● Il Corano è da rigettare anche perchè incita alla violenza tramite la “jihad”, cioè la “guerra santa”
1) per il sufismo, la dottrina mistica dell’Islam (ora in declino), la jihâd-ul-akbar è la Grande Guerra Santa che viene combattuta contro il proprio “io” inferiore ed è di massima importanza per ogni musulmano: in pratica, si riferisce all’aspetto personale e spirituale di sopraffare i desideri peccaminosi;
2) nel secondo significato, molto più letterale, la parola indica l’uso della violenza per diffondere la fede.
Ci riferiremo, per andare a fondo nella questione, alle fonti islamiche del Corano e degli hadìth.
Il Corano, com’è noto, è una raccolta degli insegnamenti che Maometto dettò in vita a quattro scribi; fu standardizzato diciannove anni dopo la morte di Maometto e ne esistono quattro diverse redazioni, di cui la più usata è quella seguita dai musulmani sunniti (che rappresentano l’85% di tutti i credenti nell’Islam) – ci riferiremo a questa.
Gli hadith (“ahadith») sono invece raccolte scritte (“tradizioni”) dei detti e delle azioni di Maometto, il cui esempio e autorità hanno grande importanza nell’Islam. Gli hadith, assieme al Corano, sono intesi a governare ogni aspetto della vita, inclusa la legge civile. Esistono diverse raccolte di hadith, ma quella compilata da Bukhari, che visse duecento anni dopo Maometto, è considerata molto importante.
Il Corano è suddiviso in centoquattordici capitoli chiamati sure. Gli hadith di Bukhari sono numerati consecutivamente, e sono suddivisi in nove volumi, e a loro volta in vari libri.
Molti musulmani, è noto, sono persone straordinariamente benevole e desiderose della pace. E l’Islam ha in sé molti elementi di pacifismo: As-Salâm, ovvero “la Pace”, è uno dei novantanove nomi di Allah; e “pace, pace” è il canto dei beati nel Paradiso musulmano.
A parte queste premesse, però, chiunque voglia commettere una violenza è perfettamente giustificato dal Corano a farlo.
Sebbene la violenza nel Corano a volte sia intesa come autodifesa, altre volte è violenza gratuita. Ci sono tre motivi per cui qualcuno può essere ucciso: assassinio, adulterio, o abbandono dell’Islam (apostasia); secondo la legge pakistana, chiunque insulti Maometto può essere messo a morte, mentre in Siria per essere uccisi basta pronunciare la parola “ebreo” (inserita in qualsiasi contesto).
Molti passaggi nel Corano esortano i musulmani a uccidere gli infedeli, termine che in origine designava gli Arabi che non si sottomettevano all’Islam ma, dopo la morte di Maometto e la violenta espansione territoriale islamica, passò ad indicare tutti i non musulmani.
Così, per esempio, nella sura 2 (190-193):