradurre la Bibbia assieme ai Cattolici, o di studiare la Bibbia assieme ai Cattolici romani? Non è forse perché la chiesa romana li scomunicava e li insultava dichiarandoli eretici e figli della perdizione, e li paragonava alla peste? E perché avveniva questo? Perché i riformatori, con tutti i loro difetti e quantunque talvolta affermarono delle cose sbagliate, erano dati alla confutazione delle eresie cattoliche romane che stavano menando in perdizione le anime, e desideravano far avere al popolo delle traduzioni della Bibbia nella loro lingua, cosa che la chiesa romana non faceva e non voleva fare perché reputava la Bibbia molto pericolosa nelle mani del popolo da lei considerato ignorante. E il loro lavoro portò molto frutto, infatti molti, leggendo i libri di controversia di questi riformatori e la Bibbia in lingua volgare, si resero conto che la salvezza era per grazia e non bisognava fare nulla per meritarla, e che quindi la chiesa romana era nell’errore e seduceva le anime. Non esistevano i dialoghi ecumenici con la stesura di testi comuni come oggi; non esisteva e non veniva procacciata nessuna collaborazione con i Cattolici romani da parte protestante, e questo perché i riformatori erano affaticati nell’intento di strappare dalle fauci del papismo più anime possibili. Oggi invece, quantunque la chiesa cattolica romana è la stessa se non peggio di come era nel sedicesimo secolo, molti di coloro che hanno beneficiato dell’opera di quei coraggiosi riformatori che per la loro opera esposero la loro vita alla morte, si sono messi in testa che si deve cercare la maniera di unirsi in qualche maniera alla chiesa cattolica romana. Quindi, il messaggio di costoro ai Cattolici romani non è più quello antico, e cioè: ‘Convertitevi dagli idoli all’Iddio vivente e uscite da essa’, ma: ‘Fratelli, le nostre chiese si devono unire perché siamo fratelli’; quindi rimanete dove siete, perché siete al sicuro. Ecco, a quale punto sono giunti le cose oggi; ma io dico: ‘Ma se Lutero o Calvino ed altri fossero vivi oggi, cambierebbero il loro messaggio nei confronti della chiesa romana? Non credo affatto. E così la Riforma dopo secoli, rimane per molti solo un evento storico che alla fin fine non insegna proprio nulla; i riformatori sono solo delle persone il cui messaggio contro la chiesa romana oggi non è più valido! Il messaggio da portare ai Cattolici, per molti Protestanti, è un altro oggi! E’ triste constatare tutto questo, quando ci si ricorda delle sofferenze e dei sacrifici che hanno dovuto compiere tanti uomini nei secoli passati qui in Europa per portare l’Evangelo ai Cattolici romani! Eppure, e questo lo voglio ribadire con forza, la chiesa cattolica romana, è la stessa di allora!! Eppure, gli anatemi del concilio di Trento contro tutti coloro che non accetteranno i loro sacramenti, i libri apocrifi come canonici, la loro tradizione come rivelazione di Dio, e tante altre imposture vengono ancora citati dai teologi romani per sostenere le loro dottrine!! Eppure, se si leggono i libri di teologia di Bellarmino che combatté molto contro i riformatori, e i libri dei moderni teologi non c’è alcuna differenza (quanto alla sostanza ben inteso perché il linguaggio si è mitigato)!! Ma allora cosa c’è che non va? C’è che molti di quelli che si dicono Protestanti o Evangelici sono ancora morti nei loro falli, e non hanno mai sperimentato la nuova nascita, non si sono mai convertiti a Cristo come i Cattolici romani e perciò stanno bene assieme. Si sa d’altronde che i perduti stanno bene assieme!
- ‘Quanto ai culti comuni, quelli che sono incentrati sulla predicazione non fanno problema al fine di manifestare la comunione delle chiese. E’ con questo spirito che papa Giovanni Paolo II ha predicato a fianco del pastore luterano nella piccola chiesa luterana di Roma. Attualmente esiste uno scambio di predicatori tra numerose comunità. Occorre certamente vegliare, a questo riguardo, perché la predicazione proclami le verità cristiane fondamentali che uniscono tutti i cristiani ed eviti di offendere gli uni o gli altri’ (ibid., pag. 58), prosegue Culmann.
Che vergogna, che follia! noi diciamo. Ma qualcuno dirà: questo accade solo tra i Luterani. No, non è vero che lo scambio di predicatori c’è solo tra loro. Io poco dopo essermi convertito ho partecipato ad un congresso del ‘pieno Evangelo’ a Lugano organizzato dall’associazione Uomini Nuovi, dove fu invitato a predicare un prete cattolico romano. La ragione della sua presenza era da ricercarsi nell’abbondanza di carismatici cattolici romani presenti a quel congresso i quali dovevano anche loro avere un loro rappresentante e non sentirsi a loro disagio. Ci sono inoltre diverse Chiese evangeliche che permettono ai preti e ai vescovi di parlare nei loro locali di culto anche in questa nazione. Quello che una volta era scandalo oggi per molti non lo è; e naturalmente questo scambio di predicatori può avvenire solo perché la parte non cattolica ha rinunciato a denunciare le false dottrine della chiesa romana. ‘Sono più le cose che ci uniscono, che quelle che ci dividono’, si sente sovente ripetergli. ‘No, semmai è il contrario’ rispondiamo noi. E poi, in effetti, che cosa unisce costoro? Che cosa c’è alla base di questa alleanza? L’amore del denaro; ecco la colla che li unisce. Certamente non è l’amore della verità o della giustizia, perché chi ama la verità e la giustizia non può allearsi con un prete o un vescovo o con un cardinale o con il cosiddetto papa.
- Culmann, facendo poi notare come ancora, dato che permangono divergenze dottrinali sul significato della cena del Signore con la chiesa romana, non è possibile celebrare l’eucaristia assieme a loro dice: ‘Dal momento che oggi non è possibile un’intercomunione generale, vorrei tornare su un suggerimento da me già altra volta avanzato: quello di riprendere un uso della chiesa antica reintroducendo, a fianco della celebrazione dell’eucaristia, l’antica celebrazione delle ‘agapi’ alle quali possono partecipare le chiese separate (…) Queste agapi dovrebbero svolgersi nelle sale parrocchiali, o meglio ancora, possibilmente in case private e a turno tra cattolici e protestanti’ (ibid., pag. 62).
E quindi, secondo costui, noi credenti dovremmo organizzare delle agapi con i Cattolici romani perché essi sono nostri fratelli. Non abbiamo nulla contro l’agape in se stessa, ma noi non ci sentiamo di invitare i Cattolici romani che adorano statue e immagini ad un agape perché Paolo dice: “Quel che v’ho scritto è di non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un … idolatra (…) con un tale non dovete neppur mangiare” (1 Cor. 5:11). Altra cosa invece è l’invitare un Cattolico romano a mangiare perché è nel bisogno, con lo scopo naturalmente di guadagnarlo a Cristo.
- Passando poi ad esaminare la questione se ‘una comunione degna di questo nome è possibile senza un minimo di struttura’ (Culmann, op. cit., pag. 64), Culmann afferma: ‘..la comunità di chiese che progettiamo, benché non sia a sua volta una chiesa, dovrebbe essere dotata di una soprastruttura, più o meno flessibile, rispettosa delle strutture particolari delle chiese accolte nel suo seno. Anche qui: unità nella diversità’ (ibid., pag. 65). Ma c’è un problema, ed è quello del papa che si ritiene il garante dell’unità delle chiese cristiane perché secondo i Cattolici Dio ha costituito il successore di Pietro, ossia il vescovo d Roma, ‘perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità’. Come risolvere questa questione molto complicata? In altre parole Culmann domanda: ‘In che modo la chiesa cattolica, senza abbandonare la sua pretesa di possedere già nel ministero petrino la garanzia dell’unità, può trovare il posto che le compete in seno a una comunità nella quale le chiese membri ricercano insieme una unità?’ (ibid., pag. 77). Ed egli dà pure la risposta: ‘A meno di rinunciare definitivamente ad accogliere la più grande delle chiese cristiane, non è possibile nessuna struttura comune senza una concessione reciproca: da una parte la concessione delle chiese non cattoliche nella forma di una accettazione limitata di certi elementi costitutivi della chiesa cattolica per la creazione di una soprastruttura, alla condizione che ciò non sia in contrasto con la loro fede; dall’altra parte la concessione della chiesa cattolica sotto la forma di un riconoscimento di questa limitazione, senza abbandono dei propri dogmi’ (ibid., pag. 77).
E’ chiaro dunque il progetto di Culmann; cercare di formare una superstruttura facendo delle concessioni, cioè riconoscendo in un certo limite il papa, e da parte cattolica fare la concessione di accettare questa limitazione! E tutto questo per quale motivo? Per non perdere la più grande delle chiese cristiane! Errore, grave errore quello di Culmann nel definire Chiesa cristiana la chiesa cattolica romana. Questo significa che lui ha dimenticato che cosa è il cristianesimo e che cosa fa cristiana una chiesa, e non solo, egli ha pure dimenticato che la chiesa cattolica romana nel definire il suo papa segno visibile dell’unità e principio e fondamento dell’unità, non fa altro che dire, o riconoscete il papa e vi sottomettete a lui perché costituito da Dio per mantenere unita la Chiesa di Cristo, o altrimenti non avrete mai l’unità delle chiese. Insomma, senza il papa, l’unità non è possibile, il suo servizio è indispensabile!! Ma, a prescindere che il cosiddetto successore di Pietro, è un impostore, da quando in qua nella Scrittura si legge che Pietro fosse il principio e il fondamento dell’unità, come se fosse Pietro che teneva unita la Chiesa intera al suo tempo? E’ l’amore e non il papa che tiene legati i credenti l’uno all’altro infatti Paolo pregando per i Colossesi dice: “affinché siano confortati nei loro cuori essendo stretti insieme dall’amore…” (Col. 2:2). Quindi non c’è proprio bisogno di questo cosiddetto servizio petrino per rimanere uniti ai credenti delle altre chiese; basta amarli come Cristo ci ha comandato di fare. Sì, i fratelli quando mediante l’amore servono gli uni gli altri si mantengono uniti, e non hanno bisogno di Giovanni Paolo II e neppure dei suoi prossimi successori. E poi, i papi hanno sempre cercato il loro interesse; la storia ce lo insegna; sono avidi di potere dal primo all’ultimo; ma che servizio possono giammai rendere alla Chiesa di Dio? Semmai, cercano di distruggerla, ma non cercano proprio di edificarla! Questo ancora oggi, nel ventesimo secolo. Molti Protestanti oggi nei loro discorsi ecumenici dicono: ‘Con Pietro, ma non sotto Pietro’; volendo così dire che sono disposti a collaborare assieme al cosiddetto successore di Pietro ma non a riconoscere in lui il capo della Chiesa per un suo particolare diritto divino accordatogli da Dio. Noi riteniamo che in base all’insegnamento biblico, questa volpe non debba essere fatta entrare nella vigna di Dio perché con la sua astuzia e il suo potere la guasterebbe; è uno di quelli di fuori. Il suo posto non è in mezzo al popolo di Dio riscattato con il sangue di Cristo, ma in mezzo agli idolatri, ai superstiziosi, ai figli della disubbidienza come lui. Si ravveda, e creda nel Vangelo, ed esca dalla chiesa romana abbandonando la sua posizione, allora, e solo allora lo potremo accogliere come un nostro fratello, ma non prima. Qualcuno dirà: ‘Ma che dici? Guarda che il papa vuole il bene della Chiesa’. No, lui non vuole il nostro bene, come non lo hanno voluto i suoi predecessori. Da che cosa si comprende questo? Dal fatto che lui nell’ovile delle pecore cerca di entrarci non per la porta ma da un’altra parte. E Gesù ha detto: “In verità, in verità io vi dico che chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da un’altra parte, esso è un ladro e un brigante” (Giov. 10:1). E chi è la porta? Cristo. Ma lui questa porta la ignora; egli ha un’altra porta ed è Maria, la ‘porta del cielo’. Seguendo lei però, nella maniera in cui prescrive la chiesa romana, non si entra né nella Chiesa di Dio e neppure nel cielo, ma si rimane nel buio e si va all’inferno.
Per concludere; noi riteniamo che è impossibile avere comunione con i Cattolici romani perché noi siamo luce nel Signore mentre loro sono tenebre e non v’è comunione tra la luce e le tenebre. Come fanno dunque alcuni credenti a pensare di potere avere comunione con le tenebre? Noi abbiamo parlato con molti Cattolici romani fino adesso, ma con nessuno di essi abbiamo sentito comunione. Il fatto dunque che alcuni ci stiano bene assieme a loro è segno che essi o prima camminavano nella luce e poi si sono corrotti perché le tenebre gli hanno accecato gli occhi o altrimenti sono nelle tenebre e non hanno mai visto la luce nella loro vita. Quantunque siamo contro l’ecumenismo, pure siamo per la verità e cerchiamo il bene dei Cattolici romani; il nostro desiderio infatti, nello scrivere contro questo falso ecumenismo, è che i Cattolici romani vengano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Diletti, ho voluto esporvi brevemente queste cose per mettervi in guardia da coloro che cercano di sedurvi con le loro dolci parole ecumeniche; affinché perseveriate nella fede, e riteniate fermamente fino alla fine quello che avete udito dal principio per ottenere in quel giorno dal Signore la corona di giustizia.
COSE PASSATE DA NON DIMENTICARE
Le persecuzioni contro i Valdesi, gli Ugonotti, gli Anabattisti e i Pentecostali
A questo punto fratelli voglio parlarvi di diverse cose che il papato nel corso dei secoli passati ed anche in questo nostro secolo ha fatto e detto contro coloro che si separarono dalla chiesa cattolica a motivo della loro fede nel Vangelo. Il tempo verrebbe meno se dovessi mettermi a parlare di tutte le persecuzioni che secoli fa i papi qui in Europa perpetrarono contro tanti uomini che predicarono la parola della fede, che predicarono contro la tradizione della chiesa papista, che fecero di tutto per fare avere al popolo le Scritture tradotte nella loro lingua. Mi limiterò quindi a parlare solo di alcune di queste persecuzioni eccitate da papi sanguinari, violenti e spietati.
Ma prima di iniziare a parlarne voglio citare alcune parole di Agostino di Ippona perché è su di esse che la chiesa cattolica romana si è perlopiù basata nel corso dei secoli per sostenere che è giusto perseguitare coloro che ancora non fanno parte di essa affinché si convertano al cattolicesimo e coloro che escono dal suo seno per farli tornare nel suo grembo. In sostanza, secondo queste parole di Agostino è giusto da parte della Chiesa – per mezzo delle autorità statali – fare perseguitare gli increduli affinché si convertano al cristianesimo e fare perseguitare gli eretici, ossia coloro che si sviano dalla verità per andare dietro ad eresie, per farli tornare nel seno della Chiesa.
Ecco le sue affermazioni a tale proposito: ‘Tu pensi che nessuno deve essere costretto alla virtù, sebbene tu legga che il padre di famiglia disse ai servi: Costringete ad entrare tutti quelli che troverete. Pensi così, sebbene tu legga come Saulo, che poi divenne Paolo, fu spinto a conoscere ed abbracciare la verità con un atto di forza compiuto da Cristo, che ve lo costrinse (…) E tu pensi che non si devono usare i mezzi coercitivi con le persone, perché si liberino dalla calamità dell’errore, mentre, dagli esempi incontestabili surriferiti, vedi che agisce in questo modo proprio Dio, di cui nessuno ci ama in modo più vantaggioso per noi’mento dei re pagani, in cui i Cristiani furono perseguitati invece degli infedeli; il periodo successivo di quel re, invece, prefigurò i tempi dei re posteriori, già fedeli, nei quali invece dei Cristiani, vengono perseguitati gli infedeli. Ma senza dubbio verso quei Cristiani che errano perché sono stati sedotti dagli eretici, si usa una severità temperata, e di preferenza la mansuetudine (…); mediante le pene dell’esilio e di multe cerchiamo di richiamarli a considerare che cosa e per qual causa essi le subiscono, in modo che imparino a preferire alle chiacchiere e alle calunnie umane le Sacre Scritture da essi lette’ (Agostino, Le lettere, 93,2,5. Lettera a Vincenzo, vescovo di Cartenna);
‘E’ comunque certo che i cattivi hanno sempre perseguitato i buoni, ed i buoni i cattivi, gli uni nocendo con l’ingiustizia, gli altri giovando con le sanzioni disciplinari; agendo gli uni inumanamente, gli altri moderatamente; servendo gli uni alla cupidigia, gli altri all’amore. Voglio dire: il carnefice non bada al modo con cui strazia, il medico invece bada al modo con cui taglia; questi infatti cerca di ottenere la sanità, quello invece la cancrena. Gli empi uccisero i Profeti, ma pure i Profeti uccisero degli empi. I Giudei flagellarono Cristo, ma anche Cristo flagellò i Giudei (…) Sia nel Vangelo, sia negli scritti degli Apostoli, non si riscontra alcun caso in cui ai re della terra sia stato chiesto l’intervento a difesa della Chiesa contro i suoi nemici. Chi lo nega? Bisogna però tenere presente che ancora non si era avverata la profezia che dice: E adesso, o re, fate giudizio; ravvedetevi, o giudici della terra; servite il Signore con timore! Ancora infatti si avverava quanto si legge poco prima nel medesimo salmo: Perché mai le genti si sono agitate e i popoli hanno meditato vani disegni? Sono insorti i re della terra, i principi hanno cospirato contro il Signore e contro il suo Cristo. D’altra parte però, se i fatti narrati dai Libri profetici erano figure di quelli che sarebbero accaduti in futuro, nel monarca chiamato Nabucadonosor erano pure raffigurati due periodi della storia: il periodo cioè trascorso dalla Chiesa sotto gli Apostoli e quello prefigurato nel periodo in cui il summenzionato re costringeva i buoni e i giusti ad adorare la propria statua e faceva gettare nel fuoco quelli che vi si rifiutavano. Adesso invece si avvera quello che accadde nel periodo successivo, prefigurato nel medesimo re, quando cioè egli, convertitosi al culto del vero Dio, decretò che se uno nel suo regno avesse bestemmiato il Dio di Sidrac, Midrac e Abdenago, venisse punito coi meritati castighi. Il primo periodo di quel re indica perciò il primo atteggia’ (Agostino, op. cit., 93, 2,8; 3,9-10).
Ecco cosa insegnava colui che i Cattolici romani chiamano il santo dottore o il più grande dei dottori della Chiesa e che persino tanti credenti tengono in alta stima! Questa è una eresia (una delle sue tante) che si oppone nettamente alle parole di Cristo e degli apostoli. I figliuoli di Dio non devono per nulla ricorrere alle autorità statali per convertire con la forza gli increduli o per fare tornare nel loro mezzo coloro che si sono sviati dalla verità; ma essi devono predicare loro il Vangelo, dimostrare loro ogni mansuetudine e pregare per loro nella speranza che Dio dia il ravvedimento ad ambedue. Paolo scongiurava Giudei e Gentili a ravvedersi e a credere nel Signore Gesù Cristo, e per loro pregava, lasciandoci così l’esempio; ma mai insegnò a fare uso o lui stesso fece uso direttamente o indirettamente della persecuzione per convertirli, perché egli sapeva che Dio dice: “Non per potenza né per forza, ma per lo Spirito mio…” (Zacc. 4:6). L’apostolo sapeva che il ravvedimento è Dio a concederlo secondo il beneplacito della sua volontà a chi vuole e che la fede non è qualcosa che un uomo può imporre con la forza al suo simile perché essa è il dono di Dio. E la stessa cosa vale per coloro che si sono sviati dalla verità: Egli dice infatti a Timoteo come deve comportarsi con loro: “Or il servitore del Signore non deve contendere, ma dev’essere mite inverso tutti, atto ad insegnare, paziente, correggendo con dolcezza quelli che contraddicono, se mai avvenga che Dio conceda loro di ravvedersi per riconoscere la verità; in guisa che, tornati in sé, escano dal laccio del diavolo, che li avea presi prigionieri perché facessero la sua volontà” (2 Tim. 2:24-26).
Nessuna forza quindi è lecito usare alla Chiesa – né direttamente, e né indirettamente ricorrendo al braccio secolare – per persuadere e convertire gli increduli o gli sviati. E potrei prendere molte e molte altre Scritture per dimostrare che Agostino ha detto il falso quando dice che la Chiesa fa bene a perseguitare gli infedeli e gli eretici al fine di bene cioè al fine di persuaderli che sono nell’errore e farli volgere alla verità. Ma io dico: ma non è forse vero che Gesù ha detto di amare i nostri nemici e di fare del bene a quelli che ci odiano (i quali naturalmente non sono d’accordo con noi in materia di fede e dottrina), e che lui stesso ci ha lasciato l’esempio perfetto di cosa significa amare i propri nemici e pregare per coloro che sono nemici, e che questo esempio noi dobbiamo seguire? Che hanno a che fare dunque i ‘castighi meritati’, che Agostino dice è giusto infliggere ai pagani e agli eretici appoggiandosi sull’autorità statale, con il Vangelo? Niente. Come la notte non ha nulla a che fare con il giorno, come l’iniquità non ha nulla a che fare con la giustizia. Che dire allora dei ragionamenti fatti da Agostino a sostegno dell’uso della forza da parte della Chiesa contro i suoi nemici? Essi sono vani, diabolici, follia [11].
Il suo modo di ragionare in sostanza è questo: ‘Il fine buono, cioè la conversione degli increduli e quella degli eretici, giustifica la persecuzione da parte dei credenti (e quindi il male compiuto) nei loro confronti’. Ma la Parola di Dio non dice così; essa condanna coloro che la pensano in questa maniera. Paolo disse ai santi di Roma a riguardo di coloro che attribuivano a lui e ai suoi collaboratori la massima: “Perché non facciamo il male affinché ne venga il bene? La condanna di quei tali è giusta” (Rom. 3:8). Perciò al bando i sofismi di Agostino, i suoi perversi ragionamenti che nel corso dei secoli sono serviti al papismo, per perseguitare e torturare – con le sue mani o per mezzo delle mani delle autorità – i non Cattolici per farli diventare Cattolici, e quelli che esso chiamava ‘eretici’ per farli tornare nel suo seno. Chi vuole accertarsi di persona quali siano state le nefaste conseguenze dell’errata interpretazione agostiniana alle parole di Gesù: “Costringili ad entrare” (Luca 14:23), si vada a leggere la storia del papato da Agostino in poi e soprattutto la storia dell’Inquisizione (che fece centinaia di migliaia di morti). Ma, dicono ora i Cattolici, il medioevo fece male a giustificare i suoi abusi con la dottrina agostiniana e di certo se Agostino fosse stato vivo non li avrebbe approvati quegli abusi.
Quindi, la dottrina agostiniana è retta per i Cattolici romani, ma la chiesa del medioevo compì l’errore di usarla per difendere i suoi abusi! Ma qui non si tratta di stare a dire che gli abusi del medioevo furono a torto giustificati con la dottrina agostiniana, il fatto è che la dottrina agostiniana è storta in ogni caso, sia che venga usata per giustificare degli abusi o per giustificare quelli che non vengono definiti abusi. La forza umana, la molestia, la paura e il terrore di essere torturati o messi a morte da altri uomini, ed ogni tipo di persecuzione non devono essere usati da parte della Chiesa di Dio in nessuna misura contro gli increduli o contro coloro che si sviano dalla verità. Chi lo fa è corrotto, riprovato quanto alla fede; e benché dica di essere da Dio è dal diavolo [12].
Ma vediamo ora quali sono state alcune conseguenze pratiche di questo perverso e diabolico modo di pensare della curia romana (che lo ripeto si basa molto sulle parole di Agostino), che personalmente ritengo sia ancora presente nei cuori di coloro che sono ai vertici della chiesa romana per il semplice motivo che i decreti contro gli eretici emanati dai concili ecumenici (che citeremo fra breve) sono considerati irreformabili e non possono essere smentiti perché pronunciati sotto l’assistenza infallibile dello Spirito Santo (e poi se la chiesa cattolica dichiarasse quei decreti malvagi dovrebbe di conseguenza mettersi contro i suoi ‘santi’ papi, il che non ritengo proprio essi siano disposti a farlo, e poi risulterebbe che la chiesa ha errato nel passato e perciò non è infallibile come dice di essere, il che andrebbe contro l’immagine che dà la chiesa papista agli ignoranti).
In sostanza io ritengo che se essi potessero cioè se le circostanze fossero uguali a quelle di un tempo, ci imprigionerebbero, ci torturerebbero e ci metterebbero a morte bruciandoci vivi o impiccandoci o tagliandoci la testa, appoggiandosi ancora sulle parole di Agostino, come hanno fatto verso molti altri nei secoli addietro. Lo so che passo da grande pessimista dicendo queste cose in questo periodo di intenso ecumenismo, ma non posso parlare altrimenti dopo avere studiato il comportamento della chiesa cattolica romana nel corso dei secoli passati.
La persecuzione contro i Valdesi.
Nel 1179 il concilio del Laterano, sotto Alessandro III, affermò contro gli eretici: ‘…tutti i fedeli devono opporsi energicamente a questa peste (catari, ecc.) ed anche prendere le armi contro di essi. I beni di questa gente saranno confiscati e sarà permesso ai principi di ridurli in schiavitù. Chiunque, seguendo i consigli dei vescovi, ecc., prenderà le armi contro di essi, avrà una remissione di due anni di penitenza e sarà, come tutti i crociati, posto sotto la protezione della Chiesa’ (Concilio del Laterano III, can. 27).
E nel 1208 per ordine di Innocenzo III, che si rifece al suddetto canone, ci fu una dura persecuzione contro i Catari e gli Albigesi nel sud della Francia: le vittime secondo alcuni ammontarono ad oltre sessantamila persone [13]. E’ vero che i Catari e gli Albigesi, quantunque dicevano di basarsi sul Nuovo Testamento, insegnavano delle eresie (affermavano per esempio che il vero Dio non si era incarnato in Cristo e condannavano il matrimonio) ma questo non giustifica affatto il comportamento verso di loro della chiesa papista perché non è questo l’atteggiamento che, in base alla Scrittura, si deve avere verso gli eretici.
Che poi non si può dire che furono dei Cristiani a perseguitare quegli eretici, ma altri eretici cioè i Cattolici romani di allora [14]. Ma tra coloro che furono oggetto della persecuzione del 1208 ordinata da Innocenzo III contro gli eretici, ci furono anche i Valdesi che eretici non erano (quantunque qualche residuo di cattolicesimo l’avevano ancora). Il movimento Valdese aveva fatto la sua comparsa in Francia durante l’ultimo quarto del dodicesimo secolo. Esso aveva preso il nome da Pietro Valdo, un ricco mercante di Lione che convertitosi al Vangelo verso il 1176 organizzò una compagnia nota col nome di ‘Poveri di Lione’. Egli voleva assieme ai suoi seguaci predicare l’Evangelo rimanendo ‘laico’, ma questo gli fu vietato dal papa che scomunicò sia lui che i suoi seguaci perché essi si rifiutarono di smettere di predicare. Molti di loro, in seguito alla grande persecuzione che ci fu nel sud della Francia sotto Innocenzo III, si ritirarono nell’Italia settentrionale; soprattutto nelle valli del Piemonte. Ma anche qui continuarono ad essere visti di malocchio dal papato; e furono periodicamente perseguitati dalle autorità che venivano incitate contro di loro dal clero romano che voleva estirparli dal Piemonte.
Durante la persecuzione che essi subirono in alcune valli Piemontesi nel 1655 (per citare solo una delle tante), essi furono minacciati di morte e di confisca dei beni dalle autorità nel caso non avessero abiurato la ‘Religione riformata’ e non fossero tornati alla chiesa romana.
Ma essi preferirono fuggire e lasciare i loro beni anziché rinnegare la loro fede; ecco come viene descritta questa loro fuga in un libro che parla delle loro persecuzioni subite nel 1655: ‘Abbandonarono le loro case con mogli e figli, grandi e piccoli, sani e malati, trascinandoli sotto la pioggia, la neve, nel gelo e nella miseria, tra singhiozzi e lamenti, come ognuno può immaginare. Tutte queste migliaia di persone, povere e mal vestite, costrette a fuggire sulle montagne e nelle caverne per cercare un riparo, senza poter portare quasi nulla dei loro beni, si raccomandavano tuttavia a Dio ed erano risolute a giungere fino all’estremo pure di non cambiare Religione. Il coraggio che Dio dette loro di abbandonare piuttosto i beni terreni che non quelli celesti, fu di grande consolazione per le altre chiese e meravigliò gli avversari: tanto più che ognuno conosce i grandi vantaggi che vengono offerti in quelle terre a tutti coloro che abiurano la Religione riformata, vale a dire la grazia per i criminali, la liberazione per i prigionieri, l’esenzione dalla taglia ed ogni altra imposta ed aggravio reale e personale per la durata di cinque anni dal giorno dell’abiura’ (Enea Balmas e Grazia Zardini Lana, La vera relazione di quanto è accaduto nelle persecuzioni e i massacri dell’anno 1655, Torino 1987, pag. 220-221).
Ma ci furono anche coloro che furono trucidati dalle truppe di S.A.R, da sei Reggimenti dell’esercito francese, dalla milizia del Piemonte ed anche da banditi e malfattori liberati dalle prigioni. Nel libro appena citato viene detto anche che ‘i confessori, poi, per infervorare il più possibile il popolo perché accorresse a questa crociata, avevano distribuito dei biglietti stampati con la promessa di indulgenza plenaria a chiunque si rendesse utile per la distruzione di quei pretesi eretici’ (Enea Balmas, op. cit., pag. 223).
Nel racconto dello sterminio di quelle persone in alcuni paesi troviamo le seguenti parole: ‘L’indomani 22 (Aprile 1655), gli incendiari e i massacratori non rimasero certo inerti: un monaco dell’ordine di San Francesco ed un prete, che hanno voluto avere l’onore di essere i principali incendiari, potendo agire con le loro armi speciali in tutta tranquillità, appiccarono il fuoco al tempio di San Giovanni e a quasi tutto ciò che rimaneva in piedi di case a Torre e a parte di Angrogna. Là dove trovavano ancora qualche angolo risparmiato dai primi incendi, il prete non faceva altro che sparare un colpo della sua carabina incendiaria per completare la distruzione. E i soldati, implacabili, corsero fin sui punti più alti delle montagne, in posti che sembravano inaccessibili, per sgozzare tutte le creature che incontravano, benché non opponessero alcuna resistenza (anzi, avrebbero dovuto con le loro lacrime fare cadere le armi dalle mani dei più barbari cannibali). Nel solo Tagliaretto, paese posto su una delle colline più alte di Torre, dopo avere fatto mille obbrobri a 150 donne e bambini, tagliarono loro la testa. Ne hanno fatto cuocere altre e ne hanno mangiato il cervello, ma poi hanno smesso dicendo che era troppo scipito e avrebbe fatto loro male allo stomaco: di questo si è vantato un uomo di Cumiana in presenza di tre persone del Delfinato degne di fede. Molti poi sono stati fatti a pezzi ed i carnefici se li gettavano l’un l’altro. Ad una povera donna che è sfuggita loro e vive ancora, benché sia stata orribilmente mutilata, hanno preso il bimbo in fasce e sono andati a sbatacchiarlo sull’orlo di un precipizio; altri fanciulli sono stati schiacciati contro le rocce, altri uccisi crudelmente sotto gli occhi delle loro madri. Molti sono stati dilaniati e tagliati a metà. Infatti due soldati prendevano una di queste creature innocenti, uno da una parte e uno dall’altra, tiravano ognuno dalla sua parte e poi se la scagliavano l’un l’altro. Hanno spogliato interamente molte persone senza distinzione né di età, né di sesso, ne hanno tagliuzzato i corpi in modo da fare fremere al solo sentirlo raccontare, vi hanno poi sparso del sale e della polvere, li hanno rivestiti con camicie imbevute di alcol e, appiccatovi il fuoco, le hanno fatte bruciare su quei poveri corpi martoriati. Ad altri sono stati conficcati dei chiodi e dei cunei nella testa, altri sono stati legati nudi, la testa fra le gambe, e fatti rotolare da precipizi senza risparmiare un tale Pierre Simond di Angrogna, centenario, né sua moglie novantacinquenne. Molti sono stati bruciati nelle loro case, senza prima averli voluti uccidere, cosa che essi invocavano come una grazia. Per esempio a San Giovanni, in una frazione chiamata i Brunerols, i soldati fecero irruzione da Maria di Praviglielmo e da Margherita della Carrettera, che, per la debolezza della loro età ed altre infermità, non avevano potuto fuggire: dopo averle sollecitate ad andare alla messa, cosa che esse rifiutarono tenacemente, le bruciarono vive insieme alle loro case. Fecero lo stesso a ‘Madona’ Lena della Torre, ottantenne cieca, a ‘Magna’ Jeanne, novantenne, ed a molti altri sia uomini che donne. Ad alcuni è stato squarciato il petto, ad altri sono state strappate le viscere e tagliate le parti vergognose; dopo avere abusato di alcune donne hanno conficcato loro nel ventre molte pietre e in questa posizione sono state trascinate finché non hanno esalato l’ultimo respiro’ (ibid., pag. 225, 226, 227). E tutto questo avvenne perché il clero romano aveva fatto pressione sulle autorità piemontesi affinché distruggesse i Valdesi.
La persecuzione contro gli Ugonotti in Francia.
Gli effetti della Riforma iniziata in Germania si fecero sentire anche in Francia, dove molte migliaia di persone adottarono i principi della Riforma dando importanza alla Bibbia in questioni di fede e di morale ed alla dottrina della giustificazione per fede. Anche costoro, come tutti quelli che adottarono questi principi, furono chiamati dalla curia romana Protestanti. Essi in seguito furono chiamati Ugonotti. Contro di loro furono ordite persecuzioni da parte di Francesco I e di Carlo IX. A proposito della persecuzione ordita da Carlo IX contro gli Ugonotti ci sono le prove che fu l’allora papa Pio V (1566-1572) a fomentarla e ad incoraggiarla.
Le prove sono queste lettere che lo stesso Pio V scrisse. In una di queste egli eccita il re Carlo IX ‘ad esterminare tutti quei scellerati eretici, a massacrare tutti i prigionieri di guerra, senza avere riguardo per alcuno, senza rispetto umano, e senza pietà; imperocchè non vi poteva né vi doveva mai essere pace fra Satana e i figli della luce’. Essi dovevano essere intieramente sterminati, ‘affinché la razza degli empi non pullulasse di nuovo, ed anche per piacere a Dio, il quale preferisce ad ogni altra cosa che si perseguitino apertamente e piamente i nemici della religione cattolica’.
In un altra lettera allo stesso re, Pio V dice: ‘E questo otterrai (cioè di ristabilire la Francia nel suo splendore), se niun riguardo di persone o di cose potrà giammai indurti a perdonare ai nemici di Dio (…) imperciocchè in niun altro modo potrai placare Iddio, se non punirai severessimamente, con le pene dovute, le ingiurie che questi uomini scelleratissimi fanno a Dio’.
Temendo che il re Carlo IX non fosse abbastanza crudele, Pio V scrisse alla regina madre: ‘Ci è stato detto che costì vi sieno alcuni i quali si adoperano acciò sieno liberati alcuni di quegli eretici prigionieri, e cerchino rimandarli impuniti. Tu adunque devi fare di tutto acciò cotali scelleratissimi uomini sieno puniti coi dovuti supplizi’, ed in un altra lettera: ‘Guardati bene, carissima figlia in Cristo, dal credere che si possa fare qualche cosa più cara e più accetta a Dio, fuori di quella di distruggere i suoi nemici per amore della religione cattolica’.
Fu in questa maniera che Pio V (il quale è annoverato tra i santi della chiesa romana e come santo è venerato e pregato) preparò la strage di migliaia di Ugonotti detta della notte di Bartolomeo, avvenuta a Parigi nelle notti del 23 e 24 Agosto 1572 [15].
Vediamo ora come fu accolta a Roma la notizia dell’avvenuta strage. Giacomo Augusto de Thou Presidente del parlamento di Parigi, autore cattolico, nel libro 53 della sua Storia Universale, racconta la gioia che fu dimostrata dalla corte di Roma al primo annunzio della strage eseguita. Ecco le parole di de Thou: ‘Giunta in Roma la notizia del massacro di Parigi, la gioia che essa vi arrecò fu al di là di quanto possa dirsi. Le lettere del Nunzio furono lette il 6 Settembre nel concistoro; e tosto fu risoluto che il papa (che era Gregorio XIII succeduto a Pio V morto nel mese di maggio del 1572) accompagnato dai cardinali andrebbe alla Chiesa di S. Marco per ringraziare Dio solennemente della grazia singolare che aveva fatto alla S. Sede ed a tutta la cristianità: che il lunedì seguente si canterebbe una messa di ringraziamento alla Minerva colla assistenza del papa e cardinali, e che si pubblicherebbe un giubileo universale; perché i nemici della verità e della Chiesa erano stati massacrati in Francia’.
Oltre a ciò il papa fece dipingere i principali episodi della strage dal celebre pittore Vasari, nella sala dei re al Vaticano, e fece coniare una medaglia col busto del papa da un lato, e dall’altro un angelo colla spada nella destra, e una croce nella sinistra, in atto di uccidere gli Ugonotti, col motto UGONOTTORUM STRAGES 1572 [16]. Leggendo queste cose ci vengono alla mente le parole di Gesù Cristo: “L’ora viene che chiunque v’ucciderà, crederà di offrir servigio a Dio. E questo faranno, perché non hanno conosciuto né il Padre né me” (Giov. 16:2,3).
La persecuzione contro gli Anabattisti.
Furono chiamati inizialmente Anabattisti perché ribattezzavano coloro che erano stati battezzati da fanciulli non considerando valido il battesimo dei neonati. Comparvero in Europa nel primo ventennio del sedicesimo secolo; erano, oltre che contro il pedobattesimo e le altre imposture del papato, contro il prestare giuramento, erano antimilitaristi e contrari a qualsiasi uso di forza o per offesa o per difesa [17]. E per queste ragioni essi furono crudelmente perseguitati dalla chiesa papista [18]. Molti di loro furono annegati nei fiumi, sepolti vivi, bruciati vivi ed altri decapitati.
Tra le tante testimonianze dei martiri di questi nostri fratelli che si trovano nel libro Storia popolare dei Battisti trascrivo queste: ‘Due giovinette, da poco battezzate a Bamberg furono arrestate, incarcerate e severamente torturate. Ma esse non cedettero davanti alle sofferenze. Quando furono menate alla morte portavano in testa delle corone di paglia, poste loro per derisione. ‘Giacché Cristo – disse una di loro alla sua compagna – portò una corona di spine per noi, perché non dobbiamo noi in onore suo portare queste corone di paglia? Il nostro Dio fedele, al posto di queste ci metterà in testa una bella corona d’oro, e di fiori che non appassano’. Così andarono con gioia al rogo’ (W. Kemme Landels, Storia popolare dei Battisti, Torino 1918, pag. 83); ‘Filippo II, figlio dell’imperatore Carlo V, rinnovò l’editto del 1550, coll’aggiunta di alcuni articoli nel 1560 e di nuovo nel 1563. Un riassunto di esso farà comprendere la condizione pericolosa dei credenti di quell’epoca nei Paesi Bassi: ‘Nessuna persona doveva lasciare le Fiandre e l’Olanda senza permesso dei sacerdoti e dei magistrati. Ogni immigrante era obbligato a dare le prove del battesimo dei suoi figliuoli, secondo il rito della chiesa di Roma. Le levatrici, sotto giuramento, dovevano assicurare il battesimo di ogni neonato, alla cui nascita assistevano, e dare rapporto ai magistrati in ogni caso di trascuranza. Le riunioni protestanti dovevano essere proibite e soppresse. I genitori dovevano mandare i loro figliuoli in Chiesa ed alla scuola. I negozi dei librai, come i fagotti dei rivenditori ambulanti, dovevano essere perquisisti in cerca di pubblicazioni ereticali. Ognuno era obbligato ad assistere alla Messa ogni Domenica ed ogni festa di precetto. L’assenza di un mese portava una pena a discrezione dei giudici. Nessuno sospetto di eresia poteva occupare un posto di fiducia. Oltre a tutto questo rimasero in vigore tutti i provvedimenti riguardo alla distruzione degli eretici, col fuoco, colla decapitazione, coll’annegamento, ecc.’ (W. Kemme Landels, op. cit., pag. 92);
‘Nell’anno 1551 Jeronimus Segerson ed un altro furono bruciati ad Anversa. Le lettere di Segerson, scritte mentre era in carcere, dimostrano uno spirito di profonda pietà e di virile fermezza: ‘Preferirei – egli disse – essere torturato dieci volte al giorno, ed essere infine arrostito sulla graticola, anziché rinunziare alla fede che io ho confessata’. La moglie di lui fu annegata. La storia del suo martirio è così interessante che conviene riprodurla qui. (…) Essa apertamente e con grande coraggio confessò la sua fede davanti al tribunale, nella presenza dei magistrati e della moltitudine. Fu interrogata innanzi tutto sul battesimo. Essa disse: ‘Io riconosco un sol battesimo, quello che era praticato da Cristo e dai suoi discepoli, e che è stato trasmesso a noi’. ‘Che cosa ritenete voi riguardo al battesimo dei neonati?’ domandò lo sceriffo. A cui Lysken rispose: ‘E’ null’altro che un’istituzione umana!’ Allora i magistrati si levarono per consultarsi insieme, mentre Lysken spiegava al popolo la ragione della sua fede (…) Mentre era condotta via dal tribunale essa disse al popolo: ‘Sappiate che io non soffro per disonestà, né per omicidio, né per qualsiasi peccato, ma solo per la incorruttibile Parola di Dio!’ Quando fu di nuovo racchiusa nel carcere i frati tentarono invano di distoglierla dalla sua fede. La mattina dopo soffrì il martirio (…) condussero quella pecora al fiume Scheldt, la misero in un sacco, e l’annegarono…’ (ibid., pag. 94-95.).
Spero vivamente che queste testimonianze servano a risvegliare dal sonno coloro che in mezzo alle Chiese evangeliche hanno intenzione di riconoscere il pedobattesimo cattolico per amore della cosiddetta unità cristiana sbandierata dalla chiesa papista.
La persecuzione contro i Pentecostali in Italia.
Il movimento pentecostale italiano sin dal suo ‘sorgere’ all’inizio di questo secolo incontrò la forte opposizione della chiesa papista. Certo, anche gli altri movimenti evangelici nei primi decenni di questo secolo in Italia incontravano la forte ostilità del clero romano; perché anch’essi predicavano la parola della fede e riprovavano le eresie della chiesa romana (ricordiamo quello battista, quello metodista e quello della Chiesa dei Fratelli).
Ma qui vogliamo soffermarci brevemente sulla persecuzione che, a cominciare dal 1935, subirono quei nostri fratelli che venivano chiamati Pentecostali perché accettavano e predicavano il battesimo con lo Spirito Santo che gli antichi discepoli ricevettero il giorno della Pentecoste; ed anche ‘tremolanti’ perché, sotto la potenza dello Spirito Santo taluni venivano visti tremare. Diciamo dal 1935 in poi, perché fu in quell’anno che uscì da parte del Ministero degli Interni del governo fascista capeggiato da Mussolini, la circolare n. 600/158 che vietava l’esercizio del culto pentecostale, e che la persecuzione contro i nostri fratelli si fece molto più dura.
La circolare venne diramata dal sottosegretario Buffarini-Guidi ai prefetti del Regno, e in essa l’autorità diceva che il culto professato dai Pentecostali si concretava ‘in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza’, e pertanto si doveva provvedere subito alla chiusura delle sale di riunione, allo scioglimento delle associazioni in parola dei pentecostali, e si doveva vigilare ‘allo scopo di evitare che ulteriori riunioni e manifestazioni di attività religiosa da parte degli adepti possano avere luogo in qualsiasi altro modo o forma’.
Qualcuno dirà: ‘Ma che cosa c’entra la chiesa cattolica romana in tutto questo’’ C’entra, perché nel 1929 vi era stato il concordato tra la chiesa cattolica romana e lo Stato, mediante il quale avveniva la rappacificazione tra lo Stato Italiano e la Curia romana, e mediante il quale il governo Italiano si impegnava ad assecondare i desideri e gli scopi della chiesa romana. E tra questi desideri e scopi della chiesa romana vi era pure quello di impedire ai Protestanti di diffondere tra il popolo cattolico romano quelle che essa chiama le idee della Riforma avvenuta secoli addietro, ma che noi chiamiamo semplicemente la Buona novella della pace.
A conferma che la chiesa cattolica romana fece pressione sul regime fascista affinché questo frenasse la propaganda pentecostale in questa nazione esibiamo le seguenti dichiarazioni contenute in un fascicolo a stampa, di distribuzione riservata, sul tema Il proselitismo dei protestanti in Italia che il Vaticano trasmise al governo italiano nel 1934: ‘Particolare segnalazione meritano i pentecostali o tremolanti. Nelle loro adunanze, gli adepti sono eccitati fino al parossismo, con grande pericolo soprattutto per le donne e i bambini. Per accertarsi basterà inviare un medico psichiatra a fare, senza preavviso e cautamente, un sopralluogo nella loro sede di via Adige 20, in Roma. Gli stessi protestanti non approvano il loro sistema (…). E’ bene tenere presente che la legge italiana ammette culti diversi dalla religione cattolica, ‘purché non professino principi e non seguano riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume’. Quindi non si comprende come il culto pentecostale continui ad essere ammesso in Italia’ (Citato da Giorgio Rochat in Regime Fascista e Chiese evangeliche, Torino 1990, pag. 37), ed ancora: ‘Sua Eccellenza il capo del governo, nel gran discorso alla seconda assemblea quinquennale del regime del 18 Marzo ultimo scorso, ha dichiarato: ‘L’unità religiosa è una delle grandi forze di un popolo. Comprometterla e anche soltanto incrinarla è commettere un delitto di lesa nazione’. Questa categorica affermazione, che vuol essere un programma di condotta per tutte le autorità dello stato, resterebbe sterile se ad un delitto così grave e così autorevolmente qualificato non corrispondessero nella legislazione misure convenienti a prevenirlo e a reprimerlo. Per tutti gli altri delitti di lesa maestà, di leso regime, di lesa nazione, la legge italiana ha proporzionati rimedi’ (Citato da Giorgio Rochat in op. cit., pag. 37).
Dinanzi a queste chiare affermazioni contro i Pentecostali e queste richieste fatte dal Vaticano a Mussolini appare chiaro che la circolare Buffarini-Guidi, emanata l’anno seguente dal regime fascista contro i Pentecostali, non fu altro che la misura legislativa tanto desiderata da parte vaticana contro di loro al fine di punirli per il loro delitto. E qual’era il loro delitto? Compromettevano l’unità religiosa dello Stato italiano oltre che professavano riti contrari al buon costume [19]!!
La storia si è ripetuta; come nei secoli addietro molti re e principi per avere l’appoggio del papato favorirono il più possibile i disegni della chiesa romana tra cui anche quello di distruggere i credenti che erano usciti da essa, vale a dire quelli che essa chiama i Protestanti (non si deve mai dimenticare che la chiesa romana nel corso dei secoli in Europa si è usata dei governi degli Stati per perseguitare tanti fratelli), così il governo fascista incitato dalla chiesa cattolica si scagliò con veemenza contro i nostri fratelli.
Ma esaminando da vicino questo modo di agire del governo fascista contro i nostri fratelli, si riscontrerà pure una forte somiglianza con il comportamento di Ponzio Pilato nei confronti di Gesù. Voglio dire con questo che Ponzio Pilato sentenziò che Gesù fosse flagellato e condannato per soddisfare il desiderio del popolo giudaico che era quello di togliere di mezzo Gesù infatti è scritto che Ponzio Pilato “sentenziò che fosse fatto quello che domandavano” (Luca 23:24), ed anche: “Pilato, volendo soddisfare la moltitudine, liberò loro Barabba; e consegnò Gesù, dopo averlo flagellato, per esser crocifisso” (Mar. 15:15).
Ma come fu nel piano di Dio che Ponzio Pilato accondiscendesse a quello che il popolo dei Giudei gli domandò di fare contro Gesù, così era nel piano di Dio che le autorità fasciste accondiscendessero a quello che la chiesa romana chiese loro di fare contro i nostri fratelli. E come dalla morte di Cristo ne è derivato tanto bene, così pure dalla persecuzione dei santi è scaturito tanto bene, e questo perché Dio converte il male in bene. A Lui sia la gloria in eterno. Amen.
Ma veniamo alla persecuzione che la chiesa romana per mano dell’autorità fascista fomentò contro i nostri fratelli, per vedere quali furono le sofferenze che i credenti sopportarono per amore del Vangelo durante gli anni che seguirono la diramazione della circolare Buffarini-Guidi. (Questa circolare rimase in vigore fino al 1955). Citiamo a tale proposito delle parole del fratello Roberto Bracco: ‘Intere famiglie sono vissute smembrate per anni ed anni; decine e centinaia di fratelli si sono consumati nell’esilio o nelle prigioni. Posizioni sociali rovinate, salute distrutta, affetti calpestati; queste sono state le conseguenze della persecuzione (…) Diversi fratelli, forniti di bicicletta, si misero alla ricerca, nelle zone estremamente periferiche della città, di campagne deserte, cave, grotte, boschi che comunque avessero potuto accoglierci (…) Non posso nascondere che il disagio e la fatica erano notevoli. Ogni sera bisognava affrontare gli stessi pericoli e la medesima fatica e dopo le riunioni, se si riusciva a rientrare nelle nostre abitazioni, si doveva constatare che avevamo sorpassata notevolmente la mezzanotte (…) Anche in questi vari luoghi eravamo raggiunti sistematicamente dalle autorità esecutive ed arrestati e imprigionati’ (Roberto Bracco, Persecuzione in Italia. Ricordi e bozzetti, Roma 1954, pag. 22, 46, 47, 48).
Ma oltre a queste parole del fratello Bracco, vogliamo dire altre cose a proposito del trattamento che i nostri fratelli ricevevano dai Cattolici negli anni in cui era in vigore la circolare Buffarini-Guidi. Queste sono le cose che noi che apparteniamo a questa generazione e che non abbiamo vissuto quegli anni abbiamo sentito dai fratelli anziani che vissero in quel periodo.
Chi si convertiva dagli idoli all’Iddio vivente, cioè chi abbandonava la chiesa romana dopo essersi ravveduto e dopo avere creduto nel Vangelo, veniva messo al bando nel suo paese o nel suo quartiere perché veniva considerato un apostata, uno che aveva dato retta al diavolo, senza parlare degli insulti e dei torti che riceveva nella sua vita privata dai preti e dai loro fedelissimi seguaci. Gli stessi parenti li trattavano come se fossero stati degli appestati capaci di trasmettergli una malattia infettiva morale. Quando li sentivano parlare in altre lingue dicevano che avevano il diavolo ed altre diavolerie. I bambini venivano mandati dai preti a disturbare le riunioni di culto che si tenevano nelle case dei credenti lanciando le pietre contro le porte di casa o sul tetto; talvolta questi piccoli emissari lanciavano gli insulti che il prete gli comandava di lanciare contro i cosiddetti evangelisti. In quei tempi le nostre Bibbie erano messe al bando infatti i preti ordinavano a tutti coloro che ne entravano in possesso di non leggerle, ma di bruciarle o di portarle a loro.
Le torture, le prigionie, e le sentenze capitali inflitte ‘nel nome di Dio’ dall’Inquisizione
Ho accennato innanzi all’Inquisizione. Vediamo di spiegare brevemente che cosa era e come agiva. L’Inquisizione era uno speciale tribunale ecclesiastico che aveva come scopo quello di combattere e sopprimere l’eresia [20].
Il papato lo istituì quando constatò la sua impotenza dinanzi ai progressi dei Catari e dei Valdesi. Il papa che la istituì fu Gregorio IX (1227-1241) il quale tra il 1231 e il 1234 istituì per l’Europa dei tribunali d’Inquisizione, presieduti da degli inquisitori permanenti, i quali esercitavano i loro poteri entro determinate circoscrizioni [21]. A tale scopo Gregorio IX scelse i Francescani e i Domenicani, i quali dapprima furono designati a tale ufficio dai loro superiori e più tardi dal papa stesso. Questo papa pubblicò una decretale che diventò il fondamento della legislazione inquisitoriale nei tempi posteriori; in questa decretale egli affermava che gli eretici che venivano condannati come tali, dovevano essere abbandonati al braccio secolare per ricevere un castigo esemplare, mentre coloro che facevano ritorno alla chiesa cattolica dovevano essere condannati alla prigione a vita.
Nel 1252 Innocenzo IV (1243-1254) con la bolla Ad Extirpanda confermò l’Inquisizione autorizzando la tortura contro tutti gli eretici. Nel 1480 su licenza papale venne istituita l’Inquisizione in Spagna, che nel corso dei secoli sterminò migliaia e migliaia di persone (tra cui pure tanti Ebrei che, secondo la chiesa cattolica, dopo essersi convertiti al cattolicesimo apostatarono tornando al giudaismo) [22].
Nel 1542 Paolo III (1534-1549) con la bolla Licet ab initio istituì l’Inquisizione romana, che doveva combattere l’eresia in ogni luogo [23], ponendo su basi amministrative centralizzate la vecchia Inquisizione medioevale. Ecco uno dei passi salienti di questa bolla: ‘Noi, mentre aspettiamo il giorno del Concilio testè indetto, volendo provvedere intanto perché tutto non vada in rovina, e non potendo portare a termine tutto quanto occorre da soli, occupati come siamo, da gravi compiti, nominiamo e deputiamo, in base all’autorità apostolica e al valore del presente decreto, i nostri diletti figli cardinali: Giovanni Pietro, Giovanni, Pietro Paolo, Bartolomeo, Dionigi e Tommaso, commissari inquisitori generali e generalissimi in vece nostra e della sede apostolica, in materia di fede in ogni singola città, villaggio, terra e luogo della cristiana repubblica, sia al di qua sia al di là dei monti, ovunque, compresa l’Italia e la Curia romana. E abbiamo fiducia nella fede, nella dottrina e nella virtù dei predetti nostri diletti figli cardinali; Giovanni Pietro di San Clemente, Giovanni di San Sisto, Pietro Paolo di Santa Balbina, Bartolomeo di San Cesareo, Dionigi di San Marcello, e Tommaso del titolo di San Silvestro. Diamo ad essi il potere d’investigare contro quanti si allontaneranno dalla via del Signore e dalla fede cattolica, o la intendano in modo errato, o siano in un modo qualunque sospetti d’eresia (‘alias quomodolibet de haeresi suspectos’), e contro i seguaci, fiancheggiatori, e difensori, e contro chi presta loro aiuto, consiglio e favori, sia apertamente che di nascosto, a qualunque stato, grado, ordine, condizione e rango appartenga. E ciò anche indipendentemente dagli ordinari del luogo, nelle stesse cause in cui questi debbano intervenire di diritto. Conferiamo, inoltre: il potere di procedere con il sistema dell’inquisizione o dell’investigazione, o altrimenti anche d’ufficio; d’incarcerare chiunque risulterà colpevole o sospetto in base agli indizi suddetti; di procedere contro di loro, compresa la sentenza finale; di punire chi è stato trovato colpevole; con pene adeguate in conformità alle sanzioni canoniche; e di confiscare, a norma di legge, i beni dei condannati alla pena di morte’.
L’Inquisizione romana presentava delle novità rispetto a quella medievale: esse erano le seguenti. Innanzi tutto mentre nel medioevo l’azione penale era affidata ai vescovi che ne restavano i titolari anche quando erano aiutati dagli inquisitori delegati, ora invece il potere di inquisire e giudicare è trasferito totalmente agli inquisitori generali nominati dal papa. In secondo luogo questa Inquisizione può procedere contro i vescovi, gli arcivescovi, i metropoliti e persino i cardinali (questo lo affermerà con chiarezza Pio IV nella sua bolla Romanus pontifex). Altra novità era l’universalità della sfera di competenza di questa Inquisizione, perché mentre nel medioevo i vescovi potevano inquisire solo nell’ambito della loro diocesi e gli inquisitori solo nel territorio fissatogli dal papa adesso gli inquisitori generali avevano giurisdizione su tutto il mondo. L’Inquisizione fu confermata in seguito da Gregorio XIII e Sisto V.
Vediamo ora come procedeva l’Inquisizione contro gli ‘eretici’. Bastava un sospetto, una denuncia, un accusa per fare sì che l’inquisitore citasse le persone compromesse davanti a lui o farle trarre in arresto sia dalle autorità civili che dai propri dipendenti (sergenti, messaggeri, notai, carcerieri).
Erano sufficienti due testimoni per stabilire la colpevolezza dell’imputato (faccio notare che i ‘maestri’ dell’Inquisizione lo chiamavano reo perché per loro egli era già colpevole dal momento che veniva accusato e doveva solo confessare le sue colpe); ma le accuse dei testimoni venivano notificate all’accusato solo quando gli era stata estorta la confessione oppure quando l’inquisitore riteneva che ormai l’accusato non avrebbe più confessato, e ciò avveniva senza fargli conoscere i nomi dei testimoni.
Una volta davanti al tribunale dell’Inquisizione all’eretico per scampare alla morte rimaneva solo una via quella di confessare la sua eresia e di abiurarla. Va detto però che anche nel caso abiurasse egli non otteneva la libertà perché veniva condannato alla prigione a vita che veniva reputata dalla chiesa una penitenza da fargli scontare per la ‘salvezza’ dell’anima sua dato che era tornato, secondo loro, in seno alla vera Chiesa. Sia nel caso egli confessasse di rigettare dei dogmi della chiesa cattolica romana e di non volere abiurare le sue convinzioni, e sia nel caso egli non volesse confessare di essere un eretico, per lui c’era la morte perché veniva considerato un eretico impenitente.
Nel caso l’imputato, interrogato dall’inquisitore (questa parte della procedura era chiamata ‘esame semplice’), non volesse confessare di essere un eretico il tribunale faceva ricorso contro di lui ad ogni mezzo per estorcergli la confessione; l’imputato veniva posto in celle strettissime senza luce, con i ceppi ai piedi e le catene ai polsi, gli veniva fatto mancare il cibo, non veniva fatto dormire, o se veniva fatto dormire veniva fatto dormire sulla nuda terra. Oltre a ciò egli veniva torturato con ogni sorta di torture fisiche perché la tortura (che veniva chiamata ‘esame rigoroso’) era reputata un mezzo lecito da usare in vista della ‘salvezza’ dell’accusato (ricordatevi sempre che il fine che la chiesa cattolica si proponeva con l’Inquisizione era quello di ‘purgare’ le anime dall’eresia per ‘salvarle’ dalla perdizione, per cui secondo lei ogni mezzo che potesse portare l’eretico a confessare i suoi errori e ad abiurare era lecito).
Ecco cosa si trova scritto nel libro L’Arsenale della S. Inquisizione a proposito dell’utilità della tortura da infliggere: ‘Il reo (notate che ancora prima che sia stata emanata la sentenza l’individuo era definito colpevole), negando i delitti, ed essi non essendo provati, se nel tempo assegnato per le difese, non ha dato alcuna ragione convincente a sua discolpa, ovvero se, finite le difese, non si è purgato dagl’indizi che si hanno contro di lui nel processo, per trarre da lui la verità, è necessario venire contro di lui all’esame rigoroso; essendo stata inventata la tortura per supplire al difetto delle testimonianze, quando esse non bastano per fornire la prova intera contro il reo; e questo non è punto contrario né alla mansuetudine, né alla dolcezza ecclesiastica; anzi quando gli indizi sono legittimi, sufficienti, chiari e concludenti nel loro genere, l’inquisitore può e deve farlo senza alcun biasimo, acciò i rei, confessando i loro delitti, si convertano a Dio, e salvino l’anima loro’ (L’Arsenale della S. Inquisizione, Roma 1730, pag. 263) [24].
Per quanto riguarda il modo di ministrare la tortura ecco le parole del Direttorio degl’inquisitori di Eymeric: ‘Appena pronunciata la sentenza di tortura, i ministri si dispongono a tormentare il reo: e mentre essi preparano l’occorrente, il Vescovo e l’Inquisitore, o personalmente, o per mezzo di altri uomini pii e zelanti nella fede, inducono il reo a confessare liberamente la verità: che se egli non confessa, ordinano ai ministri di spogliarlo (anche se è donna), ed essi ubbidiscono prontamente, non allegri, ma quasi turbati (non laeti, sed quasi turbati), e lo spogliano sollecitamente, e mentre lo spogliano lo inducono a confessare. Che se ancora è ostinato, sia bello e nudo tratto a parte da uomini probi, e gli si prometta salva la vita se confessa, purché giuri di non ricadere nello stesso delitto… che se né per promesse né per minacce vorrà confessare, allora sia tormentato ecc.’ (De tertio modo procedendi in causa fidei per tormenta, pag. 480,481).
La tortura durava mezz’ora e non si poteva ripetere, ma gli inquisitori riuscivano ad eludere la legge. Ecco cosa lo stesso Direttorio diceva infatti: ‘Che se, abbastanza tormentato, non vorrà confessare la verità, gli si facciano vedere tutti gli altri tormenti, e gli si dica che bisogna che li provi tutti fino a che non avrà confessato. Che se neppure in tal modo si spaventerà, allora si assegnerà l’indomani, o il giorno dopo per continuare la tortura, non per replicarla; perché essa non deve essere ripetuta, ma non è proibito di continuarla’.
Tra le torture applicate c’erano quella della corda, quella del fuoco e quella dell’acqua. Quella della corda era compiuta in questa maniera: si disponevano le braccia dell’imputato dietro la schiena legandogli i polsi con una corda che scorreva per una carrucola fissata al soffitto. Tirando la fune si sospendeva il torturato per aria, e lo si lasciava in quella posizione per mezz’ora (così gli veniva provocata la slogatura delle braccia). La tortura del fuoco veniva applicata in questo modo. Dopo che il reo aveva sofferto la tortura della corda veniva portato davanti ad un camino pieno di carboni accesi e veniva saldamente legato ad un cavalletto in maniera che non potesse fare il più piccolo movimento. Vi veniva legato con i piedi nudi, unti con del lardo, ritenuti in ceppi e a patire per mezz’ora sul fuoco acceso.
La tortura dell’acqua consisteva invece nello stendere la persona sopra una specie di cavalletto fatto a guisa di mangiatoia e legarvela fortemente. Poi un carnefice con una corda per mezzo di un randello stringeva le due gambe alle caviglie, ritenendo sempre in mano il randello; un altro stringeva nella stessa maniera i due polsi. Si portava un gran secchio d’acqua, ed un terzo carnefice, dopo avere con una specie di piccola tenaglia di legno chiuso bene il naso al torturato, poneva con la sinistra nella bocca del sofferente un imbuto, mentre con la destra attingeva con una tazza dal secchio l’acqua che versava nell’imbuto, e nel mentre gli altri due carnefici stringevano il randello.
Qualcuno forse si domanderà se in questo processo vi fossero gli avvocati? Sì gli avvocati esistevano ma di fatto non difendevano l’imputato perché collaboravano con gli inquisitori. Prima di tutto non venivano scelti dall’imputato ma dagli inquisitori e poi erano uomini di fiducia degli inquisitori. I loro compiti erano questi: parlare poco con l’imputato (e sempre in presenza dell’inquisitore) e poi convincerlo a confessare il suo crimine. Non potevano portare testimoni a difesa dell’imputato perché questo era proibito. E poi dovevano essere molto cauti nel ‘difendere’ l’imputato perché ogni affermazione in favore di un eretico poteva essere presa dall’Inquisizione come prova che anche loro fossero degli eretici e perciò dovevano essere processati anche loro per eresia. (Secondo l’inquisitore Bernardo Gui quegli avvocati che avessero il coraggio di difendere gli eretici si dovevano considerare come colpevoli del delitto di complicità nell’eresia). Ecco a che cosa si riduceva il ruolo dell’avvocato nell’Inquisizione.
Quando poi il tribunale ecclesiastico sentenziava la condanna dell’eretico e lo consegnava al braccio secolare (cioè all’autorità civile) faceva giurare questo di trattarlo con dolcezza, di risparmiare la sua vita e di non versare il suo sangue, ma risulta dai fatti che quel giuramento che veniva richiesto era un giuramento ipocrita. Il motivo per cui l’autorità ecclesiastica implorava la clemenza delle autorità civili sul condannato era che essa non voleva prendere parte apertamente all’esecuzione delle pene capitali perché ‘la chiesa aborrisce il sangue’. Perché essa nella realtà voleva la morte dell’eretico [25]e voleva che l’autorità civile lo mettesse a morte infatti essa aveva introdotto nei codici le leggi più feroci contro gli eretici e obbligava i funzionari pubblici ad eseguirle sotto pena di essere considerati anche loro degli eretici.
Nel 1244 il concilio di Narbona aveva dichiarato che nel caso una persona rivestita di potere temporale si fosse dimostrata pigra nel sopprimere l’eresia, sarebbe stata dichiarata come complice degli eretici, e quindi andava incontro alle medesime pene di costoro. La chiesa cattolica reputava il mettere a morte un eretico un atto pio tanto che concedeva l’indulgenza plenaria a coloro che portavano la legna per erigere il rogo. Dichiarare dunque, come fanno taluni che difendono l’Inquisizione, che l’esortazione alla clemenza fatta dal tribunale dell’Inquisizione fosse sincera e che la responsabilità della morte dell’eretico ricadesse tutta sul magistrato secolare, è totalmente falso, è un sofisma usato per fare credere che la chiesa cattolica romana fu sempre innocente del sangue degli eretici quando essa in realtà è sempre stata assetata del sangue di coloro che non si volevano sottomettere ad essa e quel sangue un giorno gli sarà domandato.
Condotto al luogo del supplizio, se il condannato dichiarava di pentirsi e di rinnegare i suoi errori il tribunale lo restituiva all’inquisitore, il quale lo sottoponeva ad un interrogatorio molto serrato nel quale il penitente doveva denunciare i suoi complici e rinnegare una per una le sue eresie. Dopodiché egli veniva condannato al carcere a vita. Nel caso invece il ‘reo’ rimanesse impenitente fino alla fine allora veniva bruciato o vivo o dopo essere stato ucciso pubblicamente [26]. Voglio citare ora tre esempi di uomini bruciati per ordine dell’Inquisizione a motivo della loro fede in Cristo Gesù e che quindi vanno annoverati tra i martiri di Gesù, Giovanni Huss, Giaffredo Varaglia e Aonio Paleario.
Dell’esecuzione contro Huss, che fu condannato a morte dal concilio di Costanza nel 1415, un testimone oculare ha raccontato le seguenti cose. Huss fu costretto ad inginocchiarsi sopra un mucchio di fascine e venne legato saldamente con corde al palo; le corde lo tenevano strettamente avvinto alle caviglie, sotto le ginocchia, sopra le ginocchia, all’inguine, alla cintola e sotto le braccia. Gli fu passata anche una catena attorno al collo. Attorno a lui fu accumulata della legna mista a paglia, fino all’altezza del mento. Allora, il conte palatino Luigi, il quale sorvegliava l’esecuzione, si avvicinò in compagnia del maresciallo di Costanza ed invitò Huss a ritrattare. Essendosi egli rifiutato, si ritirarono e batterono le mani; questo era il segnale convenuto coi carnefici che aspettavano di accendere il rogo. Quando tutto fu consumato dal fuoco i carnefici distrussero completamente il corpo carbonizzato, il quale venne fatto a pezzi, le ossa furono spezzate, e i frammenti e le viscere buttati nuovamente sopra il rogo.
Della morte di Giaffredo Varaglia, un credente che fu presente alla sua morte scrisse le seguenti cose a delle chiese. ‘Carissimi fratelli, il portatore della presente, volendo visitare le vostre Chiese, non ho voluto mancare di darvi avviso di quanto ha piaciuto a Dio che sia accaduto questi giorni tra noi per l’avanzamento della sua parola, chiamando a se il nostro buon fratello e Ministro, M. Giaffredo Varaglia, per la croce del martirio. Il quale essendoli annunziata la morte da un collaterale della Corte, gli rispose che non la temeva, e disse ciò con una costanza mirabile senza turbarsi niente in quel primo incontro, contra la natura quasi di ogni uomo. Appresso, uscendo fuora della prigione, per andare al luogo del supplicio, un prete se gli accostò dicendoli et esortandolo che si convertisse. A cui egli rispose ridendo: Convertitevi voi ch’io sono per gratia di Dio già convertito. Era condotto legato con quell’altro buon huomo vecchio che conoscete; il quale anch’egli sofferse assai per la medesima querela essendo stato condannato di assistere alla esecutione dell’altro e di essere scopato, marcato della marca del Re, e bandito. Andava dunque M. Giaffredo consolando costui, e recitando ad alta voce il Salmo: In te Domine speravi. Ma essendo giunto al luogo, con volto ridente disse al suo compagno: non mancate di salutare in nome mio tutte le chiese dove passerete, voi restate qua, et io me ne vado alla gloria del mio Padre. Finalmente salito sopra il legnaio, havendo una corda al collo, cominciò così a dire: Fratelli carissimi, primieramente io perdono a tutti quelli che sono cagione della mia morte, molto volentieri, perciocchè in vero non sanno quel che si fanno, e priego Dio che gli voglia illuminare. In quanto poi alla causa, per la quale io sono posto a morte, è per tenere a fare una medesima confessione di fede, che ha tenuto e fatto S. Pietro e S. Paolo e tutti gli altri Santi Apostoli e Martiri per la diffensione dell’Evangelio del Signor nostro Giesù Christo, che vuol dire buona nuova, per la quale ci è annuntiata la remissione dei peccati per esso Signor Giesù, il quale Iddio ha costituito solo Avvocato, Mediatore et Intercessore fra lui e noi poveri peccatori. Quando servivo al Diavolo, io moriva ogni giorno per gli miei peccati enormi, bestemmiando il suo Santo nome, se io fossi morto a quel tempo sarei morto dannato. Ma ora io muoio per vivere eternalmente con lui; non già che io pensi che questa morte sia cagione della mia salute, consistendo nel solo sangue di Giesù Christo. E se qui si trova alcuno il quale habbia cognitione dell’Evangelio e tutti gli altri ancora, vi esorto a ricercare la S. Scrittura e governarvi secondo quella, che sola contiene la regola del ben vivere; lasciando i peccati come sono idolatrie e fornicationi, detrattioni, furti et altre simili enormità. La quale regola ho sempre seguitata da poi che Iddio mi ha illuminato et al presente la ratifico con la mia morte, aspettando il guiderdone da colui che mi ha fatto tanta gratia et onore che dopo essere stato Araldo della sua parola, mi ha ora fatto un tanto Cavaliero e dei suoi martiri. E sappiate che io credo alla S. Chiesa Cattolica e non ricevo nessuna inventione umana, ma mi appoggio alla sola parola di Dio. Alle quali humane inventioni vi priego non volere credere, perciocchè sono molto dannose. Appresso avere detto questo e qualche altra cosa per lo spatio di un quarto di hora, pregò tutta la moltitudine che si degnasse pregare Dio insieme con lui: poi inginocchiatosi, recitò l’oratione del Signore e gli articoli della fede in volgare italiano, et ad alta voce, distintamente, e senza apparenza alcuna di essere spaventato. Perciochè egli non era niente cambiato di colore, et havea sempre il viso giocondo e quasi ridente: di maniera che la più gran parte del popolo si maravigliò, dicendo: ei pare che vada a nozze. E quando recitava gli articoli di fede si levò un mormorio della moltitudine, dicendo alcuni: e come? si dicea che costui non credesse in Dio, e che dicea tanti mali della Vergine Maria? il che vediamo hora non esser vero. Donde viene questo? Appresso a tutte queste cose ei disse al manigoldo, che facesse il suo ufficio a suo piacere. Il quale domandogli perdono, egli disse: Amico mio, io ti ho di già perdonato, et ora di nuovo ti perdono con tutto il cuore. E così, havendo raccomandato lo spirito a Dio, fu dal boia strangolato et abruciato. Et in questa maniera è passato a miglior vita M. Giaffredo Varaglia fedel servo e martire del Signore a’ 29 di Marzo in Turino del 58’ (ossia 1558).
A proposito del supplizio di Aonio Paleario viene detto che dopo essere stato processato e condannato dal tribunale dell’Inquisizione qui a Roma [27], all’alba del 3 luglio 1570 fu portato dinanzi a Castel Sant’Angelo dove per lui era stata preparata una forca e il rogo [28]. C’era molta gente; giunto a piè della forca un frate gli gridò: ‘Riconciliati con Dio, o eretico: l’ora della tua morte è arrivata!’. Il condannato lo guardò con uno sguardo severo e fu udito pronunciare queste parole con voce distinta: ‘Sentimi frate, io già mi sono riconciliato con Dio: né ho bisogno del tuo ufficio ond’egli mi ascolti!… Chi sei tu che ti poni tra il Creatore e la creatura? Polvere come me, umiliati… e prega!’ Poco dopo salì sul patibolo e fu messo a morte. Dopodiché il suo corpo fu gettato nelle fiamme [29].
Qualcuno dirà: ‘Ma oggi la chiesa cattolica romana come ne parla dell’Inquisizione? La condanna condannando coloro che la promossero? Affatto; quando ne parla o in un modo o nell’altro la giustifica (condannando solo certi comportamenti di taluni inquisitori che lei chiama ‘abusi’ [30]).
Nell’Enciclopedia Cattolica per esempio alla voce Inquisizione alla fine si leggono le seguenti parole: ‘I moderni hanno giudicato severamente l’istituzione dell’Inquisizione e l’hanno tacciata di essere contraria alla libertà di coscienza. Ma dimenticano che in passato si ignorava questa libertà e che l’eresia incuteva orrore nei ben pensanti, che erano certamente la grande maggioranza anche nei paesi più infetti di eresia’ (Enciclopedia Cattolica, vol. 7, 47). Questo implicitamente significa che essa è ancora in favore dell’uso della forza contro coloro che non si vogliono sottomettere ad essa e che minacciano in una maniera o nell’altra il suo prestigio e il suo potere. E che sia così è confermato dal fatto che, come abbiamo visto, la chiesa cattolica romana è per l’uso della violenza nei confronti dell’aggressore. Se si considera infatti il loro insegnamento sulla legittima difesa si noterà che è permesso ad un gruppo di reagire con la violenza ad un aggressione.
Ecco quanto si legge nel loro Dizionario di morale cattolica: ‘Fin qui si è esaminato il diritto di legittima difesa in termini individuali: ma ciò si applica ugualmente anche a un gruppo. Minacciato (…) nella sua identità culturale (distruzione del patrimonio culturale…)…. un popolo può invocare il diritto di legittima difesa’ (Jean-Louis Bruguès, op. cit., pag. 122).
Facciamo un esempio: la chiesa cattolica romana (che non dimenticatevi oltre ad essere un organizzazione religiosa è un organizzazione politica, uno Stato come tanti altri) si sente minacciata dalla eresia, per cui il suo ‘patrimonio culturale’ è messo a repentaglio? Come reagire a questa minaccia? Con la violenza; che poi la chiesa cattolica romana farebbe un uso diretto della violenza o indiretto ricorrendo, come tante volte ha fatto, alle autorità civili, questo poco importa. L’importante per essa è fermare coloro che minacciano la sua esistenza.
Pio IX (sotto cui fu proclamato il dogma dell’infallibilità papale) lo fece capire molto bene quando nel Sillabo degli Errori condannò come eretica la 24esima proposizione che dice: ‘La Chiesa non ha potestà di usare la forza, né alcuna temporale potestà diretta o indiretta’.
Ma d’altronde come potrebbe il papato condannare l’Inquisizione quando essa fu istituita e confermata da degli ‘infallibili’ papi di cui alcuni sono pure stati fatti santi? Come potrebbe condannarla senza condannare con essa i suoi sostenitori il che significherebbe rinnegare l’infallibilità della chiesa cattolica nel corso dei secoli e perciò apparire contraddittoria?
Badate dunque a voi stessi fratelli, perché questo loro insegnamento sulla legittima difesa può essere da loro preso in qualsiasi momento per ritornare ad inquisire i suoi nemici, tra cui ci siamo tutti noi che rifiutiamo di sottoporci al papa e ai dogmi papisti. Non illudetevi perché essa possiede sempre qualche insegnamento con cui sostenere e giustificare un eventuale sua violenta reazione contro gli ‘eretici’. Anche perché, e qui mi ripeto, vi dovete ricordare che essa è uno Stato con tanto di ambasciatori (i nunzi) nel mondo.
L’astuzia e la malvagità usate dai Gesuiti per ‘la maggior gloria di Dio’
Quando si parla delle persecuzioni che tanti nostri fratelli subirono in Europa dopo che scoppiò la Riforma non si può non parlare dei Gesuiti, chiamati anche Compagnia di Gesù e a ragione soprannominati ‘gli uomini del papa’ per la loro cieca ubbidienza al papa. E questo perché essi furono coloro che più di altri si diedero da fare con il permesso del papa per estirpare il ‘protestantesimo’ da dove si era diffuso e convertire al cattolicesimo coloro che lo avevano abbandonato. Vediamo dunque di dare qualche cenno storico e dottrinale su questo ordine della chiesa cattolica romana tuttora esistente nel suo seno e tuttora molto influente in essa.
Il fondatore di questo ordine fu uno spagnolo di nome Ignazio Loyola (1491 ca. – 1556). Costui assieme a dieci suoi amici che egli aveva reclutato per formare un ordine che doveva avere come obbiettivo la conversione degli infedeli, dopo avere assieme a loro redatto gli statuti della loro Società ed averla chiamata ‘Compagnia di Gesù’ ne chiese l’approvazione a Paolo III il quale gliela accordò il 17 settembre del 1540. Ai tre voti ordinari di castità, di povertà e di obbedienza, la società ne aggiunse un altro. Essa giurava di ‘votare la sua vita al servizio costante di Cristo e dei papi, di combattere sotto la bandiera della Croce, di servire solo il Signore e il romano pontefice, suo vicario in terra; essa s’impegnava d’obbedire al papa ed i suoi successori in tutto quanto concerneva la salvezza delle anime e la propagazione della fede, qualunque fossero i paesi ove li avrebbero condotti gli ordini di Sua Santità’. Così il papa si trovò a sua disposizione un ordine pronto a tutto pur di difendere i suoi interessi che in quel tempo erano fortemente attaccati dai Protestanti le cui idee si erano diffuse per tutta l’Europa.
L’ordine era strutturato gerarchicamente. Al suo vertice c’era il generale. Egli aveva il diritto di fare le costituzioni e le regole, conferiva tutte le cariche, regolava ed ordinava a suo piacimento tutta la società; tutta l’autorità dei provinciali e degli altri superiori dipendeva da lui; poteva dispensare dalle costituzioni e dai voti; insomma era un monarca assoluto a cui tutti dovevano una obbedienza cieca. Il primo generale fu Ignazio Loyola.
Il corpo della compagnia era composto da quattro categorie o gradi. La prima categoria o grado era quella dei preti professi che avevano pronunciato i tre voti solenni di povertà, castità, e obbedienza e aveva fatto uno speciale voto di ubbidienza al papa. Anche se tutti i Gesuiti erano tenuti ad ubbidire al papa i preti professi facevano questo particolare voto. Solo i Gesuiti di questa categoria potevano accedere alla carica di generale e ai posti immediatamente inferiori.
La seconda categoria o grado era costituita da preti che prendevano i voti semplici, non solenni, e che non pronunciavano il quarto voto al papa. Erano chiamati coadiutori spirituali.
Il terzo grado era quello dei fratelli laici; questi non diventavano mai preti, ma prendevano i tre voti semplici ed erano incaricati del lavoro manuale nelle case: cucinare, pulire, ecc.
La quarta categoria era quella dei giovani allievi, generalmente chiamati scolastici perché la loro preparazione avveniva attraverso le varie scuole del sapere. Alla fine dei loro studi venivano ordinati preti e a secondo dei loro progressi entravano tra i professi o tra i coadiutori spirituali.
Per entrare nell’ordine occorreva prima seguire un periodo di noviziato che durava due anni durante il quale il novizio era sottoposto ad una dura disciplina perché doveva perdere la sua individualità e mettersi interamente nelle mani del suo superiore. Chi riusciva a superare il noviziato prendeva i tre voti semplici; alcuni restavano fratelli laici, altri continuavano come scolastici per diventare professi o coadiutori spirituali. Alla fine dell’istruzione pronunciavano i voti finali; i professi aggiungevano anche il quarto voto speciale.
Gli effettivi della compagnia erano organizzati in ‘provincie’ in cui si trovavano le diverse case dell’ordine che erano di sei tipi. Le residenze (per scrittori, studiosi, superiori locali, membri a riposo o malati); le case di studio (per giovani Gesuiti); un noviziato (dove venivano esaminati e preparati gli aspiranti della provincia); e poi c’erano scuole e collegi destinati all’educazione dei laici e case per il ritiro spirituale dove i laici andavano in cerca di aiuto spirituale o per compiere delle devozioni. Ogni casa aveva un superiore (sotto cui c’erano altri superiori intermedi), e al di sopra di tutti i superiori delle case della provincia c’era un provinciale e al di sopra di tutti i provinciali c’era un assistente che risiedeva a Roma con il generale.
Ad ogni Gesuita era richiesto di ubbidire incondizionatamente al suo superiore qualunque cosa egli gli ordinasse infatti nel libro delle regole dei Gesuiti dal titolo Regulae societatis Jesu alla costituzione numero 36 si legge: ‘Ciascuno persuada sé stesso, che coloro che vivono sotto la ubbidienza, sono condotti e diretti dalla divina provvidenza; e che perciò debbono lasciare che i superiori lo trattino come se fosse un cadavere, che si lascia far tutto senza lagnarsi; ovvero come il bastone di un vecchio, il quale colui che lo tiene in mano se ne serve quando, dove, ed in qualunque cosa egli vuole’. Il Gesuita doveva vedere nella persona del superiore Gesù stesso: nella regola n° 16 e 18 si legge: ‘Non guardate nella persona del superiore l’uomo soggetto ad errare, e sottoposto alle umane miserie; ma riguardate in lui la stessa persona di Cristo, che è somma sapienza, immensa bontà, e carità infinita, il quale né può essere ingannato, né può volere ingannare voi. E siate certi che seguendo la volontà del superiore, voi seguite con tutta certezza la divina volontà. Voi dovete fermamente credere che tutto quello che il superiore comanda è precetto e volere di Dio’. Con simili regole è chiaro che il Gesuita ritenesse il suo superiore infallibile e perciò disubbidirgli per lui avrebbe significato disubbidire a Dio. E poi che il superiore si trovava nei confronti di coloro che erano alle sue dipendenze in una posizione che gli permetteva di far fare loro tutto quello che avrebbe voluto senza essere contraddetto. Inoltre, affinché il superiore conoscesse bene i suoi schiavi alla costituzione n° 40 era prescritto al Gesuita che entrava nella compagnia che egli ‘debba manifestare al superiore tutta la sua coscienza con grande umiltà, purità e carità, non nascondendo nulla di quello col quale avesse potuto offendere Iddio, e renda ad esso, od a chi sarà da lui deputato, un intero conto della sua vita precedente; ed ogni sei mesi renda poi lo stesso conto incominciando dall’ultimo’. Il Gesuita aveva inoltre l’ordine di non riferire agli esterni le cose dell’ordine. Le regole comuni n° 38 e 39 dicono infatti: ‘Nessuno riferisca a quei di fuori quello che si fa o si pensa fare fra noi. Nessuno, senza espressa licenza del superiore, comunichi le nostre costituzioni, i nostri libri, ovvero scritti nei quali si contengono le nostre ordinazioni o privilegi. Nessuno dia o mandi fuori le istruzioni spirituali, le meditazioni, o gli esercizi della società’.
L’ordine si proponeva di convertire gli eretici e i pagani tramite la predicazione, l’insegnamento e la confessione. Esso affermava di fare tutto ad majorem Dei gloriam (a maggiore gloria di Dio) il che significava a maggiore gloria del papato perché per i Gesuiti glorificare il papa – per loro il vicario di Cristo sulla terra – significava glorificare Dio. Ecco perché diversi papi concessero loro tanti privilegi e li appoggiarono; perché la loro opera tendeva a consolidare ed estendere il dominio del papato nel mondo. Ma nello stesso tempo, e questo lo si deve ben tenere presente, l’ordine procacciava pure i suoi propri fini che erano quelli di voler dominare il mondo e arricchirsi.
Ma l’ordine affermava altresì che per raggiungere i propri obbiettivi erano leciti tutti i mezzi anche quelli illeciti (o come esso affermava tutti i mezzi erano indifferenti), e quindi la menzogna [31], l’astuzia [32], il furto [33], la frode [34] e la violenza ecc. erano consentiti. Avevano una morale che giustificava il peccato con ogni sorta di sofismi, cosicché l’aborto, l’omicidio, l’adulterio, il furto, il duello, la menzogna, la doppiezza, l’idolatria, l’impurità, erano permessi in svariate circostanze e se non diventarono proprio delle virtù di certo venivano fatti passare per delle lievi colpe o per cose da nulla. Insomma il peccato nelle mani dei Gesuiti divenne irriconoscibile e nei loro libri introvabile. Per cui con le loro lusinghe si acquistarono il favore di coloro che prendevano piacere in ogni sorta di peccato. Perché questo era il loro scopo, volgere più persone dalla loro parte per dopo spogliarle dei loro beni se erano ricche e se in posti di autorità per usarsi di loro per estendere la compagnia nel loro paese. La diabolica massima il fine giustifica i mezzi era (ed è) l’essenza del gesuitismo. Si insediarono alle corti dei re e dei principi sia come predicatori che come confessori e riuscirono con la loro astuzia ad avere da loro il permesso di aprire collegi ed altre istituzioni e a persuaderli a distruggere quelli che per loro erano degli eretici. In Italia aprirono diversi collegi, furono protetti dai principi e presero parte ai massacri dei Valdesi sia al nord che al sud d’Italia. Anche nelle altre nazioni aprirono dei collegi, e si cattivarono l’amicizia di imperatori e principi (facendogli credere che cercavano il loro interesse) per indurli a favorire la loro società e sterminare i Protestanti [35]. Quando qualche re dimostrava di favorire il protestantesimo a danno del cattolicesimo o di non gradire la ‘Compagnia di Gesù’ nel suo paese essi erano pronti a toglierlo di mezzo o ad incoraggiare altri a farlo. Perché anche questo era permesso ad majorem Dei gloriam. Suarez, uno dei loro teologi più conosciuti disse infatti che un re eretico prima può essere deposto, e dopo, se continua a regnare può essere legalmente ucciso come un tiranno.
Ecco le sue parole: ‘Ma però data che è la sentenza, (il Sovrano) è decaduto dal trono, sicché per giustizia, non può più possederlo. Fin d’allora adunque può essere trattato come un Tiranno, e come tale da qualunque privato può essere ucciso’ (Franc. Suarez, Def. Fid. Cathol. lib. VI, cap. 4) (questa diabolica dottrina si chiama regicidio). Alcuni esempi che confermano questo loro modo di agire sono i seguenti. Baldassare Gèrard, l’assassino di Guglielmo d’Orange, ‘confessò che aveva partecipato la sua intenzione al rettore del collegio dei Gesuiti di Trèves, il rettore la aveva approvata, gli aveva impartito la benedizione, assicurandolo che ove avesse perduto la vita eseguendo l’attentato, sarebbe stato compreso nel numero dei martiri’ (G. Huber, I Gesuiti, Roma 1909, pag. 134). Ma non sempre riuscirono i loro complotti contro i re; per esempio il re del Portogallo scampò all’attentato che i Gesuiti avevano ordito per ucciderlo [36]e per questo vennero espulsi con la forza dal paese, imbarcati su navi reali e sbarcati sulle coste dello Stato della chiesa e tutte le loro proprietà furono confiscate (questo avvenne tra il 1759 e il 1761). Anche in Inghilterra un tentativo di assassinare il re non ebbe il risultato che essi volevano perché fu scoperta la mina che doveva fare saltare il parlamento alla sua apertura il 7 febbraio 1605. I tre Gesuiti che erano tra i congiurati fuggirono, ma furono presi, processati e condannati a morte.
L’ordine fu soppresso (anche se i Gesuiti nella pratica continuarono a sussistere in Prussia e in Russia) da Clemente XIV nel 1773 [37] ma fu restaurato da Pio VII nel 1814. E in mezzo a molte polemiche sussiste ancora in seno alla chiesa cattolica romana [38].
COME STANNO OGGI LE COSE
Ma oggi come stanno le cose? Ancora oggi in questa nazione benché per certi versi le cose sono diverse, nella sostanza le cose non sono cambiate da come erano allora. Perché? Perché la chiesa romana, benché ufficialmente abbia moderato il suo parlare contro di noi arrivando a definirci comunità ecclesiali (non vere chiese perché la sola vera Chiesa è lei), nei fatti ci detesta considerandoci delle sette formatesi per opera di alcuni usciti dal suo mezzo o dal mezzo del protestantesimo storico.
Certo, contro di noi non ci sono persecuzioni a morte come ci furono contro tanti nostri fratelli nei secoli passati in Europa o il carcere o il confino, ma la persecuzione sussiste anche se è solo verbale nella massima parte dei casi; e non può essere altrimenti perché noi predichiamo la Parola di verità e riproviamo le eresie e le opere infruttuose della chiesa romana come fecero i nostri fratelli antichi. Ma noi non cesseremo di parlare in difesa del Vangelo e contro le false dottrine di questa organizzazione che conduce milioni di anime all’inferno. Siamo odiati, scherniti, reputati pazzi, fanatici, da persone che si chiamano ‘Cristiani facenti parte della santa chiesa apostolica’; sì fratelli é così, ma siamo felici di subire questi loro oltraggi perché Gesù ha detto: “Beati voi, quando v’oltraggeranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro a voi ogni sorta di male per cagion mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio é grande ne’ cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi” (Matt. 5:11,12).
Noi sappiamo che i profeti furono perseguitati dai Giudei disubbidienti perché essi parlarono da parte del Signore. I profeti riprovarono tra le molte opere malvagie del popolo anche l’idolatria a cui esso si era abbandonato e perciò furono perseguitati, perché parlarono contro quegli spauracchi dei loro idoli per i quali gli Israeliti andavano in delirio. Perché dunque meravigliarci se i Cattolici romani ci odiano e ci oltraggiano, e se potessero ci toglierebbero di mezzo con la forza perché parliamo contro quei cadaveri dei loro idoli che essi adorano, pregano e portano in spalle nelle loro processioni? Perché meravigliarci dei loro insulti come se ci avvenisse qualcosa di strano, quando secoli addietro delle altre persone per avere riprovato e confutate le loro eresie furono derisi, odiati, e messi a morte? Fratelli, sappiate che é inevitabile che si venga perseguitati da coloro che giacciono nell’errore quando si dice loro la verità.
Infine vorrei dire – e qui torno a quello detto precedentemente – che benché oggi la chiesa cattolica romana ufficialmente non si rivolge più nei confronti di coloro che escono da lei nella stessa maniera in cui hanno parlato certi papi del passato e certi suoi dottori nei secoli passati (appoggiandosi sulle parole di Agostino), cioè dichiarando che bisogna usare la forza per fare ritornare gli apostati all’ovile o che gli eretici bisogna sterminarli in ogni maniera per estirpare così l’eresia, pure essa conserva in lei lo stesso sentimento di odio verso coloro che, dopo avere conosciuto il Signore escono dal suo mezzo e cominciano a riprovare le sue dottrine diaboliche e a cercare di strappare dalla sua bocca le anime.
Basta che li guardiate negli occhi o li sentite parlare dopo avere loro detto che Maria non la si deve pregare e non gli si deve prestare alcun culto o che il papa non è il capo della Chiesa o che è inutile confessarsi al prete o fare battezzare i fanciulli appena nati, per rendervi conto di questo. Solo che a differenza di secoli addietro, è impossibilitata ad usare la forza contro di loro per farli tornare nel suo mezzo – cioè non può mettere su l’Inquisizione come nei tempi addietro e incitare le autorità a perseguitarci o sterminarci – perché i tempi e le circostanze non glielo permettono. Ma io sono convinto che questa situazione sia solo temporanea, perché quando nel futuro le circostanze cambieranno per volere di Dio, allora i papi della chiesa cattolica romana torneranno a inebriarsi del sangue dei santi, facendoli trucidare o bruciare sui roghi, esattamente come fecero Innocenzo III o Giulio III.
Nessuno si dimentichi che la Scrittura dice che “ciò che sarà è già stato, e Dio riconduce ciò ch’è passato” (Eccl. 3:15). Da questi millenari nemici della croce di Cristo ci si può aspettare solo male, e non del bene. Chi ha orecchi da udire oda. Qualcuno dirà forse: ‘Ma allora non credi che il rinnovamento in atto nella chiesa cattolica romana sfocerà nella loro conversione? No, non ci credo per nulla; solo un piccolo numero di loro si convertiranno, ma la maggioranza rimarrà quella che è sempre stata, attaccata alla tradizione pronta a difenderla anche con le armi facendo ricorso ad ogni compromesso e ad ogni astuzia. Dalla strada che la chiesa cattolica romana ha deciso di prendere, essa non tornerà indietro.
CONCLUSIONE
Fratelli, termino questo mio scritto contro la chiesa cattolica romana facendovi partecipi di alcune cose.
Un appello alla fratellanza
Siamo negli ultimi termini dei tempi, sappiamo che deve venire l’apostasia e che i suoi albori sono già apparsi, ma molti tra di noi pare che abbiano dimenticato da tanto tempo che se l’Evangelo è potuto giungere a noi come l’abbiamo ricevuto lo dobbiamo alla grazia di Dio, il quale nel corso dei recenti secoli passati ha illuminato degli uomini qui in Europa traendoli dalle fauci del papato; degli uomini coraggiosi che benché non sempre affermarono cose giuste e vere pure ebbero in comune tutti la dottrina della giustificazione per fede. Essi formarono un potente esercito contro il quale il papato si scagliò in ogni maniera; cercò prima di persuaderli che stavano affermando il falso, poi vedendo che si mantenevano saldi in questa dottrina li scomunicò e li perseguitò. Sì, li perseguitò in ogni maniera perché li considerò eretici ed apostati, li maledisse, alcuni di loro li diede nelle mani del braccio secolare affinché fossero messi a morte.
Anche coloro che cominciarono a tradurre la Bibbia nella lingua volgare per farla conoscere al popolo furono perseguitati duramente dal papato; e questo perché la curia romana non voleva che il popolo leggesse ciò che era scritto per paura che si accorgesse degli errori da essa insegnati e perpetrati. Diversi fatti storici attestano questo. Ma grazie siano rese a Dio perché nonostante questa dura opposizione del papato la Parola di Dio si divulgò sempre di più tra i Cattolici romani che mai prima di allora l’avevano letta; e molti di essi persuasi da essa che il papa non poteva essere il vicario di Cristo e i suoi vescovi non potevano essere i successori degli apostoli si separarono dalla chiesa romana.
Ma perché dico tutte queste cose? Per ricordarvi che in quel tempo quando ancora c’erano le inquisizioni contro coloro che rifiutavano di sottostare al papa e che proclamavano che si viene giustificati per la sola fede, ci furono coloro che non si lasciarono intimidire affatto dalle minacce del papato ma con la forza che il Signore gli diede proclamarono il Vangelo e lo difesero. E se noi oggi abbiamo la grazia di leggere la Bibbia nelle nostre lingue è anche perché degli uomini nel corso dei secoli passati predicarono la Parola di Dio e la tradussero in lingua volgare quando infuriava contro di loro la persecuzione del papato. Essi dovettero affrontare tanti scherni, tante lotte, e tante persecuzioni dall’autorità papale perché difesero strenuamente il Vangelo, confutarono pubblicamente le eresie cattoliche romane anche mediante dei loro scritti e non solo a parole.
Oggi, però, da quello che vedo, in seno alla fratellanza qui in Italia le cose sono per certi versi cambiate perché troppo pochi fanno udire la loro voce di protesta in difesa del Vangelo e contro le eresie della chiesa cattolica romana. Eppure le eresie di perdizione della chiesa romana non sono né scomparse e né diminuite in questi secoli dopo la Riforma, anzi sono aumentate e non danno segno di diminuire. Vi esorto fratelli, a non abbassare la guardia, ma a vigilare in ogni cosa perché il diavolo va ancora attorno ai santi a guisa di leone ruggente cercando chi possa divorare; oggi come molti secoli fa il diavolo si usa anche della chiesa romana per sedurre le persone e per cercare di traviare i credenti. Per questo è necessario continuare a proclamare con ogni franchezza la parola della fede, e a difendere il Vangelo dai continui attacchi che la curia romana sferra contro di esso.
Oggi, più che mai bisogna darsi da fare per predicare in ogni maniera la parola della croce ai Cattolici, e per confutare pubblicamente le loro dottrine malefiche che hanno ingannato centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Bisogna farlo senza paura e senza farsi ingannare da questi continui sforzi che essa sta facendo per farci avvicinare ad essa.
Nonostante in alcuni casi hanno cambiato il vestito, ed alcuni loro atti cerimoniali e nonostante molti di loro si mettono a cantare alcuni nostri stessi cantici, si mettono a pregare non più meccanicamente come una volta, nonostante nel suo seno è sorto il movimento carismatico i cui aderenti affermano di avere ricevuto lo Spirito Santo e di credere nelle guarigioni per mezzo del nome di Gesù, pure questa organizzazione rimane sempre la stessa nella sostanza. Si mantiene in piedi con tutto il suo bagaglio di eresie, con tutta la sua pompa e con tutto il suo potere temporale; la sua arroganza è la stessa di secoli fa, la sua astuzia pure.
Faccio appello alla vostra carità affinché se fino ad ora siete stati a guardare o ad ascoltare solamente vi leviate anche voi in difesa del Vangelo, se invece il vostro sforzo si é infiacchito vi esorto a fortificarvi nella grazia di Dio ed a perseguire in questa buona lotta con l’aiuto che viene da Dio. Se invece siete indifferenti a tutto ciò vi dico di svegliarvi dal vostro sonno. Considerate per un momento gli sforzi che fanno i Cattolici per diffondere le loro eresie di perdizione; ora, se loro che non si vergognano di proclamare tante cose storte si affaticano per diffonderle e difenderle strenuamente non dobbiamo noi che abbiamo conosciuto la verità dimostrare più zelo ancora nel proclamare la verità? Se loro nella loro ignoranza cercano di confutare inutilmente la verità che noi proclamiamo, non dobbiamo noi che abbiamo ricevuto la conoscenza della verità fare di tutto per confutare le loro eresie? E’ una guerra fratelli; una guerra nella quale ciascuno mette in campo le sue armi.
I nostri nemici carnali sedotti dai nostri nemici spirituali cercano con la menzogna di annientare la verità che annunciamo pensando di riuscirci dimenticando che nulla si può fare contro la verità, perché quello che si può fare è per la verità. Noi invece che siamo stati illuminati da Dio usiamo la parola della verità per distruggere i loro vani ragionamenti che si ergono contro la conoscenza di Dio; la vittoria è nostra perché siamo in Cristo Gesù.
Non è inutile questa guerra, non è tempo sprecato combattere per il Vangelo cercando di persuadere i Cattolici romani delle cose relative al regno di Dio; il tempo lo si spreca quando si cerca il loro favore, non quando li si esorta a ravvedersi e a credere nel Vangelo.
Alcuni però si vergognano di combattere questa guerra, quasi che si trattasse di andare in guerra contro dei fratelli! Ma quali fratelli?
Altri ancora non vogliono polemizzare – questo è il verbo che usano – con i Cattolici (questo lo si sente ripetere purtroppo anche a RadioEvangelo qui a Roma). E qui mi trovo costretto a dire alcune cose. Ora, polemizzare significa, secondo il dizionario della lingua italiana, ‘discutere per il gusto di discutere, piuttosto che per arrivare ad una conclusione’ ed è un verbo che non è presente nella sacra Scrittura. Nondimeno va detto che se per non volere essere polemici si intende non volere litigare allora anche noi non vogliamo polemizzare con nessuno perché la Scrittura ci dice che il servo del Signore non deve contendere cioè non deve essere litigioso ma mite verso tutti. Ma se per non volere fare polemica si intende che non si vogliono confutare (che significa dimostrare la falsità di un’argomentazione) mediante le sacre Scritture (e la sapienza che Dio ci ha donato) pubblicamente o privatamente le tante dottrine papiste che stanno menando in perdizione milioni di anime allora noi vogliamo essere polemici o polemisti perché Gesù prima e gli apostoli poi hanno confutato le false dottrine dei loro tempi e lo fecero pure pubblicamente. Cioè essi hanno ribattuto ai loro avversari con le Scritture e con la sapienza di Dio per dimostrare che essi erravano.
Anche Apollo fece ciò infatti di lui si dice che a Corinto confutava pubblicamente i Giudei. Ma perché costoro non vogliono polemizzare (inteso nel secondo senso)? Perché hanno paura del papato, di questo impero che qui in Italia ha la sua sede centrale e che ancora oggi è in grado di procurare delle ‘noie’ a coloro che gli danno apertamente fastidio perché basta una parola del papa (che qui in Italia ha quasi tutti ai suoi piedi) a qualche ministro del Governo per scatenare una ‘persecuzione’ (anche se solo verbale) contro di loro [39].
E perciò essi si studiano di avere buoni rapporti di vicinato con il papato per non trovarsi il governo italiano contro di loro che potrebbe minacciarli di togliergli certi privilegi ottenuti dal governo (ottenuti naturalmente col permesso del papa), preferendo tacere o se non proprio tacere evitare termini o espressioni che potrebbero sembrare offensivi nei confronti della ‘santa chiesa cattolica apostolica romana’.
Per esempio non dicono chiaramente che pregare Maria, la madre di Gesù, è idolatria e che quindi coloro che la pregano e invocano sono degli idolatri sulla via che mena all’inferno; che il papa definendosi vicario di Cristo bestemmia, e che in effetti non è un ministro di Cristo ma un ministro di Satana, che i pellegrinaggi, le processioni, e tante altre devozioni cattoliche sono delle menzogne, che il purgatorio è una dottrina di demoni, e che la messa è un sacrilegio perché pretende essere la ripetizione del sacrificio di Cristo, e così via.
E se talvolta devono riprovare qualche cosa del cattolicesimo lo fanno o in tono scherzoso o superficialmente (di sfuggita) o indirettamente, ma mai con quella franchezza, gravità e pienezza di convinzione, che ci vogliono per fare capire ai Cattolici romani che ascoltano o che sono presenti nel locale di culto che rimanere attaccati al papa, a certe dottrine o devozioni significa andare all’inferno nelle fiamme.
Ricordo che un giorno, durante il periodo in cui la statua di Maria a Civitavecchia si era messa improvvisamente a ‘piangere’ sangue, mi capitò di ascoltare un programma radiofonico a RadioEvangelo in cui si parlava di questi fenomeni ‘miracolosi’. Bene, quando si trattò di dovere fare riferimento alla statua di Maria di Civitavecchia non venne menzionata per nome, però ricordo che quando si trattò di fare riferimento ad un idolo dell’Oriente (di cui si diceva operasse prodigi) che aveva pure un nome molto complicato allora il nome fu fatto! La ragione mi sembra ovvia. Insomma, costoro vogliono procacciare quella che taluni definiscono erratamente ‘pacifica convivenza fraterna’. E si vedono le conseguenze negative di questo loro atteggiamento, infatti molti fratelli non sanno come confutare i Cattolici romani anzi – voglio dire – in molti casi non vogliono confutarli perché non devono ‘polemizzare’. Ah, se questi pastori, invece che riempire di battute e di barzellette le loro predicazioni, o se invece di presentare il Vangelo con discorsi persuasivi di sapienza umana, si mettessero a confutare pubblicamente le eresie papiste così tanto radicate nei cuori delle persone in questa nazione farebbero veramente una cosa lodevole ed utile.
Io, Giacinto, termino questo mio scritto dicendo questo.
Io sono avverso a ogni dottrina perversa proclamata da questa organizzazione religiosa, che si definisce falsamente la Chiesa di Cristo, come lo furono prima di me e come lo sono tuttora molti altri in questa nazione e all’estero: e questa mia avversione l’ho manifestata in quest’occasione scrivendo contro le sue eresie con la speranza che voi fratelli nel Signore leggendo queste confutazioni possiate capire meglio cosa è il cattolicesimo, e confutarlo più efficacemente, e molti Cattolici leggendo queste confutazioni siano persuasi dal Signore stesso di essere stati ingannati e rientrando in loro stessi escano da questo carcere sotterraneo per unirsi ai santi che camminano alla luce della Parola di Dio.
Alcune cose che si imparano dalla chiesa cattolica romana
Certamente dallo studio della storia e delle dottrine della chiesa cattolica romana si traggono molti ammonimenti a cui noi tutti faremo bene di prestare ascolto per il nostro bene e quello degli altri. Io ne menzionerò solo alcuni; quelli che ritengo essere i principali.
1) La Chiesa di Dio non deve allearsi per nessuna ragione con lo Stato perché nel momento che stipula questa alleanza si svia dalla semplicità e dalla purità rispetto a Cristo.
Lo abbiamo ben visto questo quando abbiamo parlato della storia del papato; quando la Chiesa si alleò con l’impero romano permettendo al potere civile di intromettersi negli affari interni alla Chiesa, in cambio di onori e privilegi di ogni genere, assunse un altro volto. Ed ancora oggi a distanza di tanti secoli ci sono molte chiese che si sono alleate con il potere civile in cambio di onori e privilegi, non tenendo in nessuna considerazione né la Parola di Dio e neppure la storia della Chiesa. Alleanza che anche per loro ha costituito l’inizio del declino spirituale, dell’inaridimento spirituale, ma più che l’inizio vorrei dire che è stata una tappa del loro traviamento iniziato ancora prima di stipulare l’alleanza con lo Stato, perché siamo pienamente persuasi che per volere mettersi a camminare a braccetto con lo Stato bisogna essere per forza di cose già traviati, già spiritualmente aridi. Ma vediamo quali sono gli effetti odierni che produce l’alleanza con lo Stato.
L’alleanza con lo Stato, che si chiama Intesa, provoca un insuperbimento nei credenti che la stipulano perché gli apporta privilegi e riconoscimenti di svariato genere di cui non possono usufruire coloro che non fanno parte del loro ‘gruppo’.
Per esempio c’è il privilegio di sposare, di disporre dell’8 x 1000, di avere i diplomi delle proprie scuole bibliche riconosciuti dallo Stato, di avere la facoltà di chiedere il rinvio del servizio militare in caso si è iscritti alla scuola biblica di quella denominazione, di avere delle facilitazioni fiscali, di avere delle sovvenzioni statali in caso un locale di culto viene danneggiato da un terremoto, di avere facilmente permessi di svariato genere, di avere i propri locali di culto tutelati da delle leggi, ecc.
E’ chiaro che i credenti facenti parte di questo gruppo si sentiranno protetti dallo Stato; non solo, potranno in qualunque momento invocarne l’aiuto nel caso qualcuno mettesse in discussione i loro privilegi o qualcuno cercasse di toglierglieli o nel caso in seno ad una Chiesa succedesse un tumulto in cui una fazione si impossessasse del locale di culto intestato all’Ente. Ma se da un lato la denominazione riesce ad ottenere dallo Stato dei privilegi dall’altro essa deve fare delle concessioni allo Stato perché quest’ultimo non da simili privilegi in cambio di nulla.
Prima di tutto il governo esigerà il sostegno politico di coloro che fanno parte della denominazione oggetto dei privilegi; non importa se il governo sarà fascista, democratico o di qualche altra tendenza, esso vorrà l’appoggio politico. Quindi i capi della denominazione cercheranno in svariate maniere, più o meno esplicite, di indurre i credenti a votare per quello o per quell’altro partito politico a secondo che il partito in questione voglia o no mantenergli i suoi privilegi. Si metteranno insomma a fare politica; e tutto per mantenere intatti tutti i loro privilegi.
Faccio un esempio: mettiamo caso che un partito politico di un certo peso nella vita politica di questa nazione voglia togliergli l’8 x 1000 o abolire sia il concordato con la chiesa cattolica che le intese con le denominazioni evangeliche ed incamerare i beni della chiesa cattolica e quelli delle denominazioni evangeliche. Subito i capi preoccupati si metteranno a invogliare tutti a votare contro quel partito. Siamo sicuri infatti che quand’anche quel partito volesse l’abolizione del concordato con la chiesa cattolica e togliergli il potere temporale essi si schiererebbero in questo caso assieme ai Cattolici contro quel partito. E perché questo? Perché le denominazioni evangeliche sono dei piccoli papati che hanno anche loro il loro ‘patrimonio’ che non chiamano però di San Pietro ma è pur sempre un patrimonio a cui ci tengono molto perché è il loro orgoglio e la loro forza; ed hanno anche loro i loro papi che sanno come muoversi nelle sfere politiche per tutelare i loro privilegi e gli ingenti beni ecclesiastici di cui sono rappresentanti davanti allo Stato.
Loro sono in contatto con ministri, uomini politici di un certo spessore, e sanno come presentare la loro causa. Ecco alcune ragioni per cui i credenti non devono formare denominazioni perché esse portano coloro che ne fanno parte ad insuperbirsi e finiscono col diventare dei piccoli papati che si immischiano nelle questioni politiche per tutelare i loro interessi e i loro privilegi.
E poi non ci si deve mai dimenticare dell’ingerenza statale nelle chiese che fanno parte di una denominazione. Lo so che coloro che hanno fatto l’intesa con lo Stato affermano che lo Stato non si è ingerito negli affari spirituali delle ‘loro’ chiese, ma questo è falso e a dimostrazione di ciò basta leggere il loro statuto e il loro regolamento interno. Hanno messo infatti per iscritto, per compiacere allo Stato, tanti precetti e regole umane che annullano la Parola di Dio, contrastano e contristano lo Spirito Santo. Naturalmente bisogna conoscerla la Parola di Dio e camminare per lo Spirito per potere dire che quelle regole annullano la Parola di Dio e contrastano e contristano lo Spirito del Signore, altrimenti si finisce per non farci nessun caso. Dio volendo dimostreremo questo in un altra occasione; non adesso.
Ma d’altronde che cosa ci si può aspettare dall’autorità terrena di questo mondo che giace tutto quanto nel maligno? Che lasci la Chiesa di Dio organizzarsi seguendo in tutto e per tutto la Parola di Dio? No, ma che esiga da questa che è un organismo perfettamente strutturato e collegato da Dio in ogni parte che si conformi (se essa vuole acquisire la personalità giuridica) ad un suo schema ben preciso che è quello delle organizzazioni umane. Lo Stato avrà pure tutte le sue buone ragioni per offrire la personalità giuridica solo alle chiese che decidono di strutturarsi nella maniera in cui vuole esso, questo non glielo contestiamo. Ma la Chiesa di Dio deve rifiutare di volere diventare un ente giuridico perché non ha bisogno di questo riconoscimento per servire Dio in questo mondo.
Essa può fare benissimo a meno di tale riconoscimento: basti considerare per esempio che in Italia sotto la persecuzione fascista quando le chiese erano definite dal governo delle sette pericolose e non avevano tutti questi privilegi e riconoscimenti di oggi riuscirono benissimo a continuare a riunirsi per offrire il culto a Dio, per ascoltare la predicazione della Parola, e facevano delle opere buone. Se poterono servire Dio quei nostri fratelli in mezzo a tutte quelle avversità che gli venivano dal governo perché mai oggi quando il governo non ci perseguita non potremmo servirlo anche noi senza essere riconosciuti ente giuridico dallo Stato, senza tutti quei privilegi che una volta era impossibile ricevere dallo Stato?
Ah, dicono i sostenitori dell’Ente Morale, ma con il riconoscimento giuridico si riesce a servire meglio il Signore? No, vi sbagliate grandemente, perché non è con l’appoggio dello Stato che si serve meglio Dio ma con l’appoggio dell’Onnipotente quando c’è la sua testimonianza che conferma la nostra.
Ossia quando Dio opera segni, prodigi e opere potenti svariate e distribuisce i suoi doni per confermare la sua parola. Ecco in quali condizioni si serve meglio il Signore e le anime vengono scosse dall’annuncio dell’Evangelo. Ma purtroppo oggi c’è nella maggiore parte la corsa dietro i riconoscimenti e i privilegi statali anziché lo struggente desiderio dei doni spirituali, della manifestazione dello Spirito Santo.
E così molti hanno finito per dimenticarsi dell’utilità dei doni dello Spirito Santo, delle rivelazioni divine, dei segni e dei prodigi di Dio. Hanno finito per dimenticarsi che la Chiesa in Gerusalemme ai giorni dei dodici apostoli moltiplicava e prosperava non in virtù di riconoscimenti e favori statali, perché di questi non ne avevano anzi erano duramente perseguitati, ma in virtù della potenza di Dio che era con essa, in virtù dell’amore che regnava nel cuore dei fratelli per lo Spirito Santo.
Ecco un altra cosa che non bisogna mai dimenticarsi faceva prosperare la Chiesa antica, l’amore vero e sincero presente nel cuore di quei poveri ed afflitti fratelli. Amore che era presente perché essi erano veramente ripieni di Spirito Santo e camminavano seguendo i suoi desideri. E qui ci tengo a dire che è solo quando si è ripieni di Spirito e si cammina per Esso che si può avere quell’amore abbondante verso il Signore e i fratelli. Ed oggi è proprio questo che manca nella maggiore parte; la pienezza dello Spirito e il camminare per lo Spirito, ecco qual è la causa della mancanza di amore che così tanto si sente in mezzo al popolo di Dio in questi tempi così difficili.
No, non è quindi organizzandosi come vuole lo Stato che si servirà meglio il Signore; questa è un illusione, e di questa illusione ne raccolgono i frutti amari tutti coloro, sia anziani che giovani, che si appoggiano su questi vani ragionamenti. Nessuno vi seduca fratelli; tenetevi stretti all’insegnamento della Scrittura; seguite l’esempio degli apostoli e Dio sarà con voi. Ma non scendete in Egitto per ricevere il favore di Faraone, per rifugiarvi all’ombra delle sue ali; perché questo vostro atto vi tornerebbe a vostra confusione [40].
Come la chiesa cattolica romana molte volte è rimasta confusa proprio da coloro sotto cui si era rifugiata e a cui aveva offerto denaro e appoggio spirituale per salvaguardare i suoi interessi patrimoniali, perché si sa che a capo di una nazione non vi rimane sempre lo stesso governo e persino lo stesso governo può revocare i favori concessi ad un gruppo di persone [41], così tutti coloro che hanno cercato il favore dello Stato di mezzo al popolo di Dio anche qui in Italia verrà il giorno che si vedranno voltare le spalle proprio dal loro alleato.
Quando salirà al governo un uomo come Mussolini o Stalin vedrete cosa succederà di tutti i vostri privilegi e riconoscimenti. E questo lo farà Dio per correggervi e farvi capire come l’aiuto vero e duraturo che non verrà mai meno è il suo e non quello dello Stato in cui voi confidate.
2) La Chiesa di Dio deve vegliare del continuo per non cadere nelle trappole che il nemico gli prepara sulla sua strada.
Una delle maniere in cui il diavolo tenta la Chiesa è questa: cerca di fargli credere che la persecuzione da parte dello Stato sia un qualcosa di disonorevole per cui è necessario fare appello allo Stato affinché smetta di tenere questo atteggiamento nei loro confronti. Badate fratelli a voi stessi, perché da nessuna parte nella Parola di Dio si dice che sia un male per i santi essere perseguitati dal mondo, anzi l’apostolo Paolo diceva che egli si compiaceva in debolezze, in ingiurie, in persecuzioni, in necessità per amore di Cristo perché quando era debole allora era forte.
Oggi invece molti fanno il contrario; si dispiacciono delle persecuzioni, delle necessità, delle ingiurie a motivo di Cristo perché pensano che non s’addice loro un tale trattamento da parte delle autorità (o da parte di coloro che non sono delle autorità). E così cercano di forzare il governo a emanare delle leggi in loro favore. E in questi tentativi applicano il motto dei Gesuiti: ‘il fine giustifica i mezzi’. La persecuzione contro di loro deve finire; anche loro vogliono avere la ‘libertà di culto’ che ha la chiesa cattolica romana, o i Maomettani o i Buddisti se sono in paesi mussulmani o buddisti.
Questo è un grave errore in cui sono caduti molti nel corso dei secoli perché è proprio quando la Chiesa è perseguitata che si manifesta la potenza di Dio a favore dei suoi, quando tutti sono contro di lei, quando persino le autorità si schierano contro di essa allora Dio fa vedere i segni del suo favore a pro del suo popolo; miracoli, guarigioni, liberazioni di indemoniati, liberazioni dal carcere, liberazioni da pericoli di morte di svariato genere. E poi di solito quando imperversa contro la Chiesa la persecuzione i credenti hanno la possibilità di comparire davanti alle autorità a motivo delle accuse mosse contro di essi ed hanno la possibilità così di rendere testimonianza della loro fede davanti a persone che non potrebbero raggiungere in tempo di pace. E quand’anche qualcuno venisse ucciso a motivo della sua fede in Cristo, la sua morte porterebbe altri a credere in Cristo o i credenti a fortificarsi nel Signore. E poi la persecuzione contro la Chiesa è sempre un opportunità per la Chiesa di dimostrare al mondo che essa cerca il bene delle persone e non il loro male perché gli fornisce l’occasione di perdonare i nemici, di fare del bene a quelli che li perseguitano, il che va alla gloria di Dio da un lato e dall’altro ridonderà anche a lode dei perseguitati in quel giorno quando il Signore Gesù sarà manifestato.
Ed inoltre la santa condotta dei perseguitati nei confronti dei loro nemici servirà a turare la bocca agli avversari che calunniano la loro buona condotta. Ma poi, e questo lo si tenga ben presente, la persecuzione alimenta sempre l’amore dei credenti perché li porta a cercarsi, ad aiutarsi, a stringersi invece che a disunirsi. Quello che non avviene nella maggior parte dei casi invece quando la Chiesa possiede riconoscimenti e privilegi: è un dato di fatto che nessuno può smentire.
Un altra delle trappole che il nemico prepara contro i credenti è quella di cercare di spingerli ad accettare dei precetti umani che voltano le spalle alla verità come si accetta la Parola di Dio. La reazione deve essere quindi quella di rigettare questi precetti, non importa da chi sono stati introdotti, non importa se per anni o decenni o per secoli si è fatto o pensato così, essi devono essere rigettati perché fanno parte di quelle tradizioni umane che annullano la Parola di Dio. Bisogna sradicarle per impedirgli di continuare a portare i loro frutti velenosi perché sono la rovina dei credenti.
E non si dimentichi che le tradizioni umane hanno in loro un germe che li porta a moltiplicarsi automaticamente; la chiesa cattolica romana ce lo insegna questo abbondantemente. Quindi fratelli, se volete che la Parola di Dio non continui ad essere soffocata da questi precetti umani, dovete subito rigettarli. Se volete una riforma dei costumi, se volete vedere il popolo tornare al Signore, dovete quindi eliminare qualsiasi comportamento o modo di ragionare che non trova conferma nella Parola di Dio.
3) La Chiesa di Dio non deve adeguare il suo messaggio ai costumi della gente del mondo cominciando a tollerare questo o quell’altro peccato per accaparrarsi il loro favore e la loro amicizia.
Le persone del mondo giacciono tutte quante nel maligno che è il principe di questo mondo e perciò giacciono nelle tenebre. Solo il popolo di Dio giace nella luce e quindi esso deve illuminare il mondo, sia predicando loro la sana dottrina che praticandola senza per nulla mescolarla con le cose storte e perverse delle genti che sono tenebre. Se invece la Chiesa si conforma al mondo allora la Chiesa diventerà come una prostituta che genererà figli di prostituzione che porteranno le persone del mondo a maledire la Parola di Dio perché non la vedranno osservata neppure da quelli che si dicono l’assemblea degli eletti di Dio.
4) La Chiesa di Dio deve aborrire l’ignoranza delle sacre Scritture.
Questo lo deve fare perché la mancanza di conoscenza degli Scritti sacri costituisce per il diavolo un forte appoggio alla sua opera di seduzione perché tenendo nascosta la Parola di Dio ai credenti può fargli accettare se non tutte le sue menzogne almeno alcune, e vi assicuro che bastano anche poche menzogne del diavolo per mettere subbuglio nella Chiesa di Dio. Perciò fratelli vi esorto a investigare diligentemente le sacre Scritture e ad esaminare ogni cosa mediante di esse. Imparate a rigettare tutto quello che non è provabile con la Scrittura e ad accettare quello che è in armonia con l’insegnamento di essa.
5) La Chiesa di Dio non si deve organizzare come sono organizzate le organizzazioni umane, ossia gerarchicamente, in forma piramidale come si è organizzata la chiesa cattolica romana.
Quando la Chiesa si organizza sotto forma di denominazione con un presidente, un consiglio generale, dei comitati di zona ecc. diventa nel parlare un po’ come la chiesa cattolica romana, nel senso che si mette a sprezzare coloro che non fanno parte della sua stessa denominazione dicendo o facendo capire che fuori dalla loro cerchia non c’è salvezza o che coloro che non sono dentro il loro gruppo denominazionale e non vogliono entrarvi a fare parte non sono dei fratelli ma solo degli amici (e talvolta arrivano a dire che neppure amici sono).
Il presidente di una organizzazione pentecostale italiana si è permesso di dire ad un fratello che se loro non entravano nella loro denominazione non li avrebbe chiamati fratelli cristiani ma bensì amici cristiani. Non fa lo stesso la chiesa cattolica romana verso quelli che non sono al suo interno? Non ci chiama forse gli altri Cristiani ma facendo presente che non possediamo la pienezza dei mezzi di salvezza? Ma come nel caso della chiesa cattolica romana bisogna dire che in seno a queste denominazioni che così tanto si vantano della loro storia secolare o decennale avvengono cose orripilanti a tutti i livelli. Gli scandali non si contano più sia dei loro presidenti che dei pastori sotto la loro direzione. C’è un gran numero di persone che ragionano come i Gesuiti anche in seno alle ‘gerarchie ecclesiastiche’ delle denominazioni non importa se pentecostali, battiste, valdesi ecc. Il fine giustifica i mezzi; la menzogna, la falsità, la doppiezza, gli inganni, denaro dato sotto banco, la tolleranza degli omosessuali, dell’aborto, del divorzio e delle seconde nozze, e dei divertimenti sono tutte cose che si possono praticare basta che il fine sia quello di portare più persone nel locale di culto ad ascoltare la Parola di Dio, più offerte per portare avanti l’opera di Dio, ecc. I Gesuiti dicono di fare tutto ad majorem Dei gloriam, e loro dicono alla gloria di Dio. Ma come si può pensare di praticare il male alla gloria di Dio? Ah, questo gesuitismo che serpeggia in mezzo al popolo di Dio quanto danno ha fatto e continua a fare!
Tutti sono avidi di guadagno, assetati di potere temporale e non di potere spirituale (doni dello Spirito Santo), sono in concorrenza tra di loro e si fanno ogni sorta di torto. Sgambetti, gomitate, sono tutte cose all’ordine del giorno nella vita di questi che corrono dietro il vento. Sì, perché alla fine la loro è una corsa dietro al vento perché dice Mosè che quel che ne fa l’orgoglio non è che travaglio e vanità. Guai a loro porteranno la pena della loro iniquità, della loro arroganza, della loro invidia, e della loro falsità. Di Dio nessuno può farsi beffe, perché la pietra torna addosso a chi la rotola, e chi scava una fossa vi cadrà dentro. Ma costoro pensano che così non avvenga. Si illudono, a danno della loro anima.
Ma arriverà il giorno in cui il Signore metterà in luce le loro opere inique e allora tutti vedranno che Dio non ha mai approvato il modo di agire perverso di questi ‘Gesuiti evangelici’ anche se magari durante le loro riunioni qualcuno si è convertito sentendo la Parola di Dio e il locale di culto in cui presiedevano la Domenica era pieno o stracolmo. Tutto questo fa parte di quei frutti amari che porta l’organizzazione ecclesiastica quando questa rispecchia canoni umani e non la Parola di Dio. Quindi, si tenga presente questo: l’organizzazione nella Chiesa ci vuole altrimenti ognuno farebbe quello che gli pare e piace e regnerebbe l’anarchia e il disordine invece che l’ordine, l’unione e la pace. Ma questa organizzazione deve essere conforme all’organizzazione della Chiesa antica così come la troviamo scritta negli Atti, nelle epistole e nell’Apocalisse. Organizzazione che è confermata dallo Spirito Santo e quindi non lo contrasta e non lo contrista. Allontanarsi da quell’esempio significa fare compromessi di ogni genere e riempirsi di guai e di dolori. E credo che la chiesa cattolica romana faccia capire chiaramente quali sono le conseguenze amare dei compromessi fatti per difendere i propri interessi e privilegi terreni.
Oggi molti riconoscono che ci vuole un risveglio in seno alle denominazioni pentecostali perché vedono che oramai regnano la formalità e la mondanità nel loro mezzo, e questo è un buon sentimento, se per risveglio non si intende solo più persone che si convertono e vengono al locale di culto ma anche la presenza della testimonianza di Dio in aggiunta a quella dei suoi servitori, cioè la presenza di segni, prodigi, opere potenti svariate e doni dello Spirito Santo, la presenza dell’amore di Dio fra i fratelli, della pratica della giustizia di Dio, della santificazione e dell’umiltà così tanto rarefatta oggi. Ma io vorrei domandare a costoro: ‘Ma non avete mai pensato che l’organizzazione denominazionale sia uno dei motivi che impediscono ai credenti di tornare a camminare per i sentieri antichi? Riflettete alle conseguenze che ha portato la denominazione con tutti i privilegi statali e vedrete che fino a quando non deciderete di rinunciare anche voi al vostro papato non potrà esserci nessun ritorno sincero al Signore perché questo ritorno sarà sbarrato da tanti e tanti impedimenti che trovano la loro radice nell’organizzazione umana. E quand’anche ci fosse un principio di ritorno al Signore in seno ad una denominazione da parte di una comunità di credenti questo non sarebbe ben visto dalla ‘curia evangelica’ perché un vero ritorno al Signore di una Chiesa significa perdere il controllo di essa.
I vertici cercherebbero subito di soffocare il risveglio. Ma non ci riuscirebbero perché il vero risveglio è inarrestabile; potranno ostacolarlo ma non fermarlo. Il vento soffierà impetuoso; chi cercherà di fermarlo sarà definito un insensato. E così dovrete uscire dalla denominazione; non ci sarà altra scelta. Rimanere dentro significherebbe la rovina del risveglio. Ma vegliate affinché una volta usciti non cadiate nella stessa trappola da cui siete usciti; cioè badate a non formare voi un altra denominazione. Rimanete organizzati esclusivamente a livello locale, con un pastore, degli anziani e dei diaconi, e continuate a servire il Signore nella semplicità del cuore vostro senza il minimo desiderio di piacere a questo mondo perverso.
6) Come i papi hanno perseguitato coloro che mettevano in discussione la loro autorità temporale e quella spirituale (quando per esempio questi si arrogavano il diritto di poter deporre i re e sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà verso i loro sovrani, o dicevano di essere infallibili e non giudicabili da parte di nessuno, ecc.) e si mettevano contro le dottrine che non hanno nessun fondamento nella Scrittura perché invenzioni umane e che la chiesa cattolica romana predicava, e riprovavano la loro condotta dissoluta, così anche oggi i presidenti delle denominazioni che sono dei piccoli papi fanno lo stesso verso coloro che riprovano la loro arroganza, che riprovano quelle dottrine da loro insegnate che non hanno fondamento nella Scrittura.
Sono a capo di un impero terreno, hanno l’appoggio dell’autorità statale, e quindi si sentono al sicuro e liberi di potere diffamare o agire in altre maniere contro tutti coloro che gli danno fastidio, che secondo loro mettono a repentaglio con i loro scritti e le loro parole l’unione della Chiesa (un po’ come quando i papi si scagliarono contro i riformatori accusati da loro di guastare la vigna di Dio).
Ora, è vero che taluni sono contro la Chiesa perché predicano eresie di perdizione e dottrine che quantunque non siano di perdizione sono sempre malefiche, e perciò vanno ammoniti severamente. Ma è altresì vero che taluni non sono per nulla contro la Chiesa insegnando certe cose ma solo contro la menzogna, la falsità e l’arroganza, e la mondanità ma purtroppo agli occhi di taluni sono gente che provoca divisioni e che non amano i fratelli, quando non è così. Costoro naturalmente a chi danno fastidio? A coloro che vogliono che le cose rimangano in una certa maniera e vadano avanti in una precisa maniera per interessi personali e denominazionali. E perciò è inevitabile che essi siano perseguitati da questa categoria di persone. Considerate da vicino il comportamento dei papi e vedrete che anche in questo caso si trovano delle forti somiglianze con il comportamento di alcuni che si dicono Evangelici.
7) Dio è più grande dell’uomo e come a suo tempo strappa dalle fauci del papa cattolico coloro che lui ha predestinato ad essere giustificati, così a suo tempo strappa dalle mani di questi ‘papi evangelici’ coloro che lui ha deciso di illuminare per fargli capire che essi sono stati riscattati a prezzo per servire Dio nella semplicità del loro cuore seguendo i suoi comandamenti, e non per diventare di nuovo schiavi di uomini che hanno l’apparenza di servitori di Dio ma nella realtà sono servi del loro ventre perché provocano scandali di ogni genere e le dissensioni contro l’insegnamento che abbiamo ricevuto dai santi apostoli.
A Dio il nostro Salvatore che nella sua grazia ci ha tratto all’ubbidienza della fede e in essa ci rende saldi sia la gloria ora e in eterno. Amen.
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NOTE:
[1] La parola deriva dal greco oikoumene che significa ‘terra abitata’. Per ecumenismo si intende quel processo o quello sforzo intrapreso e portato avanti da diverse parti (sia da parte cattolica che protestante) che ha come scopo quello di unire assieme tutte le chiese.
[2] E per capire che le cose in realtà non siano per nulla cambiate, quantunque sembrerebbe il contrario, basta considerare che la chiesa cattolica romana dopo il concilio Vaticano II si è rifiutata di entrare a fare parte del Consiglio Ecumenico che ha la sua sede a Ginevra. Paolo VI nella sua storica visita al Consiglio ecumenico a Ginevra (1969) dichiarò subito: ‘Il mio nome è Pietro’.
[3] Forse qualcuno dirà che in comune con i Cattolici abbiamo il Vangelo, ma non è così perché essi non predicano lo stesso Vangelo che annunciò Cristo Gesù prima e poi gli apostoli, ma un altro Vangelo che non può salvare nessuno. E credo questo di averlo ampiamente dimostrato.
[4] Il Robeck e tutti coloro che la pensano come lui ingannano loro stessi e dimostrano di non conoscere (o di fare finta di non conoscere) la dottrina cattolica sul battesimo, ed anche di non tenere per nulla in considerazione l’insegnamento della Parola di Dio sul battesimo.
[5] COLLABORATORI. NUOVO TESTAMENTO.
Traduttori:
a – cattolici: Carlo Buzzetti, Carlo Ghidelli
b – evangelici: Bruno Corsani, Bruno Costabel
Revisori:
a – cattolici: Giovanni Canfora, Mario Galizzi, Carlo Maria Martini, Renzo Petraglio
b – evangelici: Otto Rauch, Alberto Soggin
Consulenti stabili:
a – cattolici: Sofia Cavalletti, Settimio Cipriani, Paolo De Benedetti, Franco Festorazzi, Enrico Galbiati, Massimo Giustetti, Michele Pellegrino, Maria Vingiani
b – evangelici: Piero Bensi, Luciano Deodato, Edoardo Labanchi, Fausto Salvoni, Luigi Santini, Francesco Toppi.
[6] David Du Plessis (morto nel 1987) nel 1962, a motivo della sua attività ecumenica, era stato rimosso dalle Assemblee di Dio americane che gli avevano ritirato le credenziali presso quella denominazione. Ma egli fu completamente riammesso nelle Assemblee di Dio americane nel 1979 quando gli furono restituite le credenziali. Nel 1981 David Du Plessis scrisse che si era messo a pregare per il papa alla notizia che il ‘Vicario’ di Cristo era stato sparato. Nel 1983 Du Plessis fu invitato a Roma per ricevere la medaglia Benemerenti da Giovanni Paolo II e dal cardinale Willebrands. Nel suo libro Simple and Profound (Semplice e Profondo) egli è arrivato a dire che dopo essere andato a Medjugorje ed avere parlato con i bambini che ricevevano apparizioni di Maria ‘non ebbi più alcun dubbio sulla autenticità e sulla validità dell’apparizione’ (David Du Plessis, Simple & Profound, Orleans Mass., 1986, pag. 202). Dispiace veramente constatare che un uomo come David Du Plessis che un giorno era nato di nuovo ed aveva pure ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo e visto il Signore operare potentemente in Sud Africa sia rimasto sedotto dalle dolci parole ecumeniche del papato e per amore di ‘unità’ si sia gettato alle sue spalle parte del consiglio di Dio. Ma questo è avvenuto per servirci d’esempio, affinché comprendiamo quanto sia pericoloso e dannoso mettersi a dialogare (nella maniera in cui vuole la chiesa cattolica naturalmente) con i teologi papisti partendo dal presupposto che anche loro sono dei fratelli in Cristo.
[7] Era stato il cardinale Bea, che era presidente del Segretariato per l’unione dei Cristiani, ad invitarlo come unico osservatore pentecostale al concilio Vaticano. [ç]
[8] Assemblies of God = Assemblee di Dio; Church of God = Chiesa di Dio; Pentecostal Assemblies of Canada = Assemblee Pentecostali del Canada; Apostolic Faith Mission = Missione della Fede Apostolica; International Church of the Foursquare Gospel = Chiesa Internazionale del Vangelo Quadrangolare; Church of God of Prophecy = Chiesa di Dio della Profezia
Si noti che c’erano ben tre membri (di primo piano) delle Assemblee di Dio americane. Cecil Robeck è professore al Fuller Theological Seminary di Pasadena (California); Gary McGee è professore di Storia della Chiesa al Seminario teologico delle Assemblee di Dio in Springfield, Missouri; e Del Tarr è preside della scuola biblica e della Facoltà di teologia delle Assemblee di Dio americane. Considerando quindi che questa denominazione pentecostale americana condiziona in una maniera o nell’altra le Assemblee di Dio delle altre nazioni tra cui quella presente in Italia, c’è da aspettarsi che in futuro si vedano entrare in questo dialogo cattolico-pentecostale internazionale (o magari inizialmente in un dialogo ufficiale a livello nazionale) anche pastori delle Assemblee di Dio italiane. Per ora nelle Assemblee di Dio italiane ha prevalso la parte più prudente per cui esse rifiutano di aderire ad un dialogo ufficiale con i Cattolici romani, ma purtroppo esistono dei segni che lasciano ben sperare i Cattolici che anche loro in qualche maniera si apriranno al dialogo. Matteo Calisi, responsabile nazionale del RnS (Rinnovamento nello Spirito Santo) e Co-Presidente della Consultazione Carismatica Italiana, ha affermato infatti: ‘Noto che un atteggiamento più sensibile alle ragioni del mondo carismatico si va sviluppando nelle ADI soprattutto fra i giovani, e mi sembra che questo sia un segno positivo per il futuro. Alcuni membri delle ADI hanno partecipato a nostri incontri a titolo strettamente personale, senza rappresentare ufficialmente la loro denominazione. Alcuni musicisti delle ADI hanno collaborato con il Ministero nazionale della musica del Rinnovamento italiano, sia suonando in orchestra che effettuando delle registrazioni discografiche. Anche questi sono piccoli segni di speranza, e certamente auspico che un dialogo di questo genere possa proseguire su scala più vasta nel futuro’ (Massimo Introvigne, Aspettando la pentecoste, Padova 1996, pag. 58). Anche il fatto che il nome di Francesco Toppi, l’attuale presidente delle ADI, compare tra i consulenti stabili che hanno partecipato alla stesura della versione della Bibbia interconfessionale (1986), che come abbiamo visto è inaffidabile perché cattolicizzata, è un cattivo segno che purtroppo lascia ben sperare i Cattolici romani in una futura apertura al dialogo con le ADI.
[9] Nel settembre del 1995 il Gruppo Associato di Lavoro fra il Consiglio Mondiale delle Chiese e la Chiesa Cattolica Romana ha presentato un documento dal titolo The Challenge of Proselytism and the Calling to Common Witness (La Sfida del Proselitismo e la Chiamata alla Testimonianza Comune) il cui scopo ‘è incoraggiare tutti i Cristiani a perseguire la loro chiamata per rendere una comune testimonianza dello scopo salvifico e riconciliatore di Dio nel mondo di oggi e di aiutarli ad evitare ogni competizione nella missione che contraddice la loro comune chiamata’ (The Ecumenical Review [ La Rivista Ecumenica] , 48,2, 1996, pag. 213). Faccio presente che del Consiglio Mondiale delle Chiese fanno parte pure alcune denominazioni pentecostali. La Iglesia Pentecostal de Chile e la Misiòn Iglesia Pentecostal (entratevi nel 1961), la Igreja Evangelica Pentecostal ‘O Brasil para Cristo’ (entratavi nel 1969), The International Evangelical Church (la Chiesa Evangelica Internazionale, entratavi nel 1972, di cui ci sono diverse comunità anche in Italia tra cui una delle più note è quella che si riunisce a Via Chiovenda a Roma), la Iglesia de Dios (denominazione argentina entratavi nel 1980), la Missao Evangelica Pentecostal de Angola (entratavi nel 1985) e la Iglesia de Misiones Pentecostales Libres de Chile (entratavi nel 1991).
[10] Il bacio dei piedi non l’ha ricevuto solo Traettino a quell’incontro ma lo hanno ricevuto anche altri pastori evangelici; questo è avvenuto alla fine della processione ecumenica in cui anche Traettino aveva portato la croce. Riportiamo a tal proposito quanto si legge sul periodico Rinnovamento nello Spirito Santo di Maggio-Giugno 1996: ‘Momento di intensa commozione è stato quello della processione ecumenica che ha visto porsi alla sequela della croce, portata alternativamente da tutti, i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane (oltre dieci) presenti a questa Convocazione. Questo momento è culminato nel bacio dei piedi e nell’abbraccio che il Comitato Nazionale di Servizio del RnS ed i vescovi Bregantini, Chiaretti e Casale si sono scambiati con i fratelli ritrovati’ (pag. 7). Per quanto riguarda i nomi degli altri Evangelici che hanno partecipato a quell’incontro segnalo alcuni di questi, così come li leggo nella sopra citata rivista: rev. Emilio Ursomando, pastore pentecostale della Comunità Cristiana di Reggio Calabria; dott. Geoffrey Allen, anziano della Comunità Cristiana di Pavia; dott. Ernesto Bretscher jr., pastore evangelico della Comunità Cristiana di Torino e segretario del Consiglio delle Chiese di Torino; rev. Massimo Loda, pastore della Comunità Cristiana di Pavia, responsabile delle Chiese evangeliche del nord Italia (cfr. pag. 5).
[11] Ma come si fa ad affermare che Gesù flagellò i Giudei? Gesù fece solo una sferza di cordicelle e scacciò tutti dal tempio, pecore e buoi (cfr. Giov. 2:15); questa non si può chiamare flagellazione. La flagellazione era tutt’altra cosa.
[12] Altri passi che attestano che è contrario alla dottrina di Cristo fare alcunché di male a coloro che non ubbidiscono al Vangelo di Cristo da noi predicato (e quindi che si oppongono a noi) o che si sono sviati dalla verità sono questi. Quando quei Samaritani non vollero ricevere Gesù nel loro villaggio perché egli era diretto verso Gerusalemme, e Giacomo e Giovanni chiesero a Gesù se voleva che facessero scendere del fuoco dal cielo e li consumasse, Gesù “rivoltosi, li sgridò, e disse: Voi non sapete di quale spirito voi siete. Poiché il Figliuol dell’uomo non è venuto per perder le anime degli uomini, anzi per salvarle” (Luca 9:55,56. Diod.). Paolo dice di non fare le nostre vendette ma di lasciare il posto all’ira di Dio perché la vendetta appartiene a Lui (cfr. Rom. 12:19); Giacomo dice che “l’ira dell’uomo non mette in opra la giustizia di Dio” (Giac. 1:20); Pietro dice di non rendere male per male od oltraggio per oltraggio (cfr. 1 Piet. 3:9).
I santi sono stati chiamati ad essere perseguitati e a soffrire per il Signore, e non a perseguitare e fare soffrire coloro che non vogliono credere o che si sono sviati dalla fede e dalla verità, per indurli ad accettare la verità. A ‘perseguitare’ costoro ci pensa il Signore; voglio dire, che ci pensa il Signore ad usare la forza e il terrore contro coloro che non gli ubbidiscono, al fine di correggerli, e fargli accettare la verità, ma la sua forza, il suo terrore. Egli sa come fare; vi ricordate Saulo da Tarso? Perseguitava a morte i santi, era ostinato in cuore suo, eppure Dio riuscì con la sua forza e il suo terrore, a fargli accettare la verità? Nessun uomo avrebbe mai potuto persuadere con la forza l’ebreo Saulo ad accettare il Vangelo, ma ci riuscì il Signore. Ora, se il Signore riuscì a convertire un simile uomo noi crediamo che riuscirà a convertire qualsiasi uomo che non lo conosce e lo odia, e qualsiasi credente che dopo avere conosciuto la verità si è sviato da essa. La nostra fiducia è nella sua forza e non in quella dell’uomo. Certamente non tutti i pagani e non tutti coloro che si sono sviati dalla verità accetteranno la verità, perché fino alla fine ci saranno increduli e sviati; ma questo non desta nessuna preoccupazione in noi perché sappiamo che Dio retribuirà gli impenitenti come meritano sia sulla terra che in quel giorno; cioè gli farà trovare il salario della loro condotta. Lui è l’Iddio delle retribuzioni; abbiamo fiducia nella sua giustizia.
[13] A proposito del massacro degli abitanti di Bèziers, avvenuto nel 1209, successe che il legato del papa – abate Arnoldo dell’ordine dei Cistercensi – a chi gli domandava se si dovevano risparmiare i Cattolici, temendo che gli eretici potessero fuggire col farsi passare per Cattolici, diede questa risposta: ‘Uccideteli tutti. Dio saprà ben riconoscere i suoi’. Nel rapporto che poi questo abate fece al papa si legge: ‘La città presa d’assalto, gli abitanti tutti massacrati; non abbiamo risparmiato né ceto, né sesso, né età; circa 20.000 persone sono perite per la spada: la città intera spoglia ed arsa fervendo in modo meraviglioso contro di essa la vendetta di Dio’.
[14] Sotto lo spietato Innocenzo III, il concilio Laterano IV (1215), che è chiamato sacrosanto perché viene asserito che esso si riunì nello Spirito Santo, a proposito del trattamento da riservare agli eretici confermò e rafforzò il decreto del concilio del 1179 infatti decretò quanto segue: ‘Condanniamo tutti gli eretici, sotto qualunque nome; essi hanno facce diverse, ma le loro code sono strettamente unite l’una all’altra, perché convergono tutti in un punto: sulla vanità. Gli eretici condannati siano abbandonati alle potestà secolari o ai loro balivi per essere puniti con pene adeguate (…) Siano poi ammonite e, se necessario, costrette con censura le autorità civili, di qualsiasi grado, perché, se desiderano essere stimati e creduti fedeli, prestino giuramento di difendere pubblicamente la fede; che essi, cioè, cercheranno coscienziosamente, nei limiti delle loro possibilità, di sterminare dalle loro terre tutti quegli eretici che siano stati dichiarati tali dalla chiesa (…) I cattolici che, presa la croce, si armeranno per sterminare gli eretici, godano delle indulgenze e dei santi privilegi, che sono concessi a quelli che vanno in aiuto della Terra Santa’. (Concilio Lateranense IV, cap. III). Ecco quale era il sentimento del papato verso coloro che dissentivano da esso sotto Innocenzo III. Come si può ben vedere, dalle suddette dichiarazioni è assente nella maniera più assoluta quel sentimento di amore e di compassione che la Chiesa di Dio deve, per comando del suo fondatore, nutrire verso coloro che si sviano dalla verità, nella speranza che, utilizzando le armi della nostra guerra che non sono carnali ma spirituali, Dio conceda loro di ravvedersi e riconoscere la verità.
[15] Quanto questo papa fosse crudele e spietato e ce l’avesse a morte con i Protestanti è attestato dal fatto che quando mandò in Francia il conte di Santafiore a capo di un piccolo esercito per aiutare i Cattolici francesi diede a costui l’ordine ‘di non prendere prigioniero nessun ugonotto, e di uccidere subito chiunque gli capitasse nelle mani’ (Leopold Von Ranke, Storia dei papi, Firenze 1959, pag. 269-270). In seguito egli ‘si dolse del conte che non havesse il comandamento di lui osservato d’ammazzar subito qualunque heretico gli fosse venuto alle mani’ (Leopold Von Ranke, op. cit., pag. 285). Quanto egli si compiacesse dello sterminio dei Protestanti è attestato anche dal fatto che egli mandò in premio il cappello e la spada benedetti al crudele duca d’Alba, per le sue stragi fatte compiere nei Paesi Bassi al tempo di Filippo II (cfr. Leopold Von Ranke, op. cit., pag. 270, 428-430). Si ritiene che durante i sei anni di governo del duca d’Alba (1567-1573) sarebbero state eseguite da sei a ottomila condanne capitali.
[16] Queste lettere e queste notizie sono state citate da Luigi Desanctis in Roma papale, Firenze 1882, Terza ediz., pag. 293, 294, 295. Questo stesso papa sanguinario mentre si rallegrava per la morte di migliaia di Ugonotti dall’altro trattava con longanimità il prete Guercino, soprannominato ‘il re della campagna’, che si era reso colpevole di ben 44 omicidi ma non per ‘zelo religioso’ ma solo per derubare e per la voglia di uccidere. Guercino fu dal papa assolto sia spiritualmente che corporalmente!
[17] La storia dice che tra di loro ci furono anche degli scellerati che insegnavano cose perverse, si abbandonarono alla violenza e all’immoralità, ma questo non deve indurre a pensare che tutti gli Anabattisti fossero come costoro.
[18] Si deve dire purtroppo che gli Anabattisti furono perseguitati anche dai riformatori Lutero, Melantone, Bucero e Zwingli. A proposito di quest’ultimo approvò un editto emanato dal consiglio di Zurigo nel 1526 che ordinava che quelli che si facevano battezzare o che battezzavano altri ‘dovevano essere annegati senza misericordia’. Questo loro comportamento fu diabolico al pari di quello della chiesa papista; né più e né meno.
[19] Il testo della circolare diceva: ‘Esistono in alcune province del regno semplici associazioni di fatto che, sotto la denominazione di pentecostali o pentecostieri o neumatici o tremolanti, attendono a pratiche di culto in riunioni generalmente presiedute da ‘anziani’. Il culto professato dalle anzidette associazioni, non riconosciute a norma dell’articolo 2 della legge 24 giugno 1929, n. 1159, non può ulteriormente essere ammesso nel regno, agli effetti dell’articolo 1 della citata legge, essendo risultato che esso estrinseca e concreta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza. Pertanto le Loro Eccellenze provvederanno subito per lo scioglimento, dovunque esistano, delle associazioni in parola, e per la chiusura dei relativi oratori e sale di riunione, disponendo conseguentemente anche per una opportuna vigilanza, allo scopo di evitare che ulteriori riunioni e manifestazioni di attività religiosa da parte degli adepti possano avere luogo in qualsiasi altro modo o forma. Si gradirà sollecita assicurazione dell’adempimento’.
[20] E’ superfluo che io dica che tutti coloro che affermarono di non volersi sottomettere al papato ma solo alla Parola di Dio, e perciò rigettarono la salvezza per meriti umani, il purgatorio, la confessione, le indulgenze ed altre dottrine di demoni della chiesa romana non furono per nulla eretici. Gli eretici erano invece i Cattolici romani che perseguitavano coloro che per la grazia di Dio avevano compreso gli inganni papisti, erano loro che si dovevano convertire, erano loro che si dovevano ravvedere.
[21] Già prima di Gregorio comunque alcuni concili (quello del Laterano del 1179, di Verona del 1184, e del Laterano del 1215), avevano decretato la persecuzione contro gli eretici e il loro sterminio, per cui si può dire che di fatto l’Inquisizione esisteva già prima che questo papa istituisse i tribunali inquisitori.
[22] Tra i grandi Inquisitori spagnoli il più terribile fu il frate domenicano Torquemada che dal 1483 al 1498 inquisì più di centomila persone di cui circa 10.000 furono condannate al rogo e molte altre alla prigione a vita.
[23] Faccio presente che l’Inquisizione nei secoli XIV e XV perseguì anche i bestemmiatori, gli stregoni, i sodomiti, gli adulteri, gli incestuosi, gli usurai, ed anche i violatori della domenica. Nel 1908 l’Inquisizione cambiò nome e prese quello di Sant’Uffizio; ma dal 1965 porta il nome di Congregazione per la Dottrina della Fede.
[24] Per sostenere con le sacre Scritture la ‘salutare’ tortura a cui veniva sottoposto l’eretico i teologi papisti prendevano l’esempio di Paolo che diede quell’uomo che si teneva la moglie di suo padre in man di Satana a perdizione (o distruzione) della carne affinché lo spirito fosse salvo nel giorno di Cristo (cfr. 1 Cor. 5:1-5). Ma noi diciamo: ‘Ma bisogna essere veramente dal diavolo per sostenere con questo giudizio pronunciato dall’apostolo Paolo la pratica della tortura dell’Inquisizione contro gli eretici!’ L’apostolo Paolo con quel suo gesto non ha per nulla confermato la tortura papista contro gli eretici tanto è vero che a Tito a proposito dell’uomo settario gli dice: “L’uomo settario, dopo una prima e una seconda ammonizione, schivalo, sapendo che un tal uomo è pervertito e pecca, condannandosi da sé” (Tito 3:10,11); notate che non gli disse: ‘Dopo una prima e una seconda ammonizione torturalo o fallo torturare fisicamente affinché rientri in se stesso e riconosca la verità’, ma “schivalo”. Quindi Paolo ordinò a Tito di ammonire e non di torturare o far torturare i settari. La conclusione dunque a cui si giunge è questa: i papi e tutta la curia romana che sostennero l’Inquisizione dimostrarono di non tenere in nessun conto la Parola di Dio, di sprezzarla. Ad essi che erano uomini violenti e sanguinari, figli del diavolo loro padre di cui volevano fare i desideri, importava solo mantenere gli uomini sotto il loro dominio per riempirsi le tasche con il loro denaro; della salvezza delle loro anime non gli importava proprio nulla. Ma Dio è giusto e come non lasciò impunito il sangue di Abele, quello di Naboth, e il sangue dei profeti, ma lo vendicò, così vendicherà il sangue di tutti quei santi messi a morte dall’Inquisizione papista. Essi hanno sparso il sangue dei santi e Dio darà loro a bere del sangue; ne sono degni. E affinché nessuno pensi che siamo pronti a condannare solo i misfatti della chiesa cattolica romana ma non quelli dei Protestanti, ribadisco con forza che noi come figliuoli di Dio condanniamo qualsiasi atto di violenza, qualsiasi sopruso, qualsiasi tortura, qualsiasi incitamento allo sterminio dei Cattolici romani e di eretici (veri o solo di nome e non di fatto), compiuti dai Protestanti non importa se Luterani, Calvinisti, Anglicani, Ugonotti o altro, perché di gente omicida figlia del diavolo che ha usata la violenza contro i suoi nemici ce n’è parecchia pure tra coloro che erano stati definiti Protestanti.
[25] A conferma che fosse così ci sono le seguenti affermazioni papali. Urbano II (1088-1099) affermò: ‘Noi non riteniamo omicidi coloro che, mossi da zelo per la loro Madre Cattolica contro le persone scomunicate, hanno ucciso alcune di esse’. Leone X con la sua bolla Exurges condannò come eretica la seguente affermazione di Lutero: ‘E’ contrario alla volontà dello Spirito Santo che gli eretici siano bruciati’. E poi c’è la seguente affermazione del loro dottore ‘angelico’ Tommaso d’Aquino: ‘… Gli eretici meritano non solamente d’essere scacciati dalla Chiesa mediante la scomunica; essi meritano altresì d’essere tolti dalla vita mediante la morte’ (Somma Teologica II, II quest. XI, art. 3). Ed infine questa del cardinale Baronio: ‘Santo Padre, doppio è l’ufficio di Pietro: Pascere ed uccidere, giusta il detto: ‘Pasci le mie pecore’ e giusta quell’altro: ‘Ammazza e mangia’. Quando intanto il Papa ha da fare cogli ostinati, e cogli avversari, allora è comandato a Pietro di accopparli e scannarli, e poscia mangiarseli’ (Epist. al Papa contro i Veneziani). Stando così le cose la chiesa papista si mise contro Crisostomo uno dei suoi padri che aveva detto: ‘Mettere a morte un eretico sarebbe introdurre in sulla terra un crimine inespiabile…’ (Homelia XLVI in Mattheum cap. I). Altro esempio questo di come la chiesa papista contraddice anche i suoi padri quando gli fa comodo. Ma come facevano i papi e i loro teologi a sostenere con le Scritture che gli eretici dovevano essere fatti morire? Prendendo quelle parole della legge di Mosè dove viene detto di non avere pietà neppure di un proprio familiare nel caso questi avesse predicato l’apostasia ma di ucciderlo (cfr. Deut. 13:6-11) per togliere il male di mezzo ad Israele, e le parole di Luca che dice che Anania e Saffira morirono per avere mentito allo Spirito Santo. Per quanto riguarda la legge di Mosè diciamo che Gesù è venuta a completarla con l’ordine di amare i nostri nemici e perciò sotto la grazia non è permesso a noi credenti di uccidere uno che ha abbandonato la fede perché ha dato retta a dottrine di demoni. L’amore non fa male alcuno al prossimo, dice Paolo. Questo non vuole dire che gli apostati vanno tollerati, perché essi devono essere allontanati dalla fratellanza e considerati come il pagano ed il pubblicano. Per ciò che riguarda Anania e Saffira diciamo solamente che non furono gli apostoli a farli morire o a decretare la loro morte, ma Dio che è giusto e santo. Fu un suo giudizio per cui gli apostoli non si resero affatto responsabili della loro morte. Accettiamo i giudizi di Dio quindi anche quando sono dei giudizi di morte perché sono giusti e sono esercitati dal Giudice dei vivi e dei morti. Ma non accettiamo come giusta una condanna a morte contro un credente che apostata, o diventa un sodomita o uno stregone, di un tribunale di una chiesa non importa se formato da cardinali o vescovi o preti, o da pastori ed anziani, perché Gesù disse: “Non condannate” (Luca 6:37). E non accettiamo neppure che un simile tribunale dia il condannato a morte nelle mani delle autorità civili per farlo mettere a morte da esse pensando così di non potere essere poi incolpato per la morte di esso perché di fatto un simile tribunale si rende partecipe dell’uccisione del condannato come si resero partecipi i membri del Sinedrio dell’uccisione di Gesù compiuta dalle mani dei Romani.
[26] Si tenga presente che gli inquisitori condannavano pure i morti infatti esumavano pure i cadaveri dei presunti rei di eresia, e condannavano le spoglie ad essere interrate in un luogo non sacro, oppure bruciate, confiscando i beni agli eredi della prima o della seconda generazione.
[27] I capi d’accusa mossi contro Paleario furono ristretti ai seguenti quattro articoli: 1° Ch’egli negava il purgatorio; 2° disapprovava la sepoltura nelle basiliche; 3° metteva in ridicolo la vita monastica; 4° diceva che bastava la sola fede in Gesù Cristo per salvarsi, senza bisogno dei riti e del culto cattolico romano.
[28] Prima di essere portato al supplizio gli fu concesso di scrivere delle lettere a sua moglie e ai suoi figli. Ecco la lettera indirizzata a sua moglie Marietta Paleari: ‘Consorte mia carissima, Non vorrei che tu pigliassi dispiacere del mio piacere, ed a male il mio bene. E’ venuta l’ora che io passi da questa vita al mio Signore e padrone e Dio. Io vi vo tanto allegramente alle nozze del Figliuolo del gran Re, il che ho sempre pregato il mio Signore per la sua bontà e liberalità infinita mi concedesse. Sicché, mia consorte dilettissima, confortatevi della volontà di Dio, e del mio contento, ed attendete alla famigliola sbigottita che resterà, di allevarla e custodirla col timore di Dio, ed esserle madre e padre. Io era già di settanta anni vecchio e disutile. Bisogna che i figli con la virtù e col sudore si forniscano a vivere onoratamente. Dio Padre e il Signor nostro Gesù Cristo e la comunione dello Spirito Santo sia con lo spirito vostro. Roma, il dì 3 luglio 1570. Tuo marito Aonio Paleario.
[29] Per la chiesa cattolica romana morì anche lui eretico impenitente. Il cardinale Baronio lo conferma dicendo negli Annali della Chiesa: ‘Quando si vide chiaro che questo figlio di Belial era ostinato e refrattario, e che non si poteva in alcun modo farlo tornare dalle tenebre dell’errore alla luce della verità, fu meritatamente esposto alle fiamme, affinché dopo avere sofferto in questo mondo pene momentanee, andasse a soffrire le eterne’.
[30] A proposito di alcuni inquisitori che hanno compiuto questi ‘abusi’ è vero che il papato fa presente che li punì e li scomunicò, ma a che serve dire questo quando il sistema inquisitoriale istituito dai papi, che si definivano i vicari di Cristo, era iniquo dall’inizio alla fine perché contrario alla parola di Cristo di cui loro dicevano di fare le veci? I teologi papisti farebbero meglio e prima a condannare in blocco l’Inquisizione ed affermare che coloro che la istituirono e la eseguirono erano dal diavolo e non da Dio anziché mettersi a difenderla con simili ragionamenti vani che non fanno altro che andare a loro disonore.
[31] Ecco come si dovevano comportare i Gesuiti quando facevano una nuova fondazione in qualche luogo: ‘Si guardino i nostri religiosi di comperar fondi nel principio della fondazione, ma se ne comprassero qualcheduno a noi comodo, ciò si faccia con un nome imprestato di qualche amico fedele e segreto; ed acciocché meglio risplenda la nostra povertà, i beni che sono vicini ai luoghi nei quali abbiamo i collegi, si assegnino dal provinciale ai colleghi lontani; dal che succederà che mai il principe o il magistrato avranno certa notizia delle entrate della Compagnia’ (Secreta monita societatis Jesu – Le norme segrete della società di Gesù -, capo I, 5).
[32] Si consideri che quando nel sedicesimo secolo i Gesuiti andarono in Cina a portarvi il cattolicesimo per conquistare i cinesi al cattolicesimo, sapendo che essi erano molto attaccati alla loro religione e che non avrebbero mai accettato il cattolicesimo se fossero stati loro proibiti i riti della loro religione, predicavano che i cinesi potevano diventare ‘cristiani’ continuando a celebrare i loro riti in onore di Confucio e dei loro antenati. E per questa ragione si scontrarono con i missionari Domenicani che erano in Cina che avevano condannato quei riti e dichiarati incompatibili con il ‘cristianesimo’. Clemente XI (1700-1721) condannò quei riti e ordinò che tutti i missionari della Cina dovevano giurare di detestare i riti cinesi e promettere di non tollerarli mai. Ma, ennesima contraddizione tra i papi, nel 1939 sotto Pio XII la Congregazione de Propaganda Fide dichiarò che i tempi erano cambiati e che coloro che si convertivano al ‘cristianesimo’ non dovevano rinunciare al culto degli antenati.
[33] Sul furto, Casnedi, un loro teologo, affermava: ‘Dio non proibisce il furto se non che quando esso è riconosciuto come cattivo; ma quando è considerato come buono, non è vietato’ (Casnedi, Giudizi teologici, tomo I, pag. 278). Appoggiandosi su questo diabolico insegnamento i Gesuiti si sono appropriati nel corso dei secoli per il mondo intero dei beni altrui con l’astuzia, sempre naturalmente ad majorem Dei gloriam. Per esempio tante volte hanno carpito con l’inganno a danno dei legittimi eredi (tra i quali molti sono stati da loro calunniati e poi fatti cacciare in prigione) donazioni e testamenti. Avendo l’autorità di confessare quando si presentavano al letto dei ricchi che erano in procinto di morire e che confessavano di essersi arricchiti illecitamente gli dicevano che se volevano salvarsi dovevano dare il loro denaro ai santi in cielo. E per sostenere ciò prendevano le parole di Gesù: “Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; affinché, quand’esse verranno meno, quelli vi ricevano ne’ tabernacoli eterni” (Luca 16:9); che loro interpretavano astutamente in questa maniera: se essi davano le loro ricchezze acquistate illecitamente ai preti o ai frati in onore dei santi (facendosi in questa maniera per amici i santi in cielo) si sarebbero guadagnati il paradiso. E così avveniva che il moribondo non veniva esortato a pentirsi e a riparare i danni fatti restituendo i beni a coloro che erano stati da lui frodati ma venivano esortati a lasciare i suoi beni ai Gesuiti (e i legittimi eredi naturalmente si ritrovavano senza nulla). Ma questa non è che una delle svariate maniere in cui i Gesuiti si sono arricchiti alle spalle delle persone facendo ricorso all’astuzia. Di loro si può ben dire quello che dice Geremia: “Son diventati potenti nel paese, ma non per agir con fedeltà; poiché procedono di malvagità in malvagità, e non conoscono me, dice l’Eterno” (Ger. 9:3).
[34] Ecco come i Gesuiti dovevano comportarsi verso le vedove ricche e verso gli uomini ricchi: ‘…se queste vedove accettano simili offerte e cominciano a visitare le nostre chiese, si proveggano le medesime di un confessore dei nostri per dirigerle, particolarmente per farle perseverare nello stato vedovile, enumerando e lodando gli effetti e la felicità di questo stato, e si facciano i nostri padri mallevadori di quell’eterno merito che verranno esse ad acquistarsi nel conservarsi in un tale stato, e di essere anche un rimedio efficacissimo per evitare le pene del purgatorio’ (Secreta monita societatis Jesu – Le norme segrete della società di Gesù -, cap. VI, 1); ‘…Si descrivano ancora i vizi e i cattivi costumi di altri che aspirassero alle sue nozze, sempre che si avvegga il direttore che tali persone sieno di genio alla vedova, acciocché possa con tutti aborrire le seconde nozze’ (op. cit., capo VI, 9); ‘Si visitino spesso, e si ricreino, e si rallegrino con giocondi discorsi, ed istorie spirituali, ed ancor con facezie secondo l’umore ed inclinazione di ciascheduna’ (ibid., capo VII, 4); ‘Finalmente, purché non vi sia pericolo che queste vedove lascino l’affezione alla società e ci voltino le spalle, anzi proseguiscano ad esserci sempre più fedeli e liberali, si conceda loro tutto ciò che ricerca il piacere, il lusso e la sensualità, ma moderatamente ed escluso lo scandalo’ (ibid., capo VII, 7); ‘Per indurre la medesima vedova a testare di tutto ciò che possiede a favore della nostra Società si proponga la perfezione dello stato degli uomini santi, i quali, abbandonato il mondo ed i parenti, e rinunciati tutti i beni, servirono a Dio con gran rassegnazione e con ilarità di animo. Si espongano a questo effetto tutte quelle cose che si dicono e si enunciano nella costituzione e nell’esame della Società intorno a queste rinunzie e distacchi da tutti i beni che si posseggono. Si alleghino gli esempi di quelle vedove le quali in tal guisa in poco tempo diventarono sante, con speranza di canonizzazione, perché in tal maniera hanno perseverato sino alla fine della vita; e si dimostri alle medesime che non mancherà l’autorità dei nostri religiosi presso il papa per venire all’atto di questa canonizzazione’ (ibid., capo VII, 10); ‘Tutte queste cose che si sono dette delle vedove dovranno eseguirsi ancora in ordine ai mercanti, ai ricchi cittadini, agli ammogliati privi di prole, dai quali la società non rade volte acquisterà tutta l’eredità, se prudentemente si eseguiranno queste regole’ (ibid., capo IX, 4); ‘Se accaderà che le vedove o i ricchi a noi addetti abbiano figlie, procurino i nostri religiosi di incamminarle dolcemente allo stato di bizzocche o di monache con far loro lasciare una onesta dote, e gli altri beni poi a poco a poco si acquistino per la Società. Che se abbiano figli i quali siano atti per la Società, si procuri di tirarli alla medesima…’ (ibid., capo IX, 8).
[35] Ecco come i Gesuiti erano ammaestrati a comportarsi nei confronti dei principi delle nazioni ad majorem Dei gloriam: ‘Insegnando poi la sperienza, che i principi ed i magnati allora specialmente sono attaccati alle persone ecclesiastiche quando queste dissimulano le loro odiose pratiche, e piuttosto interpretano le medesime nel miglior senso, come sarebbe nei matrimoni da contraersi cogli affini e consanguinei o simili, dovendosi in tal caso animare ed incoraggiare quei signori che mostrano un tal desiderio, ed anche speranzarli che per mezzo dei nostri religiosi possano facilmente impetrarsi simili dispense dal papa, il quale le concederà, se si spieghino le ragioni, si adducano gli esempi, e si portino le favorevoli opinioni, col pretesto del bene comune e della maggior gloria di Dio, che è lo scopo della Società’ (Secreta monita societatis Jesu – Le norme segrete della società di Gesù -, capo II, 2); ‘Le persone più particolarmente favorite e domestiche dei principi, delle quali essi principi si servono familiarmente, dovranno vincersi ed obbligarsi per mezzo di piccioli doni, e particolarmente per mezzo di varii offizi di pietà, acciocché informino i nostri religiosi fedelmente degli umori e delle inclinazioni dei principi e dei magnati; e così facilmente la Società troverà la maniera di accomodarsi all’animo dei principi medesimi’ (op. cit., capo II, 5); ‘I nostri religiosi dirigano talmente le coscienze dei principi e della nobiltà, che mostrino, che tutto venga da essi religiosi suggerito, tenda unicamente alla maggiore gloria di Dio, ed a quella medesima autorità di coscienza, che gli stessi principi richieggono dai medesimi religiosi. Ma per quanto riguarda la direzione dei medesimi signori ad un esterno e politico governo, dovrà farsi dai nostri confessori e predicatori a poco a poco, ed insensibilmente non meno nella confessione, che nei familiari discorsi’ (ibid., capo IV, 1); ‘Si ricordino principalmente i confessori e predicatori nostri di trattare soavemente e blandamente i principi, di non mai riprenderli nelle prediche e nei privati colloqui, di scacciare da essi tutti i timori e di esortarli particolarmente nella speranza, nella fede e nella giustizia politica’ (ibid., capo IV, 4).
[36] Il cardinale Acciajuoli quando tornò dal Portogallo avrebbe dichiarato ‘that the Jesuits were undoubtedly the authors of the attempted assassination of H. M. Dom. Joseph’ (‘che i Gesuiti erano senza dubbio gli autori del tentato assassinio di H. M. Dom. Joseph’). Cfr. Leopold von Ranke, op. cit., pag. 1031.
[37] Luigi Desanctis racconta in Roma papale che poco dopo la soppressione dei Gesuiti si trovò una mattina affisso sulle porte del Vaticano un cartello con queste lettere I. S. S. S. V. Nessuno capiva il significato ed il cartello fu portato al papa il quale lo comprese immediatamente perché prima di diventare papa era stato frate e conosceva i Gesuiti. Egli lo lesse così: ‘In settembre sarà sede vacante’. Il 22 settembre del 1774 il papa morì. Sia nella maniera in cui morì e sia sul suo cadavere furono riscontrati i segni di un avvelenamento.
[38] La Pontificia Università Gregoriana, il Pontificio Istituto biblico, e il Pontificio Istituto di studi orientali, che si trovano qui a Roma sono tutti gestiti dai Gesuiti. Francis Sullivan e Carlo Maria Martini, ora arcivescovo cardinale di Milano, tramite cui, viene detto, il movimento carismatico cattolico si è diffuso qui a Roma sono Gesuiti. Civiltà cattolica è un periodico dei Gesuiti. Pierre Teilhard de Cardin, molto apprezzato nel New Age, era un Gesuita che al suo tempo fu condannato dalla chiesa cattolica per le sue idee panteiste ma oggi è riconosciuto da molti Cattolici come ‘un teologo all’avanguardia dei suoi tempi’ e come ‘ il più grande modello per il pensatore cattolico moderno’. Tra i canonizzati santi della chiesa cattolica Bellarmino, Francesco Saverio, Luigi Gonzaga, erano Gesuiti.
Molti Gesuiti di oggi insegnano apertamente cose che si oppongono alla dottrina cattolica (per esempio approvano l’omosessualità, l’aborto, il sacerdozio delle donne, il coinvolgimento diretto nella politica, mettono in dubbio la divinità di Cristo, l’infallibilità papale, ecc.) per cui non sono affatto ben visti dal papa. Si deve quindi dire che i Gesuiti nel loro insieme non sono più gli uomini del papa (quali erano per esempio al tempo di Loyola) di cui il papa si può fidare per mantenere ed estendere la sua autorità nel mondo. E’ guerra aperta ormai tra papa e Gesuiti. Giovanni Paolo I eletto papa il 26 Agosto 1978 aveva un atteggiamento sfavorevole alla compagnia di Gesù e si proponeva di pronunciare un duro discorso di monito alla Congregazione generale dei Gesuiti che si sarebbe tenuta a Roma il 30 settembre 1978. Il papa aveva in mente, se la Compagnia non ritornava ad assumere il ruolo che gli era stato assegnato, di liquidare definitivamente l’ordine. Ma quel discorso non poté tenerlo perché la mattina del 29 settembre fu trovato morto sul suo letto. Giovanni Paolo II nel 1981 depose l’allora Generale dell’ordine Pedro Arrupe perché aveva fama di liberale (costui infatti permetteva la pubblicazione di libri di autori Gesuiti che andavano contro gli insegnamenti tradizionali della chiesa cattolica) e nominò un altro al suo posto. Il cattolicesimo rimane comunque fortemente impregnato di gesuitismo perché molti istituti cattolici sono in mano ai Gesuiti e là gli studenti imparano la ‘morale’ dei Gesuiti.
[39] Per farvi capire come in questa nazione chi parla apertamente contro il papato si attira inequivocabilmente anche l’inimicizia del governo italiano e dei maggiori partiti politici, basterà considerare che nel momento in cui l’onorevole Umberto Bossi, ha detto della chiesa cattolica romana che lei si deve occupare di cose spirituali e non di cose temporali, ed ha ricordato alcuni fatti storici quali l’Inquisizione che perseguitò anche i ‘dissidenti’ politici che erano avversi al potere temporale del papato, si è scatenato contro di lui una tempesta perché ha cominciato ad essere ammonito sia da uomini politici che dal papato. Mi preme dire che ho citato questo esempio solo per farvi capire come nel momento che si dicono pubblicamente alla chiesa cattolica romana certe cose che sono vere, allora quella che è chiamata il ‘gigante buono’ si mostra quella che è sempre stata; la chiesa che non ammette che qualcuno le dica che non si deve occupare di politica o che il potere temporale che essa possiede non è in armonia con l’insegnamento del Vangelo, e tante altre cose. E’ vero che l’onorevole Bossi ha parlato da uomo politico che porta avanti certe idee politiche che noi non appoggiamo (come non appoggiamo le idee politiche di nessun altro politico perché non facciamo politica), che ha usato pure parole oltraggiose nei confronti della curia romana che noi non siamo chiamati ad usare contro i nostri nemici, ma rimane un dato di fatto; egli ha detto pure delle cose vere contro cui, chi conosce la storia del papato, non può dire che siano false, e che ricordano come il papato nel corso dei secoli ha fatto uso della violenza per estendere e mantenere il suo potere. Riflettete fratelli sulla reazione del papato ai discorsi di Bossi, perché essa dice molte cose.
[40] Studiando la storia degli Ebrei si vedrà che molte volte essi sono scesi in Egitto in cerca di soccorso e ciò tornò a loro confusione. Per esempio come dopo la distruzione di Gerusalemme quando i superstiti pensarono che scendendo in Egitto non avrebbero più visto la guerra, e non avrebbero più sofferto la fame, e disubbidirono a Dio che gli aveva detto tramite Geremia di rimanere nel paese di Giuda perché sarebbe stato con loro e non avrebbero dovuto temere, ed invece Dio li mandò a punire là in Egitto dove essi si credevano al sicuro (cfr. Ger. 42:1-22; 43:1-13; 44:1-30).
[41] La storia del popolo d’Israele ci insegna questo. Per esempio ai giorni di Giuseppe gli Ebrei in Egitto ebbero il favore di Faraone, ma morto Giuseppe sorse un Faraone che li perseguitò. Si tenga presente però che Giacobbe e i suoi non scesero a rifugiarsi in Egitto perché non confidavano in Dio, ma perché Dio aveva operato in tale maniera in loro favore che essi non fecero nulla per ricevere tutti quegli aiuti da Faraone in quel tempo di bisogno.
Giacinto Butindaro
Tratto da:http://www.lanuovavia.org/chiesacattolicaromana_12.html#to27
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